Brindani: il manubiola l’ho vissuto bene, il manubiola è stato per me il più … ma il più che mi ha scosso … perché anche lì è successo che … la postazione era giusta, dove avevamo messo i mitragliatori, la mitragliatrice ce l’aveva Minoli (Spavaldo) e li han bloccato su queste scogliere senza poca via di scampo (qualcuno però è scappato). Presi dal fuoco si sono dovuti fermare, pigliando i primi si sono dovuti fermare.
Brindani: Corrado Pellacini ha avuto la medaglia d’argento.
Io però non c’ero, non ho partecipato. Neanche a Grifola non ho partecipato; per esempio Grifola è stato sette o otto giorni dopo il fatto del Manubiola, ma io non c’ero, non ho partecipato perché anch’io un po’ a volte tenevo quì, li, per una cosa o l’altra… in paese…invece quello li lo ricordo bene, perché prima che venisse l’attacco del Manubiola, i tedeschi erano già annunciati che venivamo a Borgotaro.
Partigiani e popolazione binomio inscindibile della guerra partigiana sioppongono uniti e vittoriosamente alla violenza fascista
SPERDUTA FRA LE RUPI SCOSCESE DEI MONTI
OSACCA
BALZÒ D’IMPETO NELLA LUCE DELLA STORIA QUANDO ALL’ALBA DEL 25 DICEMBRE 1943
LA SUA UMILE MA INTREPIDA GENTE STRETTA INTORNO AD UN PUGNO D’INDOMITI RIBELLI
RICACCIÒ ARMATA DI FEDE ED EROISMO PREPONDERANTE AGGUERRITE FORZE FASCISTE ACCENDENDO PRIMISSIMA LA FIAMMA
DELL’EPOPEA PARTIGIANA
L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI BARDI
IN MEMORIA PERENNE 25 – VI – 1961
LAPIDE POSTA SULLA CHIESETT A DI OSACCA
Dalla « voce» OSACCA, redatta, per l’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, dal Seno Ing. Giacomo Ferrari (Arta, Comandante Unico delle formazioni partigiane della provincia di Parma), che si è valso, per la stesura della « voce », della collaborazione della popolazione della località e di alcuni casalaschi superstiti dello scontro.
Nonostante questo avvertimento, il 6 gennaio, un’altra tragedia si abbatte sulla I° Brigata Julia, avvenimento che lascerà uno strascico profondo e causerà lacerazioni all’interno del movimento resistente borgotarese.
È il grande rastrellamento che coinvolge tutta la zona ovest della Provincia a cui partecipa una grossa colonna di alpini della Monterosa, valutati in 500 uomini, perfettamente equipaggiati per i combattimenti invernali., con tute mimetiche dotate di pattuglie di sciatori.
La storia ricostruita attraverso un orologio. Un orologio da taschino con un foro di pallottola, visibilissimo. Chi lo portava, il 20 luglio del 1944, è stato barbaramente fucilato.
Si trattava di Girolamo di Brugnoli il quale, insieme al fratello Giovanni, alla notizia che i tedeschi avevano raggiunto Strela, nel Compianese, ha abbandonato «I Ghirardi», ove erano sfollati, per portarsi sui monti e si è ritrovato a Sidolo (Bardi). Qui ha incontrato un concittadino borgotarese, Francesco Bozzia, insieme ad altri: Bruno Benci, Don Francesco Delnevo, parroco di Porcigatone, Italo Sulacchi, un seminarista, Giuseppe Ruggeri, Don Giuseppe Beotti e Antonio Brugnoli. Si sono riuniti in chiesa per assistere alla funzione religiosa, ma all’uscita, si sono imbattuti in un manipolo di tedeschi e fascisti, provenienti da Strela, cui si sono rivolti con un fazzoletto bianco. Sono stati fatti prigionieri e allineati davanti al cimitero di Sidolo, sotto il mirino dei mitra, in attesa di ordini. Ordini, che arrivarono chiari: fucilazione!
