Obiettivo Libertà Storia della “I” Julia Brigata Partigiana dell’ Alta Val Taro A.L.P.I. Associazione Liberi Partigiani – Parma da pag. 1 a pag. 125 1° parte

Alla memoria di mia madre

PREMESSA

A distanza di quarant’anni era tempo che anche la 1ˆ  Brigata Julia del Comando Unico Parmense del Corpo Volontari della Libertà, la­sciasse durevole traccia scritta e documentata delle sue vicende, a ricor­do del sacrificio dei suoi gloriosi Caduti, degli ardimenti e delle vicissi­tudini dei suoi combattenti. Questa Brigata Partigiana composta in maggioranza di ALPINI, rappresenta indubbiamente il <<fiore all’occhiello >> della Città di Borgo Val di Taro, decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare per le gesta delle Formazioni partigiane che hanno operato nell’Alta Valle del Taro e nell’Alta Val Ceno.

La i Brigata Julia, ispirata agli ideali della Libertà e formatasi inizialmente con reduci dai vari fronti di guerra, oltre a un nucleo principale costituito di borgotaresi, ha annoverato fra i suoi anche gruppi di volontari dei Comuni di Berceto, Collecchio, Fornovo Taro e Terenzo ed inoltre singoli uomini venuti a battersi nella nostra valle da varie altre contrade d’Italia. Nessuna ideologia di parte ha condizionato la vita ditale formazio­ne fin dal suo nascere ed è notorio che essa è stata l’ultima unità partigiana della Provincia ad accettare i commissari politici.

La 1ˆ Brigata Julia è stata altresì una delle primissime formazioni partigiane sorte nel parmense e molto ha dato nella lotta clandestina. Essa ha agito con estrema correttezza verso tutti i valligiani e si è distinta per la disciplina, unità, organizzazione, onestà: cose queste che hanno contribuito al suo buon nome presso la popolazione. Sono stati tali presupposti che hanno creato l’indissolubile unione tra il Movimento partigiano e le nostre genti, nel comune impegno sul fronte della libertà. In questo nostro «BURGU», strenuo caposaldo della Resistenza, è ancor vivo il ricordo di quei tempi e di quegli eventi e pochi sono i centri dove, come qui, è sentito, ancor oggi, lo spirito della Lotta di Liberazione.

E in questo stesso spirito la 1ˆ Brigata Julia ha donato alla Città di Borgotaro un bellissimo Sacrario a ricordo imperituro dei suoi gloriosi Caduti e delle Vittime civili delle rappresaglie nemiche. Tutto ciò va a onore e merito dei suoi partigiani, ben consci del dovere compiuto per il riscatto della Libertà.

Borgo Val di Taro, 1° settembre 1985.

PREFAZIONE

Disponendomi a comporre questo volume sulla storia della Brigata Julia, dei suoi uomini, delle sue ardimentose azioni dall’Alta Valle del Taro fino a toccare la pianura parmense, meta finale, ho avvertito tutta la difficoltà di trovare espressioni capaci di tradurre a parole e trasfondere nel lettore quella irripetibile carica d’entusiasmo, di tensione ideale che fu la gran fiamma animatrice della Resistenza. Era il ((Vento del ‘43», l’inebriante soffio della libertà ritrovata dopo l’oppressione della ventennale dittatura, una libertà che – prece­dendo l’avanzata delle armate alleate duramente impegnate più a Sud sul fronte italiano – noi partigiani ci eravamo conquistati in lotta aperta contro l’occupante germanico e la restaurazione fascista.

Furono giorni ed eventi che videro l’azione, l’impegno totale di quel tempo della nostra giovinezza; fu un tempo nel quale la nostra giovinezza ebbe una ragione, un ideale cui dedicare pienamente se stessa: la lotta per la cacciata dei nazifascisti e la conquista della libertà. Per l’Italia la ruota della storia girava orami irreversibilmente verso l’acquisizione di questi obiettivi per intervento di forze politico-militari esterne ben altrimenti potenti della Resistenza, e ciò si sarebbe comunque compiuto anche in assenza di essa. Come taluno ama talvolta ricordare e sottolineare nel tentativo di misconoscere o sminuire l’im­portanza del ruolo svolto dalla guerra partigiana.

Devo dire francamente che costoro hanno tutta la mia compren­sione se il loro atteggiamento rappresenta un moto di reazione a certe troppo insistite esaltazioni ed enfatizzazioni della Resistenza, a certa diffusa pubblicistica che, servile verso partiti impegnati nello sfrutta­mento in proprio per interessi di bottega del patrimonio della Guerra di Liberazione, tende a dare l’impressione che la Resistenza abbia fatto tutto da sé, ignorando o fingendo d’ignorare che non vi sarebbe stato un 25 luglio 1943 (e, quindi, un 8 settembre con tutto quello che ne è seguito) senza gli sbarchi alleati in Sicilia del precedente giorno I0; che il 25 Aprile era strettamente dipendente dall’offensiva delle due armate allea­te sulla Linea Gotica; che le perdite angloamericane da Capo Passero al Po ammontarono complessivamente ad oltre un terzo di milione di uomini.

La via dei travisamenti non è certo la più adatta per insegnare ai giovani la storia patria e noi partigiani siamo gli ultimi a volerci far complici di siffatte manipolazioni. Tutt’altra cosa quando invece quelle osservazioni riduttive dei nostri critici nascondono un tentativo di giustificazione degli assenti dal decisivo confronto e una mentalità imbelle e rinunciataria dura a morire, degna di quel tipo di Italia che il Metternich aveva definito <‘una semplice espressione geografica>, uomini privi di spina dorsale pronti a rimanere passivi e ben tappati in casa fin che dura la contesa, per scendere in piazza e precipitarsi dalla parte del vincitore a cose fatte. Così avevano fatto, loro o i loro padri, al tempo del fascismo, così sarebbero pronti a rifare oggi ove le contingenze storiche riproponessero alla coscienza del singolo cittadino scelte impegnative e rischiose.

Militarmente parlando, nelle zone in cui conobbe ampio sviluppo, la Resistenza ebbe un suo peso specifico non indifferente. Nella provincia di  Parma le  formazioni partigiane, armate  ed equipaggiate in modo  idoneo divennero vere e proprie unità operative, controllando validamente le retrovie tedesche a ridosso della linea Goti­ca lungo il collegamento ferroviario della linea Parma-Spezia e le diret­trici del Cerreto, della Cisa, del Centocroci, del Bocco e d’altri passi appenninici minori, dando vita a continue azioni d’attacco con impor­tanti risultati e costringendo il nemico a distrarre forti contingenti di truppe dal fronte in funzione dell’azione antiguerriglia. Nella fase finale esse contribuirono in concorso con reparti della V Armata americana all’accerchiamento e alla resa d’una divisione tedesca in ripiegamento bloccata nella Sacca di Fornovo, mentre altrove assicuravano la salvezza di impianti, opere e manufatti di rilevante interesse.

Un bilancio non certo trascurabile di una lotta (come << Arta >>, il nostro Comandante provinciale, ebbe a ricordare) condotta accanita­mente «… sui monti, nei boschi, sotto la sferza del sole, l’infuriare del vento, della neve, del gelo, della fame; sotto l’insidia costante d’un nemico aperto ed occulto». Il contributo di sangue dato dai 694 partigiani parmensi caduti ne è eloquente testimonianza. In questo contesto, con i suoi 49 Caduti contro 291 uomini in forza al momento della liberazione, con le cospicue perdite inflitte al nemico (112 morti, 93 feriti, 542 prigionieri), con il lungo impegno di lotta dei suoi partigiani, la 1ª Brigata Julia ha fatto degnamente la propria parte.

E con lei la patriottica popolazione dell’Alta Valle del Taro. Perché dire «1ª Brigata Julia» è un po’ come dire «Borgotaro». E dire Borgotaro è come dire <<Resistenza >>. Che qui, nel territorio che comprende questa vallata e quella contigua del Ceno, non per nulla è stata insignita della massima ricompensa: la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ed è sottolineare un capitolo della Guerra di Liberazione Nazio­nale in cui (per riandare a espressioni del Comandante «Arta») il nome di «… Borgotaro è inciso con l’acciaio infuocato / del quale ogni scintilla / (e sono tante) / è un nome / un episodio / un urlo / uno strazio / un assalto / una vittoria / 157 partigiani morti combattendo / 12 militari morti trucidati / per l’onore della libertà / 25 civili trucidati / (il vento e la terra li custodiscono) / 2.753 partigiani combattenti / ufficialmente riconosciuti / villaggi incendiati, distrutti…»

Ma anche a prescindere dal suo effettivo apporto militare e ancor prima di ciò, la Resistenza aveva un compito irrinunciabile da assolvere: in quel momento di collasso morale (oltre che materiale) del Paese, essa si costituiva come unica forza capace, con la sua lotta, di restituire dignità all’Italia dopo l’oscura parentesi fascista; di riconsacrare il diritto  dell’Italia alla libertà e riprendere posto nel  consenso delle nazioni democratiche e civili. E i Volontari della Libertà si sentivano chiamati a battersi per un avvenire da cui doveva scaturire un mondo morale, culturale, sociale, politico nuovo, in un risveglio di vitalità, gioia e speranza che era una festa dello spirito. Col loro accorrere nelle sue file da ogni ceto sociale, da ogni lembo d’Italia occupato dall’esercito nazista, la Resistenza realizzava l’unità morale del Paese, oltre tutti gli steccati ideologici, dinanzi alle dure prove che l’attendevano.

Perché, se vi fu chi si adoperò per incanalarla e contenerla entro schemi di classe o addirittura di partito, la vera sua forza le derivò dall’avere dietro di sé l’appoggio e la solidarietà indifferenziata di tutti gl’italiani degni di questo nome, di costituire un unico grande movimen­to patriottico nazionale, il cemento che teneva uniti uomini dalla matrici culturali e politiche diverse. Quel sentimento di unione nazionale, di Patria che sarà più tardi svuotato dai partiti e tuttavia era allora vivissimo in tutti. Naturalmente non ci furono soltanto idealisti nella Resistenza; nella sua azione ci furono alti e bassi; non sempre e non tutti nelle sue file si mostrarono all’altezza della situazione, anche se nell’entusiasmo, nello slancio di quei giorni ciascuno era spinto a prodigare il meglio di sè, a superare se stesso.

A distanza di quarant’anni, quelle oramai lontane vicende si ripre­sentano intatte alla nostra memoria di protagonisti, con tutto il carico dei sentimenti, delle ansie, delle spinte emotive di allora. Ma, nella difficoltà di trasmettere ad altri che non vi siano stati partecipi queste sensazioni attraverso modi descrittivi, io ho cercato nel presente volume di restituire l’atmosfera del tempo sottoponendo essen­zialmente all’attenzione del lettore i vari documenti della 1ª Brigata Julia, la brigata partigiana di cui qui si ripercorre la storia. E, per meglio inquadrarle nel clima del momento, anche le note e commenti di cui li ho corredati riflettono fedelmente la nostra visione di allora.

A ciò si devono anche i duri riferimenti ed espressioni usati al caso terso i nazifascisti, sulle cui nefandezze, del resto, rimane immutato, e sempre rimarrà tale, il nostro giudizio di condanna. E questo anche se nessuno più di me oggi è lontano da un anacronistico spirito di rancore e di vendetta o dal voler rinfocolare odii nati dalla iattura dalla guerra fratricida fra italiani, ormai da tempo rimarginati e ricomposti nell’am­bito della nostra civile convivenza nazionale. O nessuno più di me è lontano dall’ignorare che l’Italia si trova attualmente incamminata, alle soglie dall’anno duemila, in cordiale feconda collaborazione lungo la strada dell’Europa di domani con la Repubblica Federale Tedesca, i cui uomini ieri combattevamo.

I documenti qui riprodotti, testimoni fedeli dei fatti ed eventi cui si riferiscono, sono documenti autentici dell’epoca conservati presso l’Isti­tuto Storico per la Resistenza di Parma, la cui consultazione mi è stata ampiamente facilitata, con la premura e cortesia che gli sono proprie, dal Segretario dell’Istituto stesso Luigi Rastelli, Comandante «Annibale», che desidero ancora sinceramente ringraziare. La mia condizione di ex componente del Comando della 1ˆ Briga­ta Julia, poi passato nel Comando della Divisione Valtaro in cui essa fu inserita, mi poneva sicuramente in posizione vantaggiosa per curare la stesura del presente volume. Perciò se esso, come temo, si rivelerà al di sotto delle attese, ciò sarà soltanto di addebitare, lo confesso, a pochezza dì capacità espositiva e di sintesi dell’autore.

Nel contesto del libro sorprenderà forse di trovare i lineamenti di una Resistenza piuttosto sfocati rispetto a quella sua immagine cui ci si è abituati a pensare. Laddove oggi si suppongono prevalenti gli aspetti romantici, estemporanei, «garibaldini» nell’attività partigiana, si vedrà che il no­stro costante sforzo di allora, sotto l’incalzare delle inderogabili esigenze di difesa e d’offesa nei territori dove la guerriglia era destinata a protrarsi più a lungo, era invece diretto ad uscire da quella condizione, propria della vita delle prime «bande», verso un assetto delle nostre formazioni il più vicino possibile agli schemi di un vero e proprio esercito regolare. Laddove oggi s’immaginano prevalenti le motivazioni e spinte politiche, si vedrà che allora i richiami capaci di ricondurre la volontà e l’azione di tutti a un minimo comune denominatore erano altri.

La massa dei nostri giovani, che usciva dal ventennio di oscura-mento politico fascista, era politicamente analfabeta e in attesa di matu­rare ponderati convincimenti ideologici. Le brigate partigiane avevano spesso, è vero, una caratterizzazione politica, ma questa rispecchiava sostanzialmente la posizione del loro nucleo dirigente, che le aveva organizzate per conto di un determinato partito, e che, pur svolgendo attiva opera di proselitismo, non poteva certo, né pensava d’imporre la propria ideologia a quanti militavano nella formazione, i quali vi erano entrati per lo più in base ad altri criteri di carattere pratico: presenza di amici, vicinanza alla famiglia e così via. Salvo rari casi di formazioni politicamente omogenee, all’interno delle brigate trovavano spazio  singoli uomini dalle posizioni politiche diverse, dai comunisti ai liberali, dai democristiani ai repubblicani, dai socialisti ai monarchici.

Per non parlare poi della iniziale prevalenza di apolitici, peraltro non meno ansiosi di battersi contro tedeschi e fascisti, per la libertà. Avuto riguardo a queste premesse, è da aggiungere che al momen­to della Liberazione un terzo circa delle formazioni partigiane militava nelle Brigate Garibaldi facenti capo al Partito Comunista, mentre i rimanenti due terzi facevano capo alle Brigate Giustizia e Libertà del Partito d’Azione, alle Brigate Matteotti socialiste, alle Fiamme Verdi democristiane, alle Brigate collegate ai C.L.N.COMIATATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE ma non a un determinato partito (come la 1ˆ Brig. Julia), alle Brigate Autonome, per lo più formate da ex militari, indipendenti dai C.L.N. Comunque, se è indubbio che la maggioranza relativa dei partigia­ni era (o divenne ben presto dopo la liberazione) di sinistra, non trova conforto nella realtà il titolo d’una canzone in voga in anni recenti che voleva la Resistenza italiana di un determinato colore politico.

Ma, fino al momento della Liberazione e mentre le ragioni della guerra prevalevano su quelle della politica e le tenevano in sordina, il vero volto, la vera forza della Resistenza fu la fusione degli animi, la concordia attorno alle parole d’ordine che allora tutti ci univano, spro­nandoci alla lotta: Italia, Patria, Libertà. E qui la Resistenza si riannodava al Risorgimento, disegnava un nuovo Risorgimento come espressione d’un momento altissimo di unio­ne nazionale, in cui la parte cosciente, il cuore del nostro popolo, sopra e sotto il fronte di guerra che lo divideva, vibrava all’unisono con quello dei suoi combattenti volontari impegnati nella difesa di supremi valori comuni.

Questo per noi della 1ˆ Brigata Julia, è il senso più vero, più genuino di quei lontani giorni di lotta. Ed esso riaffiora immancabilmente nel nostro animo solo che si rivada col pensiero al quadro fisico, allo scenario che fu teatro della nostra vita partigiana, dal Monte «Penna» al «Molinatico» al<<Barigaz­zo>>: quei monti, quelle valli testimoni di tante vicende della nostra guerriglia, di tante ore d’attesa, di speranza, d’affanno, d’entusiasmo affrontate e vissute in fraterna comunanza d’intenti. Quei monti, quelle valli rimasti come punto di riferimento e di richiamo incancellabile dalla nostra memoria partigiana. L’unico luogo in cui, con il cuore e con la mente, ancora e sempre ritorneremo per poter rivivere dentro di noi, per poter ritrovare, con lo slancio e la purezza di sentimenti che ci avevano animato nei giorni della lotta, lo SPIRITO DELLA RESISTENZA.

Prima Parte

Cartina topografica della principale zona d’operazione della I” Brigata Julia

La Libertà è il Coraggio (Pericle)

INTRODUZIONE

Sui destini dell’Umanità incombeva lo spettro della guerra. Sull’Europa e sul mondo “… i fuochi inestinguibili della Prussia guerriera ebbero fiammeggiato ancora una volta» (1) e questa volta, per di più, alimentati anche dal soffio violento della follia ideologica nazista, dal criminale vitalismo nazista. La cavalcata delle valkirie hitleriane puntava non solo in direzione dei  fronti in cui si sfogava l’immediata aggressione territoriale del III Reich, ma inseguiva un disegno espansionistico senza limiti ove la Germania, in funzione della sua supremazia militare, doveva imporre nell’intera sfera internazionale, con la propria egemonia, il «nuovo ordine» e le aberranti teorie nazionalsocialiste.

La ­guerra di Hitler era, dunque, una guerra totale. Così  nel 1940 pareva non ci fossero più argini alla tracotanza nazista: le sovranità norvegese, danese, olandese, belga calpestate; la Francia in ginocchio; la Gran Bretagna impavida e sola a resistere, ma i pronostici attribuivano alla sua tenacia la possibilità di tener duro per qualche mese, non di più. E, in quel momento critico della storia del mondo e della vita dei popoli, in quel gigantesco scontro di sistemi contrapposti, l’Italia, dominata dal fascismo, univa le proprie sorti a quelle della Germania nazionalsocialista, secondo la comune matrice ideologica dei due sciagurati regimi. 1941 … 1942 … 1943 … 1944: quella che Hitler aveva annunciato come << guerra lampo >> nei giorni delle sue sfolgoranti vittorie iniziali, estesa invece nel tempo e nello spazio per l’incrollabile determinazione delle nazioni coalizzate contro il nazismo di affrontare e piegare l’inusitata potenza della macchina  bellica tedesca, vedeva infine quest’ultima ovunque in ritirata o sulla difensiva.

La gloria di Stalingrado, segnata dalla sconfitta e dalla resa delle imponenti forze assedianti del Feldmaresciallo Von Paulus, preludeva allo stritola­mento e al crollo finale delle armate germaniche sul fronte dell’Est. (2) La gloria del «D-day», segnata dal possente sbarco alleato in Normandia la visione churchilliana unita alla potenza americana trovava la sua vittoriosa realizzazione – preludeva allo stritolamento e al crollo finale delle armate germaniche sul fronte dell’Ovest. Nel quadro della catastrofe e del sangue che prima vedeva scontrarsi sul continente in un urto selvaggio due diversi blocchi totalitari, l’invasione  dal mare degli angloamericani il 6 giugno 1944 recava all’Europa un frutto prezioso con loro era sbarcata la libertà.

(1)— citazione da “La Seconda Guerra Mondiale” di W. Churchill

(2) – ciò che non  potrà tuttavia cancellare la memoria del protocollo segreto Ribbentrop-Molotov del 23agosto 1939, con cui si apriva di fatto la strada alla seconda guerra mondiale avallando l’aggressione tedesca allaPolonia  (1 settembre1939), al prezzo del tacito smembramento e della spartizione fra Germania ed URSS del territorio polacco.

Frattanto, nel 1943, l’avventurismo fascista era approdato, di disastro in disastro sui fronti di battaglia in cui si era cimentato, anche alla perdita del territorio metropolitano della Sicilia. Il «Duce», arbitro assoluto del destino d’un popolo che aveva tenuto in pugno mediante un regime di polizia integrato da una propaganda fatta a furia di slogans, bandiere, eccitanti discorsi dal fatidico balcone, marce militari, adunate di massa, parate, eleganti uniformi, medaglie, orpelli e perenni distor­sioni della realtà quotidiana, si era trovato infine a fare i conti con un risultato difficilmente occultabile agli occhi della Nazione: la sconfitta militare.

E il Re Vittorio Emanuele III, sia pure attivandosi con imperdonabile ritardo storico, cogliendo occasione dall’alzata di scudi del Gran Consiglio del Fascismo contro Mussolini, aveva estromesso costui dal potere e sottoscritto 1’8 settembre 1943 un armistizio con gli angloamericani. Dalla scelta di questo armistizio venivano al Paese, sanzionando quella che era ormai la sua generalizzata volontà, una precisa collocazione democratico-occidentale e le premesse politiche per divenire una moderna democrazia. Ma veniva anche e purtroppo, sul piano militare, la dissoluzione del nostro esercito – benché riscattata da innumerevoli esempi di valore e dignità – in un clima di smarrimento generale reso inevitabile dalle lacunose ed equivoche direttive del Maresciallo Badoglio.

Dopo che il Gran Consiglio del Fascismo aveva sancito la decadenza di Mussolini, ogni pretesa di questi nell’ambito del potere statale diveniva illegit­tima. Solo il re e il Governo dei re rappresentavano la legittimità costituzionale. Ma all’indomani dell’armistizio, senza por tempo in mezzo, Hitler libera dalla prigionia del Gran Sasso il<< pupazzo macabro >> e lo insedia alla testa del governo fantoccio della Repubblica Sociale Italiana, all’ombra dell’esercito tedesco che ha invaso buona parte del nostro territorio nazionale. A questo punto, sotto la spinta di questi eventi, con incomprimibile slancio e moto spontaneo, nasce in Italia il Movimento partigiano.

Nasce come forza combattente impegnata a preparare il terreno, con la guerriglia e il sabotaggio antitedesco, all’avanzata degli angloamericani che stanno risalendo la Penisola per liberarla; nasce come movimento politico antifascista che vuoi testimoniare col sangue i principi di libertà e di democrazia lungamente calpestati dal fascismo, perché il paese possa tornare a sentirsene degno. Dopo che da un ventennio tutto era regolato dall’alto e in Italia comanda­va uno e uno solo, è una sensazione nuova sentirsi arbitri della propria volontà, delle proprie decisioni. E le decisioni per quanti avvertono la gravità dell’ora sono subito estrema­mente impegnative.

In questo preciso momento molti uomini sono posti drammaticamente dinnanzi a se stessi, spinti dalle proprie idealità a dare la misura della coerenza e del coraggio con cui intendono affermarle sull’aspro terreno della lotta. Nascono così le prime “bande”, i primi nuclei partigiani. Sono quegli italiani che non si mettono a sedere in attesa che tutto finisca. E sono nuclei estremamente affiatati nonostante includano spesso perso­ne diverse per ceto, cultura, modi di vita, che nel partigianato faranno una esperienza meravigliosa di affratellamento. Molti fra loro i giovani e fra questi gli ex militari sbandati dopo l’armisti­zio, che covano la ribellione contro il tracotante invasore e vogliono restituire dignità, partecipando alla lotta contro di lui, al nome dell’Italia.

Mentre prima il regime aveva abusato fino alla nausea del nome dell’Italia e del Tricolore al servizio della propaganda fascista, ora che Italia significa veramente Italia e il tricolore è un emblema che  richiama a raccolta tutti  i suoi  figli che intendono battersi per la libertà e la democrazia, il  sentimento di patria si manifesta prepotente nelle file  partigiane. Lo spirito, l’entusiasmo che infiammano gli uomini della Resistenza, per un singolare ricorso storico, li accomunano agli ardimentosi che  già nel secolo scorso s’erano battuti per l’indipendenza e la  libertà dell’Italia. Riaffiorano  alla mente di molti di  questi uomini immagini , pensieri, insegnamenti attimi da pagine di storia risorgimentale, come il vecchio incita­mento manzoniano a non disertare la lotta per il riscatto nazionale. “ Oh giornate del nostro riscatto / oh dolente per sempre colui / che da lunghe, dal labbro d’altrui / come un uomo straniero, le udrà / che a suoi figli narrandole un giorno / dovrà dir sospirando: io non c’era / che la santa vittrice bandiera/ salutata quel dì non avrà”.

Da questi ricordi, da questi richiami sorge un senso di continuità ideale fra quel passato e il presente, che lega intimamente lo spirito della Resistenza ai valori risorgimentali. E se il Risorgimento italiano – attuato nella purezza della sua visione, che fu alta – era stato opera pressoché esclusiva d’una élite di aristocratici e di borghesi liberali, questo secondo Risorgimento si rivela ora, ovunque agisce attivamente la Resistenza, un movimento di massa e di popolo che batte alle porte d’una moderna democrazia e vuole partecipare alla sua conquista. Ognuno avverte nelle nostre file che i vecchi e solidi valori risorgimentali, col loro fermento di libertà perennemente innovatore e il loro richiamo a una lotta unitaria, sono l’insostituibile punto d’incontro e di coagulo di tutti i combattenti della Resistenza, perché valgono a far confluire in una intensa solidarietà di fondo uomini di opinioni, ideologie e indirizzi politici diversi.

Essi conducono all’idea di Patria come simbolo della comunità e della unità nazionale, come punto di riferimento dell’unanime volontà di realizzare la liberazione e la libertà dell’Italia. Significativa quanto drammatica testimonianza di ciò sarà data più tardi -cessata la bufera della guerra – dalla pubblicazione delle “Lettere dei condanna­ti a morte della Resistenza italiana”, documenti di toccante eroismo ricchi di riferimenti e incitamenti patriottici. Nei supremi messaggi d’addio dei condannati ai propri cari, quante volte ricorrono pensieri rivolti alla patria ed espressioni che suggellano un sacrificio a lei dedicato! Impossibile rileggerli e meditarli senza un fremito di commozione: »…Pensate che il vostro figlio è morto come i Fratelli Bandiera, Ciro Menotti, Oberdan e Battisti; è morto per la patria…» (Pedro Ferreira fucilato a Torino il 23-1-1945) «…Non ho rimpianto nel lasciare questa mia vita perché coscientemente l’ho offerta per questa Terra che immensamente ho amato…» (Giuseppe Pelosi fucilato a Verona il 16-3-1944)

«…Muoio senza timore: la causa per la quale mi sacrifico è alta: è quella della patria…» (Giulio Biglieri fucilato a Torino il 5-4-1945)

«…Ho sentito il richiamo della Patria pér la quale ho combattuto, ora sono qui… fra poco non sarò più…» (Irma Marchiani fucilata a Pavullo il 26-11­1944)

“…pensa con orgoglio a me perché ho fatto il mio dovere e faccio l’ultimo sacrificio per la patria, per i santi ideali della verità, della libertà e della civiltà..” (Luciano Pradolin fucilato a Udine l’i 1-2-1945)

«…Muoio contento, per la mia Patria che ho amato tanto e per l’idea di una futura giustizia e libertà del Paese… » (Alessandro Teagno fucilato a Torino il 3-3-1945)

«. ..Pensate che tanti sono morti per la patria ed io sono unodi quelli …

Viva l’Italia…” Fabrizio Vassalli fucilato  a Roma il 24-5-1944

<<…per la mia famiglia, per la mia patria, dico però con serenità che ho amato l’una e l’atra con amore più  di quegli uomini che  oggi  mi tolgono la vita …>> ( Raffaele Andreani  fucilato  a Firenze il 3-5-1944

<< .. ricordagli  che il suo papà è stato un soldato  che ha amato la Patria >>

(Luigi Savergnini fucilato a Torino il 23-1-1945)

Queste le voci, e non certo le sole, che ci giungono dalla sponda tragica di quei condannati. L’idea di patria che esprimono racchiude una fede reale. E se essa a distanza di non molti anni, seguendo le tappe della corrosione del sentimento che ci univa all’Italia, sarà destinata a svanire o scolorire lasciando spazio ad altri valori o supposti tali, allora la Resistenza dovrà essere ricordata come l’ultima saga patriottica, l’ultima pagina, l’ultimo anello che chiude con una corale partecipazione di popolo il grande ciclo del Risorgimento italiano. Tale sentimento emerge anche a livello di linguaggio. I termini «patriota» e <<partigiano>> sono, in certo senso, intercambiabili, ma, fra i due, nella Resi­stenza viene preferito il primo.

Lo documentano gli stessi comunicati dei Comitati di Liberazione Nazio­nale e dei comandi del Corpo Volontari della Libertà, ove si parla e si scrive sempre di << patrioti >> e mai, o solo eccezionalmente, di «partigiani»; parola quest’ultima che sembra evocare il significato, a pochi accetto, di partitanza, di fazione, di lotta di parte in contrapposizione all’idea di patria e, quindi, di patriota. Solo più tardi, forse per influsso lessicale venuto dalla Resistenza di altri Paesi, sarà gradualmente preferito il termine «partigiano», che poi finirà per prevalere sull’altro fino a soppiantarlo totalmente nei riferimenti alle vicende della Resistenza. Il che avviene, come vediamo, anche nel testo del presente volume, dove tuttavia la dizione << patrioti >> verrà mantenuta, per ovvia conformità ai docu­menti originali, nella riproduzione dei comunicati dei Comandi partigiani e dei C.L.N.

Ma nel tempo della Resistenza sugli emblemi di parte prevale il tricolore e ci si chiama patrioti per sentirsi tutti figli di quella patria che impersona il passato e il futuro, perché riassume le memorie storiche delle passate generazio­ni e in lei s’esprimono le comuni aspirazioni e il potenziale progresso avvenire del Popolo italiano. – Tale senso di patriottismo, ove s’associano l’idea della patria e le speranze di democrazia e progresso del Paese senza che la fazione prenda il posto della Nazione, caratterizza la nascita e caratterizzerà il futuro della 1ˆ Brigata Julia, dove si penserà a combattere e non certo a far politica. Dove non ci saranno ideologizzazioni a senso unico di questo o quel partito, perché in questa brigata le ideologie avranno tutte eguale diritto di cittadinanza secondo il principio del pluralismo democratico.

Tant’é vero che alla testa della formazione vedremo alternarsi ex militari apolitici oppure uomini d’orientamento politico vario, nessuno dei quali avrà, né pretenderà certo di avere la rappresentatività politica della brigata o dei suoi partigiani. I quali, dal canto loro, coltiveranno le proprie opinioni politiche al di fuori d’ogni influenza o pressione del Comando. Tornando all’origine del discorso c’è poi da osservare che nelle nostre valli gli uomini che si presentano al servizio militare vengono prevalentemente arruolati tra gli alpini, un Corpo noto per la sua straordinaria coesione; per quella fedeltà, coraggio, spirito di sacrificio che hanno offerto in ogni circostan­za un contributo altissimo all’onore delle Forze Armate italiane.

E gli alpini non saranno da meno nella loro partecipazione alla guerra partigiana, che quassù incomincia da loro e con loro, impegnandovi con succes­so anche la loro tecnica della guerra di montagna, frutto d’una dura e lunga esperienza di trincea. Nel caso della 1ˆ Brigata Julia si deduce subito dalla sua denominazione che il nucleo portante di questa formazione è costituito da alpini e, per di più, da reduci della omonima nota Divisione Alpina del nostro esercito, che, con fierezza e attaccamento, essi hanno voluto far rivivere nella Resistenza. La vita delle prime bande partigiane è una vita di fede e di coraggio, perché molta fede e molto coraggio occorrono per cimentarsi, pochi e male armati, in attacchi ai reparti nazifascisti condotti soprattutto allo scopo di strappar loro quelle armi e munizioni che agl’inizi difettano in modo preoccu­pante. Ciò che ai partigiani non difetta è invece un incoraggiamento , un appoggio fondamentale: quello della popolazione civile, dei contadini.

Una popolazione che aveva dato aiuto spontaneo ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento e ai soldati del nostro esercito sbandati dopo l’otto settembre, come primo momento d’una solidarietà che andrà via via crescendo nel corso della lotta armata, rivelandosi una componente insostitui­bile della Resistenza. Qui nell’Alta Val Tara questa solidarietà si dimostrerà per le forze partigiane di valore essenziale, perché la loro lotta mai sarebbe potuta decollare e progredire in questa zona con impeto altrettanto vigoroso senza l’esistenza di popolazioni così pronte a darle illimitato sostegno materiale e morale. Sugl’inizi le azioni a fuoco dei partigiani saranno di limitata entità, poi si andranno via via intensificando fino a portare all’occupazione e al presidio da parte loro di grossi centri urbani di fondovalle, con un crescendo di attacchi ai nuclei, apprestamenti e mezzi di trasporto nemici nella fase finale della guerra.

Ma sempre, dal principio alla fine, i partigiani potranno contare sull’ap­poggio fraterno e sollecito della popolazione locale, dei contadini sparsi per la montagna, divenuta anche per essi un fronte di guerra. E per questa solidarietà; per l’ospitalità, l’aiuto, il soccorso dato ai parti­giani, la popolazione dovrà pagare un pesante tributo di lutti e distruzioni scatenate dalle feroci rappresaglie nazifasciste. Dal principio alla fine il suo cuore batterà all’unisono con quello dei suoi partigiani. Essa li seguirà con ansia e trepidazione ad ogni loro partenza per uno scontro armato, e saluterà festante ogni loro ritorno vittorioso. Questo l’appoggio, generoso e fraterno, dato ai partigiani dagli uomini e dalle donne della nostra vallata d’ogni età e condizione nei giorni della Resisten­za.

A partire dal settembre 1943 la Resistenza italiana si sviluppa progressi­vamente nelle innumerevoli zone del Paese dove le ~ possibile organizzarsi per sorprendere e colpire reparti delle forze germaniche occupanti e dei militari della R.S.I. Dagli scontri iniziali di Monterotondo, presso Roma, dove nuclei delle divisioni «Ariete», <<Piave>>, e << Re >> del nostro esercito affrontano e immobiliz­zano le divisioni corazzate tedesche all’indomani dell’armistizio, prima di sfaldarsi per il mancato invio di rinforzi e di ordini da parte dei comandi superiori (messi in crisi a loro volta dalle ambigue direttive di Badoglio), si passa alla guerriglia partigiana, sviluppatasi via via in mille episodi lungo la fascia appenninica e le falde delle Alpi e che sarà impegnata più lungamente a nord della Linea Gotica, fino al momento dello sfondamento della stessa da parte delle armate angloamericane e della insurrezione generale italiana del 25 aprile1945. Ma scarsi sono in genere i documenti della guerra partigiana, le testimo­nianze scritte la cui precisa traccia consentirà poi a distanza di tempo una circostanziata e attendibile ricostruzione di quelle vicende, altrimenti affidata alla memoria, spesso imprecisa e lacunosa, dei sopravvissuti.

Questa carenza di documenti, tuttavia, tocca in modo limitato la Resisten­za parmense, perché quella di Parma à una delle Province i cui Volontari della Libertà, superando di slancio ardue difficoltà d’ordine associativo e organizza­tivo, riescono ben presto a strutturarsi come vero e proprio corpo unitario su scala provinciale, dandosi un unico comando: il Comando Unico Operativo delle brigate partigiane della Provincia, che entra in funzione il 3 settembre 1944. Quassù lo spirito della Resistenza, dopo le << bande>>, i raggruppamenti, le brigate, le divisioni di partigiani, ha dato vita a questo ulteriore assetto di comando d’un improvvisato esercito di combattenti, composto in ogni suo rango e quadro di volontari, tenuti insieme non da una disciplina formale imposta dall’alto, ma da rapporti gerarchici liberamente voluti e accettati che non scalfiscono i legami d’eguaglianza e fraternità che accomunano tutti.

Questo tipo di organizzazione fortemente intrecciata, anche per supplire alla totale carenza di mezzi di comunicazione usuali tra comandi militari (qui non si dispone di telefoni da campo o di radio rice-trasmittenti: quelle in dotazione alle missioni alleate sono in contatto esclusivo con le loro basi), comporta una copiosa elaborazione e un continuo scambio mediante staffette di atti, cioè di ordini, istruzioni, relazioni, rapporti, comunicati fra i vari comandi partigiani. E questi atti, più o meno integralmente conservati attraverso le fortunose vicende belliche, saranno poi altrettanti documenti capaci di restituire una immagine fedele delle vicende cui si riferiscono e del quadro globale in cui esse s’iscrivono.

Il presente volume sulla storia della f Brigata Julia illustra le fasi della nascita e dell’attività iniziale della stessa con una semplice rapida narrazione, mancando documenti cui far specifico riferimento in proposito (in quei primi momenti nelle nostre << bande >> tutto avviene sulla base di comunicazioni verba­li; e se qualche rara volta capita d’inviare un avvertimento, una richiesta, un promemoria vergati frettolosamente su un biglietto, questo viene subito dis­trutto o dimenticato) Per le fasi successive comprese fra il luglio 1944 e l’aprile 1945, che sono anche e ovviamente quelle di più intensa attività, la vita e le vicende quotidiane della 1ˆ Julia nel contesto della Resistenza parmense, sono invece ricostruite attraverso la riproduzione cronologica di documenti autentici dell’ epoca, oggi conservati presso l’Istituto Storico della Resistenza di Parma.

