Nonostante questo avvertimento, il 6 gennaio, un’altra tragedia si abbatte sulla I° Brigata Julia, avvenimento che lascerà uno strascico profondo e causerà lacerazioni all’interno del movimento resistente borgotarese.
È il grande rastrellamento che coinvolge tutta la zona ovest della Provincia a cui partecipa una grossa colonna di alpini della Monterosa, valutati in 500 uomini, perfettamente equipaggiati per i combattimenti invernali., con tute mimetiche dotate di pattuglie di sciatori.
La storia ricostruita attraverso un orologio. Un orologio da taschino con un foro di pallottola, visibilissimo. Chi lo portava, il 20 luglio del 1944, è stato barbaramente fucilato.
Si trattava di Girolamo di Brugnoli il quale, insieme al fratello Giovanni, alla notizia che i tedeschi avevano raggiunto Strela, nel Compianese, ha abbandonato «I Ghirardi», ove erano sfollati, per portarsi sui monti e si è ritrovato a Sidolo (Bardi). Qui ha incontrato un concittadino borgotarese, Francesco Bozzia, insieme ad altri: Bruno Benci, Don Francesco Delnevo, parroco di Porcigatone, Italo Sulacchi, un seminarista, Giuseppe Ruggeri, Don Giuseppe Beotti e Antonio Brugnoli. Si sono riuniti in chiesa per assistere alla funzione religiosa, ma all’uscita, si sono imbattuti in un manipolo di tedeschi e fascisti, provenienti da Strela, cui si sono rivolti con un fazzoletto bianco. Sono stati fatti prigionieri e allineati davanti al cimitero di Sidolo, sotto il mirino dei mitra, in attesa di ordini. Ordini, che arrivarono chiari: fucilazione!
L’unico a salvarsi, grazie a una rocambolesca fuga, èstato Antonio Brugnoli (oggi pensionato di 76 anni), la cui avventura ha trovato posto in diverse pubblicazioni. Comunque, Girolamo Brugnoli teneva il suo orologio nel taschino del << gilet >>. La sorella Maria lo ritrovò, al momento del riconoscimento della salma, Oggi l’orologio èconservato dalla figlia Anna che ci ha cortesemente permesso di fotografarlo.
dire del tuo carattere schietto e sincero, del tuo cuore nobile e generoso.
Rivivi così per loro, che pure Ti hanno vivo tra i vivi, in queste pagine, nella Tua competenza, rivivi cosciente Patriota per generoso e conscio compimento del più sacro dovere: la libertà della Patria.
mio C’è,Tu pure eri parte di me stesso, parte del mio giusto orgoglio giacché era innato in Te uno spiccato costruttivo sentimento altruistico, perché, ancora giovane assai, eri permeato di quella mentalità capace di operare al perfezionamento umano, perchè eri immune da contagi superstiziosi, pronto a lottare – e lo dimostrasti – contro ogni debolezza per il trionfo della Verità, della Giustizia.