L’unico a salvarsi, grazie a una rocambolesca fuga, èstato Antonio Brugnoli (oggi pensionato di 76 anni), la cui avventura ha trovato posto in diverse pubblicazioni. Comunque, Girolamo Brugnoli teneva il suo orologio nel taschino del << gilet >>. La sorella Maria lo ritrovò, al momento del riconoscimento della salma, Oggi l’orologio èconservato dalla figlia Anna che ci ha cortesemente permesso di fotografarlo.
nato a Parma il 09.02.1923, residente in Borgo Val di Taro (Parma) La mia famiglia era così composta: padre, madre; sorella cl. 1919, fratello cl. 1921; io ero il più giovane cl. 1923. Mio padre, reduce della guerra 1914-18 risiedeva a Parma, sua città natale con la famiglia, strada Nino Bixio. Oppositore al fascismo, dovette abbandonare Parma nel 1928 perché perseguitato e continuamente minacciato dai violenti del nuovo regime. Fu ospitato a Borgotaro in casa di suo cugino sig..,INVERNIZZI,- abitante nel palazzo della Società Imbriani. Nel 1931 tutta la mia famiglia lasciò Parma per unirsi, a mio padre in Borgo Val di Taro. In questa circostanza, in un paese nuovo e non conosciuti, oltre agli Invernizzi ci diedero un valido aiuto:) il Sig. Delnevo (Merlotto) e la sua cara signora Brugnoli Caterina. Nel 1941 mio fratello cl. 1921 era alle, armi con l’Esercito Italiano per assolvere gli obblighi di leva. Nel 1942 sottufficiale dell’ Esercito inviato in Russia con il C.S.I.R. , e dal Natale 1942 (inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don) non ha più dato notizie di se e quindi come tantissimi altri giovani, dichiarato dal Governo Italiano – Ministero della Difesa – con verbale n° 12848 ST “morte presunta”. E ‘ arrivato il famoso “8 settembre 1943” e mi trovavo a casa mandato dall’infermeria presidiaria del Distretto Militare di Parma. Le truppe tedesche probabilmente bene informate sapevano cosa stava succedendo ed erano già in stato di allarme. Hanno attaccato in forze le poche truppe italiane delle varie Caserme costringendole alla resa e seminando terrore. I nostri militari hanno reagito per un po’ ma poi, anche a corto di munizioni hanno abbandonato iniziando un fuggi-fuggi per le campagne ed, affidarsi ai contadini per evitare la cattura ed essere trasportati in Germania nei famosi campi di concentramento (sterminio). Visto cosa facevano i tedeschi nelle città italiane dopo 1’8 settembre non ho più avuto dubbi sulla ferocia e cattiveria tedesca. Avevo 20 anni e tanta volontà. Ho sempre portato a termine con serietà incurante dei rischi tutti gli incarichi a me affidati. Il mio nome di battaglia “Scalabrino” e poco conosciuto perché la maggioranza mi chiamava col nome battesimale, era più semplice ed io non ne facevo caso, ero cosciente delle mie azioni che ritenevo buone e giuste.
Il rastrellamento avvenuto alla Cervara determinò lo sganciamento dei pochi Partigiani. Abbandonata la base di Fontana Gilente, i due gruppi si dettero convegno al Lago Santo. Nove uomini raggiunsero la località dopo 20 ore di marcia forzata attraverso boschi e montagne coperte di neve. Arrivarono la sera del 16 marzo 1944. Nel rifugio coperto di neve v’era una stufa e della legna, accesero il fuoco, si asciugarono, prepararono un po’ di cena. Continua a leggere “La Battaglia del Lago Santo”
A cura di don Leonardo Macchi Rettore del Collegio « S. Carlo» di Milano
RING RAZIAMENTI
Ringrazio vivamente il prof. Ettore Cosenza ed il prof. Annibale Rastelli dell’Istituto Storico della Resistenza per la Provincia di Parma; « Birra» (sig. Giuseppe Molinari), « Paolo il danese» (Arndt Lauritzen) e il prof. Sergio Passera dell’ Associazione Partigiani Cristiani di Parma, il dotto Sergio Giliotti di Bologna, don Natale Motta di Varese e la signorina Carla Cocquio di Ligurno che con tanto entusiasmo e generosità furono preziosi collaboratori nelle ricerche.
PRESENTAZIONE
A pochi mesi dalla morte di don Aurelio Giussani ho ritenuto doveroso e utile mettere in luce i valori morali e patriottici di questo Sacerdote che lavorò e visse nel Collegio Arcivescovile S. Carlo di Milano.