Una serie, come ho accennato, di ordini, istruzioni, relazioni, rapporti. comunicati redatti dai Comandi partigiani e Comitati di Liberazione Naziona­le, selezionati in modo tale da toccare i vari aspetti, anche minori, dell’attività svolta dalla Iˆ Julia, il tutto convenientemente corredato da note esplicative dell’autore che, avendo fatto parte del Comando della Iˆ Julia e più tardi nel Comando della Divisione Valtaro, conosce a fondo le vicende che qui tratta ed espone esprimendosi in prima persona.

Ciò che consentirà al lettore di delineare da sè, grazie a questo organico mosaico di documenti, i lineamenti del quadro generale che esso rappresenta. E gli consentirà di accompagnare e rivivere giorno per giorno, attraverso il pur scarno e sintetico linguaggio di tali documenti, la vita della brigata, con un senso concreto e immediato dei fatti rievocati che inutilmente si cercherebbe di scoprire pur nella cronaca più puntuale. Ma per raggiungere questo risultato sarà necessaria una certa disponibili­tà, una certa capacità di coinvolgimento da parte del lettore, che dovrà impe­gnare attenzione e memoria per fissare e coordinare nella propria mente le tessere del complesso mosaico, così da poterne individuare e intendere le connessioni, da poter giungere a significative deduzioni e conclusioni autonome circa gli eventi considerati.

E sarà proprio questo impegno a compenetrarlo intimamente nelle vicen­de che quei documenti testimoniano e a premiare il suo legittimo desiderio di conoscere di prima mano – al di là della facili leggende agiografiche n delle ingenerose denigrazioni dei detrattori per partito preso – la realtà della guerra partigiana quale risulta da questo vivo spaccato della Resistenza parmense. Realtà che, rientrando in modo e misura particolarmente significativi nel quadro complessivo della lotta resistenziale in Italia, s’inserisce in un capitolo di storia patria destinato a non esaurirsi nell’ambito del suo tempo, perché legato a un momento che nella memoria e nella coscienza del Paese segna il punto d’avvio di un nuovo svolgimento della vicenda nazionale. Perché legato a ragioni e domande che fanno parte della nostra storia assoluta, che diviene tale quando l’uomo si fa protagonista di eventi fondamentali come quelli segnati dalla Resistenza, con il loro carico di valori, di speranze, di ardimenti e anche di dolore.

L’Inizio della Lotta

Già nell’autunno del ‘43 in queste valli dell’Alto parmense nascono i primi nuclei o «bande» di partigiani. Siamo alle soglie della stagione invernale che renderà loro dura la vita a causa dei disagevoli ricoveri di fortuna, del vettovagliamento difficile, degl’in­dumenti inadeguati ai morsi del freddo. Al di là della spinta ideale, della volontà di battersi che ha portato questi uomini ai monti, nel momento di passare all’azione e adottare un concreto piano di lotta, essi misurano tutta la difficoltà del loro impegno. Il problema più serio è quello dell’armamento: le armi sono del tutto inadeguate per quantità e per qualità, scarse le munizioni, mancano gli esplo­sivi, non vi sono mitragliatrici e fucili mitragliatori.

Gli aviolanci alleati, promessi attraverso Radio Londra, rimarranno un sogno proibito finché non si potrà individuare un canale di comunicazione con i comandi angloamericani, cosa ben difficile in questo stato d’isolamento. Ma la prolungata inazione mortifica lo slancio, deprime il morale di questi gruppi di uomini alla macchia; rischia di alimentare in loro complessi d’inferio­rità rispetto al nemico con cui attendono di potersi misurare. In essi va quindi maturando la determinazione di iniziare senza troppi indugi la lotta, quale che sia l’inferiorità di mezzi in cui versano. E l’occasione del decollo non tarda a venire. Il giorno di Natale 1943, a Osacca, frazione del Comune di Bardi al confine col territorio di Borgotaro, scatta il primo combattimento partigiano di tutta la montagna parmense e forse dell’intera Emilia.

Da Parma, a seguito d’una spiata che denuncia l’esistenza in questa località d’un nucleo partigiano, il comando fascista invia una sessantina di militi, armatissimi, che salgono a Osacca nelle prime ore del mattino, cercando di passare inosservati lungo i sentieri montani e di cogliere di sorpresa i partigiani. Ma questi, avvertiti all’ultimo momento da una contadina che aveva avvistato la colonna nemica (qui ogni civile è, all’occasione, vigile sentinella dei partigiani), dopo un primo momento di perplessità, in cui devono decidere se defilarsi oltre il monte verso il borgotarese o se accettare la sfida, prendono quest’ultima determinazione. Se le munizioni scarseggiano, avverte il Comandante, si dovrà giocare d’audacia: si dovrà evitare che il nemico abbia sentore di ciò aprendo su di lui un improvviso fuoco generale nel momento iniziale del combattimento, salvo poi misurare i colpi nelle fasi successive.

Appostati lungo il prevedibile percorso della colonna fascista e una volta che essa si sia ben avvicinata, si dovrà aspettare un segnale dello stesso Coman­dante per accoglierla con una nutrita sparatoria, limitandosi successivamente a sparare solo a colpo sicuro. E così, poco dopo, sono i militi fascisti, che credevano di giungere inattesi, ad avere la sorpresa di un’accoglienza partigiana che ha tutta l’aria di un attacco in forze. Essi allora si attestano precipitosamente dietro i ripari occasionali rea­gendo con rabbiosa quanto inutile profusione di spari. Poi, dopo una mezz’ora d’ineguale scambio di fuoco fra le due parti, si decidono a ripiegare lentamente verso il cortile della scuola da dove la loro manovra d’attacco era partita.

Ai partigiani, ormai quasi privi di munizioni, non rimane che tenerli sotto controllo grazie anche alla loro posizione dominante. Fino a che i militi fascisti, paghi della lezione ricevuta e timorosi del riaccendersi del combattimento, da veri << pifferi di montagna >>, riprendono malinconicamente la via del ritorno, mentre qualcuno di loro è sentito confes­sare: «Ci siamo salvati per miracolo!» Bilancio dell’operazione: per i nemici alcuni feriti; per i partigiani nessuna perdita e il prezioso bottino d’una mitragliatrice e relativa cassa di munizioni. Ma ciò che per i nostri conta soprattutto è un battesimo del fuoco che, premiando il loro coraggio, li fa sentire all’altezza della situazione, cioè in grado di affrontare e controbattere le forze nemiche, compensando con il proprio slancio la pur grave disparità di mezzi.

Con questo episodio nell’Alto Parmense la guerriglia s’è messa in moto, ha superato il punto d’inerzia e varie bande, sia pure all’infuori d’un piano organico e l’una indipendentemente dall’altra, incominciano a dare del filo da torcere ai nazifascisti. Il 20 gennaio 1944 si ha un attacco partigiano al presidio nemico di S. Stefano d’Aveto. Ma esso incontra impreviste complicazioni, risolvendosi per i partigiani in un nulla di fatto. E meno male che nell’operazione i nostri evitano perdite. Il 12 febbraio ha luogo un’azione in piena stazione ferroviaria di Borgo­taro e in essa i partigiani disarmano alcuni militi del presidio nemico. Il 28 febbraio è la volta dell’osservatorio aereo nemico presso il Passo del Bratello, che viene distrutto dai nostri. Analogamente viene predisposto e portato a vittoriosa conclusione, l’otto marzo, un attacco all’accantonamento nemico sul Passo di Cento Croci.

Il 13 marzo nuova azione in una stazione ferroviaria; quella di Valmozzola. È  corsa voce dell’imminente transito d’un treno che trasporta alcuni prigionieri partigiani a Parma dove li attende il plotone d’esecuzione per una rappresaglia. Il treno viene bloccato a Valmozzola, dove il Comandante dei partigiani muore eroicamente nello scontro con i militi fascisti di scorta al convoglio, che affronta senza esitazione e con grande ardimento. Anche 10 di questi perdono la vita, parte nel corso dell’attacco e parte perché catturati e subito fucilati dai nostri.

Il 23 marzo è la volta d’un grosso scontro partigiano al Passo di Cento Croci con un colonna di circa 500 nemici, diretti a Borgotaro per un rastrella­mento, che lasciano sul terreno una quarantina di morti e una sessantina di feriti. Frattanto e finalmente il 21 marzo si registra il primo aviolancio alleato di armi, munizioni e attrezzature in Provincia di Parma (come verrà ampiamente ricordato e descritto in altra parte del libro). L’ha ottenuto la banda del << Monte Penna >>, una formazione partigiana che è in progressivo sviluppo e intorno alla quale si vanno riunendo vari gruppi di uomini delle confluenti valli del Taro e del Ceno, data la sua favorevole dislocazione addentrata e dominante.

Già alla fine dell’ottobre del ‘43 il Comando Militare del C.L.N. di Parma, considerando questa zona la più adatta per lo sviluppo iniziale della Resistenza armata, ha inviato a Bedonia <<Giorgio >> (lo studente in legge Giorgio Mazzadi), che conta un largo raggio di conoscenze personali in questo ambiente, con l’incarico di promuovere il raggruppamento dei nuclei partigiani delle due vallate contigue, compito che egli assolve con risultati positivi e nel quale sarà più tardi affiancato da Gino Cortese, Gianni Berni e Flaminio Musa. Occorre anche mettere in moto meccanismi di rifornimento di armi e mezzi di sussistenza delle prime formazioni partigiane, superando innumere­voli pericoli e difficoltà, anche organizzative, che ostacolano il decollo della lotta armata. E il C.L.N. di Parma s’impegna, per parte sua, ad aiutare a risolvere il difficile problema impegnandovi i suoi uomini più validi e coraggiosi.

In questa fase iniziale i rapporti fra i C.L.N. da un lato e Governo Nazionale e Comandi alleati da un altro sono ancora embrionali e solo più tardi, in fase di avanzata espansione del Movimento partigiano nel Nord Italia, interverranno tra le due parti precise intese di cooperazione nonché la delega di  funzione di governo al Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e ai C.L.N. periferici ad esso collegati. Mentre alcune formazioni partigiane in cui prevale l’elemento o la menta­lità militare, poco propense a immischiare la politica con la guerra e perciò a farsi coinvolgere dai C.L.N., sono orientate verso una posizione autonoma e favorevoli a rapporti diretti con il Comando Alleato.

La banda del «Monte Penna», in contatto con uomini e partiti del C.L.N. provinciale, con i suoi 120 armati, è in questa fase iniziale la più importante della Provincia di Parma. Ma la sua importanza sta soprattutto nel fatto che da essa avrà origine più d’una formazione partigiana dell’Alta Vai Taro e Vai Ceno via via che nella rapida evoluzione successiva i vari gruppi che la compongono se ne distacche­ranno per trapiantarsi e allargarsi nel territorio circostante, dando vita ad altrettante brigate partigiane. E tra queste, come vedremo, attraverso «Dragotte» (S. Tenente Giuseppe Delnevo), «Giorgio», «Libero» (Serg. Magg. Primo Brindani) e il gruppo dei borgotaresi, vi sarà anche la 1ˆ Brigata Julia.

Ottenuto il lancio il 21 marzo, non più tardi del giorno 23 dello stesso mese quelli della banda «Monte Penna», forti del nuovo armamento, ripetono l’attacco a S. Stefano d’Aveto. E questa volta con pieno successo, come schematicamente descritto da una relazione che verrà redatta più tardi dai Comando della 1ˆ Julia, nella quale si legge in proposito: «Il giorno 23.3.1944 un nucleo dell’allora Gruppo «Penna» attaccava con­temporaneamente la Caserma dei Carabinieri di S. Stefano d’A veto e il posto d’avvistamento antiaereo posto sopra detta località.

L’attacco veniva alle ore 20.30. Dopo breve sparatoria i militi del posto di avvistamento di davano alla fuga di fronte alla decisione della nostra squadra. Il presidio della caserma invece si arrendeva dopo il brillamento di una carica di esplosivo che danneggiava buona parte del caseggiato. Nell’azione venivano catturati: n. 14 armi individuali, n. 30 coperte ed altro materiale vario. Perdite nemiche: n. 2 feriti e 8 prigionieri. Perdite nostre Nessuno”.

Dal 23 marzo al 9 aprile lo spazio di tempo è breve, ma quest’ultima data vede nuovamente impegnata, e a fondo, la banda del <<Monte Penna >>. L’8 aprile un contingente d’un centinaio di uomini della Guardia Nazio­nale Repubblicana armati fino ai denti giunge improvvisamente a Bedonia, e mille sue intenzioni di attaccare i partigiani di quassù non vi sono dubbi. E dubbio, tutt’al più, il giorno dell’attacco, dato che l’indomani, giorno di Pasqua e solennità consacrata a pensieri e intenzioni di pace particolarmente avvertiti quando imperversa una guerra, non sembra il più felice per intrapren­dere simile azione.

Ma dopo l’attacco ad Osacca del precedente Natale non c’è da sorpren­dersi più di nulla. Del resto i fascisti, come poi si saprà fra qualche giorno attraverso nostre fonti informative, sono giunti quassù sulla scorta di precise indicazioni. Infatti, a seguito dell’arresto dei componenti del << Gruppo OTTO >> di Genova (organizzazione segreta che aveva procurato il lancio alla banda del Monte Penna), il controspionaggio tedesco era entrato in possesso di documenti da cui risultavano dislocazione e consistenza della banda stessa. E ciò può spiegare il carattere d’urgenza dell’operazione nemica, se essa ira a colpire questi partigiani prima che possano eventualmente trasferirsi altrove.

Gli uomini del Penna, comandati da «Dragotte», subito informati della situazione, scartano l’idea d’uno sganciamento preliminare e si dispongono ad affrontare il nemico armi alla mano. È perché non vogliono mancare in nessun caso il confronto, essi appostano ­proprie squadre armate in più punti sui diversi percorsi alternativi da cui i fascisti potrebbero compiere la loro puntata contro di loro. Così mettono squadre sulla strada comunale per Montarsiccio nonché presso le due mulattiere in zona Segarino.

Poi scaglionano il gruppo di punta sul Passo di Montevacà, con una squadra di 18 uomini sul ciglio del bosco che sovrasta il passo e un’altra di 12 uomini sulla curva stradale subito al disotto del passo, nell’intento di cogliere di sorpresa e intrappolare gli attesi attaccanti. Lo scontro avviene la mattina di Pasqua. Due autocorriere cariche della Guardia Nazionale Repubblicana precedute da ­un’auto montata da ufficiali tedeschi che hanno il comando, salgono per la strada che conduce al passo.

Mauna volta giunti a qualche centinaio di metri dal luogo dove quelli del Monte Penna li attendono, i nazifascisti arrestano i veicoli e scendono a terra. E aprano rapidamente un intensissimo fuoco di mitra, moschetteria, mitragliatori e perfino di mortai in direzione dei partigiani, sulla cui dislocazione ­erano evidentemente stati informati da qualche loro spia. Così i nostri si trovano subito a mal partito: è mancato il fattore sorpresa, gioca invece contro di loro; è assente il Comandante che, con scarso tempismo, si era poco prima allontanato per recarsi fino alla cabina telefonica in cerca di notizie; il loro armamento, per lo più costituito da semplici «Sten», arma di portata limitata, non può tener testa a quello del nemico; la loro consistenza numerica è decisamente inferiore, dato il frazionamento in più mani degli uomini della formazione.

Conseguentemente le nostre due squadre impegnate sul passo si vedono costrette a ripiegare, dopo una breve resistenza in cui alcuni dei loro uomini colpiti: Pietro Ruggeri, Primo Brindani «Libero», Mario Squeri e Otello Ghillami «Pablo». Mentre il Ruggeri, colpito alle gambe e immobilizzato è raggiunto e ucciso sul posto dai nemici, i tre feriti vengono fortunosamente posti in salvo dai compagni (“Mettetevi in salvo, non preoccupatevi di me!”) gridava “Libero” ai soccorritori). Intanto il nemico insegue i nostri fino al piccolo centro di Tasola, dove incendia alcuni fienili e casolari per punire questi valligiani così amici dei partigiani.

Ma sono proprio le alte colonne di fumo e le lingue di fuoco che salgono verso il cielo a guidare velocemente verso questa località la squadra di partigia­ni, una quindicina, comandata da “Bill”. E qui, bluffando con grande audacia e prontezza, essi riescono a ribaltare la situazione e a coronare con un successo finale l’operazione. «Bill» e i suoi uomini, individuati e presi alla sprovvista i nazifascisti mentre si attardano fra scoscesi sentieri e la fitta vegetazione boschiva, simulano un attacco in forze mascherando la loro esiguità numerica con una manovra concentrica condotta da più lati da dietro il folto del bosco, con intenso crepitio di armi, lancio di bombe a mano e clamore di ordini a reparti immaginari.

Ciò crea scompiglio nei nemici, che, presi dal panico, finiscono per ripiegare disordinatamente nell’abitato di Tasola, ove improvvisano una debole resistenza, per poi battere definitivamente in ritirata. Così i nazifascisti, che al mattino erano partiti con tanta iattanza da Bedonia, vi fanno ritorno a pomeriggio inoltrato muti, laceri, impauriti. E la popolazione, intuendo in ciò i segni della loro sconfitta, ha un fremito di gioia ed orgoglio: «I nostri hanno vinto!».

Perdite nemiche: 1 morto e 10 feriti; nostre: 1 morto e 4 feriti, come abbiamo già visto. Rimangono in mano nostra 2 prigionieri (fra cui un sergente tedesco) e un mortaio da 45 m/m più alcune armi individuali. Lo stesso lunedì di Pasqua, richiesto urgentemente al Comando di Parma, giunge a Bedonia un battaglione tedesco d’artiglieria autotrasportato, che batte con i cannoni le montagne circostanti e compie qualche breve circospetta puntata in direzione dei villaggi della Val Ceno. Ma non è che uno sfoggio di forza fine a se stesso, nell’inutile ricerca d’una rivalsa per lo smacco subito. Infatti i nazifascisti lo scontro l’hanno già voluto e perso il giorno avanti, né per loro sarà facile impegnare a propria discrezione, dove e quando lo vogliono, i partigiani del Monte Penna. I quali, secondo i canoni della guerriglia, dopo raggiunta la zona di Drusco per ricoverarvi alla meglio in una caverna i tre feriti, avevano attraversa­to a notte alta e con la neve a mezza gamba il Monte Penna e l’Orocco.

Poi, superata Alpe, s’erano sganciati passando il Taro e attestandosi temporaneamente a Foppiano. Il giorno 12, in una Bedonia fortemente presidiata dai militi fascisti, hanno luogo i funerali di Pietro Ruggeri, il primo partigiano borgotarese caduto, e di John Harrison, ufficiale inglese ucciso dai tedeschi a Ponteceno mentre tentava di raggiungere un’organizzazione clandestina che cura il trasfe­rimento oltre frontiera degli ex prigionieri di guerra alleati. La popolazione con aperta sfida all’Autorità fascista, prende parte in massa e con profondo spirito di partecipazione a queste onoranze, che vedono accomunati nel sacrificio e nell’attestazione di omaggio un italiano e uno straniero caduti nella lotta comune per la libertà.

Le loro tombe sono sommerse di fiori da una folla reverente e commossa, mentre i militi della Guardia Nazionale Repubblicana, chiaramente disorienta­ti di fronte a così incontenibile manifestazione popolare, non osano intervenire. Siamo ormai a primavera, inizio d’una stagione che porterà nuovo impul­so all’organizzazione partigiana e nuovi afflussi di volontari nelle sue file. Il gruppo comandato da «Dragotte», che è composto, come già accennato, soprattutto da borgotaresi, non farà ritorno al Monte Penna, ma si stabilirà nella zona di Borgotaro, sul monte Molinatico, in località Linari, assumendo la denominazione di gruppo «Molinatico». È  una scelta che ha una duplice motivazione: quella di avvicinare gli uomini al loro Paese e ai loro affetti in questo momento tanto drammatico e denso di incognite future, e quello di inserire la formazione in un territorio particolarmente adatto alla guerriglia.

Qui siamo prossimi alla nazionale della CISA, la via che da Fornovo, sul versante della pianura emiliana, si snoda attraverso la montagna parmense salendo fino ai 1039 metri del Passo della Cisa per poi discendere a Pontremoli, aperta sulla costa tirrenica. E qui a fondo valle, tagliando più volte il Fiume Taro, corre un lungo tratto della Ferrovia Parma Spezia. Sono vie primarie di comunicazione che nei piani dell’esercito tedesco andranno assumendo crescente importanza strategica di mano in mano che le sue forze, ritirandosi dal Centro Italia, si arroccheranno lungo la <<Linea Gotica>>, al cui tracciato occidentale si accede attraverso questi monti. E sono vie di comunicazione che proprio in questo territorio, a causa del suo tormentato andamento orografico, coi frequenti viadotti, tornanti, stra­piombi che caratterizzano le sue sedi stradali, coi numerosi ponti e gallerie attraverso cui si snoda faticosamente il suo tracciato ferroviario, presentano le condizioni più favorevoli per gli attacchi partigiani ai convogli o ai singoli mezzi militari tedeschi in transito per il fronte.

E proprio per prevenire e contrastare questi attacchi, la Statale della CISA sarà costantemente presidiata da consistenti guarnigioni tedesche e fasciste, con una catena ininterrotta a partire da Fornovo, Monte Cassio, Castellonchio, Berceto, Passo della Cisa, Monte Lungo fino a Pontremoli. Così come lungo la linea ferroviaria i tedeschi saranno costretti a disporre una serie di forti presidi permanenti, con nuclei principali a Fornovo. Soligna­no, Ghiare di Berceto, Ostia, Borgotaro, Guinadi, Pontremoli, rinforzati da nuclei minori nelle altre stazioncine e nei caselli disseminati lungo questo percorso. Ecco quindi che il gruppo comandato da Dragotte s’installa ai Linari, dove la sua consistenza raggiungerà ben presto il centinaio di uomini, cui sono da aggiungere altre adesioni esterne, come quella del gruppo di “Tarass” (Augusto Pederzini), formato da elementi di Fornovo, Collecchio e Cassio, che nondimeno continuerà ad agire nella propria zona, non lontano da tali località.

In questa fase la nostra formazione va rapidamente acquisendo le caratte­ristiche e la struttura organizzativa che la porteranno tra breve a trasformarsi in brigata. Del Comando, oltre a «Dragotte”, fa parte anche “Giorgio”, mentre << Libero >>’ è costretto dalla ferita al ginocchio del recente combattimento di Montevacà a rimanere momentaneamente inattivo. Si vive alla macchia; gli uomini della banda hanno capelli a zazzera e barba incolta. La divisa accozzata alla meglio e qualche varia arma a tracolla o alla cintura, essi fanno pensare a uno strano esercito di ventura. E nelle loro fugaci apparizioni nei centri abitati, nell’impressione di chi li osserva per la prima volta, assumono sembianze vagamente selvagge e misteriose.

In maggio un bando di Mussolini affisso a ogni angolo di strada e intensamente propagandato attraverso gli organi di stampa e la radio, promette l’amnistia ai renitenti al servizio di leva (molti dei quali militano nei partigiani perché della guerra fascista non ne vogliono sapere) che si presentino alle Autorità militari della R.S.I., e minaccia fuoco e fiamme contro tutti quei “ribelli” che non si smobiliteranno entro il giorno 25, quando, per snidarli e annientarli, verranno intrapresi massicci rastrellamenti con mezzi «moto-ippotrainati». L’effetto del bando è notevole.

Ma nel senso esattamente opposto a quello che s’era prefisso il suo autore. Il bando infatti, non solo lascia il tempo che trova in coloro che sono già integrati nelle nostre file, ma spinge ad accorrere nei partigiani molti che, pure essendosi in cuor loro già in precedenza proposti di farlo, avevano fin qui rinviato questo passo per qualche residua indecisione o momentanea difficoltà. Durano ancora questi afflussi dì nuovi volontari nei ranghi partigiani quando si registrano, anche nell’Alta Val Taro, i massicci rastrellamenti minacciati. Qui l’attacco è portato da circa 6.000 nazifascisti appoggiati da cannoni, mortai, mezzi blindati e da un aereo da ricognizione. Queste forze per lo più suddivise in unità d’un centinaio di uomini ciascuna, investono le varie posizioni che costituiscono il loro obiettivo con manovre concentriche, cercando di intrappolare la bande partigiane nelle loro basi o di fiancheggiarle e spingerle verso l’alto, fino a restringerle e rinchiuderle in un cerchio alla sommità delle cime montane.

L’operazione si dispiega in modo imponente e si protrae per più giorni, dando la misura dell’importanza che il nemico annette al suo buon esito, cui è legata la possibilità di stroncare prima che sia troppo tardi il movimento partigiano locale. Ma il piano, studiato e diretto dal comando germanico e attuato con il concorso di 25 compagnie di «G.N.R.» e di truppe tedesche, sì conclude per il nemico con un risultato fallimentare. Le formazioni partigiane, pur messe a dura prova, riescono quasi sempre a superare le fitte maglie del rastrellamento, aiutate in questo anche dalla natura, cioè dalla primavera che proprio da pochi giorni ha rigogliosamente rivestito gli alberi del bosco d’un fitto fogliame, che appresta agli uomini braccati provvidenziali nascondigli e ripari mimetici.

Così le bande della zona escono sostanzialmente indenni dall’operazione, e (salvo una o due di esse che, investite e messe in crisi in modo più diretto, si riorganizzeranno poi meno celermente) si ricostituiscono pressoché intatte alle spalle dei rastrellatori. I quali non possono non rendersi conto (e nei loro rapporti riservati lo ammettono esplicitamente) di aver dato una clamorosa dimostrazione d’impo­tenza di fronte all’insidioso movimento partigiano, che dopo questa prova acquisisce la precisa coscienza della propria capacità di sopravvivenza e di tenuta, e si accredita come una forza che si va sempre più radicando nel territorio, e con la quale il nemico e lo stesso apparato politico-amministrativo fascista dovranno fare i conti giorno dietro giorno, non potendogli contrapporre in permanenza i massicci contingenti e mezzi militari mobilitati per il rastrellamento.

Ritirati i contingenti impiegati nel rastrellamento, i nazifascisti lasciano propri i presidi in tutti i centri di fondovalle e lungo tutta la linea ferroviaria. Ed è contro di essi c i loro mezzi in transito e in pattugliamento nella zona che si sviluppano gli attacchi partigiani: uno stillicidio di azioni dirette a colpire senza soste il nemico, in una quotidiana molestia che, pur nella sua superiorità di posizioni e di mezzi, lo fa sentire insicuro e soggetto all’insidia continua della Resistenza.

Le varie formazioni partigiane locali in questa fase agiscono ancora indipendentemente l’una dall’altra, al di fuori d’un qualsiasi piano organico e coordinato, che tuttavia, fra breve tempo, con l’arrivo del Colonnello << Lucidi >> del Comando Generale di Milano, si inizierà ad impostare. In questo quadro il nostro gruppo, il gruppo «Molinatico», mette in atto un seguito di attacchi la cui descrizione verrà fatta soltanto più tardi a cura del Comando della 1ˆ Julia attraverso delle brevi relazioni, come vediamo qui di seguito.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO:    Relazione sul  fatto d’armi del 29/5/1944 ai caselli ferroviari N61. 64.

RELAZIONE

Mentre violenta propaganda fascista di quei giorni metteva in risalto il Decreto di Mussolini circa la presentazione del25 Maggio 1944; e cercava di intimorire tutti i patrioti mediante il lancio di volantini a mezzo aerei sulla nostra zona e la minaccia di poderosi rastrellamenti in forza; il Comando del Gruppo Molinatico decideva di reagire alla minacciosa propaganda fascista con pronta azione ai presidi repubblicani sulla linea ferroviaria Parma-La Spezia.

Il giorno 29/5, tre squadre, dopo una marcia di avvicinamento ai caselli ferroviari N0. 61—62, agivano sugli stessi per intimare la resa ai fascisti.

Dopo una breve sparatoria i militi si arrendevano alle nostre squadre. Perdite nostre: Nessuna.

Perdite nemiche: I ferito I0 prigionieri.

Materiale catturato: 11 armi individuali e materiale vario.

IL COMMISSARIO         IL V. COMANDANTE             IL COMANDANTE

                 (GIORGIO)                         CORRADO                             (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO:    Relazione sul fatto d’armi del 3/Giugno 1944 – sul Posto d’avvistamento per aerei in località Pezze di B. Taro.

RELAZIONE

Il giorno 3 Giugno 1944, due squadre del Distaccamento «Pelpi» (Gruppo Molinatico), prese le dovute informazioni, effettuavano una marcia d’avvicinamento al Posto d’Avvistamento per aerei in località Pezze – di B. Taro, presidiato da militi fascisti.

Dato l’ordine dell’attacco, dopo una breve sparatoria, il presidio fascista colto di sorpresa, si arrendeva ai nostri patrioti.

Perdite nostre: nessuna.

Perdite nemiche: 10 prigionieri.

Materiale catturato. 1  fucile mitragliatore (mauzer francese) 16 armi indivi­duali e materiale vario.

IL COMMISSARIO       IL V. COMANDANTE       IL COMANDANTE

   (GIORGIO)                      CORRADO                           (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà

            1ˆBrigata Julia

OGGETTO: Relazione sul disarmo di cinque militi alla stazione di B. TARO. del giorno. 5/6/giugno 1944.

La notte fra il 5 e il 6 giugno una nostra pattuglia di 5 uomini effettuava una audace azione sulla stazione ferroviaria di B. Taro, tenuta da un numeroso presidio nemico. Mentre due nostri uomini bloccavano il ponte sul Taro da cui si presumeva dovesse arrivare il pattuglione nemico gli altri tre irrompevano nella sala d’aspetto dove dormivano 5 militi della G.N.R. che si arrendevano tosto.

La nostra pattuglia rientrava al completo alla propria base.

IL COMMISSARIO      IL V. COMANDANTE       IL COMANDANTE

(GIORGIO)                           CORRADO                      (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà

1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO: Relazione del giorno 6/6/1944.

Relazione

La notte del giorno 6 Giugno 944, una nostra pattuglia del Distacca­mento «Pelpi» (Gruppo Molinatico) veniva inviata in Borgotaro per una eventuale cattura del Comandante il Presidio fascista di Borgotaro, Ten. Guerra. Giunta in via Piave alle ore 23,30 e precisamente nelle vicinanze delle scuole Comunali «accantonamento del Presidio fascista; scorgeva un militare che veniva verso di essa.

La pattuglia giunta ormai a pochi passi, intimava: l’alto la: lo scono­sciuto rispondeva con alcuni colpi di pistola che ferivano il capo pattuglia. La pronta reazione dei nostri, freddavano il militare che era poi individuato per il Ten. dei Carabinieri. Agli spari accorrevano sul posto truppe tedesche accantonate nel vicino Albergo  Appennino e i militi dell’accantonamento delle scuole, e immediatamente la nostra pattuglia si sottraeva abilmente all’inseguimento, portando seco il  ferito.

IL COMMISSARIO       IL V. COMANDANTE             IL COMANDANTE

    (GIORGIO)                       CORRADO                              (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà 1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO:    Relazione del giorno 6/6/1944 sull’azione di una nostra pattuglia.

RELAZIONE

Il giorno 6 Giugno 1944, nelle prime ore del mattino (ore 4.30) una nostra pattuglia composta da 4 patrioti veniva inviata in perlustrazione sulla strada provinciale Borgotaro-Parma. La pattuglia nel mentre procedeva al fermo di un autofurgoncino civile per un controllo, non s’avvedeva del sopraggiungere di una autovettura tedesca i cui componenti aprivano immediatamente il fuoco sui nostri patrioti.

La nostra pattuglia prontamente reagiva, ma purtroppo uno dei nostri rimaneva ucciso. Le perdite nemiche non sono state accertate, poiché la vettura tedesca, alla pronta reazione della nostra pattuglia, ripartiva in piena velocità in direzione di Parma.

IL COMMISSARIO     IL V. COMANDANTE              IL COMANDANTE

   (GIORGIO)                      CORRADO                               (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà 1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO:    Fatto d’armi sull’atto di sabotaggio e cattura del presidio fascista del posto d’avvistamento aereo sul Passo della Cisa.

RELAZIONE

Il giorno 9 Giugno 1944, una nostra pattuglia composta di 9. patrioti, veniva inviata sulla strada Statale della Cisa. Dopo una marcia di avvicinamento al Presidio fascista dell’avvista­mento aereo del Passo della Cisa, veniva dato l’ordine immediato di attacco. I militi colti di sorpresa non potevano reagire e si arrendevano ai nostri patrioti.

Perdite nemiche. 7 prigionieri. Materiale catturato: I fucile mitragliatore 7 armi individuali e materiale vario. Dopo l’azione e preso il Comando del Presidio, la nostra pattuglia procedeva ad effettuare alcuni atti di sabotaggio sulla strada nazionale; interrompendo il traffico stradale e telegrafico per la intera giornata.

IL COMMISSARIO       IL V. COMANDANTE                IL COMANDANTE

     (GIORGIO)                       CORRADO                                 (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà Iˆ Brigata Julia  (1.7.1944)

OGGETTO: Relazione sul fatto d’armi del 10/6/944 in località Ponte Dell’Occhiello.

Relazione

Il giorno I0 Giugno 1944, perveniva al Comando di un Distaccamento dell’allora Gruppo Molinatico, l’informazione che sulla strada Borgotaro­ Fornovo, doveva transitare una corriera di militi fascisti del Battaglione MM. Alle ore 16 due squadre del Distaccamento comandato dal Comandante stesso «Taroli»; si portavano in posizione offensiva sulla strada e precisamen­te in località Ponte dell’Occhiello.

Dopo poca attesa, veniva segnalato dalla vedetta, l’arrivo della corrie­ra e pure si sentiva ben distinto il canto dei fascisti (<< e la mitragliatrice non la lascio >>); giunta a poca distanza veniva attaccata. Il nemico reagiva immediatamente con una Breda 37. al nostro attacco, ma la decisione dei nostri patrioti avevano ragione dello stesso ed i fascisti venivano annientati.

Perdite nostre: I ferito. Perdite nemiche. 13 morti, 3 feriti, 6 prigionieri.

Materiale catturato. I Breda Mod. 37. – 20 armi individuali e materiale vario.

IL COMMISSARIO         IL V. COMANDANTE            IL COMANDANTE

   (GIORGIO)                           CORRADO                           (DRAGOTTE)

Volontari della Libertà Iˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGE TTO. Relazione sul fatto d’armi sulla azione di sabotaggio del giorno 11/12 Giugno 1944.

Relazione

Dato l’intenso traffico militare tedesco che si svolgeva sulla linea ferroviaria – Parma – La Spezia, l’allora Gruppo Molinatico decideva di effettuare atti di sabotaggio. In quel periodo transitavano treni militari composti in maggioranza da truppe – carri armati – artiglierie di vario calibro – automezzi di ogni genere. Inoltre avute comunicazione dal nostro servizio informazioni facevano pre­vedere un transito di circa – 300 – convogli militari tedeschi per La Spezia. La notte fra l’11 ed il 12Giugno 1944, si decideva di agire con l’impiego di tre squadre ed un nucleo sabotatori. Come misura di sicurezza si provvede­va subito all’occupazione della stazione di Ostia Parmense alfine di control­lame il servizio di movimento lungo la linea:

1° per essere garantiti da eventuali sorprese provenienti dai presidi fascisti di Borgo Val di Taro – e Berceto Ghiare. II°. per evitare eventuali inconvenienti a convogli passeggeri. In mancanza di esplosivo si era pensato di fare deragliare un treno nella galleria «Borgallone» -. Poste due squadre a protezione, l’altra insieme al nucleo sabotatori si portavano all’interno della galleria e provvedevano alla rimozione di un ungo tratto di binario. Più tardi i dava consenso alla partenza di un treno da Ghiare di Berceto in direzione di La Spezia, e cosi veniva provocato il completo deragliamento di un convoglio nell’interno stesso della galleria, la quale impediva il traffico ferroviario dal giorno 12Giugno 1944 alla fine di settembre 1944. L azione portava  pure alla cattura di due militari del Btg. S. Marco (di scorta sui locomotori) con relativo armamento di mitra.

Dopo l’azione i reparti rientravano al completo alla sede.

IL COMMISARIO         IL V. COMANDANTE             IL COMANDANTE

   (GIORGIO)                        CORRADO                                  (DRAGOTTE )

VoIontari della Libertà 1ˆ Brigata Julia (15.8.1944)

OGGETTO: Relazioni sui fatti d’armi compiuti da Distaccamento “Fornovo­

dell’allora Gruppo Molinatico. – DAl. 22. Maggio – a 16/7/41

RELAZIONI

Il 23 maggio, ore 21— il Distaccamento decideva di catturare il Presidio fascista del fascio di Fornovo. Dato l’ordine dell’attacco veniva circondato l’edificio per intimare la  resa; ma messo in all’armi in precedenza per ragioni imprecisate, i militi posti di guardia alla sede, si erano già dileguati. Bottino catturato: 4 fucili Mauser — 4 pistole — munizioni e bombe a mano. Il 23 Maggio, ore 23 – una parte del  Distaccamento al ritorno dalla sede de/ fascio di Fornovo, veniva  attaccata in località — Ponte di Calestano, da tedeschi, ma riuscivano ugualmente a sganciarsi senza subire perdite.

