Interviste fatte da_Lodi Massimiliano, autore del libro “OBIETTIVO LIBERTA”- storia della Brg. Julia della Val Taro. Intervistati: Cucchi Emilio, Benci Giovanni, Delnevo Giuseppe,
Sarebbe bene, prima di narrare la cruda cronistoria di numerosi fatti d’arme della Prima Brigata Julia, illustrare il periodo precedente il primo aprile 1944 per far presente le lunghe fatiche, le gravi privazioni ed il grande spirito di abnegazione sopportate e dimostrato dai primi patrioti, da coloro che, con il loro coraggio e la loro indomita fede, seppero resistere, combattere e con l’esempio formare quelle prime bande che poi si trasformarono in Brigate ed infine – nei giorni della riscossa – costituirono quel potente ed organizzato esercito della Libertà.Quei primi arditi furono veramente i migliori eroi. Chi non ricorda con amarezza il Monte penna, Angola, Casalporino, Tomba, Gelana e tanti altri paesi che racchiudono nel sol nome ricordi e fatti indimenticabili?Chi può dimenticare Linari? Chi può dimenticare i bei canti, il gioco della palla e la grande fame che si faceva su quel monte appenninico?
Ma tralasciamo, perché troppo contrasto vi è fra i giorni di allora e questi. Passiamo alla nuda cronaca dei fatti e delle azioni. 9.4.1944- L’allora gruppo << Penna veniva messo in allarme per una puntata di forze nemiche ( tedesche e militi) che, provenienti da Bedonia, erano dirette ad Angola in autocorriera. Due nostre squadre si appostavano in vicinanza del passo di Montevaccà per tendere loro una imboscata, ma questa veniva a mancare perché il nemico era stato messo a conoscenza in tempo da spie. Dopo un primo vivacissimo scontro i nostri erano costretti a ripiegare verso Tasola per il miglior armamento ed il soverchiante numero nemico. Nella menzionata località altri nostri nuclei giunti di rinforzo riuscivano dopo dura lotta a snidare il nemico costringendolo a precipitosa fuga.
Le fatiche, le trepidazioni, le ristrettezze alimentari proprie della nostra vita sui monti sono cessate; non sono cessati invece i doveri derivanti dagli ideali di libertà e di giustizia per i quali abbiamo sì lungamente combattuto. Ci salutiamo, vecchi e nuovi Patrioti della Brigata, con una certa amarezza nel cuore proveniente (checché se ne possa pensare) dall’aver lasciato quelle armi, quella vita alla quale ci eravamo, fin troppo, adusati. Ognuno di noi ritorni alle vecchie occupazioni, al proprio lavoro con lo spirito teso a nobili propositi e con quella duttile esperienza fatta tale in lunghi mesi di peregrinazione o di vita.., vissuta, da contatti con ogni ceto sociale e particolarmente contadino, da tutto ciò che il nostro occhio ha, visto e su tutto quanto la nostra mente ha ragionato.
Facio è una figura leggendaria ed emblematica della nostra resistenza.
Nato a Sant’Agata in provincia di Messina ma vissuto nella giovinezza in Calabria, maestro, musicista, forse pittore, parlava perfettamente il francese avendo trascorso la giovinezza esule in Francia.
Papa Cervi lo ricorda come un ragazzo intellettuale, melanconico e riflessivo.
La famiglia, di tradizioni antifasciste e socialiste, era dovuta emigrare in Francia all’evento della dittatura.
Prime considerazioni per avviare un discorso sulla partecipazione della donna alla resistenza borgotarese.
Di Lidia Baroni
Nel considerare il contributo dato dalle masse femminili alla resistenza nella Val Taro, ci sembra impossibile svolgere un’analisi separata dell’ impostazione più generale del problema.
La tendenza storica ad individuare nella partecipazione della donna alla guerra di Liberazione il presupposto dell’attuale processo di emancipazione, risulta corretta quando non si separi lo specifico femminile dal contesto più complesso della lotta resistenziale e quindi dal processo di emancipazione nazionale.
(1) – Gli zii: Conti Carlo (~Ionton~) e Matilde (Titì~-) Albertoni Picenardi, di Borgo Vai di Taro.(2). La nostra casa di campagna dei Ghirardi era dotata di –un oratorio. •1 ( 3) – “Lazetto»: soprannome di un mezzadro (Lazzaro Giovannazzi) e, quindi, denominazione della sua casa.’( 4) – Padre Umberto Bracchi, fucilato dai tedeschi a Strela il 19 luglio 1944.( 5) – Nostro padre, Francisco Marchini Camia, dopo la guerra eletto senatore nel collegio Borgotaro-Salsomaggiore.( 6) – << Frontù >>: denominazione di un campo vicino alle case Ghirardi (o Gherardi)(7) – << Segalé >>: denominazione di una casa mezzadri1e prossima alle case Ghirardi.( 8) – Ines Bracchi: sorella di padre Umberto Bracchi.( 9) – Maestra Bocci: nipote di padre Umberto Bracchi
Dalle piccole e grandi paure quotidiane all’eccidio di Strela
Partigiani e popolazione binomio inscindibile della guerra partigiana sioppongono uniti e vittoriosamente alla violenza fascista
SPERDUTA FRA LE RUPI SCOSCESE DEI MONTI
OSACCA
BALZÒ D’IMPETO NELLA LUCE DELLA STORIA QUANDO ALL’ALBA DEL 25 DICEMBRE 1943
LA SUA UMILE MA INTREPIDA GENTE STRETTA INTORNO AD UN PUGNO D’INDOMITI RIBELLI
RICACCIÒ ARMATA DI FEDE ED EROISMO PREPONDERANTE AGGUERRITE FORZE FASCISTE ACCENDENDO PRIMISSIMA LA FIAMMA
DELL’EPOPEA PARTIGIANA
L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI BARDI
IN MEMORIA PERENNE 25 – VI – 1961
LAPIDE POSTA SULLA CHIESETT A DI OSACCA
Dalla « voce» OSACCA, redatta, per l’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, dal Seno Ing. Giacomo Ferrari (Arta, Comandante Unico delle formazioni partigiane della provincia di Parma), che si è valso, per la stesura della « voce », della collaborazione della popolazione della località e di alcuni casalaschi superstiti dello scontro.