Pastasciutta Antifascista Borgo Val di Taro PR – Camminata Luoghi della Resistenza 27-07-2025

Borgo Val di Taro PR

Piazzale del Baracchino

Grande partecipazione anche alla passeggiata sui luoghi dove hanno perso la vita Sam (Cesare Bassani), Vitto (Vincenzo Errico) e Guelfo (Luigi Bozzia), giovani che si sono sacrificati per l’Italia.Una serata di comunità, come quelle di una volta, quando si festeggiava insieme e ognuno portava qualcosa da casa, un salame, una torta d’erbe, una crostata. E oltre al cibo, si condividevano anche sentimenti e speranze, la gratitudine per ciò che si è ottenuto con sacrificio e la speranza di un futuro migliore per tutti.Quello di ieri sera è stato un momento di condivisione, della nostra storia e di valori per i quali si sono battute le donne e gli uomini delle nostre valli, al di là e al di sopra delle schermaglie politiche a cui si cerca di ridurre tutto. Se poi qualcuno ci ha voluto vedere qualcos’altro, è libero di farlo, ma sempre nel rispetto del prossimo. #borgovalditaro #valtaro #pastaliberatutti #Resistenza #liberazione80 #Partigiani #fratellicervi #FacioVive #Borgotaro

Le pastasciutte antifasciste che si terranno in tutta Italia in questi giorni sono un omaggio all’originale pranzo collettivo per gli abitanti di Campegine organizzato 82 anni fa dalla famiglia Cervi, dopo aver avuto notizia della destituzione e dell’arresto di Mussolini. La storia della pastasciutta dei Cervi porta all’estate 1943, ad un’Italia in crisi militare all’estero e in enorme difficoltà politica interna. Il 25 luglio 1943 il gran consiglio del fascismo vota a favore della deposizione di Mussolini dal suo ruolo, il re nomina capo del governo il generale Badoglio. Per milioni di italiani è la speranza della fine della guerra, anche se la storia poi sarà ben diversa, con l’8 settembre, l’occupazione nazista, la repubblica di Salò e la nascita delle prime formazioni partigiane. Nei giorni seguenti al 25 luglio però si sorride, almeno per qualche ora. Gli antifascisti che per decenni hanno vissuto nascosti e vessati scendono in piazza per festeggiare. Non è chiaro il giorno preciso dell’evento, si parla del 27 luglio. La notizia dell’arresto di Mussolini viene annunciata alla radio nella sera del 25 luglio, diventa di pubblico dominio il 26 e qualche componente della famiglia Cervi corre a casa con la notizia. A Campegine i Cervi e altre famiglie contadine da sempre nemiche del fascismo decidono di celebrare il momento tanto atteso con una festa, una festa con del cibo come da tradizione. Non c’è molto a disposizione, in quegli anni poverissimi, ma in campagna una soluzione gastronomica la si trova sempre. Si raccoglie la farina, le donne di Caprara, Campegine e dei vari borghi impastano quintali di maccheroni, una forma semplice, popolare, che poi vengono fatti cuocere nelle caldaie della latteria sociale di Caprara.

La pasta viene poi condita usando i prodotti caseari presenti nelle case degli allevatori di mucche: burro e Parmigiano Reggiano, grattugiato a mano. I maccheroni vengono messi nei grandi bidoni metallici usati per il latte, poi caricati sui carretti trainati dai cavalli, i birocci, e portati in piazza a Campegine per la baldoria collettiva.

Durò poco.

Il 28 alle Officine Reggiane l’esercito uccide nove operai che manifestavano per la pace, sparando ad altezza uomo, una vicenda che portò tantissimi ragazzi verso la scelta partigiana. L’8 settembre viene firmato l’armistizio, il 9 le truppe tedesche occupano l’Italia e catturano quasi un milione di soldati italiani presenti su vari fronti. I corpi speciali nazisti liberano Mussolini dalla prigionia al Gran Sasso. Nascerà la Repubblica Sociale, ci sarà la guerra civile. Il 30 dicembre di quell’anno, cinque mesi dopo la festa di piazza, i sette fratelli Cervi vengono assassinati al poligono di tiro di Reggio assieme a Quarto Camurri. Papà Alcide, in quei giorni prigioniero al carcere di San Tommaso, scoprirà l’accaduto solo a inizio 1944, quando i bombardamenti alleati sulle Officine Reggiane danneggiano la prigione cittadina e molti detenuti, Alcide incluso, riescono a fuggire.

Domenica 27 -07-2025

Commemorazione della Battaglia di Grifola.