IL 24 Maggio, una squadra del Distaccamento Fornovo; nei pressi di Fornovo, disarmava 3 Carabinieri. Bottino catturato: 3 fucili Mod. 91 – 3 pistole Berretta. IL 27 Maggio, il distaccamento portatosi in posizione offensiva inlocalità Monte Prinzera, attaccava di sorpresa il posto di avvistamento per aerei, della milizia fascista. I militi di fronte alla decisione dei nostri patrioti si arrendevano. Perdite nemiche. 9.prigionieri. Materiale catturato: 11  fucili Mod. 91 – con relative munizioni.

IL 29Maggio, una squadra del distaccamento «Fornovo”si portava in località S. Vitale ed irrompeva in una casa di un filotedesco e fascista sospetto spia. Bottino catturato: I Mitragliatore SKODA — 2 fucili Maser e  bombe a mano. L’ 11 Giugno, il Distaccamento partiva per attaccare il Presidio di Castellonchio sulla Nazionale Parma — La Spezia. Giunto in località Cavazzola irrompeva nella Casa del famigerato fascista Giana — Comandante del Presidio di Castellonchio, per catturarlo. Il tedesco, nascosto sotto un letto, sparava a brucia—pelo sui nostri patrioti, uccidendone uno. Il tedesco in seguito veniva catturato ed ucciso. L’azione sul Presidio di Castellonchio, per questo contrattempo, veniva sospesa.

(…)

IL COMMISSARIO        IL V. COMANDANTE            IL COMANDANTE

     (GIORGIO)                     CORRADO                               (DRAGOTTE)

Nasce Il Comando di Divisione

Parallelamente a questa attività del  <<Gruppo Molinatico >> si sviluppa quella delle varie altre bande partigiane operanti nei dintorni con rilevanti effetti complessivi. E ciò, se da un lato mette a dura prova le forze nazifasciste che presidiano la zona, insistentemente attaccate e sempre più fiaccate, dall’altro lato finisce per provocare il rapido sfaldamento, in tutti i Comuni della Vallata a partire da quello di Borgotaro, delle strutture politico-amministrative faticosamente mes­se insieme dalla R.S.I., che dall’autunno 1943 aveva cercato di accreditarsi come la continuatrice dello Stato Italiano.

In realtà quelle strutture, e soprattutto quelle più propriamente politiche, potevano durare finché durava per le Autorità fasciste la possibilità di assicurar­ne la sopravvivenza con strumenti coattivi. Nulla della R.S.I. si fonda sul consenso se non di un’infima minoranza di nostalgici illusi, accomunati dall’insana pretesa di soffocare violentemente la ben diversa volontà del Paese e ridurlo alla propria merce. Sono loro che tentano di far rivivere il << carisma >> mussoliniano naufragato nell’obbrobrio del famoso «25 luglio»; sono loro che accreditano le tesi dello sciagurato Generale Graziani che, ribelle al Governo legittimo, si appella ai principi dell’onore per indurre il soldato italiano a battersi accanto ai tedeschi; sono loro che esaltano come pegno di sicuro progresso sociale e civile la << carta di Verona >>, documento farneticante della R.S.I ricco solo di illusioni demagogiche.

Qui come altrove e più che altrove le strutture del regime neofascista non hanno mai avuto la minima presa e vengono subite come un giogo odioso, tanto odioso in quanto si appoggia al peso dell’esercito straniero occupante. Ma nel momento in cui le forze partigiane straripano da ogni parte costringendo alla difensiva i locali nuclei nazifascisti, e per le Autorità fasciste vien in meno l’illusione di potersi ulteriormente imporre ai cittadini con gli strumenti della repressione e dell’inganno propagandistico, queste ultime si dono conto della propria bancarotta. Il loro apparato locale, perso ogni spirito di aggressività e spavalderia con l’emergere della crescente minaccia partigiana, entra rapidamente in crisi squagliandosi come neve al sole; i loro uomini più impegnati e compromessi si eclissano dall’oggi al domani.

Nella vallata seguiranno fasi alterne e cruente di occupazione partigiana e occupazione tedesca, vi saranno tentativi fascisti di far piegare la testa alla popolazione mettendola alla fame attraverso il ricatto alimentare; ma ormai le insegne del Partito Fascista Repubblicano qui sono state ammainate per sem­pre, né vi sarà più alcuno, per quanto illuso e fanatizzato, che tenti azioni di proselitismo a loro favore.

In quest’ultimo periodo si è andata diffondendo fra noi la consapevolezza che il modo in cui è strutturato il movimento partigiano nell’Alta Valle del Taro  è ormai inadeguato allo sviluppo numerico e al potenziale offensivo da esso raggiunti, e che, dal sistema di attacchi per lo più isolati e casuali fin qui adottato dalle nostre singole formazioni, occorre passare a un sistema operativo concepito ­nell’ambito d’una linea strategica comune.

Mentre s’evidenzia sempre più chiaramente l’urgenza di realizzare un nuovo assetto delle formazioni locali ove siano risolti in comune sia il problema del rifornimento e della equa ripartizione delle armi e dei generi di sussistenza, sia quello relativo all’organizzazione dei servizi riguardanti l’informazione e i collegamenti.

Occorre infine, dato il progressivo dilatarsi delle formazioni, regolare la loro ripartizione territoriale. Sono quindi maturi i tempi per un salto di qualità da realizzare attraverso un comando che raggruppi le varie brigate della vallata e ne coordini l’attività. Fra i più attivi propugnatori di questa soluzione è «Lucidi», il colonnello d’artiglieria Pietro Laviani, che all’inizio di giugno il Comando Generale del C.V.L.ha inviato qui da Milano con compiti ispettivi e di direzione tecnica.

«Lucidi», che progetta di raggruppare le formazioni dell’Alta ValTaro in una grossa unità: la Divisione partigiana «Nuova Italia», si dedica intensamente a questo compito curando una serie di contatti ed intese con i Capi partigiani ( Dragotte» in particolare ) e con le personalità influenti della zona. Egli incontra sostanziali consensi ma anche qualche resistenza e riserva. Infatti quassù, nel clima di spontaneità in cui è sorto e cresciuto il nostro movimento, dove i capi hanno conquistato attraverso una dura e rischiosa sezione personale i loro titoli di comando, qualcuno tra loro non sembra troppo propenso a rinunciare alla propria autonomia decisionale per delegarne ad altri l’esercizio.

Nasce qui per «Lucidi» una certa difficoltà a condurre in porto la sua iniziativa, tanto più in conseguenza della sua scarsa famigliarità con questo ambiente, dove la Resistenza s’è sviluppata attorno a esponenti locali nei quali si riconosce, mentre egli qui è uno sconosciuto, uno che non è mai stato visto alla prova, benché fornito di credenziali del Comando Generale del C.V.L. di Milano. Ma l’evidenza dell’utilità del nuovo comando agli occhi della maggio­ranza dei partigiani è tale che finisce per avere ragione delle riserve, peraltro scarsamente convincenti, messe avanti da qualcuno. Così, stringendo i tempi, in una riunione tenuta a Pradella nella prima decade di giugno con la partecipazione di «Dragotte», << Giorgio >> Mazzadi, << Beretta >>, Vampa», <<Tarolli>>, «Aldo», Gino Fontana e Carletto Ghezzi – vale a dire alla presenza dei rappresentanti di tutte le formazioni partigiane locali viene costituito di comune accordo, pur fra qualche indeterminatezza di contorni circa i precisi poteri attribuitigli, il Comando di Coordinamento delle formazioni stesse, con a capo il Colonnello «Lucidi».

Per questa nomina non si ricorre a un procedimento elettivo e a una votazione (non richiesta né sollecitata dallo stesso interessato), essendo da tutti sottinteso, e da nessuno contestato, che il comando sia da attribuire a << Lucidi >> nella sua qualità di partigiano più alto in grado nella gerarchia militare e, quindi, tecnicamente più qualificato per tale designazione. Il nuovo comando prende sede nel castello di Compiano, posizione scelta a ragion veduta perché centrale rispetto al territorio di competenza e non troppo minacciata dal pericolo di puntate nemiche, pur non essendo isolata dalle vie di comunicazione.

Del Comando fanno parte anche alcuni tenenti e sottotenenti dell’eserci­to; Piero Pellizzari «Rodrigo», aiutante maggiore di <<Lucidi >>, Franco Franchini << Franco >>, Carlo Alberto Devoto «Carlo», «Giorgino» (un S. Ten. pilota -fiorentino di cui in questo momento mi sfugge il nome) e Giorgio Chieffo «Giorgio» (anche lui fiorentino), che è addetto al collegamento con il Comando Generale di Milano (e in particolare in contatto con il suo delegato Piero Stucchi Primetti) e s’interessa dei  << messaggi >> relativi ai lanci da trasmettere a Radio Londra.

Vi sono inoltre come aggregati alcuni ufficiali inglesi ex prigionieri di guerra fuggiti l’8 settembre 1943 da campi di concentramento italiani: il Colonnello Philip Bayer, già comandante d’un reggimento indiano sul fronte italiano, il Maggiore Hug Clifford e il Tenente Robert Marsall. Il Colonnello <<Lucidi >> si mette subito all’opera per realizzare rapporti di attiva collaborazione con le brigate dipendenti e prendere in mano la situazione ai fini del coordinamento dell’azione generale. Le necessità finanziarie risultano soddisfatte grazie all’ingente somma di un milione di lire, ottenuta dal Colonnello attraverso un lancio alleato sollecita­to per tramite del Comando Generale di Milano.

Tuttavia l’andamento della situazione non facilita l’opera del «Lucidi”, che trova insufficiente rispondenza immediata nei comandi dipendenti quando si tratta di lavorare insieme per creare le strutture organizzative e studiare la linea operativa della Divisione. E ciò non per cattiva volontà ditali comandi, ma perché in questo periodo essi sono particolarmente impegnati da minacce o da azioni nemiche improvvise, che assorbono ogni loro attenzione e preoccupazione. Così al  Colonnello << Lucidi >> viene meno la possibilità di  stringere i tempi della sua azione coordinatrice, mentre poco  dopo – come presto vedremo – egli si troverà davanti a un massiccio e incontenibile attacco scatenato dai nazifascisti nella nostra vallata, che  stroncherà bruscamente questa sua  azione ancora nella fase d’avvio.

LA CONQUISTA DI GIUGNO:

IL  << TERRITORIO LIBERO DEL TARO >>

La serie ininterrotta di  azioni partigiane che  ha prodotto il collasso dell’apparato politico – amministrativo fascista nei  Comuni della zona per effetto della risolutiva pressione esercitata dalle  nostre  formazioni contro le  forze nemiche dei presidi locali, che alla fine sono state messe fuori combattimento costrette alla fuga, è quella che crea il presupposto per l’occupazione partigiana dell’intera vallata e la costituzione del << Territorio Libero del Taro>>.

 Le fasi di questa occupazione si susseguono rapide concatenate. La sera del 14 giugno 1944 una squadra di sabotatori del Gruppo << Pen­na >>, nell’attraversare Borgotaro sopra un camion di ritorno da un’operazione condotta  più a valle contro la linea ferroviaria, incurante di eventuali reazioni di pattuglie nazifasciste, s’inoltra per le vie del paese che percorre al canto di inni patriottici e sparando in aria o in direzione di qualche casa di fascisti.

È  una specie di assaggio e di segnale, e le autorità e gerarchiche politiche locali, messe in allarme, nella notte fuggono. La mattina del 15 giugno il Gruppo << Centocroci >> occupa Bedonia, precedentemente abbandonata dalle Autorità civili, dopo aver disarmato in una breve sparatoria una trentina di uomini del presidio nemico. Sempre il giorno 15 il Gruppo << Molinatico >>, rinforzato dalle Bande <<Vampa >> e <<Tarolli>>, scende a Borgotaro e lo occupa, dopo aver sgomberato dalla stazione ferroviaria i componenti del presidio nemico, che fuggono in direzione di Pontremoli attraverso l’adiacente galleria de Borgallo.

Questa operazione e concordata con un’altra formazione partigiana che, operando in una zona superiore della vallata, si era assunta il compito di bloccare eventuali provenienze nemiche dai passi di Centro Croci e del Bocco. Nelle ore pomeridiane, sicuri del fatto loro, partigiani in libera uscita e numerosi cittadini affollano il centro cittadino salutando festosamente la libera­zione del paese. Sennonché si verifica un fatto imprevisto: proprio dalla strada del Cento Croci giungono improvvisamente a Borgotaro due automobili tedesche. Il loro equipaggio, come poi si vedrà, è composto da corrieri militari che recano con sé importanti documenti relativi ai piani di difesa della Linea Gotica.

Partigiani e tedeschi, trovandosi faccia a faccia così  inaspettatamente, dopo un attimo di sorpresa reagiscono con rapidità. Aldo Pellizzoni “Lupo” è appena in tempo, con gesto coraggioso, a bloccare un tedesco che sta per lanciare nella ressa dei presenti una bomba a mano. Poi la prima delle due vetture che, non rendendosi conto di trovarsi fra dei partigiani, si era in precedenza arrestata, riprende velocemente la corsa ( per essere tuttavia bloccata a poche centinaia di metri ) mentre i nostri bersagliano  con i propri colpi  e  arrestano anche la seconda che cercava di farsi strada con una forte sparatoria. Ma poiché i nostri si trovano gli uni di fronte agli altri ai due lati della strada avendo l’auto nel mezzo, ciò comporta per loro il rischio di colpirsi vicendevolmente.

È una delle insidie insita in ogni operazione militare improvvisata e non coordinata; e ad essa si deve probabilmente la perdita di uno dei nostri: Remo Dallara «Esonero», rimasto colpito mortalmente in quel confuso scambio di fuoco. Poco prima aveva anche lui partecipato a un’austera cerimonia presso il monumento dei Caduti. Entrando   in  Borgotaro, i partigiani si  erano recati a presentare le armi al monumento: atto spontaneo e gesto simbolico per onorare, insieme ai Caduti di tutte le guerre, anche quelli già lasciati sul proprio cammino dalla Resistenza locale.

Era stato per tutti un momento di raccoglimento, d’intensa commozione. E già ora il povero Dallara si aggiungeva alla schiera di quei Caduti, pagando a così duro prezzo il breve momento di gioia assaporato nel partecipare alla liberazione del suo paese! I nemici occupanti le due vetture, tra cui un ufficiale, vengono catturati e i documenti in loro custodia subito trasmessi al Comando Generale del C.V.L. a Milano attraverso << Giorgio >> Chieffo e << Giorgino >>, che, arrestati più tardi dai tedeschi, saranno da essi internati verso la Germania, riuscendo alla fine a fuggire affrontando una lunga e rischiosa serie di peripezie. A sera i partigiani, non essendo esclusa l’eventualità di puntate nemiche dalla strada del Cento Croci e del Bocco, e prevedendo, anzi, dopo la cattura dei corrieri e dei loro documenti segreti, un intervento in forze dei nazifascisti, rientrano momentaneamente da Borgotaro alle proprie basi.

Ecco il resoconto di questa giornata nella relazione che più tardi verrà redatta dal Comando della 1ˆ Brigata Julia.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia (1.7.1944)

OGGETTO: Fatto d ‘arme sul combattimento dell’ occupazione di Borgotaro

del giorno 15/6/44.

RELAZIONE

Il giorno 15/6/44, l’allora Gruppo Molinatico scende per la prima volta nel paese di Borgotaro per effettuarvi l’occupazione. Raggiunta la prossimità della stazione ferroviaria, le formazioni si spiegano allo scopo di sopraffare il presidio di reparti tedeschi e militi fascisti di stanza alla stazione stessa. Segue una breve sparatoria che da parte nostra mirava ad eliminare le postazioni di mitragliatrici nemiche. Informati successivamente che in quel momento vigeva l’allarme aereo, il gruppo si sposta in direzione della stazione e dell’imbocco della galleria del Borgallo, per attaccare il presidio suddetto che si era rifugiato nella galleria medesima: se non chè il sopraggiungere di formazioni di bombardieri alleati a bassa quota, induceva i nostri reparti a ripiegare in posizioni arretrate, per scongiurare il pericolo di un eventuale attacco aereo.

Al cessato allarme i patrioti tornavano sui loro passi, senza riuscire ad agganciare il nemico che nel frattempo aveva creduto opportuno ripiegare verso Pontremoli attraverso la galleria del Borgallo. Si procedeva pertanto alla completa occupazione del Paese, ottenuta preventivamente l’assicurazione dal Gruppo Berretta: del blocco sul passo di Cento Croci e di quello del Bocco. Ore 16, mentre i patrioti trovavano nelle manifestazioni di simpatia e di entusiasmo della popolazione, un non indifferente benessere spirituale; sopraggiungeva proveniente dal passo di Centocroci, una autovettura tede­sca.

Il fulmineo intervento dei patrioti presenti, riavutisi immediatamente dalla profonda stupefazione, provocava il subitaneo arresto della macchina e la conseguente resa dell’equipaggio. Dato l’allarme si provvedeva a dislocare le varie squadre su posizioni atte a scongiurare eventuali altre sorprese. Nel tempo stesso veniva segnalato l’arrivo di una seconda vettura, l’equipaggio della quale, pure tedesco si accorgeva tempestivamente della presenza di formazioni patriottiche nel paese, pertanto iniziava una forte sparatoria nell’intento di aprirsi un varco per poter proseguire in direzione di Parma e sfuggire alla cattura. La nostra pronta reazione limitava a poche centinaia di metri l’incedere della macchinina che subito dopo veniva arresta­ta e catturata.

Considerata quindi l’impossibilità di mantenere occupato il paese dato che le provenienze dei passi di Cento Croci e del Bocco, non erano sicuramente controllati, si ordinava il rientro del gruppo alla base di partenza. Perdite nostre: I morto patriota = I morto civile (in seguito al combatti­mento). I ferito patriota.

Perdite nemiche: 2 morti 4 prigionieri (fra i quali I Ufficiale). Materiale catturato: 2 autovetture – ed armi individuali.

Da precisare che gli equipaggi tedeschi viaggiavano in qualità di corrie­ri, fra la posta da noi catturata venivano rinvenuti importantissimi documen­ti che esaminati facevano supporre si trattasse di piani di fortificazioni della linea difensiva Appenninica. Pertanto tali documenti venivano subito consegnati a due inviati del Comitato Centrale di Milano già militanti nel nostro gruppo i quali a loro volta li recapitavano direttamente al suddetto ente di Milano.

IL V. COMANDANTE                      IL COMANDANTE

                  CORRADO                                       (DRAGOTTE)

RELAZIONE SUL RASTRELLAMENTO COMPIUTO DAL NEMI­CO

                  IL GIORNO 16/6/1944.

In conseguenza dell’occupazione del Paese di B. Taro e della cattura delle due autovetture tedesche, il nemico compieva un’azione di rastrellamen­to nell’intera regione del Monte Molinatico. Si presume che detta azione, considerato che essa veniva svolta il giorno appresso, avesse lo scopo di recuperare i prigionieri e con essi i documenti di cui si é fatto cenno. L’ azione nemica veniva combinata con varie  puntate con base  di partenza – Berceto – La Cisa – B. Taro – Passo del Bratello; é da segnalare che nell’autocolonna proveniente da Berceto figuravano pure 3 carri armati ed autoblinde.

Messi tempestivamente in all’arme dal nostro servizio di informazionila maggior parte dei distaccamenti si sganciava eludendo la vigilanza nemica, passando fra le autocolonne che transitavano sulla sottostante strada B. Taro – Berceto, portandosi sulla sinistra del fiume Taro; mentre il distaccamento  << Zanrè >> rimaneva bloccato sulla parte destra. Il giorno seguente il rastrellamento aveva il suo pieno svolgimento coll’impiego di numerosi mortai da 81 mm.senza per altro ottenere un qualsiasi risultato, detto rastrellamento durava 4giorni.

Perdite nostre: in armi ed uomini – nessuna.

IL VICE COMANDANTE                           IL COMANDANTE

CORRADO                                                  (DRAGOTTE)

Per seguire gli sviluppi della situazione e saggiare gli eventuali movimenti nemici, il gruppo «Molinatico» svolge frattanto attivi servizi di pattugliamento.

Di uno di questi conclusosi con uno scontro a fuoco segue il resoconto.

OGGETTO: Relazione del giorno 1 7/6/44 sull’azione di una nostra pattuglia.

RELAZIONE

Il giorno Il Giugno 1944, una nostra pattuglia di tre patrioti, veniva inviata sulla strada provinciale Borgotaro – Parma in perlustrazione. Giunta nelle vicinanze dell’abitato di Ostia Parmense, la pattuglia nostra scorgeva una autovettura tedesca proveniente da Parma, giunta a distanza ravvicinata, i nostri patrioti aprivano il fuoco e distruggevano la vettura. L’equipaggio della macchina, tedesca composto di tre componenti, nel­l’azione venivano uccisi ed abbandonati sul terreno.

IL V. COMANDANTE                             IL COMANDANTE                          

       CORRADO                                              (DRAGOTTE)

Nei giorni successivi prosegue l’attività partigiana in tutta la vallata. mirandosi soprattutto a rintuzzare i tentativi di penetrazione nemica e a inter­rompere le vie d’acceso dall’esterno.

Il 17 giugno le bande << Vampa >> e << Poppi >> fanno saltare il ponte sul Manubiola, interrompendo la strada che collega Berceto e Ghiare di Berceto con Borgotaro.

Il 19 il gruppo << Centocroci >> fa saltare il ponte della Macchia. nelle vicinanze di Varese Ligure e il Ponte Lungo sulla strada del Passo di Cento Croci.

Il 22 sono ancora gli uomini di “Vampa” e di “Poppai” che affrontano sui tornanti di Ostia una colonna di I0 automezzi nemici, infliggendole pesanti perdite e costringendola alla fuga.

Tra il 21 e il 22 il gruppo “Molinatico” occupa di nuovo il capo1uogo della vallata, Borgotaro, mentre il 25 esso interviene a bloccare le infiltrazioni nemiche che sono riprese da qualche giorno attraverso la galleria del Borgallo e con le quali i nazifascisti saggiano la possibilità di riassumere il controllo della stazione ferroviaria e del paese.

L’operazione si conclude a nostro favore, come risulta dalla relativa relazione

Volontari della Libertà

1ˆ Brigata Julia (15.8.1944)

OGGETTO:    Fatto D’Arme del giorno 25 Giugno svoltosi alla stazione

ferroviaria di B. Taro.

RELAZIONE

Subito dopo il rastrellamento del 16 Giugno il nemico abbandonava temporaneamente la zona. Si decideva quindi di occupare in concomitanza alle altre formazioni patriottiche della Vallata, tutta l’Alta Valle del Taro.

Ad occupazione avvenuta (21-22) i tedeschi unitamente a militi fasci­sti, iniziavano una serie di piccole puntate che, provenienti da Pontremoli e attraverso l’intera galleria del Borgallo, venivano a minacciare la sicurezza del nostro presidio di Borgotaro.

Il giorno 25 si decideva di agire ed infatti alcuni nostri reparti si appostavano ed occultavano nei pressi della stazione con lo scopo di tendere un’imboscata al nemico che, come ogni giorno, avrebbe tentato una fuori uscita offensiva dalla galleria.

Dopo qualche ora di attesa infatti usciva lentamente e circospettiva­mente  dal Tunnel, una locomotiva seguita da carri. Nessun ordine di attaccare veniva dato. Il ritardo di simile ordine mirava a far sì che il nemico potesse scendere dal treno e offrire maggiore e più facile bersaglio.

Al momento voluto veniva dato il segnale d’attacco. Seguiva una sparatoria accanita d’ambo le parti che si protraeva per circa 2 ore, dopo di che il nemico, visto l’impossibilitò di resistere oltre, ripiegava verso l’imbocco della galleria per sfuggire all’accerchiamento poiché reparti nostri erano partiti all’assalto per intimargli la resa.

Perdite nostre: 2 feriti.

Perdite nemiche: I morto — prigionieri 3 tedeschi:z e 5 de! Bgc. S. Marco:.

11 numero dei feriti non c stato possibile accertare,perché venivano portati in salvo dentro la  galleria.

IL V. COMANDANTE                             IL COMANDANTE                          

       CORRADO                                              (DRAGOTTE)

Ormai quassù l’occupazione e il controllo partigiano si estendono ininter­rotti su un territorio di circa 2 500 chilometri quadrati i cui confini sono più o meno il Passo del Bocco quello di Cento Croci  il  Molinatico, la Val Manubiola, la fascia  esterna di  Solignano E ciò con il risultato di rendere impraticabili per  il nemico la linea ferroviaria Parma —Spezia e i percorsi stradali diretti ad alcuni passi  appenniniciin una posizione vitale per i collegamenti e i rifornimenti dell’esercito  tedesco in quelle che stanno per diventare le  retrovie del fronte del nostro scacchiere  bellico. A questo punto fra di noi partigiani non ci si domanda se i risultati raggiunti potranno essere consolidati, se e quanto potranno durare.

Si vive un momento dì straordinaria euforia generale che mette ali alla  fiducia e alla speranza e relega nel subcosciente il timore e il dubbio d’un responso altrimenti negativo. L’avere conteso e strappato questo territorio in termini fino a poco primi immaginabili alle forze locali dì quello che il più potente e temuto esercito del mondo intendono ai nostri uomini nuovo slancio e fiducia, mentre li sostiene anche il pensiero che: l’avanzata alleata su questo fronte potrebbe essere imminente, portando a rapida maturazione gli eventi. Al nostro entusiasmo si accompagna e si  aggiunge quello della popolazione civile che, dopo il severo regime di  repressione  fascista, ha trovato la gioia della libertà e la vive intensamente in queste  radiose giornate di  giugno

Il nuovo clima di  libertà incoraggia la decantazione  delle idee  politiche e appassionate discussioni sulle contrapposte  ideologie, sugli  obiettivi e i programmi dei  partiti. Ciò avviene  tuttavia nei  circoli ristretti delle poche  persone che  hanno preso  a interessarsi attivamente  alla politica, o  che mai  avevano  smesso di interessarsene pur a costo  di  noie e qualche pubblico  ceffone da  parte dei  fascisti nel  fulgore dell’epoca littoria, come  ad esempio Giovanni  Marioni, socialista, che coerentemente a se stesso sarà uno degl’iniziatori della resistenza locale, poi partigiano  << Giannino >>nella nostra  brigata, uomo di  grande slancio, cuore, amabilità.

Ma la  massa dei  cittadini fino  ad ora è ancora estranea alla presa dei  vari partiti politici e vive invece il presente come un momento di  accesa riscossa antitedesca e antifascista, all’insegna di un’italianità senza aggettivazioni politiche, in cui sente e vuole rispecchiato il senso di  unità e compattezza del Paese in guerra. Non per nulla (come vedremo tra breve nella riproduzione testuale d’un documento) in seno al C.L.N. di Borgotaro e accanto ai delegati dei partiti politici che in questo momento ne fanno parte (P.C.I., D.C., P.L I) si ritiene opportuno di nominare anche un rappresentante dei  << senza partito >>. Il che denota una situazione in cui appare necessario assicurare una purchessia rappresentanza  in sede amministrativa locale (giacché il nostro GL.N. soprattutto di questo si interessa) a larghe fasce di persone che non hanno ancora maturato un preciso orientamento per poterla avere in sede politica.

Non trascorrerà tuttavia molto tempo prima che vengano manifestandosi diffuse adesioni ai partiti politici, anche se non di rado frutto di spinte acritiche o fideistiche più che di matura riflessione ideologica. In questa raccolta di consensi partono avvantaggiati i comunisti, grazie alla facile presa del loro messaggio sociale sulle masse proletarie e all’efficienza delle strutture organizzativo-propagandistiche che hanno saputo darsi fin dagli anni della clandestinità, nonché i democratico cristiani, che hanno alle spalle l’onnipresente apparato della Chiesa cattolica.

Altri invece – una minoranza peraltro numerosa – sentendosi vicini per principi e mentalità all’aera delle democrazie occidentali e segnatamente anglo­sassoni, si orientano verso i partiti liberal democratici. Intanto nel «Territorio Libero del Taro» si organizza la vita civile per iniziativa del Comando partigiano.

I quattro Comuni che costituiscono il territorio: Borgotaro, Compiano, Bedonia e Tornolo sono unificati in un’unica entità territoriale e ad essi viene preposto un coordinatore civile con compiti d’indirizzo e supervisione in campo Amministrativo, incarico che il Colonnello « Lucidi» affida al Prof. Achille Pe1izzari, ex deputato al Parlamento tra il 1921 e il 1924 ed eminente personalità democristiana. Il Prof. Pellizzari che, all’Università di Genova ove insegnava letteratura, ,dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 aveva promosso iniziative per il ripristino della democrazia, rifiutando più tardi di continuare l’insegnamento motto la R.S.I., si era trasferito in questa zona per sottrarsi a possibili ricerche della polizia fascista.

Il 3 di luglio la 1ˆ Brigata Julia e la Brigata Centocroci (che ha provviso­riamente mutato la propria denominazione in Bg. Liguria, essendo in procinto di fondersi con formazioni partigiane liguri, cosa che poi non avverrà) procedo­no alla nomina d’una giunta comunale provvisoria per il Comune di Borgotaro, Comevediamo dal seguente comunicato delle due brigate:

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3 Luglio 1944

I Comandi delle Brigate Julia e Liguria hanno delegato le sottonotate persone a far parte di una Giunta Comunale Provvisoria con compiti di amministrazione civile per il comune di Borgotaro.

Calandra comm. Antonio

Marchini cav. Francesco

Brindani Celeste

Boiardi monsignore Carlo

Albertoni conte Picenardi

Brugnoli Giacomo

Pierangeli prof. Livio

Il COMANDANTE                                            IL  COMANDANTE

della Brigata Julia                                              della  Brigata Liguria

Con ciò l’apparato pubblico-amministrativo locale riceve una valida guida nel momento in cui occorre reimpostarne con spirito nuovo le basi, avviandosi un complesso di iniziative rivolte a inserire la vita civile della cittadina e del suo territorio nel clima democratico appena restaurato, mentre la popolazione segue queste attività con vivo interesse e spirito di partecipazione. Le forze partigiane locali, essenzialmente quelle della << 1ˆ Julia», collabo­rano con le nuove Autorità come strumento di supporto operativo.

I vari servizi pubblici rimasti bruscamente interrotti vengono riattivati in questa nuova ottica; viene istituita una polizia partigiana con ampie competen­ze; il problema alimentare, che è il più preoccupante, viene affrontato con particolare impegno. Tutto questo avviene però in un quadro di precarietà e inevitabile im­provvisazione, e talora di confusione dovuta all’instabilità del momento non meno che all’accavallarsi di competenze, ordini e contrordini.

Frattanto la riconquistata libertà trova nel nostro territorio significativa espressione anche sotto specie di libertà di stampa, cioè attraverso la stampa libera, grazie all’uscita del primo numero del giornale (‘La Nuova Italia» (di cui si parlerà più avanti nel volume), giornale pubblicato ad opera del Prof. Pellizzari presso la Tipografia Cavanna di Borgotaro e subito ampiamente diffuso il giorno 13 luglio. Il giorno 13 luglio, vale a dire all’antivigilia di quello che, dalla crescente pressione e ammassamento di forze nemiche ai confini del nostro “Territorio libero”, già s’annuncia come un massiccio rastrellamento nazifascista.

BATTAGLIA E VITTORIA IN VAL MANUBIOLA

Il   30 giugno 1944 avviene nella Val Manubiola un combattimento fra partigiani della 1ˆ Julia rinforzati da una trentina d’uomini della Brigata «Centocroci» e reparti scelti delle «S.S.» e della «Feldgendarmerie» tedesca, combattimento che, preceduto da una puntata nel nostro territorio dei reparti nemici, poi ritiratisi e inseguiti dai nostri, finisce con l’assumere nel teatro finale dello scontro il carattere d’una vera e propria battaglia. Non si sono ancora levate le luci del giorno quando i reparti germanici forti di oltre 100 uomini armati di tutto punto, scendono su dieci camions e 3 motociclette a motori luci spente da Berceto  per la strada che degrada verso Ghiare di Berceto, riuscendo così a toccare quest’ultima località senza destare l’attenzione dei posti di controllo partigiani.

Quindi portandosi sul greto del  taro, proseguono per quell’accidentato e non breve percorso  fino a Groppo San Giovanni, dove s’immettono nella strada fondovalle per Borgotaro. Il Comando della 1ˆ Julia, che poco più a monte aveva in precedenza disposto l’interruzione di questa strada facendo saltare il Ponte del Diavolo proprio per impedire l’afflusso di mezzi motorizzati nemici da Parma e Berceto, ritenendosi al sicuro da simili penetrazioni, ha rallentato la propria vigilanza nella zona, e viene messo in allarme solo da un’improvvisa telefonata di << Vampa >>, anche lui colto alla sprovvista dall’inattesa comparsa dei mezzi nemici ad Ostia, dove una sua squadra di 10 uomini li ha attaccati infliggendo loro qualche perdita ma senza tuttavia riuscire ad arrestarli.

A questo punto il nostro Comando, che è a Borgotaro ma ha sul posto pochi uomini, essendo i suoi distaccamenti decentrati in posizioni più o meno lontane in funzione dell’eventualità di dover fronteggiare attacchi da prove­e diverse da quella in atto, adotta le prime misure d’emergenza. Una squadra di partigiani al comando di «Libero» si porta velocemente presso il sottopassaggio ferroviario che taglia la strada su cui è annunciato l’arrivo della colonna germanica per provvedere a sbarrarlo con delle traverse. È  evidente che i tedeschi con la loro improvvisa incursione stanno effet­tuando un’operazione diretta a sondare la consistenza delle difese partigiane i (che forse, sulla base di informazioni o valutazioni grossolanamente inesatte, sono portati a sottovalutare) e mirano in primo luogo a tentare di riconquistare ilcontrollo della stazione ferroviaria.

È   probabilmente l’essere riusciti a penetrare tanto in profondità nella nostra zona senza incontrare apprezzabili resistenze già alimenta ottimistiche illusioni negli uomini della colonna nemica; fino a che questa, ormai giunta in prossimità di Borgotaro, viene decisamente affrontata e bloccata in località Frascara da un nostro pattuglione con in testa «Garibaldi» e «Cavour».

I  tedeschi si precipitano a terra rispondendo al fuoco e tentando subito dopo di circondare i nostri. Ma quando questi, data la loro forte inferiorità numerica, incominciano a ritirarsi verso l’alto, non si avventurano nel loro inseguimento. Evidentemente essi temono imboscate e, forse, che il grosso delle forze partigiane li attenda al varco davanti a Borgotaro, o addirittura li abbia lasciati giungere quasi indisturbati fin qui per preparar loro un attacco in forze sulla via del ritorno. Quindi, non solo essi ora desistono dal loro tentativo di penetrazione e decidono d’invertire la marcia, ma si affrettano a prelevare nei pressi di Pontolo una ventina di ostaggi civili mettendo le mani sui primi che capitano, compresi vecchi, donne e bambini, come pegno con cui coprirsi la ritirata.

E, tanto per non venir meno alla loro fama di brutalità, colgono occasione per abbandonarsi a gratuiti atti di ferocia, come quello di uccidere a sangue freddo un vecchio di 85 anni, Mario Salvanelli, che rifiuta di seguirli, o di ridurre in fin di vita a bastonate un certo Giuseppe Ruggieri, solo perché il suo cane, subito ucciso con una raffica, s’era rivoltato contro di loro per prendere le difese del padrone. Dopo questo rapido dietro-front dei tedeschi il nostro Comando decide rapidamente le contromisure del caso. Considerando che la colonna nemica in ritirata una volta ritornata a Groppo San Giovanni dovrà attardarsi lungo il greto del Taro per potersi riallacciare a Ghiare di Berceto, esso si affretta a concentrare tutte le proprie forze, da quelle  dei << Linari >>sul Monte Molinatico ai gruppi << Igor >>, << Vampa >> e «Tarolli», in modo tale che possano attendere al varco il nemico in un punto critico del suo percorso di ritorno verso Berceto, così da riuscire a bloccarlo e attaccarlo da una idonea posizione contrapposta  e dominante.

E in questo senso l’operazione assume un suo preciso connotato strategico. Perciò le nostre forze, una volta giunte a Groppo San  Giovanni, anziché tentare d’inseguire e agganciare i tedeschi lungo il greto del Taro, proseguono per la strada in direzione di Lozzola raggiungendo la zona prossima alla casa cantoniera, dove si appostano sui costoni di fronte alla camionabile che sale da Ghiare di Berceto, in un punto in cui quel percorso stradale ha alle spalle una parete rocciosa e al di sotto una scoscesa scarpata e, quindi, non potrà offrire facili vie di fuga o di riparo al nostro fuoco. Per realizzare l’operazione tempestivamente i partigiani vengono fatti affluire a tappe forzate dalle loro basi fino alla camionabile di fondovalle, dove vengono raccolti e trasportati nella zona d’impiego a varie riprese dall’unico autocarro disponibile, che nei primi viaggi scarica le squadre raccolte qualche chilometro avanti che esse giungano a destinazione, lasciandole completare il loro percorso a piedi nel tempo in cui il camion provvede a tornare indietro per trasportare altri scaglioni di partigiani.

Frattanto la colonna dei nazisti (i quali, una volta raggiunta Ghiaie, considerandosi ormai virtualmente al sicuro da attacchi, dopo aver mandato avanti a Berceto in un paio di camion scortati da motocicletta i loro morti e feriti negli scontri del mattino, si erano attardati a consumare il rancio) si mette in moto sulla strada per Berceto, fino a che viene bloccata nel punto da noi stabilito dal mitragliatore Bren di << Poppay >>, che spara da una posizione frontale domi­nante. «Poppay», avvertito telefonicamente e trovandosi già in quei pressi, aveva potuto raggiungere per primo la zona. Dopo pochi minuti da un promontorio posto al di sotto della casa canto­niera entra in azione la nostra mitragliatrice pesante, con Minoli operatore, bloccando definitivamente la colonna nemica nella trappola in cui s’è cacciata.