nato a Parma il 09.02.1923, residente in Borgo Val di Taro (Parma) La mia famiglia era così composta: padre, madre; sorella cl. 1919, fratello cl. 1921; io ero il più giovane cl. 1923. Mio padre, reduce della guerra 1914-18 risiedeva a Parma, sua città natale con la famiglia, strada Nino Bixio. Oppositore al fascismo, dovette abbandonare Parma nel 1928 perché perseguitato e continuamente minacciato dai violenti del nuovo regime. Fu ospitato a Borgotaro in casa di suo cugino sig..,INVERNIZZI,- abitante nel palazzo della Società Imbriani. Nel 1931 tutta la mia famiglia lasciò Parma per unirsi, a mio padre in Borgo Val di Taro. In questa circostanza, in un paese nuovo e non conosciuti, oltre agli Invernizzi ci diedero un valido aiuto:) il Sig. Delnevo (Merlotto) e la sua cara signora Brugnoli Caterina. Nel 1941 mio fratello cl. 1921 era alle, armi con l’Esercito Italiano per assolvere gli obblighi di leva. Nel 1942 sottufficiale dell’ Esercito inviato in Russia con il C.S.I.R. , e dal Natale 1942 (inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don) non ha più dato notizie di se e quindi come tantissimi altri giovani, dichiarato dal Governo Italiano – Ministero della Difesa – con verbale n° 12848 ST “morte presunta”. E ‘ arrivato il famoso “8 settembre 1943” e mi trovavo a casa mandato dall’infermeria presidiaria del Distretto Militare di Parma. Le truppe tedesche probabilmente bene informate sapevano cosa stava succedendo ed erano già in stato di allarme. Hanno attaccato in forze le poche truppe italiane delle varie Caserme costringendole alla resa e seminando terrore. I nostri militari hanno reagito per un po’ ma poi, anche a corto di munizioni hanno abbandonato iniziando un fuggi-fuggi per le campagne ed, affidarsi ai contadini per evitare la cattura ed essere trasportati in Germania nei famosi campi di concentramento (sterminio). Visto cosa facevano i tedeschi nelle città italiane dopo 1’8 settembre non ho più avuto dubbi sulla ferocia e cattiveria tedesca. Avevo 20 anni e tanta volontà. Ho sempre portato a termine con serietà incurante dei rischi tutti gli incarichi a me affidati. Il mio nome di battaglia “Scalabrino” e poco conosciuto perché la maggioranza mi chiamava col nome battesimale, era più semplice ed io non ne facevo caso, ero cosciente delle mie azioni che ritenevo buone e giuste.
Il rastrellamento avvenuto alla Cervara determinò lo sganciamento dei pochi Partigiani. Abbandonata la base di Fontana Gilente, i due gruppi si dettero convegno al Lago Santo. Nove uomini raggiunsero la località dopo 20 ore di marcia forzata attraverso boschi e montagne coperte di neve. Arrivarono la sera del 16 marzo 1944. Nel rifugio coperto di neve v’era una stufa e della legna, accesero il fuoco, si asciugarono, prepararono un po’ di cena. Continua a leggere “La Battaglia del Lago Santo”
A cura di don Leonardo Macchi Rettore del Collegio « S. Carlo» di Milano
RING RAZIAMENTI
Ringrazio vivamente il prof. Ettore Cosenza ed il prof. Annibale Rastelli dell’Istituto Storico della Resistenza per la Provincia di Parma; « Birra» (sig. Giuseppe Molinari), « Paolo il danese» (Arndt Lauritzen) e il prof. Sergio Passera dell’ Associazione Partigiani Cristiani di Parma, il dotto Sergio Giliotti di Bologna, don Natale Motta di Varese e la signorina Carla Cocquio di Ligurno che con tanto entusiasmo e generosità furono preziosi collaboratori nelle ricerche.
PRESENTAZIONE
A pochi mesi dalla morte di don Aurelio Giussani ho ritenuto doveroso e utile mettere in luce i valori morali e patriottici di questo Sacerdote che lavorò e visse nel Collegio Arcivescovile S. Carlo di Milano.
Alla memoria della mia venerata mamma che in quel tragico 20 luglio 1944 con le sue suppliche e con l’offerta di sè stessa valse a salvare la mia vita e forse quella di tanti altri da morte violenta.
Panorama di Guerra Sugli inizi dell’anno 1944, visto che le cose sul fronte Italiano prendevano una cattiva piega e che i Patrioti, obbedienti alle disposizioni del Generale Alexander, rispondevano con le armi e con il sabotaggio ai replicati bandi di leva nazifascisti, il Comandante in capo delle forze tedesche in Italia, Kesselring, emanava un ordine chiamato comunemente «Messaggio di Kesselring», nel quale dopo aver fatto appello ai «banditi» Italiani, concludeva con una sanzione di stampo “esclusivamente nordico, concepita press’a poco in questi termini: «Se voi ci colpirete alle spalle, noi per rappresaglia ci vendicheremo con le vostre famiglie innocenti!»