Vitto e Guelfo – Vincenzo Errico di Verbicaro (CS) e Lugi Bozzia Borgotaro PR

 Grifola 8 luglio 1944

 Durante i primi giorni di luglio il versante pontremolese dell’Appennino viene  occupato dai tedeschi che  si insediano in tutti i villaggi della Val verde. Il Passo del Bratello è presidiato da un distaccamento di Facio al comando di Salvatore. Impossibilitati a varcare il crinale e scendere nella Val taro, i tedeschi ed i fascisti si accaniscono contro la popolazione dell’alto Pontremolese. Uccidono uomini civili sorpresi nei sentieri di montagna,  e nei villaggi:due  donne a Cà del Guelfo, cinque a Barracello, due a S, Lorenzo. Il 6 luglio il distaccamento di Salvatore si ritira a Zeri lasciando indifeso il passo ed il loro posto viene occupato da un distaccamento di 30 uomini del Molinatico al comando di Igor che per due  giorni attende l’attacco tedesco. L’8  Luglio  i tedeschi con un centinaio di uomini passano il crinale con l’obbiettivo  di occupare la  Stazione ed aprire l’imboccatura della  Galleria del Borgallo che i partigiani avevano ostruito. Nelle  vicinanze di Cà del Guelfo avevano sorpreso Bozzia Gino << Guelfo >> ed Enrico Vincenzo << Vitto >>, due partigiani del gruppo di Igor mandati nei villaggi dell’alto pontremolese a cercar viveri. I due, sorpresi, riescono ad asserragliarsi in una  casella e si difendono. Il primo viene  ucciso in combattimento mentre il secondo, esaurite le  munizioni, si arrende, verrà fucilato successivamente nel corso dell’incursione. I due corpi verranno ritrovati dopo settimane  orribilmente  mutilati. I tedeschi raggiungono il passo attraverso i boschi avevano pio sorpreso il distaccamento del Molinatico che  era tuttavia  riuscito fortunosamente a sfuggire all’accerchiamento raggiungendo San Vincenzo. Filtrata attraverso le difese  partigiane, la formazione tedesca, un corpo speciale antiguerriglia con tute mimetiche, scende di nascosto verso Borgotaro seguendo i sentieri tra i boschi alla destra del Tarodine. Nel loro cammino sorprendono un contadino, Granelli Vittorio, che  uccidono.

Appostati a San Vincenzo il distaccamento di Igor individua la colonna  tedesca ed inizia il combattimento. Dato l’allarme, si chiedono rinforzi al Centocroci ed al Penna. Ancora una  volta, Dragotte, Beretta, Bil si ritrovano  uniti a difendere Borgotaro. Dapprima si spara  sulla  colonna dalla riva sinistra del Tarodine. Ormai finiti i boschi, i tedeschi si ritrovano allo scoperto. Partendo dalla Pieve i partigiani risalgono verso Grifola  e sbarrano la strada. Accerchiati, i tedeschi sbandano per i boschi e molti verranno fatti prigionieri nei giorni successivi. Un gruppo al comando di un capitano tedesco tenta di resistere nell’abitato sparando sui partigiani con un mortaio da 81. L’assedio dura parecchie  ore, tra i tedeschi i morti sono 10.poco prima che  calino le  tenebre, in 26 si arrendono lasciando in mano ai partigiani tutto il loro armamento.

Il capitano tedesco, per non arrendersi, si uccide  sparandosi in bocca.

 Bozzia Luigi << Guelfo >> ed Errico Vincenzo << Vitto >>,

Tratto  dal libro  di Giacomo  Vietti L’Alta Valtaro nella Resistenza

Quelli che non Tornano Cesare Bassani “SAM” 1° Novembre 1924 – 2 Luglio 1944

COMANDO BRIGATA IULIA

Fedele alla consegna ricevuta è morto alle 14:30 del giorno 2 luglio corrente

Cesare Bassani

Un altro Patriota si aggiunge alla glo­riosa schiera dei Caduti della Brigata Julia.

W l’Italia – W la Libertà

Colpito da una scheggia di bomba ae­rea, ieri  2 luglio, alle 14.30, ha cessato di vivere tra atroci dolori

Cesare Bassani

Studente – di anni 20.

Straziati dal dolore danno il triste an­nuncio il padre Eugenio (assente), la madre Dirce Cavanna, i fratelli Alfio e Alberto, gli zii Aldo e Giovanni Cavanna, a nome anche di tutti i congiunti e amici.

2 Luglio 1944.

Giovanna Lavelli

La felicità maggiore di Cesare consisteva nelle escursioni sulle sue montagne! Quanto le amava e come parlava volentieri di esse! Sembrava che fos­sero i monti con le loro rocce, con le loro asprezze, con le loro difficoltà di ascensione ad insegnargli la costanza, la fortezza, la rettitudine. Li amava da entusiasta e da poeta. Ricordo che un giorno in una conversazione scherzosa gli fu chiesto quale fosse il colore che più gli piaceva ed egli rispose: – Il colore dei ghiac­ciai -. E sentimmo che la sua risposta era fondata nel suo intimo. La musica lo rendeva assorto: la gustava con finezza; avvertivamo che lo trasportava in un mon­do superiore in cui si conciliavano, in fiduciosa unione, i suoi sentimenti e i suoi ideali.

Declamava assai bene i versi che gli piace­vano, che corrispondevano al suo modo di sentire; ad esempio questi di Olinto Guerrini: << . .solo nell’ ampio mar, solo nel turbine navigo arditamente a rive incognite. La mia bandiera l’ ho inchiodata all’ albero come una sfida al fulmine…>> Dall’ 8 Settembre 1943 cominciò a lavorare per la libertà dell’ Italia « schiava di troppi oppres­sori ».