Sono le ore 15 dell’assolato pomeriggio estivo e i nazisti incominciano a rispondere affannosamente all’attacco dei nostri con le mitragliatrici da 20 m/m piazzate sui camion e vari fucili mitragliatori. Fra le due parti s’inizia quindi rapidamente un intenso scambio di fuoco con il concorso di tutte le armi individuali. La sparatoria si protrae, accanita, per lungo tempo, anche se è viva nei nostri l’angoscia per il rischio di colpire gli ostaggi civili di cui i tedeschi si fanno scudo, i quali tuttavia lanciano verso di noi grida d’incitamento alla lotta. Poi vi sono sulla sponda partigiana, proprio per questa ragione, dei momenti di sospensione o rallentamento del fuoco, seguiti da rabbiose riprese.

Ma il protrarsi della sparatoria comporta il pericolo che da Berceto, dove ormai il presidio germanico è sicuramente informato di quanto sta accadendo, sopraggiungano mezzi di rinforzo al nemico. Così a un certo momento <<Libero >> propone al Comandante << Dragotte >> e al Vicecomandante <<Corrado >> che si compia un tentativo per indurre i tedeschi alla resa e ne concorda con loro le modalità esecutive. Guadato il Torrente Manubiola con una piccola squadra di volontari di cui fanno parte «Tigre», «Renzo», Timocenko» e «Bocèn», mentre tutti i partigiani a un ordine di «Dragotte» e < Corrado > sospendono il fuoco, << Libe­ro >> avanza con i suoi in direzione della testa della colonna tedesca a piccoli passi, chino a mezzo vita e con imbracciato il mitra, con cui fa segno ai nemici di arrendersi.

E un vecchio combattente aduso al linguaggio della mimica e dei gesti, che sui fronti di guerra, dove i contendenti parlano lingue diverse e stentano a capirsi a parole, finisce con l’assumere significati facilmente comprensibili. Contemporaneamente  << Dragotte >> e << Corrado >>, superato a loro volta il Manubiola con il grosso delle nostre forze e vari partigiani della Brigata << Centocroci >> guidati da Gino «Beretta» e da «Richetto», risalgono la ripida scarpata sottostante la strada dov’è ferma la colonna nemica per investirla lateralmente. Altri partigiani, con manovra aggirante laterale, sono saliti sulle rocce che sovrastano la strada e si tengono pronti a un cenno dei capi a intervenire dall’alto.

Il momento è carico di tensione. Intorno tutto tace. E basterebbe uno sparo per riaccendere il fuoco generalizzato che provocherebbe, specie ai nostri, una carneficina. Ma «Libero», che continua, avanzando lentamente, a rinnovare i suoi segnali d’invito alla resa, già intravede in campo avverso qualche fazzoletto bianco sventolare; qualche nemico venire avanti a mani alzate. Sul fianco della colonna tedesca i primi a balzare sulla strada dove stazionano gli autocarri e i nazisti sono «Dragotte» e «Corrado». E il Comandante e Vicecomandante della 1ˆ Julia, che indossano fieramente il cappello da alpino con la penna bianca da ufficiale, si presentano senza tentennamenti davanti ai nemici che, allibiti di fronte al loro ardire e forse ritenendolo un segno della presenza di ingenti forze avversarie, si dispongono alla resa.

Di mano in mano che i nostri si spostano verso la fine della colonna nemica, e mentre in coda a questa si è ripreso a sparare al giungere degli ultimi due autocarri che in precedenza erano rimasti alquanto distanziati, i militari tedeschi, invitati dai loro stessi ufficiali che giudicano ormai la situazione insostenibile, finiscono per passarsi parola per la resa da un autocarro all’altro e consegnarsi ai partigiani. Così termina vittoriosamente la battaglia del 30 giugno al Manubiola, impostata e diretta fin dall’inizio dal Comando della nostra brigata. Con il primo autocarro efficiente disponibile, s’inviano all’ospedale di Albareto i nostri feriti, sia partigiani che ostaggi civili.

Fra essi v’è il Dottor Adolfo Marchini, medico della brigata, catturato il mattino e più tardi ferito alla testa dai nazisti perché rifiutava di assoggettarsi alle loro imposizioni. Subito dopo la resa tedesca, con il capo sanguinante, egli aveva abbracciato «Corrado» sussurrandogli, in una specie di delirio: «I tede­schi mi vogliono uccidere. Fammi portar via, fammi portar via Corrado!». La gravità della sua ferita purtroppo non lascia speranze e queste son forse fra le sue ultime parole. Morirà pochi giorni dopo.

Un altro medico caduto in questa giornata di lotta è il Dottor Bruno Antolini. Come unico sanitario ormai rimasto alla brigata dopo la cattura del Dr. Marchini, «Corrado» lo aveva insistentemente scongiurato di risparmiarsi. Ma, trascinato dal suo slancio patriottico, egli non ha saputo trattenersi e ha partecipato all’attacco della coda della colonna nemica insieme al gruppo di «Lupo», «Falco» e <<Lo Zio >>. Rimasto gravemente ferito ad una gamba e caduto in un anfratto dov’è a lungo sfuggito all’attenzione degli altri partigiani nella confusione e concitazione del momento, ha finito per morire dissanguato.

Avvenuta la resa nemica intorno alle ore 18, si pensa da parte dei nostri alla necessità di sgombrare il terreno il più rapidamente possibile dato l’incombente pericolo di incursioni di mezzi tedeschi da Berceto. «Libero» che, dopo la grande tensione dell’operazione svolta con la squadra nella fase decisiva della lotta, è sfinito e avverte l’urgente bisogno rilassarsi, chiede di rientrare al più presto a Borgotaro e parte a capo della scorta del primo camion di prigionieri avviato in quella direzione.<<Dragotte>>, ispezionata la zona e date le disposizioni sul da farsi, dopo aver assistito alla partenza dei nostri distaccamenti che rientrano alle loro basi ritorna anche lui a Borgotaro per occuparsi del Comando e lascia a  << Corrado >> come Vicecomandante, di provvedere alle operazioni residue con l’aiuto d’una squadra di partigiani e d’alcuni prigionieri.

E ciò che rimane da fare non è che non richieda tempo ed impegno Anzitutto si mettono sotto i prigionieri perché sostituiscano le ruote autocarri che hanno le coperture forate dalle pallottole, che solo così potranno esser rimossi e trasferiti nella nostra zona. Poi, anche per evitare rappresaglie contro la popolazione dei centri prossimi, ma comunque come atto cristiano di pietà, si provvede a rimuovere  le salme dei Caduti nemici e trasportarle al Camposanto. (i feriti sono già trasferiti all’ospedale) Infine c’è il – recupero e la raccolta del vario materiale bellico, fra numerose armi automatiche individuali. (ma le migliori fra le armi individuali nemiche; subito dopo il combattimento sono passate in mano ai singoli partigiani che le hanno strappate direttamente ai vecchi proprietari).

Il nostro bottino di guerra comprende: 8 autocarri militari, 2 motociclette, 1 stazione radio ricetrasmittente, due mitragliere da 20 m/m, 2 mitra «Saint Etienne», vari fucili mitragliatori, oltre, come si è già visto, a numerose armi individuali e materiale vario. Pesanti le perdite umane da ambo le parti:

Un morto e 4 feriti fra i partigiani e ben 8 morti e 2 feriti fra gli ostaggi civili.

I tedeschi hanno lasciato sul terreno 14 morti. I loro feriti sono 10 e loro uomini da noi catturati. Alcuni nazisti sono invece riusciti a sfuggire cattura, fra cui i due che, richiamati da «Dragotte» mentre con finta tranquillità e indifferenza si stavano allontanando, hanno reagito lanciando una bomba a mano e subito eclissandosi rapidamente. Fra una cosa e l’altra, quando «Corrado» porta a termine il suo compito l’orologio segna ormai le ore piccole.

Qui il Val Manubiola, dopo il cruento pomeriggio di fuoco; dopo il fragore, gli urli, il sangue delle ore di lotta, è calato un silenzio che sembra irreale, appena rotto dal mormorio delle acque che scorrono in basso; diffuso, tremulo e cadenzato coro dei grilli. – Nella serena notte estiva indotti ad evadere con la mente verso i lidi dell’oblio; verso pensieri di speranza e di pace.

In un altro angolo dell’Alta Valle del Taro, in una cella sotterranea Palazzo comunale di Compiano dov’è imprigionato, il più feroce dei nemici catturati, il Capitano delle «SS» Müller, colui che al mattino aveva legatogli ostaggi ai parafanghi del suo camion, con l’animo in tempesta medita nuove violenze. Come presto vedremo. E nella mente dei nostri uomini che hanno vissuto l’ardente giornata di lotta rimane l’immagine d’una battaglia partigiana che, per lo slancio e lo spirito di partecipazione di quanti le hanno dato vita, per il loro rapido accorrere da punti disparati e lontani del vasto territorio montano in cui si trovavano, per la felice improvvisazione strategica realizzata, va certamente ad iscriversi fra gli episodi salienti della storia della Resistenza italiana.

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In margine ai ferimenti di partigiani dell’ultimo periodo ecco, come vediamo qui sotto, un «recidivo»: non contento del colpo d’arma da fuoco che il 6 giugno a Borgotaro gli ha asportato la falange d’un dito, il 30 dello stesso mese va a beccarsi una pallottola al collo in quel di Frascara.

Ma col nome di battaglia che ha scelto questo è il meno che potesse fare.

La sorte gli concederà di superare indenne tutte le altre fasi della lotta e alla fine sarà fatto Vice Comandante della Brigata.

Comando 1 ˆ Brigata <<Julia >>

ESTRATTO

ruolino per Patrioti feriti o ammalati

Cognome e Nome DELNEVO PIETRO

Nome di battaglia GARIBALDI

(. .. )

Grado nelle Forze Armate Italiane Sergente

Luogo e data di nascita Borgotaro 10.10.1914

Stato di famiglia: celibe

Tendenze politiche: liberale

Anzianità Partigiana 20.5.944

Luogo e data della ferita o malattia: Borgotaro 6.6.944

Specificazione della malattia o ferita: ferito da fuoco con asportazione

dell’ultima falange del dito mignolo mano sin.

Invalidità o mutilazione contratta: asportazione falange dito.

(. . . )

            Il  COMMISSARIO                                                      IL COMANDANTE

Comando 1ˆ Brigata «Julia»

ESTRATTO

ruolino per Patrioti feriti o ammalati

Cognom e Nome DELNEVO PIETRO

Nome di battaglia GARIBALDI

Grado nelle Forze Armate Italiane Sergente

Luogo e data di nascita Borgotaro 10.10.1914

Domicilio della famiglia Borgotaro (Parma)

Tendenze politiche: liberale

Anzianità Partigiana 20.5.944

Luogo e data della ferita o malattia: Frascara di Borgotaro 30.6.44

Specificazione della malattia o ferita: ferito da pallottola al collo.

Invalidità o mutilazione contratta lì

                      (. . )

            Il  COMMISSARIO     IL COMANDANTE

<< SUGLI ASPRI MONTI CI SIAM FATTI LUPI >>

Il due di luglio la nostra Brigata subisce una perdita particolarmente dolorosa: quella di Cesare Bassani «Sam». Più volte negli ultimi mesi erano giunti su Borgotaro aerei alleati per bombardare la stazione e il lungo ponte ferroviario o altri obiettivi ritenuti d’interesse militare. Fra questi ultimi anche un’ala del nuovo Ospedale civile in cui era installata un’industria sfollata da La Spezia, che, secondo un’indicazione, peraltro erronea, fornita agli alleati, avrebbe svolto una produzione d’interesse bellico.

Così il giugno si era registrato un bombardamento e in esso era stato colpito anche l’ospedale, con il tragico bilancio di sedici vittime civili. In mancanza di collegamenti via etere con i comandi alleati, le incursioni proseguono anche dopo l’occupazione partigiana della vallata e il 2 luglio avviene un attacco aereo alla stazione. Ed à qui che « Sam», in servizio di guardia all’ingresso della prospiciente galleria, viene colpito da una scheggia di bomba a una gamba. Ricoverato all’ospedale di Albareto, si evidenzia subito la gravità della ferita, ed è lo stesso «Sam», studente di medicina, che, in piena lucidità e con stoica forza d’animo, diagnostica un probabile esito infausto.

Nel momento in cui sente imminente la fine, Egli chiede ai compagni di brigata di rendergli l’ultimo saluto con un canto alpino, intonando sulla sua tomba «Stelutis Alpinis», la canzone friulana della Grande Guerra che narra d’una stella alpina sbocciata dal terreno bagnato dal sangue d’un soldato, germinata dal suo sacrificio. E questo suo ultimo desiderio, che racchiude un messaggio, un testamen­to spirituale, sarà religiosamente adempiuto al termine della cerimonia funebre, con momenti d’intensa commozione. «Sam», di padre israelita, giovane pensoso e ardimentoso, entrato fra i primi nelle file partigiane, era una promessa per il nostro Movimento; la sua sensibilità e maturità democratica ne avrebbero fatto certamente una delle guide più degne.

Le strofe dell’inno della 1ˆJulia, che lui aveva scritto, si aprono con un grido di battaglia:

<< Sugli aspri monti ci siam fatti lupi

 il nostro grido è libertà o morte

al piano scenderem per la battaglia

 per la vittoria >>

E si concludono con una riaffermazione d’italianità, dove la volontà di riscatto delle macerie morali di vent’anni di buia dittatura si affida alla forza di rigenerazione della Resistenza:

“Fra vette, boschi e valli ci battiamo

 perché si possa ancora con orgoglio

gridare come il tuono e ancor più forte

viva l’Italia!’>

Questo il significato profondo della partecipazione consapevole di “Sam” ai rischi morali della lotta, in cui. al posto assegnatogli, ha versato il suo sangue, ha offerto la sua giovane e promettente esistenza.

A GRIFOLA NUOVO SCACCO AI TEDESCHI

8 LUGLIO 1944:

La stazione ferroviaria di Borgotaro rimane il principale obiettivo nella nostra vallata del Comando Tedesco MK-1008 di Parma. A pochi giorni dal disastroso tentativo di impossessarsene del 30 giugno i tedeschi ci riprovano ricorrendo a una nuova tattica. La galleria del Borgallo, che sbocca nell’immediata vicinanza della stazio­ne ed era stata da essi altre volte utilizzata come via d’attacco provenendo da Pontremoli, è ormai impraticabile perché i partigiani ne hanno ostruito l’uscita. Il ricorso a una colonna motorizzata, come ammonisce la recente espe­rienza, comporta il rischio di insidiosi attacchi partigiani.

Perciò ora essi tentano con truppe appiedate che, superato rapidamente il Passo del Bratello, passando per la via più breve, scendono nascoste in mezzo ai boschi e ai canaloni sulla destra del Tarodine, cercando di piombare di sorpresa nelle immediate adiacenze della stazione ferroviaria. Per propiziarsi il successo, in questa azione che imita la tattica partigiana, essi non si servono della «Feldgendarmerie» o delle « SS» come il 30giugno, ma di reparti speciali antiguerriglia.

L’episodio del nostro attacco dell’8 luglio a Grifola, piccolo centro abitato prossimo al Tarodine, è brevemente descritto nel comunicato del Comando della 1ˆ Julia che segue. Lo sviluppo dell’operazione, al di là della laconicità del comunicato, conosce fasi altamente drammatiche e violente, come testimonia la barbara uccisione del nostro partigiano<< Guelfo >> (che viene addirittura decapitato!) e il suicidio del capitano tedesco comandante la colonna impegnata a Grifola, il quale, piuttosto di arrendersi ai nostri uomini, si spara alla testa.

Volontari della Libertà

1ˆ Brigata Julia (8-7-1944)

OGGETTO: Fatto d’armi sul combattimento di «Grifola» dell’8/7/1944

RELAZIONE

Il giorno 8 luglio 1944, viene segnalato che una colonna di circa 100 tedeschi stava scendendo dal passo del «Bratello». lI Distaccamento << Antolini >> in posizione difensiva sul Passo stesso, immediatamente attacca la colonna, ma viene costretto a ripiegare di fronte alle soverchiati forze nemiche. Data la minaccia incombente, si chiedeva l’intervento di un Distacca­mento della Brigata «Beretta» ed uno della 32°Brigata «Garibaldi» poiché la maggioranza delle nostre forze era impegnata in operazioni difensive e di pattugliamento in tutta la vasta zona da noi occupata.

Si procedeva quindi alla ricerca del nemico di cui non si conosceva l’esatta direzione di marcia e solo dopo 5 ore si riusciva ad agganciare l’avversario che prendeva posizione su di un’altura dominante la località «Grifola» di Borgo Vai dì Taro, asserragliandosi nelle case. La reazione nemica era accanita ed appoggiata dal fuoco di armi automatiche e da un mortaio da 81 mm. Mentre una parte delle nostre forze teneva sotto controllo i reparti tedeschi, con il rimanente si effettuava un’ampia manovra di accerchiamento.

Non appena questa veniva attuata, le squadre di punta muovevano impetuosamente all’assalto ed irrompevano nelle posizioni nemiche, riuscen­do, dopo breve lotta, a costringerle alla resa. Il rastrellamento dei soldati tedeschi sbandati che col favore della notte erano riusciti ad evitare l’immediata cattura, proseguiva nei giorni successi­vi. Il combattimento si protraeva fino a sera inoltrata e le tenebre soprag­giunte non permettevano il completamento dell’azione.

Perdite nostre: 2 morti (fatti prigionieri sul passo del Bratello e quindi fucilati) 1 ferito

Perdite nemiche: 10 morti – 6 feriti – 20 prigionieri (da segnalare che fra i morti nemici, figurava il capitano comandarne la colonna ed un altro ufficia­le).

Materiali catturato: I mortaio da 8I mm., numerosi fucili mitragliatori ed armi individuali.

IL COMMISSARIO                   IL V. COMANDANTE                                 IL  COMANDANTE

           (GIORGIO)                             (CORRADO)                                               (DRAGO7ITE)

Comando 1ˆ Brigata «Julia»

VERBALE DI DECESSO

(. . .)

Il giorno 8 luglio 1944 il Distaccamento  << Antolini >> che trovatasi in postazione al Passo del Bratello inviava in perlustrazione oltre il Passo una pattuglia di cui faceva parte il Patriota Guelfo.

Trovatasi la pattuglia circondata da una colonna nemica riusciva con la sparatoria che provocava e con il lancio di bombe a mano ad evitare una pericolosa e sicura sorpresa al rimanente del Distaccamento. Il Patriota Guelfo, catturato dal nemico, veniva decapitato. I sottonotati Patrioti testimoni del decesso sottoscrivono il presente verbale dando conferma della veridicità di quanto su esposto:

BATTISTI

GARIBALDI

Frattanto il 9 luglio i nostri catturano sui bastioni di Ostia 5 tedeschi:

Volontari della Libertà

1ˆ Brigata Julia          Zona, li (9-7-1944)

OGGETTO:    Relazione sul fatto d’arme del giorno 9/7/944

RELAZIONE

Il giorno 9.7.1944 mentre un nostro distaccamento faceva rientro in un autocarro a Borgotaro dai cambio avuto a Lozzola, si scontrava sui bastioni di Ostia con 5 tedeschi.

Dopo breve sparatoria ed inseguimento degli stessi, riusciva a catturare n. 3 prigionieri mentre gli altri due che erano riusciti a fuggire venivano poi catturati nel pomeriggio, Perdite nemiche: n.5 prigionieri. Perdite nostre: nessuna.

 IL COMMISSARIO                            IL COMANDANTE

   (G1ORGIO)                                            (DRAGOTTE)

NAZIFASCISTI  ALL’ATTACCO:

IL GRANDE RASTRELLAMENTO DI LUGLIO

Dopo la serie di inutili tentativi di penetrazione nella nostra vallata, compiuti con puntate di singoli reparti, anche di apprezzabile consistenza, contro le varie formazioni partigiane locali prendendo come punti d’attacco i vari << Passi >> montani o la via d’accesso di fondovalle, i comandi tedeschi hanno ormai maturato il convincimento della propria impotenza, qui come altrove, contro il dilagante Movimento partigiano, a meno di ricorrere ad attacchi a largo raggio, cioè a rastrellamenti «a pettine» che investano il territorio montano di intere Province, con massiccio impiego di uomini e mezzi, tentando di ~ frantumare e distruggere le forze della Resistenza prima che esse si consolidino  e affermino definitivamente.

Per la nostra vallata é il grande rastrellamento del 15 luglio, che vede le forze della 1ˆ Julia impegnate in una iniziale azione di contenimento, facil­mente travolta dalla preponderanza nemica, come si rileva dalle relazioni dei nostri Comandi qui riprodotte.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia Zona, li (15-7-1944)

OGGETTO:    Relazione sul fatto d’arme di Gotra del 15.7.944

RELAZIONE

Da circa un mese durava l’occupazione della Vallata del Taro da parte delle formazioni Patriottiche e più volte il nemico aveva tentato l’infiltrazio­ne attraverso il Passo dal Bratello e del Borgallo. Più volte aveva raggiunto Valdena e nell’ultima infiltrazione era giunto fino a Grifola, ove avvenne uno dei più bei combattimenti del movi­mento Valtarese. Il mattino del giorno 15.7.944, il nemico, in forze, dopo aver costretto al ripiegamento il Gruppo Ligure << GRAMSI >> che si trovava in posizione difensiva sui Passi del Bratello e del Borgallo,  faceva irruzione nella Vallata.

I nostri reparti di riserva lanciati a tamponare l’infiltrazione verso S. Vincenzo, venivano a conoscenza che il nemico oltrepassata Rovinaglia puntava su Gotra. Il Comandante Taroli (Alberto Zanrè) che si voleva accertare «de visus» dei movimenti nemici, si portava in motocicletta sulla rotabile di fondo valle e giunto in prossimità del bivio di Gotra veniva da una pattuglia avanzata nemica catturato prigioniero.

Contemporaneamente giungeva a Borgotaro una staffetta comunicante il ripiegamento dei nostri da Lozzola ed il loro passaggio in sinistra Taro. Immediatamente, con le forze a disposizione, si decideva di attaccare la colonna tedesca scesa verso Gotra col  presupposto altresì di poter liberare i nostri 3 Patrioti fatti prigionieri.      Alle 13.30, piazzati i nostri mitragliatori  alla << Costazza >>si iniziava una violenta sparatoria sul nemico il quale rispondeva col nutrito fuoco  delle mitragliatrice dei mortai da 81. Vista l’impossibilità di portarci frontalmente sotto, si pensava di far compiere un, aggiramento ad una nostra  squadra che, attraversato il Taro, riusciva infatti ad  attaccare a tergo il nemico. La stessa squadra era costretta poi a desistere dalla sua  azione per la presenza alle sue  spalle di un’altra colonna nemica.

Il combattimento protrattosi fino a sera  costringeva poi i nostri a sganciarsi in seguito alla già avvenuta occupazione  di  Borgotaro ed al dilagarsi in zona, da diverse provenienze in destra Taro, delle forze nemiche.

Perdite nemiche. 10 morti, 32 feriti. Perdite nostre: 3 prigionieri ( il Com.te Tarolli veniva  poi ucciso mentre tentava la fuga).

          IL COMMISSARIO                                                     IL COMANDAN’l E

                (GIORGIO)                                                                  (DRAGOTTE)

Comando I Brigata Julia

OGGE TTO. Relazione sui fatti d’armi dal 7/al 15Luglio 944 nella zona di

Lozzola S. Bernardo.

RELAZIONE

Otto giorni prima dell’inizio del grande rastrellamento, i Distaccamenti dell’allora << Gruppo Molinatico>> si trovavano dislocati in posizioni difensi­ve sui passi e strade di accesso alla Vallata del Taro, allora in nostro possesso. I Distaccamenti disposti in località sui crinali del Castello di Lozzola -Costa Bandita – Castagna – S. Bernardo, dal giorno 7 respingevano puntate di assaggio nemiche, infliggendo allo stesso gravi perdite.

Il giorno 13 alle ore 7 circa, il nemico batteva le nostre posizioni difensive, con un intenso fuoco di mortai e cannoncini da 88 mm, installati su carri armati in località Poggio di Berceto (strada Nazionale). Dato l’insi­stente martellamento nemico sulle nostre posizioni avanzate, i Distaccamenti dovettero ripiegare su di una nuova linea difensiva, nel mentre nostre pattu­glie si spingevano in perlustrazione per controllare gli eventuali movimenti del nemico. Dopo 4 ore di continui) martellamento il nemico desisteva. Le nostre pattuglie non notavano alcun movimento di infiltrazione, pertanto i Distac­camenti ritornavano sulle posizioni temporaneamente abbandonate.

Il giorno 14, si notava intenso movimento del nemico. Giorno 15 – ore 5. Il nemico inizia di nuovo furioso e continuo martella­mento sulle nostre posizioni; nello stesso tempo si notavano alcune colonne tedesche che tentavano di aggirarci nelle posizioni difensive di Lozzola. Immediatamente viene dato l’ordine di attaccare, nel mentre il combattimen­to continua furioso e accanito, da ambo le parti, si notava un continuo afflusso di forze nemiche. Si decide pertanto di fare ripiegare il grosso dei nostri Distaccamenti, in località «Groppo di Gorro».

Con due squadre volanti si continua con accanimento a tener fronte al nemico; da Lozzola sempre pressati da vicino dallo stesso, combattendo rimpieghiamo sulla sinistra del Taro e precisamente in località «Castoglio di Branzone», con l’intento di attaccare di nuovo le colonne nemiche avanzanti. Sono le ore 20 circa, da una staffetta proveniente da Bardi, veniamo informati che pure nelle Vallate del Bardigiano, il nemico in forze preponde­ranti, stava dilagando ovunque. Altre numerose colonne vengono notate e segnalate con numerosissimi razzi, proveniente dai Passi del S. Bernardo -del Bratello ecc. che si stavano riversando nella Vallata del Taro.

Dopo queste informazioni, si comprese che eravamo di fronte ad un grande rastrellamento, pertanto si decide di far occultare i nostri Distacca­

IL V. COMANDANTE

CORRADO

Le nostre unità non dispongono di strutture e armamenti tali da potersi contrapporre a forti contingenti nemici in una guerra di posizione, tanto meno non possono lasciarsi impegnare in azioni di difesa statica dove e quando il nemico lo desidera. La nostra stessa occupazione del territorio della vallata, se è stato un fatto di alto valore simbolico oltre che pratico e quasi un miracolo che ha dato la misura dello slancio entusiastico della Resistenza e della popolazione locale, è pur sempre stato un atto di audacia temeraria, proprio perché presupponeva il possesso di mezzi e strumenti di difesa e contrattacco che a noi mancano, uscendo dai limiti e dallo schema della guerriglia, la quale consiste nell’effettua­re imboscate dove meno il nemico può aspettarselo, agire sul fianco e sul tergo delle sue colonne, offenderlo energicamente mentre ripiega, per poi sottrarsi al suo contatto e rientrare rapidamente alla propria base di partenza. (E difatti in futuro si eviteranno nuove e più o meno stabili occupazioni di territori, prefe­rendo invece di esercitare su di essi un certo controllo di fatto, sia col tenere sotto tiro i presidi nemici, sia coi partecipare alla direzione della vita dei centri amministrativi attraverso nostri emissari).

Ora che il rastrellamento è in atto, dopo le azioni di resistenza iniziali, non rimane ai nostri uomini che tentare di aggirare i reparti e le colonne nemiche in continuo movimento od occultarsi in gruppi o singolarmente, perché nella situazione in atto ogni attività anche di semplice guerriglia sarebbe velleitaria e suicida. L’inizio del poderoso attacco sferrato a metà luglio 1944 dai nazifascisti nell’Alta Valle del Taro troverà una descrizione particolarmente efficace, sep­pur breve, nel volume “Storia della più piccola Capitale del mondo» di Pietro Pellizzari, da cui è tratto il seguente passo:

“Occorre aggiungere che i ventimila (forse 25.000) tedeschi penetravano nella zona da ogni parte: avevano attaccato la Val Ceno provenendo da Parma, Varano Melegari, Vianino, ma anche dal Pelizzone, dalla Val Nure, e da sud, Masanti, Pione; e la Val Taro dilagando dai passo dei Bocco, dai Centocroci, dai Bratello, da Berceto, da fondovalle. E non è che percorressero soltanto le grandi strade, sulle quali avremmo potuto almeno ritardare l’avanzata; venivano per mulattiere, per i sentieri, da ogni parte. Alle forze partigiane non bastavano né gli uomini, né i tempi, né le armi; tutti noi insieme avremmo potuto fermare una, forse due delle molte provenienze di queste colonne, che erano precedute ove il terreno lo consentiva da carri armati, autoblindo; e da tiri fittissimi di artiglieria ovunque vedevano un nostra resistenza; erano aiutati anche dalle cicogne, gli aerei di perlustrazione ravvicinata del terreno. Secondo Cipriani ai primi di settembre ‘4.4 i partigiani nell’Ovest Cisa erano circa 1330; e la cifra dei presenti non doveva essere gran che diversa due mesi prima; la pubblicazione già più volte citata indica in 2.594 la consistenza delle Brigate Valtaresi l’8 aprile 1945. Dunque nel giugno-luglio 1944, un partigiano per circa 20 nazifascisti, e con un armamento di gran lunga inferiore.

Io che seguivo al telefono la situazione vidi ben chiaro il crescendo dell’invasione tedesca, e ad uno ad uno persi i contatti con gli altri centralini. L’ultimo fu con il Signor Tancredi da Borgotaro; mi disse: << non c’è più niente da fare; i tedeschi sono qui >>. Poi riprovai a chiamarlo non rispose. Erano passate da poco le quattro del pomeriggio. Quel 15 luglio a Borgotaro la gente era stata svegliata da colpi di cannone alle cinque di mattina. I colpi provenivano dalla zona di Valdena, presso il passo del Bratello. Verso le sei, silenzio. Ripresero verso le Otto, verso le nove arriva la notizia che Bardi è occupata dai tedeschi, che ai Due Santi, al Gottero, al Cento Croci, al Bocco, dilagano. A mezzogiorno si sparge la notizia che stanno per entrare in Borgotaro, la gente fugge impaurita. Alle 14 alcune donne si raduna­no in Chiesa. Il paese è vuoto. Ore interminabili, la prima colonna di tedeschi spunta scendendo per il viale del Cimitero, attraversa il ponte. Monsignor Boiardi va incontro con il Signor Gasparini attraverso le vie deserte e silenziose. Agita un fazzoletto bianco. Vuole salvare il salvabile, Sono le l7 >>

A Borgotaro le sopravvenienti colonne naziste trovano infatti in Don Boiardi e nel Maggiore Alarico Gasparini (il quale si presta coraggiosamente insieme al Parroco per la salvaguardia del paese pur non rivestendo specifiche funzioni pubbliche) degli interlocutori con cui trattare. Ed essi si adoperano anzitutto per tranquillizzare i tedeschi, interessati ad assicurarsi che nel Capoluogo non siano presenti dei partigiani, e per fare da tramite fra gli occupanti e la popolazione, che peraltro ha abbandonato al completo il paese nel timore di rappresaglie. Approccio, questo di Don Boiardi e del Maggiore Gasparini, sicuramente efficace per smorzare e contenere la minaccia nemica sul paese, dove essi, nel vuoto d’ogni autorità civile, costituiscono in questo momento un utile punto di riferimento per l’invasore, sul quale possono reciprocamente sperare d’eserci­tare una qualche influenza moderatrice.

Anche se essi trattano intese e raccolgono promesse di cui poi la contro parte, che ha in mano tutta la forza, fa il conto che vuole. Così i tedeschi, prima promettono la franchigia per la popolazione che obbedisca all’ordine di rientro nel paese deserto e poi arrestano tutti i 150 civili ritornati alle proprie case (e in aggiunta lo stesso Don Boiardi) tenendoli come ostaggi fino a che non siano stati rilasciati i nazisti imprigionati nel campo di concentramento partigiano. Inoltre, in barba alle precedenti promesse, Borgotaro subisce un totale e vandalico saccheggio dove ciò che non si può asportare lo si distrugge o disperde, lasciando ogni porta di casa, fondaco o negozio scassinata (e non saprei dire al momento, ma ne dubito, se sia rimasta indenne dall’assalto dei predatori la Drogheria Steckli che aveva tappezzato le proprie saracinesche, ben calate come quelle di tutti gli altri negozi, di vistosi striscioni a stampa recanti la scritta in lingua tedesca << proprietà di cittadini svizzeri >>, con tanto di emblema della Confederazione Elvetica.

Tuttavia questo rastrellamento si caratterizza soprattutto come operazio­ne punitiva e terroristica (concetto peculiare alla mentalità militare germanica), ori solo e non tanto contro i combattenti della Resistenza, ma contro la stessa popolazione civile colpevole di ospitare ed aiutare i partigiani. Così nel corso del rastrellamento la popolazione viene colpita con brutali­tà e subisce pesanti lutti anche nel territorio borgotarese, con numerosi civili che incontrano una morte violenta per mano dei reparti nemici. Ma dove ciò assume un vero carattere di strage è, non lontano da Borgota­ro, nel piccolo centro di Strela, in Comune di Compiano, dove la furia nazista falcia in un sol colpo la vita di diciassette civili innocenti.

Ecco la dolente, sofferta testimonianza dell’eccidio nella cronaca di D. Egidio Squeri: << L’uragano di ferro e di fuoco piombò su Strela il 19 luglio 1944. Diciassette vittime innocenti caddero, fra le quali il prevosto Don Alessandro Sozzi e il Missionario Padre Umberto Bracchi. Trentacinque fra case e cascinali distrut­ti.

Un velo di profondo mistero copre la causa di questa terribile aggressione: spie? vendette personali? prigionieri di guerra tedeschi? Nuda di preciso si sa, solo vaghe supposizioni o deduzioni. Le truppe, il 15 luglio 1944 iniziarono l’assalto alla roccaforte della Vai Taro. Da Bardi, da Borgotaro, da Chiavari, si segnalavano vasti movimenti di truppe verso Bedo­nia. I patrioti, dopo vari giorni di vittoriosi attacchi furono costretti a ripiegare. La popolazione in preda al terrore si sforzava di mettere in salvo tutto quanto poteva. Gli uomini cercavano scampo nella campagna, sui monti, nei luoghi più nascosti, assoggettandosi ai sacrifici più gravi, pur di avere salva la vita. Le notizie più allarmanti sì diffondevano con rapidità sorprendente. Scene racca­priccianti, uniche nella nostra storia, inimmaginabili ad un estraneo.

Nel pomeriggio del 18 luglio un contingente di truppe, proveniente da Borgotaro, accampa presso Barbigarezza. La notizia si diffonde in un baleno. Strela è in allarme. Gli uomini fuggono, pochi rimangono. Il Prevosto e Padre Umberto (giunto il giorno precedente dai Ghirardi di Porcigatone per perorare la causa di alcuni ostaggi di Borgotaro presso Mons. Checchi) cercano di calmare e rincuo­rare la popolazione. Alte ore 18 circa due soldati tedeschi raggiungono il paese. Don Alessandro li accoglie in canonica con deferenza. I due militari, un tenente e un maresciallo, osservano ogni cosa e si mostrano impassibili. Nell’accomiatarli Don Alessandro esprime loro il desiderio di raggiungere il comando: “No, no, padre, se venire uccidere subito!” dice il tenente. Padre Umberto mostra i documenti personali, redatti dai vari comandanti tedeschi:<<Boni, boni, nulla fare, essere a posto!>>soggiunge il tenente. Scende la notte, gli animi rimangono tesi; la calma regna foriera di burrasca.

Alle ore 6 il paese è nuovamente in allarme. Le truppe tedesche, da più direzioni, in numerose pattuglie, danno l’assalto a Strela. Dense colonne di fumo si ergono al loro passaggio, colpi di mitraglia, grida disperate si odono lontano. Don Alessandro e Padre Bracchi, dopo la celebrazione della S. Messa si rendono conto della grave situazione e, in preda al terrore non sanno quale partito prendere. « Costalta è in fiamme! uccidono! » dice un passante di corsa. Don Alessandro si porta in canonica e, aperta la finestra della sala prospiciente Costalta, alza le mani benedicenti scoppiando in un dirotto pianto. Passano pochi istanti. Gli avvenimenti incalzano. I rumori si fanno più distinti. Si odono dei passi cadenzati, delle parole incomprensibili. Sono loro. I due sacerdoti in canonica stanno pregando. Alcuni colpi alla porta e molti militari entrano. Non fu possibile sapere il breve colloquio fra i sacerdoti e i sopraggiunti. Immediata­mente i soldati iniziano la perquisizione nella casa, ne asportano gli oggetti di valore e vi appiccano il fuoco. I sacerdoti sono costretti ad uscire dalla canonica e, accompagnati da due soldati armati di fucile mitragliatore, a proseguire verso lo stradale passando davanti al cimitero. Don Umberto avanti e Don Alessandro dietro, muti, trasecolati, con le lacrime agli occhi, presaghi della fine, ubbidiscono ai loro carnefici. Fatto un centinaio di metri, oltrepassata la cinta del cimitero, un urlo bestiale li investe, si voltano e seguono le indicazioni dei due soldati di portarsi verso il muro del cimitero.

I due morituri, muti si guardano come per darsi l’ultimo addio, dando l’ultimo sguardo alla terra pregna di odio e di sangue in una triste visione del terrore e di rovina. Si impartiscono vicendevolmente l’ultima assoluzione: gli assassini puntano l’arma micidiale. Una nutrita raffica di mitra parte immediatamente. I martiri cadono. Il loro sacrificio è consumato. Don Alessandro colpito alla testa, cade bocconi. Padre Umberto, colpito al petto, cade supino. L’uno e l’altro con il santo breviario in mano. I carnefici non contenti si accostano alle vittime a colpi di pistola, le finiscono, le depredano e si allontanano a consumare altri delitti: (occorre notificare che gli assassini tolsero il portafogli, l’orologio e le scarpe ai cadaveri: quest’ultime se le misere ai piedi lasciando sul posto le loro rotte); incendiando case, cascinali, stalle, danno la caccia all’uomo, rubano tutte quanto possono, deportano il bestiame. Urla, grida, pianti, colpi di fucile, si odono da ogni parte. Sei uomini (sig Bracchi Pietro, Tamiri Giovanni, Addetti Luigi, Vineastri Luigi, Mezzetta Mauro, Dellafiora Giuseppe) trovati in casa, sono legati e trucidati in un crocchio a duecento metri dalla chiesa. I sigg. Gazzoli Antonio e Capitelli Sergio (il primo padre di quattro bambine, il secondo ammalato rachitico dalla nascita) sono violentemente strappati dalle braccia dei loro cari e trucidati. I sigg. Franchi Luigi e Franchi Paolo, fratelli, padri di famiglia, sono legati e orribilmente massacrati alla presenza dei loro cari. Il sig. Feci Giuseppe, padre di sei figli, dei quali uno prigioniero in Algeria, viene con forza strappato di casa e colpito alla nuca con un colpo di pistola. Il sig. Gonzaga Luigi, scoperto presso il capezzale del nonno ammalato, viene in un primo tempo lasciato libero poi catturato e ucciso con una raffica di mitra. Il sig. Dallara Rodolfo, uomo onesto e laborioso, viene chiamato da alcuni tedeschi; egli, ignaro della loro ferocia, si avvicina e con un colpo alla testa lo atterrano. Il ragazzo Delgrosso Enrico di 15 anni, si trovava in un prato intento a custodire le mucche che pascolavano; un soldato tedesco lo scorge e con una raffica di mitra gli tronca le gambe, il ragazzo si mette a urlare, un altro tedesco si avvicina e lo finisce. Il sig. Camisa Pio viene catturato a Costalta e, a mani legate, viene costretto a seguire i suoi carnefici che gli fanno vedere tutti i cadaveri, poi viene massacrato,

Nessuno può toccare i morti senza il permesso del comando tedesco. Per tre giorni rimangono esposti al sole cocente. Nel pomeriggio del 22, elementi del battaglione S. Marco giungono in paese con il proposito di bruciare i cadaveri; le preghiere, le lacrime dei congiunti e della popolazione riescono a distoglierli dal sacrilego atto. Donne e vecchi costruiscono con rozze tavole delle casse e danno sepoltura ai mariti. Il piccolo cimitero di Strela custodisce ora le sacre spoglie di questi martiri innocenti. Il loro sacrificio supremo esige da noi superstiti l’amore, il perdono, la concordia cristiana». Nell’attesa che l’offensiva nazifascista giunga a termine e mentre i partigianicome si è visto, cercano di sfuggire alle maglie del rastrellamento e sottrarsi alla caccia della pattuglie nemiche dandosi alla macchia, la popolazione civile vive ore d’angoscia e di terrore anche nelle località non colpite in modo altrettanto grave di Strela, come molto efficacemente racconterà, con la sensibilità ­propria del sacerdote che vive questa tragedia vicino e insieme ai suoi fedeli, don Riccardo Molinari nelle pagine del suo libro «Montagne insanguinate».

Eccone alcuni stralci:

<< Tutta la zona distesa ai piedi del Pelpi, era divenuta ormai un brulichio solo di uomini che portavano sul volto i segni evidenti di una preoccupazione e un’ansia indescrivibile. Sospinti come da una forza irresistibile salivano in alto, verso i monti, in seno ai dirupi, ai burroni profondi, in cerca di un rifugio, una tana, di una incavatura, per celarsi dall’ira imminente. Cereseto, non so perché, forse data la sua posizione isolata e fuori di ogni comunicazione e quindi a dar ricetto a persone che volevano sfuggire alla cattura, sembrava diventato un porto di mare e Dante avrebbe potuto dire:

<< convengono qui d’ogni paese!…»

Sbucavano da tutte le direzioni, come poveri profughi, uomini di ogni età e condizione; padri di famiglia con i propri figliuoli ancor giovani, poiché si dava la caccia — tale era l’ordine — a tutti quelli compresi fra i quindici e i cinquantacinque anni. Sostavano sospettosi, meravigliati di trovare gente che non si muoveva come loro, chiedevano una via, un sentiero poi scomparivano nel fitto dei boschi e delle foreste, con il loro bagaglio di viveri in braccio o in spalla. Ma i più giungevano sprovvisti di tutto, e allora te li vedevi davanti in atto di chiedere un pezzo di pane. Non meritava tutta questa folla, attanagliata da una grande prova, il gesto di Nostro Signore: «Misereor super turbam?» Chi non avrebbe spezzato volentieri ad essa il pane della carità cristiana?

Eppure un tale atto di umanità e di fratellanza doveva essere interpretato dai tedeschi, lontani dall’ideale cristiano, come favoreggiamento verso il nemi­co e come un reato grave, capace di compromettere la vita stessa di un uomo o di una popolazione Intera! A rendere più tetra e caotica la situazione di questi giorni e di quelle notti, si aggiungeva la mancanza di luce elettrica, tolta appositamente per impedire le  comunicazioni tra i Partigiani. Si aveva quindi ancor più la sensazione di brancolar nel buio, senza un raggio di luce, che pur giova tanto a tener alto il morale dell’uomo.

Solo al termine del rastrellamento, durato una ventina di giorni, ritornerà la luce i allora quelli che la rivedranno, potranno trarre un largo respiro ed esclamare: finalmente sono passate le tenebre! Al tramonto dei 18 luglio, un bel tramonto fiammante, — il proverbio; << rosso  di  sera bel tempo si spera >> non tornava a proposito, stavolta — si sentì improvvisamente tuonare, oltre il Pelpi, un colpo cupo di cannone, seguito a poca distanza da altri colpi e le palle fischiarono con sibilo acute sopra i tetti delle  case.

Era il segnale della guerra vicina, alle porte di casa nostra. Bisognava quindi decidersi ad affrontarla o a schivarla, se fosse stato possibile. Un fremito di paura percorse la popolazione che cominciò ad agitarsi come un mare in tempesta. Povera gente! Vissuta sempre tranquilla all’ombra della sue case vetuste; abituata a vivere indisturbata nel lavoro, tra la pace dei monti; assuefatta a guardare il suo Pelpi come baluardo di difesa e di protezione, non sapeva ora capacitarsi davanti a quell’insolito suono per aria, e disorientata e con il cuore sospeso, si dimenava tra una casa e l’altra, proprio come un formicolaio mole­stato senza motivo alcuno dal piede feroce di un uomo brutale.

Vennero da me alcune mamme, con il bambino in braccio, per chiedermi dove dovevano rifugiarsi … La tragedia era cominciata! La notte trascorsa come tante altre, fra fantasmi e sogni paurosi. Gli uomini, almeno una gran parte, erano nel folto dei boschi nelle tane. Precau­zione suggerita dal timore di essere colti di sorpresa. Ma più che il bombardamento offriva uno spettacolo desolante il saccheg­gio, ancora in atto, nelle case e nelle botteghe, abbandonate dagli abitanti alla mercé dell’invasore.

Lasciai al più presto quel luogo, poco tempo prima così gentile e ridente, ora così tetro e glaciale … Per via mi imbattei in alcuni viandanti che discendevano da Cereseto. Riferivano che i tedeschi avevano varcato il Colle (il passo dell’Pepi) e avevano raggiunto Farfanaro, frazione di Cereseto, lasciando dietro di sè stragi e rovine. Alte nuvole di fumo tingevano infatti il cielo da quella parte. Non c’era dubbio, la notizia rispondeva a realtà. In paese, strane sensazioni, commenti sconcertanti, previsioni catastrofiche, eccitazioni di nervi, orgasmo vivissimo che nessuna buona parola e nessun ragionamento riusciva a calmare . Un tramestio isolato per nascondere  ciò che di più caro si possedeva, un accorrere frettoloso ai luoghi di rifugio e di latitanza. Vigilia trepida, angosciosa. Tutti lo sentivano, ma nessuno sapeva darsene ragione. Domani, sarebbe stata una giornata triste!

20 luglio 1944! Data infausta, tinta di sangue e di fuoco, che rimarrà eterna nella mente e nel cuore dei Ceresetani. L’alba, anche oggi radiosa e splendida, aveva portato come di consueto il risveglio in paese. Risveglio amaro per tutti, a causa delle immagini fosche che nella fantasia sconvolta aveva turbinato durante la notte. L’orecchio era teso ad ogni  rumore ad ogni passo che si ripercoteva dal selciato nelle case. Ma a quell’ora i tedeschi riposavano ancora tranquillamente sugli allori sanguinanti del giorno precedente e sognavano le nuove prossime vittorie. Tutto dava a pensare che altre truppe erano la sera prima accampate sulle alture del monte e avevano dormito al chiaro delle stelle.

L’ora era scoccata e il tedesco protendeva i suoi artigli per ghermire la preda. Qualcuno suggerì di issare bandiera bianca sul campanile, per rendere pacifica l’occupazione del paese. Io non fui del parere, anzi mi opposi. Se poi la bandiera sventolò sul campanile, non seppi mai chi l’avesse portata. I fatti dimostreranno che sarebbe stato più prudente non esporre simili segnali, malamente interpretati dai tedeschi. Essi infatti erano persuasi che i Campanili posti di segnalazione per i << ribelli o banditi >> e che quindi tutti coloro che vivevano all’ombra di essi, Preti compresi, facessero lega con questi ultimi, o almeno fossero simpatizzanti.

Verso le ore 8, la pattuglia che aveva pernottato a Farfanaro, discese a: Cereseto, tra un fuoco nutrito di fucileria. Giudicai utile muoverle incontro, con tutti i segni di una accoglienza amichevole. La colonna era portata in testa da un Maresciallo, dal portamento fiero e sdegnosodagli occhi sprizzanti ferocia e odio. Atteggiamento che non depose neppure quando si trovò faccia a faccia con me. Non rispose al mio saluto, ma mi indicò in perfetto italiano di seguirlo. Feci buon viso a cattiva sorte (meglio a cattivo incontro) e mi misi ai suoi ordini. Mi chiese, come prima cosa, se vi fossero banditi in paese. Risposi che se n’eran visti passare i giorni avanti, ma che  attualmente  non esistevano. Lo assicurai che Cereseto era un paese tran­quillo non avrebbe presentato alcuna reazione all’occupazione germanica.

Pareva credere alle mie parole, tanto che io, turbato dalla prima cattiva impressione avuta, mi tranquillizzai alquanto. Ma ecco che ad un ordine di lui, lanciato freddamente, i soldati si divisero e circondarono in un attimo il paese, piazzando le mitragliatrici all’imbocco delle strade. Assistei dal di fuori alla perquisizione della prima casa, fatta dal mare­sciallo e dai suoi subalterni. Notai subito che la gentilezza e la cortesia a non a non avevano a che fare. Il calcio del fucile sostituiva la chiave e il padrone, cacciato fuori come un cane, doveva rinunciare per quel momento ai suoi diritti. Vi era nei modi, negli atti e nelle parole di quella soldataglia un non so che di inumano che faceva prevedere poco di bello. Tutto il paese e la vallata rituonavano di colpi improvvisi e assordanti.

Invitai il maresciallo, che intanto aveva compiuto la perquisizione della prima casa, in Canonica, ed egli accettò l’invito. Speravo di poterlo rabbonire. Altiero e tracotante com’era, mi dava l’idea di uno degli antichi conquistatori che prendessero possesso di una città. In Canonica chiese del vino e del vino buono. Gli offersi anche da mangiare. Iniziammo quindi un colloquio che mi rivelò chiaramente il suo animo. Incominciò col chiedermi alcune informazio­ni sul conto mio e della popolazione. Risposi prudentemente, schivando ogni parola che potesse compromettere. Quindi passò a descrivermi, con fare sprez­zante, le gesta dei banditi di questi monti. Particolarmente si dilugò sui fatti di Pelosa, località sopra Bedonia, dove erano rimasti vittime, pochi giorni prima, una settantina di tedeschi, «barbaramente fatti a pezzi dai vostri banditi», com’egli si espresse. Compresi che in quel cuore si covava un odio implacabile e lessi nei suoi occhi lampeggianti una sete diabolica di vendetta. La conversazio­ne si faceva sempre più animata, potrei dire cordiale, e un certo senso di fiducia stava per subentrare in me. Fiducia ben presto stroncata da una domanda che non avrei voluta.

“Quanti sono gli uomini nel paese e dove sono?»

A rispondere, temevo di compromettermi. Dov’erano gli uomini? Le gole profonde dei monti, le tane umide delle volpi, le caverne melmose dei torrenti, i ripostigli più reconditi delle case, dov’essi trepidanti latitavano nel timore di essere scoperti e deportati, se non fucilati, ne potevano dire qualcosa, ma io? Risposi evasivamente, nel senso più di ignorare che di conoscere. Non soddisfatto della mia risposta, li volle vedere. Anzi mi incaricò di trasmettere l’ordine a tutti i presenti di radunarsi al più presto sulla piazza, pena la fucilazione per chi non si fosse presentato. L’ordine era perentorio, ed io lo trasmisi con il presentimento di qualche sciagura.

La canonica nel frattempo era divenuta come la sede del quartier genera­le. Ufficiali e soldati entravano e uscivano non tanto per riferire al loro coman­dante, quanto, e soprattutto, per saziare la propria ingordigia. E bisognava accontentare il loro gusto raffinato! Fino a questo momento la mia libertà era intatta e potevo liberamente circolare in paese. Ed io ne approfittavo per portare, ovunque fosse il bisogno, una parola di incoraggiamento e di fiducia. Le donne erano terrorizzate dal modo di procedere dei soldati, poiché questi sembra non trascurassero nessun mezzo violento per intimorirle, pare anzi si divenissero a farlo. Spadroneggia­vano nelle case, depredando: lanciavano a casaccio bombe a mano; facevano saltare porte e finestre, frantumavano vetri e bottiglie … Qualche donna era stata così fortemente impressionata da perdere i sensi, e fui chiamato presso di esse, come al letto di una moribonda.

Ora poi cominciavano a circolare in paese le voci che qualche casa sarebbe stata incendiata perché trovata in possesso di polvere e munizioni. Infatti referenze del genere fioccavano in Canonica da pane dei perquisitori. (non so però se rispondenti a verità) e il maresciallo ci diede peso. Intervenni presso di lui, scongiurandolo in favore delle famiglie imputate, ed egli mi assicurò che nulla si sarebbe fatto senza suo ordine. Volle anzi accertarsi di persona e mi invitò ad accompagnarlo presso case dove i soldati dicevano  di  aver scoperto polvere inglese: Polvere veramente c’era, in un tale recipiente sigillato di provenienza estera, ma era di quella destinata a spegnere eventuali incendi delle trebbiatrici. Ma i visitatori o perché ignoravano la lingua o perché tutto ciò che sapeva d’inglese costituiva reato, n’avevano fatto un caso incriminabile. Il maresciallo si dette per inteso e ordinò di rispettare la casa.

In questo frattempo un certo numero di uomini si era radunato presso il campanile. Vecchi la più parte, o che si ritenevano sicuri di essere rispettati. Non erano questi che voleva il maresciallo, assetato come una belva di sangue giovanile. Me ne accorsi dal tono minaccioso con cui pronunciò quelle parole:

<< E i giovani dove sono? >>

Osservò attentamente i documenti dei presenti, ma non nascose il suo disappunto. Penso che tutto il male sarebbe finito qui, se non fossero calate giù, a questo punto, dalla parte settentrionale del Pelpi, altre orde ben più selvagge, che sembravano aver in corpo la sete di strage e di vendetta degli Unni di Attila: le SS. germaniche. La violenza ed il terrorismo più brutale, la licenziosità sfrenata, l’ingordigia insaziabile si rivelarono ben presto loro caratteristica spiccata. La sola loro comparsa destò brividi di spavento. Fecero quanto non avevano fatto i primi: saccheggio e distruzione furono per essi la cosa più naturale. Il paese finì per tramutarsi in un bivacco solo, dove i soldati gozzovi­gliando e dividendosi la preda lasciavano agli abitanti ammutoliti l’ossa spolpa­te inutile rimpianto dei propri beni.

In canonica si dava ritrovo lo Stato maggiore di queste truppe, capeggiato da un  giovane tenente, aspro e disdegnoso, che sapeva parlare discretamente l’italiano e sufficientemente l’intendeva. Azzardai un saluto di convenienza al nuovo ospite. Rispose freddamente e subito sedette a mensa, chiedendo generi di  suo miglior gusto. Cercai di sottrarmi subito all’occhio torvo di questo nuovo signorotto, anche perché mi premeva rendermi conto di quanto succedesse in Chiesa, dove avevo visto poco prima scorrazzare dei soldati con aria di poco rispetto.

Qui mi attendeva una scena quanto mai disgustosa ed emozionante. In fondo alla Chiesa, seduti nelle panche destinate alla preghiera, erano stati ammassati tutti i prigionieri, giovani e anziani, che i tedeschi avevano fatto nel rastrellamento sui monti. Erano una trentina o più, eppure regnava in quel luogo sacro un silenzio sepolcrale. Vidi quei volti contraffatti. inebetiti, fissarsi  su di mein attesa di qualche cosa di nuovo. Ma io non avevo da comunicare a loro la            mia meraviglia e la mia compassione. Scorsi anche qualcuno dei miei, e per essi e per tutti promisi una buona parola presso il comandante.

Ero troppo lontano dal pensare alla mia prossima vicenda.

Venne l’ordine di uscire. I prigionieri furono divisi in tanti gruppi,  custodito da due guardie ben armate. Con me erano altri quattro ostaggi fra i quali Biondin. Al mio  gruppo fu riservata la parte più tragica. Allineati al muro, prospi­ciente la facciata della chiesa, si piazzarono di fronte a noi due fucili mitragliatori con il ­plotone di esecuzione, che rimase cinicamente in attesa di ordini. Era da aspettarsi un epilogo crudele del dramma, e le vittime si dimenavano angosciosamente, già presentendo in sé gli spasimi dell’agonia e l’amarezza dell’ ultimo addio!

Il  quadro era reso ancor più emozionante dalla presenza di una madre, il volto contraffatto sbiancato, tradiva lo schianto del cuore. La si vide più volte gettarsi ai piedi dei capi nazisti, in atto supplichevole, senz’altro ottenere che il disprezzo, il sarcasmo e la minaccia. Ma forse le sue suppliche e le sue insistenze non furono inutili.

Altro colpo di scena. Tre uomini, ben noti a Cereseto, per sfuggire al fuoco appiccato alla casa dove si trovavano rifugiati, si presentavano ai capi convenuti sotto il campanile, nella speranza di essere graziati. La loro prove­nienza dichiarata, fu la loro condanna. Il nome di Compiano, fece scattare come una belva il maresciallo, che decretò per essi la fucilazione, considerandoli, arbitrariamente, come disertori e banditi. Parve però solo una minaccia, perché fu dato immediatamente l’ordine di partenza.

Presso una piccola cappella, fuori del paese, sulla strada che conduce a Bardi, ricevemmo l’ordine di fermarci. Sembrava che ci avessero spostati colà per farci meglio assaporare il martirio della popolazione rimasta.

Era davvero raccapricciante lo spettacolo che si presentava allo sguardo come una cupa visione d’inferno. In quel meriggio soffocante di piena estate, pareva di assistere ad un vulcano in eruzione. Fumo, fuoco e faville si sprigiona­vano e si comunicavano da un tetto all’altro con una velocità vertiginosa e tutto era avvolto, uomini e cose, in una nuvolaglia densa e rossastra. Da quella nuvolaglia si scorgevano, di tanto in tanto, uscire donne e bambini e qualche vecchio cadente, che faticosamente asportavano via dalle case diroccate e gettavano nei campi vicini quanto era possibile strappare alle fiamme: letti e vestiti, mobili ed utensili … Ad alcuni non era nemmeno permesso questo diritto, che anzi con modi brutali strappavano loro di mano quello che volevano salvare e lo buttavano nel fuoco.

Ad alimentare l’incendio tutto doveva servire: i covoni di frumento, il fieno dei campi e dove questi non bastavano le bombe incendiarie. Bisogna aggiungere che il paese si prestava al gioco di una fiammata vendicatrice, tutto riunito com’è e aggrappato sotto il campanile. Più di uno spettatore, davanti a quella scena apocalittica, di edifici che crollavano e si incendiavano, di gente che correva all’impazzata, gridando e urlando, versava lacrime di commozione, trattenendo a stento una reazione che si covava nell’animo. Tanto più che gli autori del misfatto, anziché dimostrare un qualche sentimento di umanità, davano segni evidenti di baldanza e di gioia, fino a rallegrare lo spettacolo d’un paese in fiamme con le note festose di un valzer di fisarmonica!

Contegno provocante, in contrasto stridente con l’immenso strazio di tanti cuori e di tante famiglie! I nuovi neroniani, condotta a termine l’impresa, si erano riordinati dietro di noi, in procinto di riprendere il viaggio. Quand’ecco una raffica improvvisa fece sobbalzare violentemente il cuore Un grido strozzato e poi di nuovo una scarica assordante. Che avveniva? I tre Compianesi, presentatisi poco prima, erano trucidati a bruciapelo dal maresciallo presso il muro esterno della cappella, e cadevano l’uno sull’altro inzuppando di sangue il terreno. Feci appena in tempo ad alzare istintivamente la mano per una assoluzione e una benedizione … «Povere vittime!» mi fuggì di bocca. M’accorsi che le sentinelle di scorta mi guardavano biecamente …

Quell’improvvisa detonazione e quell’esecuzione così fulminea mi im­pressionarono profondamente. Tre vittime umane, istantaneamente stroncate, a tre passi di distanza, senza poter recare loro il conforto di un’assistenza religiosa perché trattenuto dalle guardie, senza poter dire essi stessi un’ultima parola nè presentare una qualche difesa della propria innocenza!

Perché fucilati? In nome di quale legge? Rapetti Giovanni, Rapetti Pio, Gonzaga Eliseo: questo il nome. I primi due fratelli, il terzo un congiunto, tutti e tre padri di famiglia, ovunque conosciuti come onesti lavoratori. Lasciano spose, genitori e teneri bimbi nella più acerba desolazione e nel più amaro rimpianto! » La fine del grande rastrellamento troverà le brigate partigiane dell’Alta Vai Taro, benché colpite da dolorose perdite e momentaneamente disarticolare, pronte a ricostituirsi con rinnovata volontà di lotta, mentre i nazifascisti, se riusciranno a ripristinare i propri presidi e un precario controllo sulle principali vie di comunicazione locali, dovranno abituarsi ad avere nuovamente di fronte, in una quotidiana catena di scontri e di sabotaggi, quelle forze che vanamente s’erano illuse di poter annientare con la loro spettacolare operazione.

Nel momento in cui il rastrellamento giunge a termine e mentre le nostre formazioni sono ancora largamente disperse e disorientate, a sollevare il loro morale è proprio, imprevedibile e inattesa, una iniziativa nemica. All’indomani d’uno scambio di prigionieri in cui i tedeschi, dopo aver recuperato i loro uomini da noi catturati nella battaglia della Manubiola, assicurano, anche con un comunicato bilingue affisso al pubblico, che «nessuna rappresaglia sarà arrecata alla popolazione civile della Valle del Taro», essi avanzano per tramite del Parroco di Albareto la proposta di un incontro tra le parti per trattare una tregua d’armi. Coloro che ci hanno sempre sprezzantemente definiti «banditi e fuorileg­ge», proprio nel momento in cui ci stiamo leccando le ferite per i duri colpi da loro inferocitici, ci fanno l’onore d’un invito a parlamentare che implica quanto meno un riconoscimento di fatto delle nostre Formazioni.

L’incontro ha luogo ad Albareto, ma mentre sono in corso le conversazio­ni tra il rappresentante nemico, un maggiore austriaco, e i rappresentanti partigiani (fra cui «Libero per la 1ˆ Julia), giunge improvvisamente notizia che un gruppo di << SS >> guidato dal capitano Mùller appena liberato dalla nostra prigionia ha compiuto il feroce eccidio di Strela e Cereseto poco più sopra rievocato.

Di fronte alle indignate contestazioni dei nostri l’ufficiale nemico si dice assai dispiaciuto dell’accaduto e soggiunge che, se si vuole evitare il ripetersi di simili fatti,occorre giungere a un accordo diretto con il Comando di divisione germanico di Fornovo, presso cui si offre di condurre con la sua stessa automobile i presenti, che infatti partono poco dopo insieme a lui alla volta della pianura. Il mattino successivo avviene l’incontro nel Comando di Fornovo con un alto ufficiale tedesco, cioè lo stesso Capo di Stato Maggiore del Feld Marescial­lo Kesserling il cui comando è posto a non molta distanza, che propone ai partigiani la consegna delle armi in cambio dell’incolumità e del loro arruola­mento nella «Todt», l’organizzazione del lavoro tedesca.

Proposta, questa, che scambia evidentemente i partigiani per degli sban­dati in cerca d’una maniera qualsiasi di sbarcare il lunario e che i nostri rappresentanti rifiutano sdegnosamente, mettendo fine all’incontro senza ulte­riori discussioni e con un nulla di fatto. Ma nei giorni immediatamente successivi i contatti con i tedeschi verran­no ripresi da parte della Brigata «Beretta», che raggiungerà per proprio conto un’intesa contingente di reciproco rispetto, riservandosi tuttavia mano libera verso le truppe della R.S.I., se queste si facessero vive nella zona. Così i partigiani, i quali credevano che i tedeschi li ritenessero ormai definitivamente debellati e fuori causa, hanno la dimostrazione di quanto invece il nemico tema ancora la loro potenziale capacità offensiva. E ciò, nella grave crisi in atto, serve a infonder loro nuova fiducia in se stessi, nella propria capacità di ripresa.

Mentre l’atteggiamento possibilista tedesco offre alle nostre formazioni in questo momento di forzata inattività il respiro necessario a riprendere fiato, a ricostituire al riparo da nuovi e immediati attacchi nemici la loro fragile struttura organizzativa, il loro disperso armamento.

IL NOSTRO «DRAGO» IN AZIONE A BORGOTARO

Dopo il rastrellamento permane vivissima nei nostri partigiani l’impressione per le violente rappresaglie e le rapine consumate dalle truppe nazifasciste contro l’inerme popolazione e prende corpo il fermo proposito di scongiurarle per quanto possibile in avvenire astenendosi da ciò che le possa nuovamente causare, e anzitutto dal portare i futuri attacchi armati a ridosso dei centri abitati. La preoccupazione per le sorti della popolazione assilla in modo particola­re i partigiani della 1ˆ Julia per il fatto che essi sono in prevalenza dei borgotare­si e la loro brigata è insediata proprio in territorio del Comune di Borgotaro. Qui sono i loro legami e affetti famigliari; qui si svolge l’esistenza dei loro cari, che non vogliono nuovamente e duramente coinvolta nelle atrocità delle rappresaglie nazifasciste.

Né per la 1ˆ Julia questo è il solo problema.

Infatti il prolungarsi indefinito della guerra e la caduta delle speranze d’una rapida avanzata dell’esercito alleato trovano la popolazione borgotarese, come quella degli altri Comuni della vallata, alle prese con il vuoto di potere civile e amministrativo, dopo che le autorità impostevi a suo tempo dal Governo fascista sono fuggite e la successiva amministrazione partigiana è cessata a seguito del rastrellamento. Finito il rastrellamento, il grosso delle truppe nemiche è rientrato alle basi di partenza lasciandosi alle spalle una catena di presidi essenzialmente preposti al controllo militare dei centri urbani e delle vie di transito ferroviario e stradale. Uomini del locale presidio tedesco e di  quello della Divisione Monterosa della R. S. I. controllano Borgotaro facendo frequenti apparizioni nella cittadina ma disinteressandosi tuttavia delle questioni amministrative locali.

Così in questa specie di terra di nessuno rimangono inoperanti gli orga­nismi preposti alle fondamentali esigenze pubbliche e i problemi che ne deriva­no si accumulano e aggravano progressivamente, primo fra tutti quello dei rifornimenti alimentari, che vede questa zona di montagna, povera di raccolti agricoli e non autosufficiente nemmeno nella produzione granaria, largamente tributaria degli apporti della pianura. Per di più i viveri che mancano sono essenzialmente quelli soggetti a razionamento di guerra, come pasta, grassi, carne, zucchero, sale, il cui approv­vigionamento in pianura non è libero ma sottoposto ad assegnazione da parte delle Autorità provinciali della R.S.I.

Autorità che, impotenti ormai a imporre quassù alla direzione della cosa pubblica uomini di obbedienza fascista, si rivalgono col ricatto alimentare ed hanno tagliato fin dallo scorso giugno l’invio di tali viveri. A questo punto è evidente che la 1ˆ Julia non può disinteressarsi delle sorti della popolazione. E, anche volendolo, non le potrebbe fare perché il problema più vitale da risolvere: quello, come si è visto, dei rifornimenti alimentari, riguarda in pari tempo anche le necessità di viveri della brigata, e la sua chiave di volta si trova nel controllo della gestione del Comune e degli uffici municipali. Perciò il Comando della 1ˆ Julia istituisce a Borgotaro un apposito distaccamento affidato a pochi e decisi elementi: è il Distaccamento «Drago» I cui uomini, mimetizzati (per modo di dire) tra la popolazione, devono impe­gnarsi sul posto adottando iniziative per stimolate la ripresa dei servizi pubblici delle attività economiche e amministrative, fornendo appropriate direttive d’emergenza e vigilandone l’attuazione anche attraverso la polizia partigiana assegnata.

Devono inoltre svolgere attività di carattere militare, soprattutto interessandosi alla raccolta e trasmissione al Comando di brigata delle informazioni relative al movimento di truppe e armamenti nemici. Per normalizzare la situazione di Borgotaro, il Distaccamento si interessa innanzitutto di promuovere la nomina d’un Commissario Prefettizio nella persona Maggiore Alarico Gasparini, dopo accertata la disponibilità del medesimo ad accettare l’impegnativo incarico e a gestirlo in stretta consultazione con lo stesso Distaccamento, che, inserendo negli uffici comunali un partigiano sotto veste apparente d’impiegato, manterrà anche il controllo diretto dei servizi annonari. Il Maggiore Gasparini (uomo coraggioso e sinceramente devoto alle sorti di  Borgotaro, come aveva dimostrato anche il 15 luglio all’arrivo dei rastrellatori: nazifascisti andando loro incontro insieme al Parroco per cercare di persuaderli a rispettare il Paese), dati i suoi precedenti fascisti, può esser preso in considerazione dall’autorità provinciale della R.S.I., consentendole di procedere alla sua designazione salvando le apparenze e senza perdere formalmente la faccia.

Laggiù a Parma non hanno alternativa e sanno benissimo di non poter destinare per tale incarico un elemento di propria scelta e fiducia a Borgotaro,perché non ve lo potrebbero imporre neanche con i Carabinieri (che del resto non sono nemmeno più, quelli che v’erano avendo rifiutato di servire la Repubblica Sociale ed optato per le brigate partigiane o la macchia). Quindi, per fingere di dimostrare, almeno sulla carta, che qui da noi  << comanda uno dei loro >> e <<tutto va bene >>, le autorità provinciali fasciste non possono far altro che stare al gioco e ufficializzare la nomina d’un Commissario Prefettizio che sanno essere, di fatto, un ostaggio volontario dei partigiani, che ne condizionano gli atti e la condotta. Così entra in funzione a Borgotaro il Commissario Prefettizio; e attraver­so  di lui oltre alla ripresa dei consueti invii alimentari e finanziari per la popolazione , grazie all’alterazione di alcuni documenti imposta dal nostro addetto al controllo del servizio annonario, si riesce a ottenere da Parma di alcune migliaia di razioni di viveri e di tabacco, che si fanno  figurare destinate a nuovi quanto immaginari sfollati nel territorio comunale dalle città bombardate e che invece prenderanno la via della nostra e delle altre brigate partigiane della  vallata.

Dopo questo inizio di normalizzazione a Borgotaro, il Comando della 1ˆ Julia, perché possa incominciare a farsi carico per lo meno dei compiti di carattere civile e amministrativo che gli competono, promuove la costituzione del C.L.N. locale, designandone direttamente i componenti, scelti tra gli esponenti politici della zona. Tuttavia, sia perché il Movimento partigiano monopolizza l’attenzione e l’adesione della massa dei cittadini lasciando per ora poco spazio agli organismi politici, sia perché il C.L.N. nella sua azione denota scarso mordente, il peso i della situazione continua sostanzialmente a gravare sul Distaccamento << Dra­go >>. Intanto, per salvaguardare quella che è la primaria fonte di rifornimento di viveri della brigata, ma soprattutto le sorti alimentari di Borgotaro e anche per risparmiare ad esso il pericolo di rappresaglie e rastrellamenti di recente e funesta memoria, il Comando della 1ˆ Julia evita di dirigere le proprie azioni d’attacco armato su presidi e impianti nemici del paese o di località prossime al paese.

Ma l’instaurarsi e il perdurare della situazione di calma nel capoluogo della vallata finisce col sollevare sospetti dell’esistenza d’una specie di tregua di fatto col nemico, mentre qualcuno accoglie con meraviglia e disapprovazione le voci di intese fra le parti per scambi di viveri ottenuti da Parma contro fornitura di partite di legname da ardere della nostra montagna, legname la cui consegnai al momento della spedizione in ferrovia avviene sotto verifica congiunta dei tedeschi e della polizia partigiana. Si parla anche d’un sabotaggio a un ponte stradale progettato dalla Brigata «Centocroci» al quale i nostri si sono opposti nel momento in cui era atteso dalla pianura un grosso carico alimentare (di cui, del resto, avrebbe beneficiato anche tale Brigata); si parla di operai comunali mandati dai nostri di rinforzo ai tedeschi per lo sgombero del tratto stradale di Groppo San Giovanni al momento d’una frana, quando erano in arrivo da Parma alcuni camion di viveri.

In verità ogni atteggiamento critico e ingeneroso sospetto verso i nostri uomini del Distaccamento «Drago» impegnati in questi compiti non tien conto che nei loro rapporti con i tedeschi essi operano sul filo del rischio personale, la possibilità di fare da un momento all’altro una brutta fine essendo per loro sempre latente, anche se ormai entrata in una routine quotidiana dove si finisce per prendere confidenza perfino col pericolo. Né tien conto del fatto che le operazioni da loro condotte sono legittimate dalla logica della situazione; dalla logica d’una guerra per noi doppiamente difficile, in cui si deve contemperare il proposito di condurre un’azione indi­scriminata e indifferenziata contro qualsiasi obbiettivo nemico con circostanze che quel proposito possono raffrenare laddove entra in gioco la salvaguardia di esigenze vitali sia per la nostra brigata, sia soprattutto per la nostra popolazione.

E, dopotutto, attaccare altrove piuttosto che qui la linea ferroviaria o le truppe nemiche non fa grande differenza! Tuttavia la situazione di sostanziale calma qui esistente, se considerata da un’angolazione diversa da quella del Comando della 1ˆ Julia, interessato a favorirla per evidenti ragioni di necessità, potrebbe apparire come dovuta a scarso spirito combattivo, ad affievolito impegno nella lotta contro i nazifascisti. Ecco quindi che, perdurando questo andamento, il Comando della Dele­gazione Regionale del Nord Emilia, anche sulla base di voci critiche giunte da ispettori delle Brigate Garibaldi e del P.C.I. e basate su malevole supposizioni piuttosto che sulla conoscenza e valutazione obiettiva dei fatti, verso la fine di dicembre, invierà una severa richiesta di  chiarimenti al  Comando della  1ˆ Julia  ( e della 2ˆ Br. Julia ):

C.V.L.

            Delegazione Regionale Nord Emilia – Comando Prot. n25
                        Li 10.12.1944

Al Comando della 1ˆ BRIGATA JULIA

Al Coniando della 2ˆ BRIGATA JULIA

Circolano un po’ ovunque voci che, se rispondenti ai fatti, porterebbero grave pregiudizio al comando della vostra brigata e grave discredito alla nostra lotta di liberazione nazionale. Tali voci vertono particolarmente sui rapporti di compromessi, di comune convivenza, di reciproca tolleranza nel capoluogo di Borgotaro ed in altre località del settore occupato dalla vostra brigata tra patrioti e nazisti.

Preghiamo pertanto codesto comando di volerci inviare chiarimenti in proposito. La nostra lotta non ammette compromessi, né tregue né tacita reciproca tolleranza coi nazifascisti. Colpirli, insidiarli é il compito di ogni patriota, che non voglia, metten­dosi in posizione di quiete ed attesa, tradire la causa Nazionale.