Nel febbraio del 1944 un gruppo di patrioti aveva fermato il treno della linea Spezia-Parma a Valmozzola per liberare tre compagni arrestati e che venivano tradotti dinnanzi al Tribunale spe­ciale di Parma; ne parlai con Cesare e, dal suo contegno, dal modo di esprimersi capii che il fatto non gli era nè estraneo nè nuovo. Infatti da tempo Cesare faceva frequenti gite in montagna o partiva coi treno o discuteva lungamente con alcuni amici. Gli confessai che anch’ io avrei lavorato volentieri con loro e da allora Cesare, pur non confidandosi completamente, mi rivelò le sue idee e le sue aspi­razioni.

Così per opera sua ho potuto contribuire alla causa partigiana ed il mio primo atto fu quello di cucire segretamente per Cesare la fondina della sua pistola e di ricavare per lui, da una giacca mi­litare dell’altra guerra, un giubbetto impermeabile. Cesare raggiunse ben presto la formazione par­tigiana. Soltanto nel maggio vidi 1’accampamento dei patrioti. Arrivai alla.., caserma di mattina presto e siccome nella notte v’erano stati dei « lanci » tutti i ragazzi erano occupati a rastrellare il monte alla ricerca dei paracadute. La caserma era una grossa capanna in mezzo ad un fittobosco di castagni, senza finestre, ma in compenso con una larga aper­tura senza porta e molte fessure nel soffitto e nelle pareti che lasciavano entrare abbondantemente luce ed anche… molta acqua se fosse piovuto.

I giacigli erano cumuli di foglie secche di quer­cia tenuti assieme da paracadute. Nei buchi delle pareti, attaccati a chiodi, bombe a mano, borracce, porta caricatori; a terra qualche zaino. Sul tetto una grande bandiera tricolore sven­tolava libera al sole ed ai venti a far intendere che a quei ragazzi era sacra la libertà di pensare, di combattere e quindi anche quella di sacrificarsi e di morire

Sui monti Cesare s’è fatto più solido nella fi­gura, la sua voce è più virile; gli inquadra il viso una barbetta rada che lo fa assomigliare – e lui ci tiene – ai fratelli Bandiera. Nessun disagio, nessuna fatica, nessun servizio umile lo turba o lo avvilisce; solo qualche volta lo rende un po’ triste, un po’ buio, il grande distacco morale che lo separa – ed egli lo avverte sensibil­mente – da alcuni suoi compagni.

Lo rividi nel giugno ‘44 di guardia all’imboc­catura della galleria del Borgallo e così lo rivedo quel ricordo. Stava coricato bocconi con il fucile mitra­gliatore puntato. Un mucchio di sassi accatastati forma il riparo suo e dei suoi compagni che con motteggi e frizzi cercano di ingannate il tempo e di far sembrare meno duro 1’incubo di una guardia che dura da parecchi giorni e che non si sa quando dovrà, quando potrà finire. Cesare sfoglia un libro, mi avvicino e gli dico in tono scherzoso: « la tua calma è apparente ».

— Può darsi — risponde e alza verso di me il viso e sotto 1’ampio cappello da  << bandito >> vedo illuminarsi i suoi grandi occhi neri di una luce viva. Non passano otto giorni e la notizia terribile della sua fine ci paralizza e ci agghiaccia. Non aveva vent’ anni! Lo vegliai 1’ultima notte e più volte passai la mia mano sulla sua fronte gelida: la morte che lo aveva stroncato così fulmineamente non aveva po­tuto alterare le sue sembianze.

Aveva tanti fiori d’ intorno e una luce incerta di candele illuminava la stanza.Lo seppellimmo nel cimitero di Borgotaro tra i suoi monti al canto di una dolce canzone alpina… Lo guardano le stelle… Borgotaro, gennaio 1946

Giovanna Lavelli

INNO     DEL PATRIOTA

Parole dl Cesare Bassani – SAM

Sugli aspri monti ci siam fatti lupi

il nostro grido è libertà o morte

al piano scenderem per la battaglia per la vittoria.

Noi rivivrem in un fulgor di gloria

sorriderem nel riveder la vita

sul campo sorgerà la nuova Italia con la guerriglia.

Per vendicare un mucchio di vergone,

 per risanare un mondo d’ ingiustizia,

rimbomba col suo rombo redentore la dinamite.

Per tutte quelle morti invendicate,

per tutte quelle facce scheletrite,

compenseremo sulle barricate

piombo con piombo.

Fin dove possiam spingere lo sguardo,

 lontano fino all’ultimo orizzonte,

 farem che giunga a vendicar l’oltraggio

 la nostra guerra.

    Fra vette, boschi e valli ci battiamo,

    perchè si possa ancora con orgoglio

    gridare come il tuono e ancor più forte

    viva 1’ Italia!!!

Borgotaro, aprile 1944

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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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