L’ISPETTORE DELLA

DELEGAZIONE NORD-EMILIA

BERTINI

Questa la risposta:

            C.V.L. – COMANDO 1ˆBRIGATA JULIA                                                         Prot. n. 322
                                                                                                                                    Lì 25.12.1944

Al Comando Unico

e, p. c: Alla Delegazione Nord Emilia – Sua Sede

La delegazione Nord Emilia ha mosso rimprovero alla 1ˆ Julia per la situazione di Borgotaro. Precisiamo innanzi tutto che nessun accordo e nessuna transazione è stata trattata da questo comando col comando Tedesco. È necessario tuttavia spendere due parole per la situazione particolare di Borgotaro il quale è ora sotto il controllo esclusivo del C.N.L. locale e della relativa Polizia indipendente dalla Brigata. Subito dopo il grande rastrellamento del  luglio in seguito al quale si decise da parte delle autorità repubblicane di sospendere l’invio di generi alimentari al comune di Borgotaro, in cui la stessa produzione granaria non è sufficiente al consumo della popolazione e deve attingere esclusivamente per generi di prima necessità da Parma, si delineavano non solo per le formazioni che vivono nella vallata del Taro, ma anche per le numerose popolazioni vicine una grave minaccia cioè: la fame.

Niente di straordinario che la Brigata Julia le cui fila per 1 ‘80% sono formate dai borgotaresi, i quali hanno le loro famiglie nello stesso Comune si preoccupino di risolvere il grave problema. C’era solo un mezzo: dare la sensazione alle autorità fasciste di Parma, astenendosi dal compiere azioni sul locale presidio tedesco, che il paese era sgombro da qualsiasi influenza partigiana. All’uopo obbligammo tutti i vecchi elementi, tra cui anche qualche fascista ad occupare i pubblici impieghi e dirigiamo l’investitura per il commissario Prefettizio, nella persona del filo-fascista Maggiore Gasparini. Tutto ciò doveva servire a dare un’apparenza di situazione di stabilità in favore della autorità repubblicana ed esigemmo da Parma l’invio di fondi e di viveri in maniera possibilmente regolare per tutto il comune di Borgotaro.

La cosa si è avverata e da questa situazione, oltre che la popolazione, già tanto provata, trasse beneficio, non soltanto la Iˆ Julia ma anche la Brigata Beretta, le formazioni liguri di Richetto, la 32 Garibaldi ed in minor parte la Brigata Julia II. Per quel che riguarda pretesi accordi con i tedeschi, la prima 1ˆ Julia fa presente a codesto comando che innanzi tutto in Borgotaro ci si vive sempre pericolosamente e prova ne siano i reiterati sganciamenti e fughe sui tetti dei nostri elementi che si erano assunti l’ingrato compito e che erano inseguiti dai tedeschi e dagli alpini repubblicani. Inoltre la prima Brigata Julia dal settembre in poi, ha catturato e disarmato in tre diverse azioni, anche in vicinanze di Borgotaro, una trentina di tedeschi e 50 fra brigata nera e militari repubblicani.

Sono stati compiuti inoltre quindici atti di sabotaggio sulla ferrovia Borgotaro-Fornovo, rischiosissimi perché la ferrovia stessa è saldamente presidiata da truppe tedesche e queste azioni hanno sempre richiesto l’appog­gio di gruppi armati. E considerato che qui è necessario difendersi da calunnie, si può anche rinunciare alla modestia e ricordare l’ultima azione del 22 dicembre compiuta nelle vicinanze della stazione di Borgotaro al nobile scopo di liberare un gruppo di nostri compagni catturati nel rastrellamento della zona di Apua­nia.

Se i superiori Comandi sono in grado di assicurare i viveri per noi e per la popolazione civile di Borgotaro saremo lieti di rompere i pretesi accordi e di disarmare il locale presidio tedesco.

Saluti patriottici

Il comandante DRAGOTTE

Questa lettera del Comandante Dragotte, la cui affermazione finale in qualche misura sembra ammettere implicitamente l’addebito mossogli, ne fornisce tuttavia una ponderata giustificazione e pone altresì una precisa do­manda al Comando superiore col chiedere se esso sia in grado di assicurare altrimenti i necessari viveri.

Ma la domanda rimarrà senza risposta. Sulla difficile situazione economico amministrativa di Borgotaro nello scorcio di tempo dal settembre 1944 al febbraio 1945 fanno ora seguito, per il lettore che fosse interessato a prenderne visione, alcuni documenti variamente ad essa riferiti.

VOLONTARI DELLA LIBERTÀ

            1ˆBRIGATA JULIA                                                                                                         N.42                                                                                                                                               X. 30.9.44

A  TUTI I MEMBRI  DEL

COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

DI B. TARO

Come già comunicato con Circolare N. 25 il Comitato di Liberazione Nazionale è formato dai seguenti cittadini:

PICELLI GINO – per il partito comunista,

MARCHINI Cav. FRANCESCO – per il partito democratico cristia­no,

Prof. PIERANGELI LINO – per il partito liberale,

FERRARI LUIGI – per i senza partito;

Facciamo presente, come da precisazioni pervenuteci dal Comando Unico, che al Comitato di Liberazione Nazionale deve essere demandata la risoluzione di ogni questione concernente la popolazione civile, l’amministra­zione degli enti statali e comunali ed i patrioti, che il C.L.N. rappresenterà in qualità di governo locale. Precisiamo quindi l’attività specifica che il C.L.N. di B. Taro deve svolgere:

I°         Controllo e sorveglianza attiva nelle amministrazioni comunali (esatto­ria, annonaria, municipio, ecc…).

2)         Impartire precise disposizioni agli impiegati delle amministrazioni su accennate. Ciò deve essere fatto con il massimo equilibrio, interpellando nei casi più ardui il Commissario della nostra Brigata.

3)         Prendere provvedimenti a carico di persone filo-fasciste, approfittatori del momento, inadempienti del proprio dovere, servendosi per condurre a termine nel miglior modo tali epurazioni, se ciò occorre, delle forze armate del regolare esercito italiano (esercito patriottico).

4) Aiutare al massimo grado le formazioni patriottiche fornendole informa­zioni militari e politiche nonché assistenze divario genere (denari, viveri, materiale sanitario, ecc…).

5) Risolvere provvisoriamente le questioni che potrebbero sorgere fra privati cittadini tenendo sempre presente la situazione del momento con le esigenze particolari che tale situazione crea.

6)Aiutare per quanto è possibile i bisognosi in un’attiva opera d’assistenza morale e materiale.

7) Creare al più presto una Milizia cittadina composta da elementi di provata fede patriottica e di onestà cristallina. Tale milizia avrà il compito di salvaguardare gli interessi ed i diritti dei cittadini e in un prossimo «non lontano» esercitare un vero servizio di presidio e di polizia.

Il          C.N.L. di B. Taro deve avere la precisa sensazione che è giunto il momento in cui tutte le energie nazionali devono essere indirizzate verso il raggiungimento del fine ultimo della lotta dei patrioti italiani: la libertà in Italia. Esso quindi deve funzionare come un vero e proprio governo, « di fatto costituisce una branca del superiore Comitato di Liberazione Nazionale», appoggiandosi all’esercito che esso rappresenta.

Da parte nostra sarà dato il massimo aiuto alle iniziative del Comitato stesso.

Saluti dalla Prima Brigata Julia.

            VIVA L’ITALIA          VIVA LA LIBERTÀ

            IL COMMISSARIO                                 IL COMANDANTE

               GIORGIO                                              DRAGOTTE

A Borgotaro la nascita e rapida espansione, del Movimento Partigiano ha preceduto la costituzione del C.L.N. ed è ora la 1ˆJulia che promuove l’entrata in funzione di tale organismo provvedendo alla diretta investitura dei suoi componenti, fatta sulla base delle segnalazioni avute dagli esponenti politici locali. Ai componenti designati del C.L.N. vengono specificati i loro compiti, fra cui, al punto 4, sono evidenziati quelli che riguardano il massimo aiuto e assistenza da dare alle formazioni partigiane. Tra i componenti del Comitato di Liberazione, organo partitico per eccellenza, si nota anche un rappresentante dei << senza partito >> e questo sembra una contraddizione in termini.

Ma fino a questo momento i cittadini che non si sono ancora accostati alla politica o comunque non hanno maturato una precisa opinione politica sono la maggioranza. Essi possono esser tuttavia considerati come un settore d’opinione pub­blica genericamente orientato in senso democratico ma compattamente concor­de su un obiettivo immediato: la liberazione del Paese dai nazifascisti. Anche ai senza partito, quindi, si ritiene giusto e doveroso dare spazio in possano in qualche riconoscersi.

VOLONTARI DELLA LIBERTÀ                                                                                                                                  N. 77

1ˆ BRIGATA JULIA
                                                                        

AI MEMBRI DEL C.LN.

di B. TARO

Questo comando ha ratificato la nomina a Commissario Prefettizio per il Comune di B. Taro di GASPARINI ALARICO, il quale ha sottoscritto la seguente dichiarazione: «Il sottoscritto Gasparini Alarico, nella sua funzione di Commissario Civile per il Comune di B. Taro, garantisce nella forma più netta che si terrà al di fuori d’ogni attività comunque politica. B. Taro – 2.10.44. F. to Gasparini Alarico. » La dichiarazione in questione si trova presso questo Comando di Briga­ta.

        IL COMMISSARIO                                          IL COMANDANTE

            GIORGIO                                                           DRAGOTTE

Qui s’informano i componenti del C.L.N. locale circa l’entrata in funzio­ne e la posizione politica del Commissario Gasparini. Preso alla lettera, il testo della comunicazione lascerebbe pensare che a Borgotaro certi provvedimenti che richiedono la sanzione del Comando Tede­sco, come questa nomina del Commissario, sono soggetti a «ratifica» del Comando Partigiano. Se ciò non è esatto sul piano formale lo è tuttavia su quello sostanziale. Tutti sanno infatti, e al Comando Tedesco per primi, che in questo momento senza l’avallo partigiano il Commissario sarebbe bruciato in partenza.

On. COMMISSARIO DELLA BRIGATA JULIA     11-X-944

A stimata Vs/ 8 Ottobre corr.:

I sottoscritti accettano di entrare a far parte del C.L.N. e mentre Vi ringraziano della designazione Vi assicurano che agiranno sempre avendo presente il bene della cittadinanza che rappresentano.

ALBERTO VILLA

RENZO DEGARA

ROBERTO LORENZINI

GINO RUFFO

I membri del C.L.N. di Borgotaro designati dalla 1ˆ Julia sottoscrivono l’accettazione dell’incarico. Essi, che si firmano con i nomi convenzionali per motivi di segretezza, sono i rappresentanti del P.C.I., della Democrazia Cristiana, del P.L.I. ed infine, come già si è visto, dei  << senza partito >>.

Comando Prima Brigata Julia

AI Signor

BORGOTARO

D’ordine di questo comando siete invitato nel modo più assoluto di non circolare per il Capoluogo di Borgotaro.

Questo provvedimento é determinato dalle Vostre note idee fasciste.

Vorrete essere tanto cortese da comunicare a questo comando il vostro luogo di residenza che dovrà essere nella campagna circostante. Ciò per poter effettuare un controllo a nostro piacimento che tale ordine sia eseguito.

In caso di inadempienza verranno presi a Vostro carico gravi provvedi­menti.

per IL COMMISSARIO                                         IL COMANDANTE

            SANDRO                                                      DRAGOTTE

Domicilio coatto per un fascista: potrebbe essere una spia.

C.L.N. Borgotaro                                                                                                               N1 Prot.
            Borgotaro 17/X/944

AL COMANDO UNICO OPERATIVO – 

AL COMANDO BRIGATA JULIA PRIMA – 

AL COMANDO BRIGATA BERETTA – 

Da un’analisi pure sommaria ed affrettata, la situazione politica e amministrativa del Comune é subito apparsa a questo Comitato quanto mai critica e preoccupante. Non spetta a noi indagare le cause prossime e remote ma piuttosto considerarne i vari aspetti, impostarne chiaramente i problemi, e ricercarne quelle soluzioni che la urgenza e l’aderenza alle necessità del momento ci consigliano.

Per questo nostro tentativo c’é d’uopo contare non solo sulla fiducia dei Patrioti e della parte ancor sana della cittadinanza, ma altresì sulla fattiva e sincera collaborazione sia di questa che di quelli, essendo i problemi stessi di tale importanza ed attualità da impegnare seriamente e per vario tempo, l’avvenire del nostro comune. La dolorosa esperienza di questi ultimi anni di cancrena fascista ci ammonisce di mettere anzitutto al bando – e una volta per sempre – quei piccini quanto futili personalismi che, coperti dalla camicia nera, hanno fatto del nostro Borgo un ambiente irrespirabile per chiunque abbia spirito di libertà e di giustizia.

Sia quindi presupposto alla attività del Comitato la comprensione di ognuno che una simile crisi può superarsi unicamente con unità di sforzi e di intenti prospettandoci ognora il bene del paese non come conquista di pochi, ma quale obiettivo di tutti i cittadini onesti e volenterosi, degni delle nobili tradizioni di Borgotaro, sempre geloso custode, attraverso i secoli, delle sue gloriose libertà comunali.

ASPETTI DELLA SITUAZIONE LOCALE

I°)Separatismo di Albareto – Una tendenza separatista c’è e non la si può ignorare. Quanto sia condivisa da quella popolazione non è oggi dato sapere. Comunque si voglia prospettare la questione, è certo che essa non può essere decisa che dagli interessati, gli unici competenti. Ma una autodecisione non può essere presa che con libera votazione, ad indire la quale occorre il ripristino di condizioni normali di vita.

Bisognerà quindi attendere la fine della guerra ed il ritorno della normalità. Per ora non si può che raccomandare la fusione di tutte le energie e le volontà dei cittadini, diretta ad assicurare una unità di resistenza e di ripresa collettiva, condizione indispensabile per la comune salvezza.

2°) AMMINISTRAZIONE COMUNALE

a) Uffici Municipali – Un controllo diretto sugli uffici burocratici non si rende per il momento necessario. E sufficiente seguire l’attività del Commissario Prefettizio attraverso gli informatori di occasione e intervenire solo nei casi in cui tale attività deviasse dagli impegni che il maggiore Gasparini ha sottoscritto verso i Patrioti.

b) Ufficio Accertamenti Agricoli —

c) Ufficio Annonario – Questi due uffici, che devono assicurare i viveri sia alla popolazione civile che ai Patrioti, devono passare senz’altro sotto la diretta, continua, rigorosa sorveglianza del Comitato.

d) Polizia Urbana e Polizia Rurale – Il funzionamento dell’Ufficio Accertamenti agricoli e dell’Ufficio Annonario, trovati in uno stato presso che caotico, non può essere assicurato che da organi esecutivi di vigilanza, investigazione e repressione.

A tal uopo si avvisa della massima urgenza la costituzione di un servizio di Polizia Urbana e di un altro di Polizia Rurale.

Al primo si provvede mediante l’aumento a sette dei vigili comunali.

La Polizia Rurale ha il compito di assicurare il servizio di sicurezza ed ordine pubblico, di reperimento della produzione agricola, di vigilanza e repressione annonaria e di quant’altro rientri nell’attività  pubblica, per tutte il restante territorio comunale.

3°)       SERVIZI SANITARI

In seguito alle dolorose recenti perdite del Direttore dell’Ospedale Civile e di altri due valenti medici, i quali ultimi sono tra i primi martiri della libertà, perché caduti tra i Patrioti, si rende indispensabile l’invio a Borgota­ro di un medico chirurgo primario che cotesto C. U. O. deve procurarci e inviarci di urgenza. Detto sanitario dovrà occuparsi di aprire nel Capoluogo un ambulatorio per il pronto soccorso ed essere in grado di compiere quegli interventi chirurgici che non consentono il trasporto a distanza del malato. A tal uopo dovrò avere attrezzata, sia pure con mezzi di fortuna, una sala operatoria. E doloroso che il nuovo Ospedale di Borgotaro, sorto col libero concorso di tutta la cittadinanza borgotarese, sia stato dagli amministratori fascisti, solo preoccupati del fattore finanziario e non di quello umanitario, destinato a stabilimento industriale.

Contro i responsabili si procederà a suo tempo in sede opportuna: per intanto il Comitato intende diffidare i cessati amministratori perché provve­dano a loro rischio e spesa a far liberare d’urgenza almeno alcune aule del detto Ospedale, per impiantarvi l’ambulatorio e la sala operatoria di cui sopra. Si fa pure appello a cotesto C. U. O. perché si curi della provvista al Capoluogo di materiale di medicazione, di presidi chirurgici e di prodotti farmaceutici di più corrente uso comune, di cui le locali farmacie difettano, per essere state ripetutamente saccheggiate da fascisti e tedeschi.

4°) Servizi Bancari

la locale succursale della Cassa di Risparmio che la Banca Valtarese, hanno chiuso da tempo i battenti; creando una situazione di acuto disagio a tutta l’economia del Comune. È estremamente urgente provvedere al ripristino dei servizi bancari sia pure con orario ridotto e con certe limitazioni.

5°)ASSISTENZA Al POVERI, AGLI SFOLLA TI, Al DISOC­CUPA TI –

Coll’avvicinarsi dell’inverno l’attività assistenziale deve passare in prima linea; la raccolta e la erogazione dei fondi deve essere compito precipuo del C.L.N. A tal uopo vanno mobilitati i migliori elementi del Comune, che siano liberi da impegni di servizio. Bisogna valersi al caso anche dell’elemento femminile. La costituzione di un Comitato apposito, controllato direttamente dal C.L.N., ci pare una soluzione che si impone, e vi provvederemo appena possibile.

Per la raccolta dei fondi si propone di passare col 2% gli iscritti nei ruoli della R.M. di cat. Be con l’1% quelli di cat. C. Gli iscritti invece nello speciale Ruolo dei Profitti di Guerra dovrebbero essere tassati col 5% sul reddito iscritto. Per l’assistenza ai poveri del paese, ci pare indicata la Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli la quale da veri anni spiega la sua provvidenziale attività con simpatia dei più diversi strati della popolazione.

Ad essa il C.L.N. fornirebbe i fondi destinati a tale scopo. Per l’erogazione dei soccorsi agli sfollati e ai disoccupati, trattandosi di sussidi a carattere straordinario, si provvederà mediante l’apposito Comitato cittadino.

6°)       DELEGA Dl BRIGATA –

L’attività del C.L.N. deve essere continuamente affiancata dai Patrioti. Un contatto continuativo deve pertanto essere stabilito fra il Comitato stesso e le Brigate che hanno giurisdizione nella zona. Le deliberazioni del Comitato vanno eseguite e soltanto le forze armate possono assicurare la integrale sollecita esecuzione delle deliberazioni stesse. Per stabilire e mantenere tali contatti ed assicurarsi la tempestività degli interventi armati, tanto più necessari, là dove si deve fare opera di epurazione fascista o filofascista, ogni Brigata che abbia giurisdizione in questo Comune, dovrebbe nominare un proprio Delegato con incarico di rappresentarla o di infor­marla in ogni occorrenza.

Il Delegato sarà obbligato da solenne giuramento a mantenere l’assoluto segreto sulla conoscenza degli atti del Comitato stesso. I delegati saranno poi i rappresentanti del C.L.N. ogni qualvolta questo fosse costretto a prendere contatto con l’esterno. La nomina dei delegati della Brigata si rende necessaria anche ad evitare che elementi singoli dei patrioti, senza incarico di rappresentanza da parte della Brigata, interferiscano nelle attività del C.L.N. Vi sottoponiamo questa prima relazione di orientamento della situazione locale, perché sia confortato della Vostra particolare attenzione e, per quanto Vi spetta, del Vostro valido concorso.

IL COMITATO

RENZO DEGARA

ALBERTO VILLA

LORENZINI

G. RUFFO

Analisi della situazione e orientamenti programmatici del C.L.N. di Borgotaro.

Prima Brigata Julia

N.        167 di Prot.

ZONA X. li 26 Ottobre 1944

Questo territorio è posto sotto la giurisdizione della 1ˆ Brigata Julia a tutti gli effetti. Per la risoluzione di tutte le controversie, per i provvedimenti civili e amministrativi è competente solo questo Comando di Brigata. Notifica pertanto che in questa zona i soli patrioti della 1ˆ Julia potranno operare perquisizioni, requisizioni, prelevamenti, arresti, ecc. … E per questo dovranno sempre mostrare un ordine del proprio Comando ed esibire inoltre il tesserino di riconoscimento che ogni patriota detiene.

IL COMMISSARIO – GIORGIO                           per IL COMANDANTE – CORRADO

Una notificazione del Comando della 1ˆJulia circa le proprie competenze che sembra, in verità, lasciare scarso spazio al neoeletto Commissario Prefetti­zio nelle sue specifiche competenze nel campo civile e amministrativo.

N.        173 di prot.

ZONA X. 29Ottobre 1944

Al C.L.N. di Borgo Val di Taro

e p.c. al Distaccamento Drago di B. Taro

LORO SEDE

Date le precarie condizioni finanziarie in cui versa la nostra Brigata, a causa del mancato arrivo dei fondi da parte delle organizzazioni militari e politiche superiori, preghiamo codesto comitato di accelerare la compilazione di elenchi contenenti le persone che dovranno dare somme in prestito a questa Brigata. Accanto ai nominativi e alla loro attuale abitazione dovrò essere segnata la somma che ciascuno dovrò sborsare.

Aspettiamo al più presto questi elenchi, che seguono quello già ricevuto dal nostro commissario. Vi comunichiamo intanto che il Sig. Volta (molino) à già accettato il Pagamento della somma fissata. Il versamento avverrà in materia. In questi giorni il nostro incaricato si è pure recato dal Sig. Morelli e ci ha già comunicato di un versamento a noi ancora sconosciuto. Desidereremmo che i vostri elenchi giungessero a questo Comando e al nostro distaccamento Drago con le firme di tutti i componenti del comitato.

Saluti patriottici

IL COMMISSARIO                                         IL COMANDANTE

                     GIORGIO                                                     DRAGOTTE

A corto di mezzi, il nostro Comando sollecita il C.L.N. a interessarsi al reperimento di denaro presso i civili (o di generi in natura, come nel caso del Signor Volta) e a provvedere alla stima degl’importi che i singoli contribuenti saranno chiamati a versare in prestito per fornire i mezzi finanziari indispensa­bili alla Brigata.

Servizio di Polizia di Borgo Val di Taro           

10 Novembre 194

Al Procuratore dell’ufficio registro

Trapogna  di  S. Pietro

Siete invitato a rientrare immediatamente in sede perché l’ufficio deve riprendere come tutti gli altri l’abituale attività. E nel vostro interesse rientrare al più presto, per evitare che siano prese a vostro carico sanzioni penali che vi potrebbero in avvenire tornare fatali.

IL COMMISSARIO                                         IL COMANDANTE

    GIORGIO                                                         DRAGOTTE

Qui, trattandosi di un’ingiunzione indirizzata al responsabile d’un ufficio statale, il Commissario Prefettizio non ha competenza diretta e interviene perciò il Comando partigiano e per esso il servizio di polizia del Distaccamento «Drago».

Prima Brigata Julia

COMANDO

A tutti i Comandanti dei dipendenti Distaccamenti

È fatto divieto a tutti i militari dipendenti di recarsi isolatamente senza giustificato motivo di servizio, all’Ufficio del Distaccamento  Drago di Borgotaro. I Comandanti dei Distaccamenti, ogni Qualvolta avranno bisogno  di  comunicare  con il suddetto ufficio, dovranno munire di regolare autorizza­zione e permesso il dipendente militare incaricato..

Nell’occasione e per l’ultima volta si rende noto che l’Ufficio di Brigata di Borgotaro sta svolgendo un lavoro molto importante e delicato per non dire addirittura indispensabile agli effetti del buon funzionamento di tutti i servizi logistici (rifornimenti, viveri, equipaggiamento della Brigata) ed anche prov­vede in mezzo a evidenti pericoli all’alimentazione della popolazione.

Gli elementi preposti a questo ufficio sono stati scelti dal Comando fra i più adatti per capacità ed onestà. Qualora uno dei dipendenti avesse dei motivi di critica e di accusa si rivolga al Comando di Brigata.

IL COMMISSARIO – GIORGIO

IL COMANDANTE  -DRAGOTTE

Il comando di Brigata interviene per evitare che i suoi distaccamenti sommergano di richieste il Distaccamento «Drago» e che su questo si appunti­no facili critiche ed << accuse >> di quanti non possono ottenere soddisfazione a tali richieste. L’elencazione dei compiti del distaccamento di Borgotaro omette, per ovvie ragioni di riservatezza, quelli di carattere militare e politico (informazioni sul nemico, ecc.)

n.         211

di prot. 12 Novembre 1944

AL DISCIOLTO COMITATO DI LIBERAZIONE DI BORGOVALDITARO

e p.c. AL COMANDO UNICO.

AL COMANDO BRIGATA BERRETTA

Accusando ricevuta della lettera che ci rimette le dimissioni di codesto Comitato, precisiamo:

1°)       Le dimissioni sono state chieste da questo Comando per motivi che ci riserviamo di comunicare a voce.

2°)       I giovani accusati di personalismo fascista, in un prossimo domani, all’arrivo delle forze alleate, saranno in grado di presentare un elenco di essi, volontari, caduti sul campo in difesa della libertà, e per il trionfo della democrazia.

Presenteranno inoltre delle armi, lucide armi strappate in combattimento ai tedeschi ed ai fascisti, nemici della libertà e della democrazia.

3°)       La Brigata Julia conserva la massima stima, soltanto per coloro che, oltre ad essersi dichiarati nemici della dittatura, hanno anche arrischiato  le proprie sostanze e la vita per il trionfo dell’idea e della Causa Comune.

IL COMANDANTE

DRAGOTTE

Visto per approvazione:  IL V. COMANDANTE  – CORRADO

Visto per approvazione: IL CAPO DI S.M. – GEK

Visto per approvazione: IL V. COMMISSARIO DI BRIGATA –LINO

Il C.L.N., su esplicita richiesta del Comando della 1ˆ Julia da cui era venuta la sua investitura, ha rassegnato le dimissioni.

La crisi nei rapporti tra i due organismi è dipesa dallo scarso impegno di cui, a parere del Comando, il C.L.N. ha dato prova, e determina vivaci prese di posizione polemiche, come vediamo da tenore della nota del Comando di Brigata.

                                                                 ——————-

1ˆ BRIGATA JULIA luglio 1944

Subito dopo il grande rastrellamento che ci tolse il possesso della valle si sentì la necessità di ritornare per riparare nel limite del possibile i danni subiti dal paese e dalla popolazione. E, malgrado i tedeschi e gli alpini che ancora presidiavano la zona, si ritornò. S’inizia così quel complesso di lavoro che ci doveva portare nel giro di pochi mesi non più all’occupazione armata ma al completo ed assoluto controllo del paese e dei suoi uffici. La situazione era veramente caotica: le case abbandonate e deserte erano continuamente sac­cheggiate dalle truppe di passaggio. Tedeschi, alpini, battaglione «Lupo» della Decima flottiglia M.A.S. tutti passavano, tutti saccheggiavano, ma nessuno si curava di rimettere un Pò di ordine, nessuno si curava un po’ della popolazione. C’era disordine in tutto: negli animi e nelle cose materiali. Il nostro compito era quindi quello di dare l’ordine materiale che infondesse un pò di speranza se di fiducia negli animi esacerbati del nostro popolo. Molte e gravi le difficoltà. Anzitutto si procedette alla continuazione della trebbia­tura che all’epoca del rastrellamento era appena iniziata. Come carburante venne usata quella nafta della Milizia Forestale, che si trovava in giacenza nei serbatoi del Portello e del Roma e che avevamo dovuto abbandonare quando ci eravamo sganciati da Borgotaro, nafta che per fortuna non era stata trovata dai tedeschi. L’olio e il grasso da macchina lo prelevammo dalle ditte locali Milanese e Azzi, Calce e Cementi, F.N.E.T. Così poté essere portata a termine la trebbiatura e con la trebbiatura il controllo, che, se non è esattissimo, certo rappresenta ancor oggi la base su cui ci si fonda per risoluzione del problema granario. Il Comune era pressoché deserto: il solo impiegato rimasto al suo posto era il segretario comunale Cantarelli; gli uffici dell’annonaria e della cerealicoltura abbandonati. Tutti gli impiegati furono invitati a riprendere il loro posto, ma si dovette insistere e infine ricorrere alle minacce per indurli a scendere in paese. Quando alfine ci si riuscì, gli uffici e i servizi pubblici cominciarono ad ingranare alla meglio e continuarono a migliorare sempre fino a raggiungere la normalità in questi giorni. Rimettere in piedi gli organi amministrativi del paese era molto, ma bisognava altresì nominare un Commissario a questo punto per due ragioni: per dare un capo all’organizzazione civile di Borgotaro e per avere un’autorità che rappresen­tasse il Comune a Parma e che inducesse la Prefettura ad inviare viveri per la popolazione rimastane senza dal principio di giugno.

Perciò il nuovo Commissario doveva essere riconosciuto dalle autorità Repub­blicane di Parma, ma nel medesimo tempo doveva esserne bene accetto anche a noi e disposto a collaborare. Il vecchio Podestà non andava assolutamente, il Commissario che era stato in carica durante il mese della nostra occupazione aveva avuto un altro importante incarico e perciò non era più disponibile. Proponemmo una persona di nostra fiducia che era stato fascista fervente e che in questo momento si estraniava dalla politica. Fu accettato e si poté così fare arrivare viveri per la popolazione. In un primo tempo gli autisti che noi obbligavamo ad andare a Parma richiesero prezzi esorbitanti; essi furono da noi abbassati gradatamente fino ad un limite che permettesse loro solo un giusto guadagno. In questo settore si migliorò sensibilmente, ma si procedé sempre in mezzo a gravi difficoltà, che del resto incontrano tutti i comuni della Provincia; anzi si può dire che il nostro sia una dei meglio serviti se si tiene conto della lontananza dal Capoluogo. Successivamente si prospettò la necessitò di un censimento del bestiame che ci permettesse una giusta valuta­zione del patrimonio zootecnico del Comune dopo le continue e numerose macellazioni fatte sia dai borghesi che dalla Brigata dei Patrioti e dopo le razzie compiute dai Tedeschi durante il grande rastrellamento. Fu fatto, ma non risulta completo perché fu spesso ostacolato dai Patrioti di altre Brigate e qualche volta intralciato dagli stessi comandi. In seguito ad esso però ora siamo in grado di disciplinare sia la macellazione delle Brigate sia quella della popolazione, rimasta senza carne da diversi mesi.

Finora abbiamo parlato del lavoro che questo Distaccamento ha svolto ad esclusivo beneficio del paese, ma questo non è che una branchia di esso. Non bisogna infatti dimenticare quello che ha fatto per la Prima Brigata Julia e per le altre della zona. La brigata dopo il grande rastrellamento non si trovava certo in condizioni rosee; mancava di tutto, mancava di viveri, mancava soprattutto di mezzi finanziari e durante l’occupazione di Borgo­taro aveva contratto parecchi debiti e per somma disgrazia tutta la cassa della

Brigata andò persa quando il Colonnello fu catturato ed ucciso nei pressi di Zeri. Bisognava provvedere e si provvide; infatti i debiti furono pagati e la Brigata mantenuta fino ad oggi. La situazione era stata felicemente risanata mediante la requisizione del deposito di legna della Milizia Forestale e con la vendita ai trebbi a tori della nafta di cui abbiamo giù parlato. Anche in questo caso pensammo alla popolazione: testimonianza ne sono le distribuzioni di legna alle famiglie dei Patrioti dei Comuni (Ql. 10 ogni famiglia), alle famiglie colpite da lutti nei rastrellamenti e da bombardamenti (Ql. 10 ogni famiglia) alle famiglie più bisognose (QZ. 5 ogni famiglia). L’altra questione da risolvere per sopperire  alla seconda mancanza della Brigata era quella dei viveri. Ci trovammo costretti quindi a far figurare alcuni spacci autorizzati il che ci permise di sottrarre in modo abbastanza pulito al normale consumo della popolazione il fabbisogno delle Brigate; di qui l’importanza nuova che assunse per noi l’arrivo dei viveri per la popolazione. Ciò ci spinse qualche volta ad aiutare piuttosto che sabotare il tratto sulla strada Parma-Borgotaro anche se non era nelle nostre intenzioni. Bisogna poi ben notare che noi non forniamo viveri solo alla Prima Julia, ma anche alle Brigate Centocroci e Berretta, almeno per quello che si riferisce al frumento, grassi ed al tabacco; e ciò soprattutto per mettere le suddette Brigate nella condizione di poter porre fine al regime di razzie esercitato sulla popolazione che porta disordine e danno alla popolazione stessa e che getta cattiva luce sul movimento Patriot­tico. C’è poi da dire qualche cosa sulla questione politica. IL C. U. aveva infatti promosso la formazione del C.L.N. di Borgotaro che, se anche, data la situazione poco stabile non avesse potuto prendere totalmente il nostro posto, avrebbe almeno dovuto appoggiarsi nel compito amministrativo e politico che dovevamo svolgere. Invece si dimostrò assolutamente inferiore alla missione per cui era stato creato. I Membri del C.L.N. infatti volevano lavorare, ma dietro le quinte, volevano amministrare il Comune, ma dai monti: ciò era evidentemente impossibile. Non volevano esporsi e ritenevano che non fosse ancora giunto il momento di agire apertamente, come espose nella prima riunione il rappresentante del Partito Democratico Cristiano, Allora, in parte volontariamente  e in parte dietro l’ordine del Comando di Brigata, il C.L.N.. rassegnato le sue dimissioni. Intanto il pericolo era diminuito, il passaggio di truppe terminato; solo restavano i Tedeschi di Presidio. La popolazione ritornò in massa in paese. La vita rifluì, ma  mancando qualsiasi  autorità forte, si verificavano numerosissimi furti. Si senti quindi la  necessità di  creare  un  Corpo di polizia che facesse rispettare le più elementari leggi  umane e che desse ai cittadini la sicurezza di sé e dei propri beni. Fu costituito da pochi elementi forniti dalla Brigata stessa ma essi si dimostrarono ben  presto troppo poco numerosi per il loro vasto compito; e devono  infatti sostituire le Guardie di Finanza, i Carabinieri Reali e le Guardie Comunali e soprattutto esercitare un rigoroso controllo annonario. Uno dei  fenomeni caratteristici di questo convulso periodo è il: mercato nero; nessuno trovava più lavoro è quindi tutti si davano a speculare in qualsiasi genere di commercio con la conseguenza immediata di far rialzare enormemente i prezzi  a  danno del popolo. Se il mercato nero è difficilissimo da eliminare per la  mancanza di merce sufficiente per il fabbisogno locale, bisogna almeno combatterlo e frenarlo. Per noi è specialmente dannosa la esportazione di generi alimentari dalla zona data la scarsità di mezzi di trasporto che non ci permette di rifornire in altre zone più ricche e il consumo eccezionali per il mantenimento delle Brigate operanti sui monti. Questa esportazione deve essere assolutamente stroncata perché ci colpisce specialmente nel genere più comune: il grano, e se non si prenderanno provvedimenti, ci ridurrà presto alla fame. a tal uopo sarebbe necessario dare disposizioni in merito alle altre Brigate affinché si portino un solido aiuto nell’opera che ci siamo proposti.

Come si vede da questa relazione la situazione del Comune di Borgotaro è alquanto migliorata, ma ci sono ancora importanti provvedimenti da pren­dere c’è assoluto bisogno di una polizia più numerosa e di un C.L.N. più in gamba. Esso dovrebbe prendere le redini degli organi amministrativi di Borgotaro ed interessarsi inoltre di far funzionare una specie di Ufficio  giudiziario  atto a dirimere le questioni che eventualmente sorgessero fra i cittadini. Infatti molte volte il popolo è ricorso a noi in simili circostanze mettendoci logicamente nell’ imbarazzo. Insomma questo Distaccamento dovrebbe essere alleggerito di tutto ciò che è amministrativo e giudiziario per ritenere esclusivamente il potere esecutivo con cui appoggiare validamente l’opera del C.L.N.

Una lunga relazione del Comandante del Distaccamento << Drago >>, << Jack >>, sulla complessa e difficile situazione a Borgotaro, sull’azione svolta dal Distaccamento e su quella che si vorrebbe veder attuata da un C.L.N. che intendesse impegnarsi a fondo nei propri compiti.

Volontari della Libertà

Comitato di Liberazione Naz.                                      Borgotaro li 3 Febbraio 1945

AL COMANDO DELLA PRIMA BRIGATA JULIA

OGGETTO: Accordo fra le Brigate e il C.L.N. di Borgo Val di Taro

Oggi con l’intervento dei rappresentanti di questo Comitato (Lupo e Gianni) e dei rappresentanti della  1ˆ Brigata Julia (Libero e Lino), della 2ˆ Brigata Julia (Severino), della 1ˆ  e 2 Brigata Berretta (Gino e Mario) si è convenuto per quanto segue:

L ‘amministrazione del Comune di Borgo Vai di Taro viene esercitata fattivamente da questo Comitato, figurativamente nella persona del Commis­sario Prefettizio, perciò tutte le ordinanze in materia civile emesse da costui s’intendono come emesse da questo Comitato.

Pertanto si è addivenuti a quanto segue:

1°) – I Comandanti delle suddette Brigate si impegnano di fare osservare tutte le disposizioni emanate dal Comune.

2°) – L’Amministrazione dell’Ospedale Civile viene controllata direttamen­te dal Comitato.

3°) – Costituzione di un Corpo di Polizia Comunale con elementi tecnici già accettati dal Comitato e dalle Brigate per quanto riguarda la repressione di reati annonari e civili:

a) Le Brigate a loro volta s’impegnano di dare la loro completa cooperazio­ne ed appoggio alla Polizia nell’ adempimento delle sue mansioni.

b) Le Brigate organizzeranno speciali reparti per il controllo nelle periferie del Comune e renderanno edotto il locale Comando di Polizia di ogni operazione eseguita e delle eventuali quantità di merce sequestrata.

4°)- Le Brigate saranno vettovagliate da questo locale Comitato, d’accordo con l’intendenza, nel limite possibile con i generi a disposizione del Comune, considerando i bisogni strettamente indispensabili della popolazione civile:

a) I generi alimentari saranno distribuiti da questo Comitato fra le varie Brigate, tenendo presente la forza effettiva delle Brigate stesse e la loro dislocazione.

b)         A tale distribuzione dovrà essere presente un rappresentante di ogni ~rig~ta per controllare ogni distribuzione.

5°) – Ogni requisizione tanto di generi alimentari che altro materiale fatto dalle Brigate deve venire immediatamente segnalato a questo Comitato.

6°)- Le Brigate s’impegnano nel modo più assoluto della parola di non intromettersi nelle questioni civili del Comune.

In questo momento la nostra vallata, come a suo tempo si vedrà, si sta appena risollevando da un massiccio rastrellamento invernale, terminato il quale la vita civile a Borgotaro riesce a recuperare una relativa situazione di normalità, mentre il Commissario Gasparini resiste al suo posto, potendosi così mantenere in vita il precedente meccanismo di rifornimento viveri dalla pia­nura.

Frattanto alla 1ˆ Julia si offre la possibilità di fare finalmente assegna­mento su un C.L.N. seriamente impegnato a prendere sudi sè il controllo della situazione politico-amministrativa di Borgotaro e a preoccuparsi del riforni­mento alimentare delle forze partigiane, C.L.N. sulla cui costituzione essa si è accordata con la 2ˆ Brigata Julia e con la Brigata Beretta, in quanto anche tali formazioni, sia pure in zone periferiche, occupano spazi nel territorio del Comune di Borgotaro.

Parte Seconda

Seconda parte

La parte del volume che precede si riferisce alla narrazione delle vicende iniziali della Resistenza Valtarese in generale e del «Gruppo Molinatico», poi Brigata 1ˆ Julia, in particolare, narrazione che in queste pagine risulta solo parzialmente avvalorata dai relativi elementi di documentazione scritta, del resto rarissimi in quella prima fase. Da questo momento, invece, il tessuto del libro si basa esclusivamente sulla documentazione, cioè sulla riproduzione d’una serie di documenti auten­tici che -come a suo tempo premesso – toccano i vari aspetti della vita e attività della 1ˆ Julia nel loro svolgimento cronologico e nel quadro dell’intera resisten­za parmense, e consentono al lettore, con l’appoggio delle note illustrative da cui sono corredati, di arrivare direttamente alla conoscenza dei fatti e delle singole situazioni trattate, così da poter ricavare da sè (quanto meno «per campione», perché questi non sono tutti i documenti disponibili, ma piuttosto una loro selezione organica) un’idea complessiva della situazione e degli avvenimenti maggiori o minori in cui si concretizza l’attività della nostra Formazione.

Più sopra ho accennato che i documenti sono corredati da note illustrative; tuttavia devo aggiungere che per quanto riguarda i bollettini o comunicati sui fatti d’arme, salvo particolari eccezioni, mi sono astenuto dall’aggiungere descrizioni e commenti, anche se tali bollettini e comunicati appaiono spesso, in verità, più che sintetici, addirittura sommari e tali da fornire un’idea alquanto riduttiva degli episodi riferiti. (1)

Ma, considerato il loro taglio netto, incisivo che lascia intuire negli estensori uomini d’arme e d’azione più prodighi difatti che di parole, mi è sembrato non convenisse alterare con aggiunte e aggettivazioni estranee quel materiale grezzo così carico di senso della guerriglia, che starà semmai al lettore interpretare nel suo giusto valore. E, a proposito di lettore e dei «venticinque lettori» di manzoniana memo­ria che dovessero per avventura posare l’occhio su queste pagine senza far parte della cerchia di persone che sono state testimoni diretti dei fatti della guerra partigiana, occorrerà fare qui una precisazione. Infatti qualcuno di essi, attraverso rievocazioni di seconda o terza mano per lo più romanzate o enfatizzate per renderle più elettrizzanti, potrà essere portato a immaginare la lotta partigiana come un seguito di episodi spericolati e avventure belliche a ruota libera, con immancabili, larghe ecatombi di nemici; mentre quella della Resistenza, qui e altrove, è una realtà ben diversa, avara di miracoli e colpi di fortuna, dove abbiamo di fronte un nemico tenace e armatissimo, deciso a battersi fino in fondo.

È ben difficile che esso si faccia sorprendere allo scoperto, che riveli un << tallone di Achille>> attraverso cui sorprendere una sua vulnerabilità. Non si conoscono le sue intenzioni operative, i suoi piani, anche se si cerca di indagarli e  intuirli, ed è in genere arroccato su posizioni difensive privilegia­te. Ogni nostro attacco o colpo di mano anche di portata circoscritta richiede laboriosi preparativi, sfibranti appostamenti, perché la guerriglia vera, al di là delle fantasie dell’immaginazione, non è fatta di facili scorribande in campo avverso, ma è una cosa dura, impegnativa al limite delle forze, che può consenti­re talvolta insperati e sostanziosi <<colpi>>, ma spesso deve contentarsi di limitati risultati.

E ciò no stante i rischi mortali che pure la più modesta azione di fuoco comporta sul piano personale; e sono rischi di cui nei bilanci finali a volte sembra perdersi perfino la traccia, come vediamo anche nei bollettini degli stessi Comandi partigiani che in genere non recano nemmeno il nome dei propri Caduti, citati come pure e semplici entità numeriche: nostre perdite tanti uomini. Ma la sfida partigiana anche nella nostra vallata non dà tregua al nemico e lo colpisce e molesta quotidianamente, costringendolo a sottrarre truppe e mezzi consistenti dal fronte di guerra per difendersi in questa retrovia dalla nostra insidia permanente. E noi della 1ˆ Julia, come qui di seguito si vedrà, seguiteremo a fare la nostra parte nel portare avanti questa sfida.

Prima di passare alla lettura dei documenti pubblicati qui di seguito è bene osservare che essi si  susseguono in modo  apparente casuale, trattando argomenti di  carattere vario. Ma è dal loro insieme, come già ho ricordato più indietro, è componendo e coordinando i vari aspetti della vita della 1ˆJulia che ciascuno di  essi evidenzia, che si potrà approdare a una utile  versione complessiva della situazione. Il precedente capitolo si concludeva con l’esame della situazione amministrativa a Borgotaro fino al febbraio ‘45 qui torniamo un pò indietro e partiamo  dai  documenti  relativi all’attività partigiana della 1ˆ Julia a decorrere dall’agosto’44. Ci fermeremo soltanto il 9 maggio 1945, : a Parma. giorno iella sfilata partigiana tra l’esultante popolazione della Città finalmente liberata.

1)Un ristretto numero di documenti viene riprodotto a firma di << Dragotte >> e <<Giorgio >> trattandosi di comunicati di fatti d’arme ad essi attribuibili, anche se, a seguito di smarrimento degli originali, ne sono disponibili solo dei duplicati o rifacimenti eseguiti nel febbraio/marzo ‘45, e quindi a distanza di tempo dagli avvenimenti cui si riferiscono, e firmati da << Libero >> e << Lino >>, estensori di tali duplicati come titolari del successivo Comando dalla 1ˆ Julia.

Questa attribuzione ai Comando << Dragotte >> era necessaria, evidentemente, se nel contesto di questa pubblicazione si voleva evitare di confondere le idee al lettore; e nei casi in cui nel presente testo è stata fatta la si è segnalata col racchiudere fra parentesi le firme << Dragotte e << Giorgio >> nonché la data del documento.

AGOSTO / OTTÒBRE 1944

I documenti riportati si riferiscono a:

—        Le brigate partigiane della Provincia danno vita alloro Comando Unico.

—        Accertamenti sulle persone che si sospettano al servizio dello spio­naggio tedesco.

-—      La delimitazione della zona territoriale di giurisdizione della 1a. Brigata Julia.

—        Alpini della R. S.I. impegnati contro la guerriglia a Borgotaro passa­no alla la Julia.

—        Vivace richiamo del C.L.N. di Parma all’apoliticità delle formazioni partigiane.

Squadre partigiane per repressione di spionaggio e banditismo.

—        Armamenti ed equipaggiamenti scendono dal cielo con gli aviolanci alleati.

—        Il nostro campo di concentramento dei nazifascisti catturati e scam­bio di prigionieri fra i nostri Comandi e quelli tedeschi.

—        Tragedia a Bosco di Corniglio: il nostro Comando Unico decapitato dalle << S.S >>.

—        Espressione diretta delle formazioni partigiane parmensi il nuovo Comando Unico.

—        Espulsione dalle nostre file di elementi indesiderabili.

—        Siamo perdenti contro l’assalto dei pidocchi.

—        Azioni armate della la Brigata Julia.

—        Varie.

            Volontari della Libertà i Brigata Julia    Zona li, (5. {1944)

OGGETTO. Relazione sul fatto d’armi sulla azione di sabotaggio aI Ponte ferroviario di Ostia-Parmense.

RELAZIONE

Il giorno 5 Agosto 1944, due nostre squadre, occupavano la stazione di Ostia, per dar modo e la sicurezza ad una squadra sabotatori dall’altro Gruppo Centocroci, di poter effettuare un atto di sabotaggio sul Ponte ferroviario. Il servizio di movimenti alla stazione stessa, veniva controllato dai nostri patrioti, pertanto giunto un locomotore scortato da un sottoufficiale e da due militari fascisti. veniva bloccato ed i militari catturati; prigionieri. Compiuto l’atto ai sabotaggio al Ponte ed al locomotore stesso, le squadre rientravano al completo alla propria base.

Perdite nostre: nessuna.

Perdite nemiche: 3  prigionieri.

AI materiale recuperato: 1 Sten — e 2 carabine.

IL COMMISSARIO           IL V. COMANDANTE                         IL COMANDANTE

  (GIORGIO)                           (CORRADO)                                           (DRAGOTTE)

Brigata Julia

            Gr. Guido Gardarelli    31 -8-44

Caro Dragotte,

ho saputo per  via indiretta della formazione  di divisione, che sarebbe composto da tre o quattro Brigate mi hanno detto inoltre che  nella zona dove fino ad ora sono rimasto tutti i gruppi sarebbero alle dipendenza o zona  br. agli ordini di Molinari o quelli agli ordini del Col. inglese. Per conto mio mi considero sempre ai tuoi ordini e sono sempre pronto a rientrare con tutto il gruppo nella zona che tu crederesti di indicarmi. Io comando sessanta uomini assai, accuratamente selezionati (tu sai, come, facilmente li mandi via dalle squadre) divisi nel seguente organico:

1°  Distaccamento (2 squadre mitraglieri di 10 uomini ciascuna, I Sq. mista di 15 uomini, per un totale di 35 uomini)

2° Distaccamento 1 sq. mitraglieri 10 uomini; 1 mista 10 uomini, 1 sq.  ausiliaria  5 uomini, totale 25 Come  armamento non sono ancora  a posto avendo consegnato a tuoi uomini tutte le armi in più che mi ero procurato quando ancora mi trovavo a Linari: avrei bisogno di una quindicina di armi essendo consegnatario di questo materiale solamente:

1 Bren (950 colpi) 2 mitragliatori Breda (1200 colpi8 fucili di vario modello

2 mitra (6 caricatori) 30 Sten (200 colpi per uno).

Mandami quello che puoi, sarebbe mio desiderio che tu mi mandassi 1fucile mitragliatore (non Breda!!!) 5 fucili 10 Sten. Per quello che riguarda fondi la mia situazione attuale è ancor abbastanza a posto, avendo raccolto una decina di mille lire ed avendo ricevuto (senza nessun impegno da parte mia) L. 20000 dal prete di Belf. come fai tu a rifornirti? Se ne dovessi avere di più mandamene, perché sai come si fa presto a spendere. Io ho intenzione di cominciare a fare qualche cosa lasciando calme le zone il più possibile: attendo ordini.

Ti mando quello che ho potuto raccogliere di vettovagliamenti Dovresti ricordarti di mandarmi di tanto in tanto una tua staffetta di collegamento conordini informazioni ecc. ad esempio per queste ultime faccende non ho saputo niente

Arrivederci presto saluti a tutti.

TARRAS

Brigata Julia

Com. Gruppo Tarass                                                                              Sede, 9/8/944

Caro Dragotte,

Non potendo venire personalmente, ti mando Alberto, il quale d’ora innanzi sarò incaricato al servizio collegamento fra il mio gruppo e il comando di Brigata. Ti prego mandarmi la vostra situazione, e trasmettermi ordini: inoltre di combinare subito un servizio di comunicazione con me, potresti istituire una staffetta tra il tuo gruppo ed il mio distaccamento più vicino che si trova nelle adiacenze di Cassio (mettiti d’accordo con Alberto)

I miei accordi con il comando Garibaldi; come sai non hanno approdato a nulla di preciso e definitivo, ma dato che gli uomini di cui giù ti ho parlato insistevano per venire alle mie dipendenze, ho deciso per ora di prenderli: la situazione del mio gruppo perciò è circa come segnato appresso. Squadra comando n. 10 armati Distaccamento Jovà N. 16 uomini (10 Sten 5 fucili; 1 Bren, 12 bombe a mano) – Distaccamento Tom (Pietro) circa n. 40 uomini (di questi un 25 sono armati di Sten e di fucili gli altri devono essere armati: mancano anche assolutamente di armi automatiche a tiro lungo, non avendo potuto recuperare le armi che erano state consegnate loro dalla Garibaldi) – Distaccamento Tornerò n. 15 armati.

Sono inoltre in organizzazione altre squadre di armati locali. Presto spero di poterti mandare una relazione più chiara e dettagliata. Nella zona dove opera il distaccamento di Pietro, c’é molta confusione vi sono due o tre piccole bande di ladruncoli che con la scusa dei patrioti fanno più volentieri i banditi, cercherò di disarmarli ed eliminarli; inoltre vi sono i due piccoli distaccamenti di Fra Diavolo (non ha che 17 o 18 uomini) e di Poppai (circa lo stesso); non so se Poppai abbia intenzione di trasferirsi al completo in questa zona., ma se le cose stanno come ora sarebbe bene che questi piccoli nuclei stessero alle mie dipendenze, per semplificare le faccende.

Il sogno del tabacco é sfumato dato che in montagna ed in collina i Tedeschi non ne mandano più perché le considerano zone di ribelli: quindi non posso soddisfare i miei impegni. Per il burro invece manda pure un mulo con Alberto domenica nella località stabilita, ce ne saranno una trentina o più di kg. Nel frattempo avrei bisogno che tu mi mandassi; il seguente  materiale, che tu stesso puoi vedere essermi assolutamente necessario N. 10 minimo) STEIN con relativo corredo di caricatori e munizioni

N. 3 FUCILI MITRAGLIATORI con munizioni

 MUNIZIONI DA F.91 (300 c.)

ESPLOSIVO

BOMBE A MANO (almeno alcune)

Avrei grande piacere che tu venissi (in tua vece Corrado o Ras) a trovarmi presso il D. Jovà, con la spedizione burro fera, si parlerebbe di vane cose. Saluta Giorgio, ricordagli di fare l’annuncio di morte di Gardelli, digli in oltre che avrei bisogno di fondi. In queste zone si può trovare burro, frumento, bestiame, olio per armi, ecc., il problema sta sempre nei trasporti. Saluta tutti gli amici, arrivederci a presto.

TARASS

Nel prossimo lancio ricorda i nostri bisogni di materiale (Teli da tenda, impermeabi­li, coperte, vestiario)

Dopo lo scompiglio prodotto dal grande rastrellamento tedesco di luglio i distaccamenti più lontani stentano un po’ a riallacciare i contatti col comando e viceversa. Lo vediamo in queste due lettere con cui «Tarass», comandante dell’omo­nimo gruppo dislocato oltre Cassio, sollecita e fornisce notizie sulla situazione (interessante quel suo accenno ai << ladruncoli che con la scusa dei patrioti >>) e chiede istruzioni e armamenti, offrendo a sua volta preziosi rifornimenti alimentari.

C.V.L, Comando Unico Operativo

            della Provincia dl Parma                                                                          N. I di prot.
                                                                                                                                         3/9/44

AI COMANDANTI DI BRG. E GRUPPI AUTONOMI

OGGETTO:    direttive generali

I-         Dipendenze

I comandanti di brigata sono agli ordini del C. U., tuttavia è lasciata completa iniziativa ed autonomia ai singoli Comandi di brigata (e gruppi autonomi) per quanto riguarda azioni militari che non rivestono particolare importanza e che comunque non possono avere ripercussioni sulla situazione generale. Qualsiasi variante alla dislocazione dei reparti deve essere autorizzata dal C. U. Per quanto riguarda i servizi il funzionamento delle singole Brg. È indipendente.

Devono però essere segnalate al C. U. le possibili eccedenze di viveri e materiali e le eventuali necessità. Il C. U., con le riserve provenienti dagli enti da cui dipende, provvederà alle assegnazioni.

2.-        Azione militare.

Il C. U coordina l’azione delle dipendenti Brg. ed impartisce gli ordini operativi. Per decisioni gravi e per operazioni di particolare importanza il C. U. convocherà, se lo ritiene opportuno, i comandanti in sottordine interes­sali.

3.–        Formazioni.

Le formazioni devono essere costituite in modo omogeneo, sia come entità  numerica sia come armamento.

Si ricorda che l’unità elementare partigiana é la squadra di 10 a 15 uomini. Il distaccamento é costituito dal raggruppamento di un certo numero di squadre (di massima non più di 5 )

I singoli distac. dipendono direttamente dal Comandante. di Brg. Presso i comandi di Brg. deve essere trattenuto (in distribuzione e non accantonato) il minor numero possibile di armi automatiche tipo Sten, Mitra, Fucili, Mitra. Le Mitragliatrici devono essere presso i distac.

4.- Dislocazione dei comandi e reparti.

L’occupazione permanente di paesi deve essere autorizzata dal C. U. Nei paesi possono essere dislocati solamente piccoli nuclei con compiti ben definiti. Pertanto idistac. non devono immobilizzarsi in una località, ma dislocarsi in una zona; nella quale sarà opportuno fare frequenti spostamenti al fine  di  evitarela identificazione dei reparti stessi. In modo analogo i Comandi (presso i quali saranno tenuti gli elementi strettamente indispensabi­li) dovranno spostarsi con frequenza, tenendo però ben presente che non deve essere menomata la continuità dei collegamenti.

5.-Informazioni e collegamenti.

Il C. U. può funzionare e coordinare efficacemente l’azione delle Brg. soltanto se è assicurato, mediante collegamenti sicuri e continui, il servizio informazioni. A tale scopo oltre il servizio particolare che sarà svolto dagli organi del C. U., i comandanti di Brg. (e gruppi autonomi) devono quotidianamente segnalare:

a) Dislocazione e consistenza delle forze nemiche che interessano il territorio di loro giurisdizione. Le notizie dovranno essere raccolte e vagliate con molta cura e devono essere trasmesse tempestivamente. Evitare la raccolta di templi-ci voci; precisare sempre le fonti delle notizie e la loro attendibilità.

b)         Notizie circa i movimenti e l’attività delle truppe nemiche mettendone in rilievo i presumibili intendimenti.

c) alte notizie di qualsiasi genere che possano comunque interessare ai fini delle operazioni. Circa l’attuazione dei collegamenti saranno dati ordini a parte. Ciascuna Brg. curerà il collegamento con le Brg. vicine. E indispensabile che le staffette viaggino col mezzo più veloce e sicuro. Non lesinare quindi, per tale scopo, i mezzi di trasporto.

Per la tempestiva trasmissione di ordini è indispensabile che presso ogni comando sia sempre reperibile il comandante od il vice-comandante. Alla fine di ogni settimana ciascun comando di Brg. (o gruppo autonomo) invierà al C. U. una breve relazione contenente: – la sintesi della attività operativa svolta nella settimana,

Il Combattimento in Val Manubiola

a situazione uomini, quadrupedi, armi e munizionamento,

–           la situazione alimentare e sanitaria

–           – le perdite.

6.         Giurisdizione territoriale.

Ciascuna Brg. ha giurisdizione su una zona di territorio che sarà ben definita con disposizioni a parte. Salvo ordine specifico del C. U. elementi della singole Brg. debbono astenersi dal compiere operazioni di qualsiasi genere nel territorio di un’altra Brg. I trasgressori saranno denunciati al C. U. cui sono devoluti i conseguenti provvedimenti.

7-Disciplina. È indispensabile che i reparti siano sottoposti ad una disciplina di carattere militare, ma imposta con intelligenza ed equilibrio. Mancanze di qualsiasi genere devon’ essere prontamente represse.

I reati saranno giudicati dai Tribunali marziali presso ciascun Comando di Brg. I reati che comportano la pena di morte saranno segnalati al C. U. prima della chiusura della istruttoria, ad esclusione dei casi di flagranza di reato, di abbandono di posto di fronte al nemico e di tradimento, nei quali casi sarà steso verbale e trasmesso al C. U. D’altra parte debbono essere segnalati al C. U. per premio ed encomio, elementi che hanno compiuto atti notevoli.

Ai comandati, ai commissari politici è dovuto obbedienza, rispetto e saluto militare. Le formazioni devono dar prova, in ogni circostanza, di serietà ed educazio­ne. Proibire pertanto qualsiasi manifestazione chiassosa o di partito. Se formazioni di una certa consistenza (almeno una squadra) mettono piede in centri abitati esse debbono marcire in quadrate ed al passo (per quattro o per due) agli ordini del comandante.

8-Uniforme.

Si deve tendere alla maggiore uniformità possibile nella foggia del vestiario. Al più presto possibile ciascun patriota dovrà indossare una camicia tipo inglese o grigio verde (con i distintivi di grado stabiliti da recente ordine superiore).

9.- Lanci da aerei alleati.

Qualsiasi questione concernente i lanci, é di competenza del C. U. che provvede direttamente ed indirettamente al ricupero ed alla ripartizione dei materiali in relazione ai bisogni delle singole formazioni.

10– Requisizione di viveri e materiale.

Le requisizioni debbono essere ridotte al minimo indispensabile ed autorizzate o delegate dal Comando di Brg., che ne é responsabile. Dovrà essere rilasciata una ricevuta tolta da blocchi numerati che il C. U. distribuirà ai comandi di Brg. Tali ricevute debbono recare la firma del Comandante o del Vice-Comandante. Le matrici dovranno essere inviate al C. U. Ogni altra requisizione é ritenuta come abusiva e pertanto ne saranno gravemente puniti i responsabili.

11- Ruolini delpersonale.

Ciascuna Brg. dovrà al più presto provvedere alla compilazione di ruolini comprendenti, per ciascun distaccamento, tutto il personale dipenden­te.

12-       Tessere di riconoscimento.

Ciascun patriota dovrà essere munito di una tessera provvisoria. Le tessere saranno distribuite dai comandi di Brg. e dovranno avere, oltre il bollo, la firma del comandante di Brg. e del Commissario. Sulle tessere risulterà solo il nome di batt. e la qualifica.

13-Caduti e feriti.

E indispensabile ed urgente che ciascun comando di Brg. valendosi di sicure testimonianze, compili un elenco dal quale risultino: le generalità dei caduti e dei feriti che ciascuna formazione ha avuto dall’inizio della campagna partigiana; per ciascun caduto e ferito una sintesi del lati o d’arme. Tale documentazione ha evidentemente un grande valore morale per il riconoscimento uff. delle vittime e per i conseguenti provvedimenti concernenti pensioni e eventuali ricompense.

Infine a partire da oggi, le perdite di uomini debbono essere immediatamente segnalate al C. U. con tutte le indicazioni necessarie alla documentazione di cui sopra.

14.-      Personale per costituzione del C. U.

Ordini a parte. La stazione radio con relativo personale si trasferirà immediatamente presso la sede del C. U.

IL COMANDANTE                                     IL COMMISSARIO

PABLO                                                                 MAURI

AGOSTO  OTTOBRE (2)

Alla ricostituzione delle Formazioni partigiane della nostra vallata dopo il grande rastrellamento di luglio, esse, superato rapidamente il primo momento di disorientamento e di crisi, ritrovano una vitalità nuova, quasi che da quel duro collaudo siano uscite temprate nella loro capacità di sopravvivenza a ogni più duro attacco nemico e consce della propria forza di recupero dopo le situazioni più critiche. Nuovi uomini continuano ad accorrere nelle loro file e un’intesa attività organizzativa ­viene intrapresa dai loro comandi.

Parallelamente matura nei nostri partigiani la coscienza comune della necessità di unire e coordinare le forze di tutti; di riprendere e perfezionare la pur breve esperienza fatta col Comando di Coordinamento del Colonnello Lucidi, che gli eventi di luglio avevano così bruscamente troncato portando alla tragica uccisione ­dello stesso colonnello. Analoga esigenza è avvertita anche dalle altre brigate partigiane della montagna parmense, mentre lo stesso C.L.N. provinciale si pone come obiettivo essenzia­le la creazione di un comando superiore capace di far operare tutte queste formazioni nell’ambito di un unico quadro strategico e organizzativo. È il Comando Unico Operativo, che, in un’assemblea dei capi partigiani della Provincia, viene eletto gli ultimi giorni di agosto a Pian del Monte, e che risulta così composto:

– Comandante: << Pablo >> (conte Giacomo di Crollalanza, tenente d’artiglieria ­già Comandante della 32 Bg. Garibaldi;

–          Commissario: «Mauri» (Avv. Primo Savani, vecchio perseguitato anti­fascista appartenente al P.C.I.)

Vicecomandante: «Libero» (Serg. Maggiore d’artiglieria Primo Brindani  già componente  della 1­ˆ Julia

–          Capo di St. Maggiore: «Ottavio» (Tel. col. Ottavio Cipriani)

–          Vice Commissario: «Poe» (Prof. Achille Pellizzari, ex deputato del Partito Popolare)

Il 3 settembre, come suo primo atto, il Comando Unico Operativo (che per semplificazione d’ora in avanti indicherò con l’abbreviazione: «C.U.») provve­de a diramare il complesso di disposizioni e istruzioni sopra riportato a tutte le unità dipendenti, per un loro organico inquadramento organizzativo e operati­vo. Il contenuto della comunicazione è d’immediata comprensione e tale da non richiedere cenni illustrativi. E invece utile chiarire all’osservatore esterno la chiave di lettura della disposi­zione contenuta al punto 7): disciplina, dove si parla fra l’altro di saluto militare e d’inquadramento dei nostri uomini per due o per quattro quando essi transita­no nei centri abitati, cose queste scarsamente aderenti al modo d’essere «alla garibaldina» tipico dei partigiani.

Ma questa disposizione intende porsi anche e anzitutto come risposta alla propaganda nazifascista che insiste nel definire i partigiani come bande di ribelli e accolite di sbandati, mentre il «C.U.» vuole che noi si offra alla popolazione l’immagine rassicurante d’una forza ordinata e disciplinata, a somiglianza d’un vero esercito. E poi il Comando Unico, data la natura improvvisata e composita delle nostre formazioni e i problemi d’inquadramento che sorgono parallelamente all’accre­scersi del numero degli uomini, si preoccupa d’introdurre norme di comporta­mento comuni non certo da intendere e applicare in modo rigido, formale, ma per quel tanto che all’atto pratico esse si addicano allo spirito del nostro volontariato.

E vuole anche, con esse, in qualche modo, opportunamente inquadrate, raffre­nare, cercare di tenere a bada gli elementi più vivaci ed estroversi.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia                                                                        Circolare N. 49
                                                                                                                                X. 4 sett. 44.

AL COMANDO DELLA 31a. Garibaldi

e p.c. al C.U.O.

Loro sedi

Vi        comunichiamo che domani 5 c.m; riceverete un BREN con N. 9 caricatori ricevuto dal Magazzino del Comando Unico, nonché il BREN rotto che il fabbro di Agnidano non é riuscito a rimettere in efficienza. Questo secondo ordine N. 219 C. U. e secondo quanto già Vi era stato detto a voce da Giorgio prima ancora che giungesse l’ordine del C. U. Per ciò che riguarda le Bombe Ballerine Vi facciamo osservare che la nostra Brigata non aveva potuto mettere a disposizione di altre Brigata nessun quantitativo di dette bombe (e il C. U. ne era a conoscenza) quindici ha meravigliato l’ordine del C. U. di consegnare alla Vostra Brigata N. 50

Ballerine, Poiché queste bombe sono già state distribuite in gran parte per ogni nostro Distaccamento la disponibilità che si trova presso questo Comando è di N.        che ci facciamo premura d’inviarVi, informandoVi che qualora noi potessimo in avvenire ve le riforniremo sollecitamente. Vi inviamo L. 3.100 per pagamento di Qli. 1 di burro prelevato dal Vostro Magazzeno, secondo il prezzo da Voi stabilito in L. 31 aI Kg. Nei prossimi giorni il nostro conducente preleverà burro ed altri generi dal Vostro Magazzeno secondo le Vostre possibilità. Se altri generi dovessero essere sotto posti a nostro pagamento inviatene comunicazione.

Per quanto riguarda il Campo di Concentramento dei Prigionieri di guerra V’informiamo che esso è già in piena efficienza e vi si trovano N. 29 prigionieri guardati da una nostra squadra di 11 uomini. Vi preghiamo mandare al più presto viveri occorrenti per il campo e u quest’uopo Vi portiamo a conoscenza della comunicazione N. 288 C. U. che dice: << Si approva la costituzione del Campo di Concentramento e si attende la nota delle spese ad essa inerenti; che saranno rimborsate da questo Comando. Si prega di inviare al fine di ogni settimana uno specchio ed una situazione esatta dei prigionieri.>> Come già comunicatovi il C. C. è sito in località Cornaleto (Bardi) e colà potrete inviare i viveri ed i Vostri prigionieri con la relativa squadra di guardia.

Saluti.

            IL COMMISSARIO                                           IL COMANDANTE

                   GIORGIO                                                DRAGOTTE

Quassù non esistono armaioli o laboratori attrezzati per la riparazione delle armi, ma supplisce spesso con successo l’improvvisazione e l’impegno di ingegnosi artigiani locali; anche se non sempre essi riescono a fare miracoli, come nel caso della tentata riparazione di questo fucile mitragliatore «Bren».

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia                                                                                          N. 61
                                                                                                                                   X. 5 sett. 44

A TUTTI  I COMANDANTI DI DISTACCAMENTO

DELLA lA. BRIGATA JULIA

In attesa che questo comando coordini azioni con l’impiego dei Distac­camenti dipendenti, si ordina ai Comandanti di Distaccamento di fare opera­re le loro squadre indipendentemente secondo le esigenze militari del momento con piena iniziativa contro pattuglie nemiche sulle strade Bertorella-B.Taro+Berceto Ghiare – Rocca-Prebalza e sulla ferrovia Spezia-Parma.

IL COMMISSARIO                                                       IL COMANDANTE

GIORGIO                                                                            DRAGOTTE

Mano libera per i comandanti dei nostri Distaccamenti.

Volontari della Libertà

1ˆBrigata Julia

N 58

X.        5 sett. 44

A TUTITI I COMANDANTI DEI

DIST.TI 1a; Julia

Pregasi eseguire accurati accertamenti sull’attività delle sottoindicate persone, che sono state segnalate come elementi al servizio dello spionaggio tedesco:

QUADRIGHI ANNA (Casa Mazzetti di Valmozzola),

BERTONCINI DEMMA (Macchia di Scorza).

SALMI PIA (Casa Baccarini di Valmozzola),

LA VIGHETTI e sua madre (Vedice),

Qualora le indagini fruttassero elementi a carico di tali persone si prega di inviare tempestiva comunicazione a questo Comando. Si proibisce fin d’ora qualsiasi azione di rappresaglie contro le persone su esposte.

IL COMMISSARIO                                     per IL COMANDANTE

GIORGIO                                                                    EROK

«… Si proibisce qualsiasi azione di rappresaglia contro le persone …»; Infatti si vuole evitare che la tensione degli animi e l’affievolito senso della legalità caratteristici della situazione attuale portino a eventuali eccessi arbitrii da parte di qualche elemento scarsamente responsabile. Chi è incaricato dell’indagine faccia ciò che deve e non si arroghi compito di stabilire e applicare le eventuali punizioni.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia                                                                                            N50
                                                                                                                                       X. 5. sett.

AL CAPO DELLA POLIZIA PATRIOTTICA di

ALBARETO

Ti preghiamo consegnare al latore del presente l’elenco dei Fascisti Repubblicani di B. Taro da te ricevuto circa due mesi fà. Desideriamo che ci venga ritornato l’originale e non una copia di esso. Saluti.

IL COMMISSARIO                                         IL COMANDANTE

    GIORGIO                                                             DRAGOTTE

Rimandateci l’originale. Anche fra compaesani e uomini di brigate pani-amiche in certi casi fidarsi è bene ma –

Volontari della Libertà

Comando i7 Brigata Julia                                                                              Circolare N. 60
                                                                                                                       X.       5 sett. 44

A TUTTI I DISTACCAMENTI DELLA lA. JULIA

Loro sedi

Facciamo presente la delimitazione della zona territoriale di giurisdi­zione della la Brigata Julia:

Monte della Colla – Prato delle Femmine – Monte Santa Donna -Monte Ferrarino – Monte Barigazzo – Busi (escluso) – Ronchi (escluso) Monte Pareto – Boia (escluso) – Badile — Stazione Selva del Bocchetto (esclusa)

–          Sponda destra del Taro fino a Ghiare di Berceto – Monte Cucco Roccaprebalza (esclusa) – Pellerzo – Costa Bandita – Galla Gavazzolo – Salvanelli – B. Taro – Sponda sinistra del torrente Breia

-Caboara (compreso) – Monte della Colla. Si pregano i comandanti di Distaccamento di osservare strettamente tale delimitazione di zona, impedendo che elementi di altre Brigate compiano operazioni di carattere civile o amministrativo sulla zona compresa dai predetti limiti. Perciò tutti i patrioti devono essere a conoscenza di questa disposizione e devono farla attentamente eseguire. Qualora nostre squadre, o singoli patrioti nostri incontrassero in questa zona altri patrioti sprovvisti di regolare lasciapassare del proprio Comando di Brigata, sarà loro dovere disarmarli ed accompagnarli a questo Comando.

IL COMMISSARIO                                        per iL COMANDANTE

      GIORGIO                                                                  EROK

Il Comando della 1ˆJulia informa i propri distaccamenti sulla delimita­zione territoriale della Brigata stabilita dal <<C.U. >>

Infatti tra i primi atti del << C.U. >> vi è stato quello di delimitare, d’intesa con le brigate partigiane operanti in Provincia, il territorio di competenza di ciascuna dì esse, così da evitare il sovrapporsi in uno stesso spazio d’iniziative e d’intralci vicendevoli sia agli effetti della guerriglia sia agli effetti logistici. Lo schieramento partigiano si avvia così in breve tempo a coprire unifor­memente tutta la montagna parmense, salvo una ristretta fascia lungo la Statale della Cisa e la linea ferroviaria Parma-La Spezia, spingendosi in talune posizio­ni marginali fino ad affacciarsi alla pianura.

E di questi rilevanti progressi viene data informazione anche ai Comandi alleati attraverso le loro Missioni accreditate presso il «C.U.». Questo assetto omogeneo del territorio complessivamente controllato dalla Resistenza armata consente tra l’altro al «C.U.» di localizzare con preci­sione le unità da lui dipendenti e i relativi comandi e alle stesse unità di localizzarsi vicendevolmente, facilitando così i collegamenti e le comunicazioni reciproche. tra il     E consente di tracciare una linea di confine senza soluzioni di continuità nostro territorio e quello nemico, anche se si tratta d’una linea fluida, caratterizzata da tratti di «terra di nessuno» aperti agli sconfinamenti delle parti in lotta.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia                                                                                     (6.9.1944)

OGGETTO: Relazione sul fatto d’arme il 6/9/1944. in zona Roccamurata (Ponte Parabolico)

RELAZIONE

Il Parabolico ponte in ferro della lunghezza di metri 80 circa, sulla ferrovia Parma-La Spezia e precisamente fra Ostia-Parmense e Roccamura­ta veniva nel giugno Scorso, fatto segno a diverse azioni aeree degli Alleati e ad un’azione di alcuni sabotatori di altre Brigate; azioni che per cause imprecisate non riuscivano completamente allo scopo, avendo solamente ab­bassato il ponte di cm. 50 circa l’interruzione veniva subito riattivata dal nemico.

Dopo il danneggiamento da parte degli aerei Alleati, del Ponte in ferro sul Taro a Borgotaro e il deragliamento in galleria di un treno merci nelle vicinanze di Ostia-Parmense operato da un Gruppo di questa Brigata; non sembrava necessario far saltare detto ponte. Sennonché dopo l’occupazione da parte nemica della vallata del Taro la riattivazione della linea ferroviaria nel tratto interrotto Ponte ferroviario di B. Taro. e sgombro del treno deragliato a Ostia P. (si rendeva necessario interrompere nuovamente il traffico sulla Parma-La Spezia.

Una squadra di sabotatori inviati il 5/9/44 da una Brigata Garibaldi per far saltare il Ponte Parabolico, non riusciva nell’intento e il traffico per quanto modesto continuava il giorno dopo. La notte del giorno 6/9/44 il «Dallara» di questa Brigata decideva in comune accordo con una squadra sabotatori del Gruppo «Luciani», di effet­tuare una nuova azione sul Parabolico.

Ore 24 -. l’azione si presentava alquanto ardua, poiché il ponte stesso era fortemente presidiato; come pure ad Ostia visi trovava un Presidio di SS. tedesche in n. 100 ed altri forti presidi fra – Roccamurata – Berceto – Ghiare di circa 700. Ciò nonostante il nostro Gruppo riusciva ad assicurare la tranquilla prosecuzione dell’azione sabotatori che in circa 23 minuti minavano il Parabolico che 17 minuti dopo saltava completamente in aria. L’immediata ed accanita reazione nemica, appoggiata da numerosi fucili mitragliatori, non riusciva ad agganciarci ed il Gruppo al completo rientrava alla base di partenza.

IL COMMISSARIO          IL V. COMANDANTE           IL COMANDANTE

    (GIORGIO)                        (CORRADO)                          (DRAGOTTE)

A TUTTI GLI AMICI del  << BATTAGLIONE COMPLEMENTO >>

Sono ormai parecchi giorni che noi siamo con i Patrioti: ci sentiamo in dovere di informavi su quanto abbiamo visto ed udito per sfatare tante storie che corrono sul conto loro. Per prima cosa ci ha stupito la grande comprensione per noi Alpini ed il grande cameratismo che c’è fra i Patrioti. Appena arrivati siamo entrati a parità di diritti e di doveri in questa grande famiglia in cui tutti siamo fratelli (dal Comandante di Brigata all’ultimo arrivato ci si dà del tu). Non più una disciplina rigidamente imposta; quello che si fa lo si fa per propria convinzione, spontaneamente.

E vi possiamo assicurare che mai in nessun reparto della Monterosa i servizi sono stati disimpegnati con tanta volontà, tanta attenzione, tanta velocità. Appena giunti ci siamo sentiti avvolgere da un’atmosfera di libertà: se qualcosa abbiamo da dire lo diciamo senza più temere la denuncia ed il campo di concentramento. In quanto al problema alimentare siamo rimasti come abbagliati; erano mesi e mesi che neppure ci sognavamo quanto qui è realtà: pane bianco freschissimo a volontà, pasta bianca con burro e formaggio, carne di vitello, latte fresco, uova e miele ecc. si noti bene, siamo in un periodo, dicono i Patrioti, in cui si mangia male. Per il fumare sin dal primo giorno abbiamo ricevuto un pacchetto di nazionali. In conclusione: noi abbiamo compiuto questo passo volontariamente, senza alcuna pressione esterna: in coscienza possiamo dire di essere più che contenti di averlo fatto. DITELO PURE A TUTTI!!! Solamente ora ci sentiamo uomini liberi, veramente padroni di noi stessi e non più schiavi dei tedeschi. In questo momento supremo, desiderio nostro e dei fratelli Patrioti é quello che siate in un giorno non lontano, tutti qui con noi, con quelle armi che la Germania vi aveva posto in mano per la difesa dei suoi interessi.

Tutti noi vi stimiamo uomini, non più bambini e speriamo che abbiate il coraggio di compiere un passo che sarà anche la vostra salvezza. Solo, fate presto, che il giorno della resa dei conti é molto più vicino di quanto non crediate. Chi in quel giorno sarà trovato con le armi in mano contro di noi sarà nostro nemico e la pagherà cara. Sappiamo pure che siete tenuti completa­mente all’oscuro della situazione politica. Lo sapete che in Francia sono state liberate dalla popolazione insorta perfino Parigi e Marsiglia? Che una dozzina di divisioni tedesche sono state distrutte? Che gli Angloamericani al nord hanno raggiunto Mania ed al sud dopo aver liberato Grenoble, la regione di Lione all’altezza della Svizzera? Lo sapete che la Romania, ha accettato la proposta di pace della Russia e ha rivolto le armi contro la Germania?

IN GAMBA RAGAZZI ED ARRIVEDERCI A PRESTO

VIVA L’ITALIA ELA LIBERTÀ

Firmato:         Un gruppo di Alpini che abitava con voi alla baracca N. 6 nel Wenes Lager di Mùnsingen

Alcuni alpini della Divisione «Monterosa» impiegati quassù nella repres­sione antipartigiana e passati recentemente nelle nostre file invitano i propri commilitoni a seguire il loro esempio, inneggiando alla libertà. Essi hanno maturato questa loro decisione attraverso il contatto umano con la popolazione borgotarese, che li ha contagiati del suo patriottismo. E venendo nella nostra brigata, dove saranno tra breve raggiunti da una decina di loro camerati, si segnaleranno per entusiasmo e professionalità, mettendo a frutto l’eccellente addestramento bellico ricevuto sotto le armi.

Infatti la «Monterosa» è una delle quattro divisioni modello dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana che, secondo le intese Hitler-Mussolini, sono state addestrate e armate in Germania in previsione dell’impiego contro gli angloamericani sul fronte italiano in appoggio ai tedeschi. A svolgere l’azione di repressione sarebbero invece specificamente desti­nate altre forze fasciste più politicizzate e fanatizzate: le «Brigate Nere”, la «X Mas» del comandante Valerio Borghese e simili.

Ma quassù, da quando la situazione è diventata calda e non si trattava più di fare le solite scorribande e prepotenze contro la popolazione inerme e di cimentarsi in molti contro pochi, affrontando invece formazioni partigiane numerose e agguerrite, esse hanno preferito lasciare il passo all’esercito, farsi sostituire dagli alpini dalla divisione «Monterosa». Divisione che, composta da militari scarsamente motivati sotto l’aspetto politico, svolge con poco entusiasmo e convinzione la sua azione nonostante i martellanti incitamenti e stimoli della propaganda fascista.

Da qui i casi di diserzione dai suoi ranghi (che qualche alpino, dai superiori nell’atto di passare ai partigiani, pagherà con la fucilazione incitamento alla diserzione, come quello contenuto nel volantino qui riprodotto, dove, nella foga di magnificare i lati positivi della vita partigiana anche  sotto l’aspetto dalla sussistenza, si descrive m termini pantagruelici una  situazione alimentare in realtà ben diversa, perché costringe spesso anche noi a << tirare la cinghia».

Comitato di Liberazione Naz. Per l’Alta Italia

Corpo Volontari della Libertà

Comando Gen. Per l’Italia occupata                             Prot. N°. 43

                                                                                                16/844

AI COMANDI REGIONALI

OGGETTO: caso Lucidi.

Il Comando Gen. Porta  a vostra conoscenza la seguente decisione presa nei  confronti del Colonnello Lucidi < Il Com. Gene. Per l’Italia occupata del Corpo Volontari della Libertà, presa visione delle accuse  mosse contro il Colonnello Lucidi, sia,per quanto riguarda il suo comportamento nelle recenti operazioni di  guerra e per quanto riguarda  l’abuso dei  poteri di  cui poteva essere investito decide:

1°) di  toglierli ogni mandato di Comando;

2°) di  aprire un’ inchiesta sul suo operato.

Nello stesso tempo da  mandato al Comando per Nord Emilia di raccogliere tutta la  documentazione sul caso in questione.

IL COMANDO GENERALE

Comando Unico  Operativo

Della provincia di Parma

ALLA PRIMA BRIGATA JULIA

ALLA SECONDA  BRIGATA JULIA

ALLA  BRIGATA  BERETTA

… perché mandino elementi

D’ordine

IL  CAPO DI  STATO MAGGIORE

OTTAVIO

Tra i primi documenti trasmessi dal <C.U.> ai  comandi di brigata troviamo questa  nota del 6  settembre 1944 con cui si  apre un’inchiesta sul <caso Lucidi< promossa dal Comando generale del C-V.L. di Milano. Il precedente 3 agosto e sempre a proposito di < Lucidi>, lo stesso Comando aveva scritto:< Siamo stati informatiche  mentre era stato creato un Comando Unico  per  tutta  la Provincia, affidato  a un  generale, nella regione dell’Alta Val Taro era stato costituito un altro Comando assunto  da un colonnello. Precisiamo che quest’ultimo non ha  avuto  a questo scopo investitura dal  Comando scrivente, né sarebbe stato in suo potere di  dargliela in quanto è  norma  generale per il nostro Corpo Volontari che i comandi sorgano con il consenso delle formazioni  interessate.

Il Colonnello predetto era stato  a sua  tempo incaricato di una  ispezione urgente alle  formazioni dell’Alta Val Taro, per controllarne l’efficienza militare in vista delle operazioni alleate che all’ora sembravano imminenti. Dalla straordinari e urgenza della situazione, egli doveva assumere ivi la  direzione delle operazioni militari. Non essendosi questa  ipotesi  verificata, detto  ufficiale non può avere in zona nessun’ altra autorità che quella che  possono dargli le formazioni  e gli organi locali>. Da  talune affermazioni contenute  in quest’ultima comunicazione  è facile rilevare una sostanziale disinformazione dei  estensori  in senso  al  Comando Generale circa  la situazione della Resistenza in Emilia.

Infatti al momento della  compilazione della  nota su  riportata il Comando Unico dei partigiani della provincia di Parma non era  ancora stato costituito e, quindi, ovviamente, non esisteva  nessuna alcun generale addetto al  comando del medesimo. Probabilmente s’intendeva far  riferimento al progettato Comando del Nord Emilia,  che  era  tutt’altra  cosa, e al suo Comandante <in pectore<  Generale Roveda, che tuttavia entreranno in funzione soltanto qualche settimana più tardi degli eventi considerati,. Questa  grossolana imprecisione  basta da sola  a dimostrare l’inattendibilità degli elementi di  valutazione  e giudizio di  cui  dispone il Comando Generale a proposito del caso <Lucidi>.

Quando poi, nella successiva nota del 6 settembre, si  passa a leggere <  presa visione delle accuse mosse >( che per altro si evita di  specificare), allora  non occorre  molto a comprendere che l’informazioni fornite al riguardo al Comando di Milano, più che  peccare d’imprecisione, cosa eventualmente attribuibile a semplice  trascuratezza, erano volutamente fuorviati, cioè  frutto di  mistificazione intenzionale. Diciamo quindi, per  rispetto della verità, che  le capziose accuse mosse al Colonnello Lucidi rientrano nello spregiudicato gioco di  qualche  vertice di partito impegnato al centro, mentre gli altri combattono, a manovrare dietro le quinte per ipotecare il massimo spazio politico, e quindi di  comando, nell’area della Resistenza. E questo è il sistema  usato per tentare  di  sbarazzarsi  d’un concorrente scomodo nella  nostra zona prima  che  la  sua  posizione di  rilievo di  prestigio vi  si  consolidi definitivamente.

Quale la  possibile accusa per il comportamento del < Lucidi > nelle recenti azioni di  guerra>> cioè nel  rastrellamento di luglio, dove egli si  adoperò – come tutti gli altri capi  locali-  per fronteggiare  la situazione nell’unico  modo consentito, ciò  è quello  di non opporre velleitarie resistenze alle  forze  nemiche in campo venti e più volte superiori alle  nostre? Si doveva forse  tentare una resistenza a oltranza, una  contrapposizione frontale puramente  suicida, pagandola con chissà quante inutili perdite nelle  nostre file, cosa di  cui, giustamente, alla fine  il Lucidi sarebbe stato considerato un irresponsabile?

E quale > abuso di  potere< consumato dal Colonnello. Giunto quassù da solo e senza altra pretesa che quella di mettere a disposizione la  propria  preparazione  militare, la  propria  volontà di  battersi per la  causa comune?    Forse la sua  nomina al Comando di  coordinamento  era stata in qualche  modo  imposta o estorta alle brigate dell’Alta Val Taro e  non il frutto d’una autonoma decisione  collegiale?         Il Comando Generale  scrive che il Lucidi >  non poteva                avere in zona nessun’atra autorità  di  quella che possono dargli le  formazioni e gli organi locali > e che  <  i comandi  sorgono con il consenso delle formazioni  interessate <

Mi domando se questo non è precisamente il caso della  nomina del Col. Lucidi e della  costituzione del Comando di Compiano. Qualora non ne  fosse  stato impedito dalla  prematura scomparsa, nessun dubbio che > Lucidi> avrebbe  facilmente  smascherato le  false  testimonianze e le accuse, dimostrando la  piena validità del suo operato,  al  quale va  ascritto anche  il merito di  aver  anticipato di qualche  prezioso mese  la  maturazione d’una  mentalità e d’ un assetto che  così utilmente troveranno più compimento  nella  costituzione del Comando unico delle  forze partigiane della Provincia.

Del Resto, già quando la  morte lo  ha  tragicamente sorpreso il  3 agosto  sui  crinali Liguri, dai Due Santi, egli era incamminato verso Borgotaro, dove le  brigate, per mezzo di < Franco> e del Dott. Mario con cui  s’ erano appena abboccate a questo  scopo, lo  invitavano a rientrare per riprendere il suo posto di comando. Ma  ai due Santi il Colonnello era stato  bloccato da una  colonna  tedesca sorta  improvvisamente sul suo cammino e, all’ingiunzione di  consegnare lo zaino che  custodiva documenti e cassa  del comando, estratta di  tasca una  pistola, s’era sparato alla testa piuttosto che  consegnarsi al nemico. A noi  di  ricordare  con  rispetto e riconoscenza  la  figura solitaria di  quest’uomo, che ingiustamente rimarrà a lungo emarginata  dalle  cronache della resistenza dell’Alta Val del Taro, dove  ha svolto un ruolo particolare rilievo, anche se così  malamente ripagato.

Un Uomo e un Soldato venuto quassù a  morire da  valoroso >  per qualcosa in cui credeva<  come  bene  scriverà di  lui Piero Pelizzari, suo aiutante Maggiore.

 

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia                                                                           (10.9.1944,)

OGGETTO:    Relazione sui fatto d’armi di Berceto  – Calestano del  giorno” 10/9/44

RELAZIONE

Il giorno 10 Settembre1944 – veniva segnalato il passaggio di un’ autoambulanza tedesca sulla strada Berceto-Calestano. Una squadra prontamen­te accorsa sorprendeva l’autovettura nel ritorno in località Casa-Salvatica. In considerazione che si trattava di una piccola autoambulanza, veniva rilasciata dopo accurata perquisizione ed aver proceduto al disarmo dei due soldati tedeschi.

Sono state recuperate Ndue pistole.

IL COMMISSARIO                          IL COMANDANTE

(GIORGIO)                                          (DRAGOTTE)

Comando Unico Operativo

della provincia di Parma RISERVATA

N. 141 / CU. di prot. 16 settembre 1944

AI COMITATI DI LIB. NAZ. DI PARMA (sez AE B )

vi trasmettiamo copia di un fonogramma pervenutaci in questo momento dal Comando alleato affinché provvediate nei limiti del possibile a darci qualche informazione in merito con la massima urgenza:

>> Abbisognano urgentemente informazioni sul tipo, materiale, dimensione, et numero nuovi pilastri costruiti dai tedeschi fra i pilastri sostenenti ponte a Pontelagoscuro. Dateci dettagli nuovo ponte un Km. a Nord ponte di Ostiglia: fotografie mostrano ponte per 2/3 su pilastri da riva.

Erge parzialmente su pilastri da riva sud. Dite se pilastri affondati in base di cemento et se centro del ponte è formato da pontoni. Sembra ponte usato da ferrovia. Informazione richiesta urgentintissime. Assoluta

Il COMMISSARIO POLITICO p.IL COMANDANTE

MAURI LIBERO

Competenti territorialmente per l’ indagini i C.L.N. di parma per le zone- A) e B), ma il >>CU. l’ha estesa anche a tutte le sue brigate nel caso che qualcuno dei loro uomini provenienti dalla zona di Pontelagoscuro e al corrente delle notizie così urgentemente richieste la Comando Alleato sia in grado di fornire >> in presa diretta>>.

E’ interessante notare che questa comunicazione del >< CU>> è firmata dal Vicecomandante del Comando stesso, Libero, futuro Comandante della 1° Brigata Julia

Comitato di Liberazione Nazionale di Parma    Parma, 16/9/44

AL COMANDO UNICO

AL COMANDO DI PIAZZA PARMA

 OGGETTO:    apoliticità delle formazioni partigiane.

 Questo comitato ha constatato che contrariamente alle direttive ema­nate a suo tempo dal Comitato centrale e allo spirito di sano patriottismo che deve animare le formazioni partigiane, queste hanno assunto nella nostra Prov. uno spiccato carattere di partito. Esso é caratterizzato dalla esibizione di emblemi, vessilli e indumenti di colore, nonché dalla propaganda dipartito svolta dai C.p. in seno alle formazioni. Troppo spesso un giustificato spirito di corpo degrada meschinamente in senso di settarismo che porta la disunione tra gli stessi comandi di Brigata e di distacc., minacciando di diventare un elemento disgregatore dell’efficienza militare delle formazioni stesse. Preso atto ditale pericolosa situazione, questo Comitato dispone nel modo più assoluto e categorico, codesto comando intervenga tempestivamente presso i reparti da lui dipendenti perché venga immediatamente eliminato detto inconveniente.

E specificatamente ammonisce che:

l°)        Nelle formazioni non deve essere svolta nessuna propaganda di partito. I partigiani devono essere animati esclusivamente da uno spirito di puro patriottismo e di leale emulazione nella realizzazione dei programmi di liberazione dal giogo nazifascista. La cittadinanza e la provincia tutta guarda ai giovani della montagna cercando in loro le caratteristiche dei patrioti e non dei settari. Essi non devono tradire la fiducia del popolo. I Commissari politici nei loro contatti coi reparti devono svolgere immedia­ta e attiva propaganda tesa a questo unico  scopo.

2°) Non sono ammessi distintivi di colore.

Deve pertanto vietarsi immediatamente che i partigiani si fregino cami­cia e berretti con emblemi di partito quali falce e martello, stelle rosse a sei punte, e di distintivi di qualsiasi altra corrente politica. Un solo ed unico segno deve fregiare il petto e le armi dei patrioti: la Stella d’Italia a 5 punte ed il tricolore sotto forma di coccarda, bracciali, fazzoletti ecc. Si allega in proposito copia della circolare n. 61 del Comando generale affinché codesto Comando ne prenda atto e si comporti in merito. Sono ammessi in sottordine i distintivi di Brigata quale manifestazione dell’attaccamento al proprio Reparto e Comandante.

3°)       La bandiera ufficiale dei patrioti è quella tricolore. La bandiera e gagliardetti di partito o di locale creazione devono immediatamente scomparire dalle formazioni. Unico vessillo è la bandiera tricolore: una per ogni brigata dalla forma quadrata di cm. 90×90 portante nel bianco il nome della stessa. I distaccamenti devono avere il gagliardetto triangola­re tricolore. Si richiama l’attenzione di codesto Comando sui tre punti sopra esposti: data l’importanza dei provvedimenti da adottare che hanno riflesso pratico sulla efficienza delle formazioni, questo Comitato esige la tempestiva diffusione delle direttive di cui sopra in seno ai comandi di brigata e nei distaccamenti e attende sollecita assicurazione di avere ottemperato alle stesse.

W.       l’Italia libera!

IL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE

            p.c.c.

IL CAPO DI STATO MAGGIORE

                OTTAVIO

Con questo drastico intervento, il C.L.N. di Parma stigmatizza lo «spic­cato carattere di partito assunto nella nostra Provincia >> dalle Formazioni partigiane, contro il << sano patriottismo >> che le deve invece animare. E una tendenza alla politicizzazione che si osserva in genere nelle brigate partigiane direttamente organizzate dai partiti, in particolare nelle << Brigate Garibaldi >>. Un richiamo a non confondere la lotta ispirata agl’ideali che uniscono tutti i partigiani, cioè la lotta per la liberazione della Patria e la conquista della democrazia, con quella fatta in nome d’una specifica ideologia o classe politica che li potrebbe invece dividere, lo si troverà non molto dopo, il 26 novembre 1944, anche in una nota interna della stessa Federazione comunista di Parma presumibilmente destinata ai propri esponenti partigiani. «Insurrezione di tutta la Nazione non insurrezione di un solo partito o di una sola classe, non insurrezione comunista o socialista.

Per questo noi vogliamo che il movimento sia un movimento unificato di tutti i combattenti della libertà». E, con riferimento ad alcuni casi di settarismo rilevati nelle proprie file: «Esempi del genere, che i nostri compagni affermino che lottano per fare la rivoluzione proletaria oggi, devono cessare: è un’opera disgregatrice, quella che fanno, e null’altro». Con questa presa di posizione il P.C.I. Parmense non farà che allinearsi alle direttive ricevute dall’alto dopo la cosiddetta «svolta di Salerno». Il 14 marzo 1944 Togliatti, reduce dal suo annoso soggiorno russo e forte delle direttive ricevute da Stalin, in un incontro col nostro mondo politico avvenuto a Salerno, aveva annunciato che i comunisti italiani non miravano, come molti ritenevano, allo scontro frontale con il nostro sistema, ma piuttosto a inserirsi nel sistema e far parte dello stesso Governo del re, accantonando perfino la pregiudiziale verso Vittorio Emanuele III per la sua immediata abdicazione a favore del figlio, sostenuta invece fino a quel momento dagli altri partiti antifascisti.

È una svolta netta e imprevista nella strategia e nel modo di essere comunista in Italia, che porta il P.C.I. a legittimarsi nel nostro contesto istituzionale, operando sul piano del confronto dialettico e programmatico, ancorché spesso in termini aspri e agitatori, piuttosto che su quello di un rifiuto pregiudiziale ed urto rivoluzionario nei riguardi delle altre forze politiche del Paese. Una linea che non esclude la ricerca di concordanze e spazi di collabora­zione con queste forze, e ciò, ovviamente, in primo luogo sul terreno della Resistenza.

E questa è appunto la linea ispiratrice della nota citata dalla Federazione comunista parmense contro il settarismo di qualche frangia un po’ spinta di gregari; tema sul quale essa è stata preceduta dal C.L.N. provinciale (dove peraltro i comunisti son ben rappresentati), che ne ha fatto oggetto del severo richiamo all’apoliticità delle Formazioni partigiane qui riportato. Richiamo tuttavia che a torto è stato generalizzato, in quanto la situazione lamentata tocca solo alcune delle brigate partigiane operanti nella nostra Pro­vincia. La 1ˆJulia, a esempio, come in queste pagine è stato più volte sottolinea­to,  una delle brigate che non coltivano ideologie a senso unico, non innalzano vessilli di partito, non hanno altra bandiera che il tricolore, simbolo di tutti gl’italiani. Ma evidentemente si è preferito di rivolgersi a tutti in modo impersonale perché intanto incomincino a prender atto del richiamo quei soli cui in realtà esso è diretto.

            

Comando 1ˆ Brigata Julia                                                                                   N. 151 di Prot.
                                                                                                                                 17.9.1944

ALLA MISSIONE AMERICANA

Sua Sede

DICHIARAZIONE

Il Comando della 1a. Brigata Julia dichiara che nella notte del 26 settembre sono stati accesi i fuochi regolamentari per la raccolta del lancio in località Cascina di prato Piano Nord del Molinatico.

L’apparecchio evidentemente di nazionalità nemica ispezionava la zona dei fuochi. Nessun lancio veniva effettuato.

IL COMMISSARIO                                     IL COMANDANTE

Il 17 settembre un «lancio» era previsto a Prato Piano, sul Monte Molina­tico.

Fra breve tempo, consolidandosi il nostro controllo più o meno stabile su vaste zone territoriali interne, gli aviolanci saranno diurni, facilitando agli aerei alleati la localizzazione dei punti di sganciamento dei materiali paracadutati, nonché di quelli gettati senza paracadute (cioè, questi ultimi, i materiali che non temono urti, a esempio indumenti) Questo lancio, al contrario, è ancora di quelli notturni, di quelli che avvengono nel buio della notte, in remote spianate di montagna in mezzo ai boschi (come, appunto, quella di Prato Piano), con segnalazione di grossi falò accesi in allineamento geometrico attorno all’epicentro della zona convenuta per lo sganciamento.

Ma può accadere – come questa volta è accaduto – che l’aereo alleato sia battuto sul tempo da un apparecchio tedesco; nel qual caso la squadra partigia­na preposta al ricevimento del lancio avrà la sgradita sorpresa di ricevere, invece … ., un nutrito lancio di spezzoni esplosivi. Questa è la conseguenza finale, occorre ammetterlo, del totale difetto di riservatezza (peculiarità tutta italica) in taluni nostri dirigenti. Il testo dei messaggi convenzionali, i cosiddetti «messaggi speciali» con cui il domando alleato, attraverso Radio Londra, preavverte le singole forma­zioni partigiane destinatarie d’imminenti aviolanci, testo che dovrebbe essere gelosamente custodito dai membri del comando della brigata, è invece noto a tutta Borgotaro.

E lo sport preferito dei possessori di apparecchi radiofonici è quello di mettersi inascolto ogni sera, ben tappati in casa con gli amici, e al volume di ricezione più basso se circolano ronde nemiche, delle emissioni pirate di Radio Londra, pronti a dare pubblico annuncio del lancio non appena venga trasmes­so uno dei nostri messaggi. (Messaggi che in questo periodo rispondono alle frasi convenzionali: << La strada è polverosa >>, << La ragazza è bruttissima >>  << La gavetta è piena >>. Così nella nostra popolazione, che è tutta per i partigiani, la notizia si diffonde rapidamente e monta, con l’entusiasmo, la frenetica attesa.

Ed è bello respirare questa atmosfera di unione fraterna fra popolazione e combattenti; questa comune ansia di lotta e di liberazione dal nazifascismo. Ma c’è un rovescio della medaglia: nella pur esigua cerchia dei suoi residui simpatizzanti locali e fra i circa tremila sfollati dalle città bombardate ospiti del territorio borgotarese, volete che il nemico non abbia qualche spia pronta a captare e riferire anche notizie del genere? Non c’è quindi troppo da stupirsi se alle squadre partigiane addette agli aviolanci può accadere qualche fuori-programma come questo del 17 settem­bre.

Comando Unico Operativo

della Prov. di Parma                                                                                  N. 167 di Prot. C. U.
                                                                                                                    19 settembre 1944

AL COMANDO DELLA BRIGATA JULIA

AL COMANDO DELLA BRIGATA BERETTA

AL COMANDO DELLA BRIGATA VOLANTE (Bill)

OGGETTO:    Collegamenti.

Trasferendosi questo Comando in altra sede il collegamento avrò luogo come segue. Le Brigate 1ˆ Julia e Berretta avvieranno le proprie staffette a Valbo­na (Corchia), ove sarà costituito, a cura di questo Comando, un centro collegamenti dal 21 settembre p. V. Si raccomanda nuovamente l’invio quotidiano delle staffette anche se non dovesse esser fatta nessuna segnalazione, tenendo presente che la staffetta stessa deve riportare alla propria Brigata la posta di questo Comando.

d’ordine

IL CAPO DI STATO MAGGIORE

OTTAVIO

Il «C.U.» trasferisce la propria sede in una nuova zona ritenuta più funzionale alla sua attività e che si evita di render nota per ovvi motivi di sicurezza. E invece comunicato il luogo destinato a centro di collegamento, situato in una località posta a qualche distanza dal Comando, al quale faranno capo le staffette porta ordini del <<C.U.>> e quelle delle varie brigate, per il recapito delle reciproche comunicazioni. Il centro, diretto da un coordinatore, è appunto organizzato allo scopo di assicurare un costante e celere scambio informativo fra il comando provinciale e le unità da lui dipendenti.

Le staffette si servono, su certi percorsi dove ciò e possibile, di mezzi di spostamento come la motocicletta e la bicicletta, su altri del cavallo; altrimenti, e il più delle volte, vanno a piedi.

E questi uomini veramente hanno le ali ai piedi anche su ripide scorciatoie e accidentati percorsi di montagna, trasmettendo con rapidità, spesso a notevoli distanze, notizie e ordini di cui sono latori. Hanno muscoli e cuore ben temprati e la precisa coscienza del compito loro affidato, che deve supplire per i comandi partigiani (salvo rari casi e limitai circuiti in cui ci si può avvalere del telefono) alla mancanza di questo che in guerra e un elemento fondamentale: il rapido collegamento informativo. Noi della 1ˆ Julia vantiamo delle ottime staffette, gente allenata alle lunghe marce e pratica dei nascosti percorsi di montagna; e fra esse mi piace citare in particolare «Max», uomo di poche parole e gambe leste, pronto ad avventurarsi nei sentieri del bosco anche la notte, orientandosi e facendosi strada assai meglio, lui cieco di un occhio, di molti altri montanari che gli occhi li hanno tutti e due.

Volontari della Libertà

E Brigata Julia                                                                                                   N.10
                                                                                                                       20 settembre 1944

Il Tribunale Militare della la Brigata Julia ha condannato a morte il fascista repubblicano (. . . ), nato a (. . . ), residente … .), colpevole di aver denunciato ai tedeschi l’ubicazione di un patriota durante un rastrellamento. In seguito a tale denuncia il patriota venne ucciso. Si certifica che il fascista in parola era Commissario de/fascio di….), comandante del locale plotone delle Brigate Nere e all’atto dell’arresto fu trovato armato.

All’imputato furono impartiti gli uffici religiosi. L’ esecuzione é avvenuta alle ore 20 del giorno 4 settembre 1944 in località Casa Bruciata sul Monte Montagnana alla presenza del Commissa­rio del distaccamento Gardelli. Il giustiziato é stato sepolto nelle vicinanze del luogo di esecuzione.

IL COMMISSARIO                                                   IL COMANDANTE

        GIORGIO                                                                DRAGOTTE

Prima Brigata Julia                                                                                               N. 108 di prot.
                                                                                                                                li 14/10/44

AL COMANDO UNICO

A TUTTI I DISTACCAMENTI DELLA 1ˆ BRIG. JULIA

Il          Comando di Brigata rende noto che in data 1° ottobre 44 sono stati giustiziati in località  Monte della Tagliata ed ivi sotterrati i seguenti Militi appartenenti alla 35 Brigata nera «BARATTINI»:(. . . ) residente a(…

—        Sergente.

(.          . . ), residente a (. . . ) — sergente — ( . . . ) abitante a (. . .) – Milite. I suddetti erano stati fatti prigionieri il 29/9/44 a Va/mozzo/a (Parma). Sono stati giustiziati perché fascisti irriducibili, delinquenti abituali e ele­menti pericolosi da tenersi in un campo di concentramento.

  IL COMMISSARIO                        per IL COMANDANTE

      GIORGIO                                                  CORRADO

Le esecuzioni capitali ordinate dal Tribunale di brigata costituiscono l’aspetto più angoscioso della guerra civile ma anche una risposta purtroppo ineluttabile alla minaccia delle altrui insidie.

Situazione armi e munizioni del Distaccamento Zanrè

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia Circolare N. 9
                        X. 20.9.44

Situazione armi e munizioni del Distaccamento Zanrè

Mitragliatori BREN N. 3

Caricatori per BREN N. 27

Munizione per Bren N. 2000

Altri mitragliatori N. .1

N.        //

N.        //

Munizioni per Mitragliatori N. 300

STEN N.9

Carabine N. 8

Moschetti N. 8

Fucili N. 2

Ta-Pum N. 9

__ Remington e simili N. 7

Bombe a mano italiane N. 4

» »       inglesi Sip N. 60

—        —        — BallerineN. 10

—        —        — tedesche N. 4

Mitra italiani N. 5

Parabellum tedeschi N. 2

per IL COMANDANTE

DEL DISTACCAMENTO

FRANCO

Armi di fabbricazione italiana, inglese, russa, americana; «Ta-pum» bombe a mano strappate in combattimento ai tedeschi: un assortimento davvero da collezionisti quello del distaccamento «Zanrè». Peccato per quelle sole 2.300 munizioni da spartire fra quattro fucili I mitragliatori, anche se in rapporto alla nostra consueta ristrettezza di riserva di colpi esse sono già qualcosa.

1ˆ Brigata Julia

            Distaccamento di Borgotaro                                                    Borgotaro, 20/9/944 ore 18

AL COMANDO I BRIGATA JULIA ZONA X.

A seguito della lettera di oggi Vi informo che gli ostaggi sono stati rilasciati tranne che «Bill» ed altri due.

Ritengo quindi indispensabile sollecitare una immediata decisione da parte della Divisione, poiché è  qui atteso il capitano della gendarmeria «SS» che era stato prelevato alla Manubiola, per cui la situazione di Bill è divenuta critica, per il pericolo che egli venga riconosciuto.

Se la divisione potesse disporre di prigionieri per il cambio fate in maniera che ne possiamo quindi venire informati tempestivamente.

UFFICIO INFORMAZIONI

LUPO

Il capitano delle «SS» catturato alla Manubiola è il cap. Müller Tenuto poi prigioniero nel sotterraneo del Comune di Compiano e colà visitato e malmenato da alcuni partigiani violenti e irresponsabili, esso, una volta rimasto libero a seguito del rastrellamento tedesco di luglio, si era feroce­mente vendicato mettendo a ferro e fuoco con le sue «SS» le località che aveva intuito essere i luoghi d’origine di quei partigiani, cioè i villaggi di Strela e Cesereto, dove aveva incendiato casolari e ucciso numerosi civili inermi.

Ecco perché in vista della sua venuta si teme per «Bill», che alla Manu­biola aveva partecipato alla sua cattura ed ora è trattenuto come ostaggio dai tedeschi.

Volontari Della Libertà

1a Brigata Julia

N°6 di Prot. x.20.9.44

 AL COMANDO OPERATIVO

Vi trasmettiamo l’elenco dei caduti della Brigata Julia:

RUGGERI PETRO (Pietro) morto il 9.4.44 a Montevacà (Bedonia)

PISCIMA MARIO ( Ribelle) morto a Pontolo il 6.6.44 a Pontolo (B.Val di Taro)

DALLARA REMO ( Esonero ) morto il 15.6.44 a Borgotaro

ANTOLINI BRUNO ( Guelfo) morto il 30.6.44 a Ghiare di Berceto

BASSANI CESARE ( Sam) moto il 27.4.44 a Borgotaro

MARCHINI ADOLFO ( Dolfo ) morto il 2.7.44 ad Albareto

ERRICO VINCENZO ( Vitto ) morto il 8.7.44 al Passo del Bratello

BOZZIA GINO ( Guelfo ) morto il 8.7.44 al Passo del Bratello

ZANRÈ ALBERTO ( Tarolli) morto il 15.7.44 Gotra (B. taro )

MARCHINI ROBERTO ( China ) morto il 3.8.44 a Zeri ( Pontremoli )

ulteriori dati verranno trasmessi a Vostra richiesta

IL COMMISSARIO IL COMANDANTE

Volontari Della Libertà

            1ˆ Brigata Julia N. 8 di Prot.
                        
X. 20.9.44.

AL COMANDO UNICO OPERATIVO

 Materiale lanci Prato Piano

Vi trasmettiamo l’elenco del materiale contenuto nei 20 Bidoni facenti parte del lancio effettuato a Prato Piano (Molinatico) in data 15 c. m.

N.        3 Bidoni di esplosivo Plastico con miccia nera,

N.        6 Bren Machine Guns,

N.        12.000 colpi per ogni mitragliatrice Bren,

N.        150 Bombe a mano Ballerine,

N.        260 Bombe a mano Sip,

N.        30 Fucili,

N.        3 Cassette munizioni per Sten,

N.        2 Lanciagranate, (20 Colpi per ciascuna),

N.        4 Coperte,

N.        1 Telo,

N.        4 Rotoli nastro isolante,

N.        4 Scatole Silica-gel.

IL COMMISSARIO                                                     IL     COMANDANTE

      GIORGIO                                                                        DRAGOTTE

Questa la nota del materiale paracadutato da aerei alleati con il  <<lancio >> del 20 settembre destinato alla nostra brigata. Il primo aviolancio nel parmense è avvenuto sul Monte Orocco, sopra Spora, presso la Cascina Bertazzi, nella notte del 21 marzo 1944. La notte successiva è seguito un nuovo lancio. C’erano armi, esplosivo e vestiario. Gli uomini addetti alle segnalazioni a terra e alla raccolta dei materiali paracadutati, rimasti per più notti ad aspettare all’ addiaccio sulla neve, avevano salutato con grande entusiasmo l’atteso evento e, attraverso i grandi apparecchi alleati venuti a lanciare preziosi armamenti e rifornimenti, si sentivano simboli­camente uniti alle forze angloamericane impegnate nella comune lotta di libera­zione.

Ecco come Carlo Squeri, nel suo libro << Quelli del Penna >>, riportandolo dal <<Diario di Nibbio >>, ricorderà quei lanci emozionanti: << Stasera si va al lancio. Al tramonto la squadra tutta armata in assetto di battaglia con in saccoccia un pezzo di formaggio e mezza pagnotta si avvia su per l’erta sassosa dietro due muli carichi di paglia imballata. Si va al lancio. I contadini che tornano dai campi sorridono e salutano con cenni d’intesa e di augurio. Stanotte le mamme dovranno faticare a tener calmi i più piccoli che a orecchie tese non vorranno addormentarsi e al primo ronzio si precipiteranno alla finestra per salutare il colosso invisibile che volteggerà su e giù, di qua e di là, riempiendo la valle del suo ruggito rabbioso e metallico.

Due buone ore di marcia nella notte e il campo di lancio è raggiunto. La paglia e la ramaglia a mucchietti vengono disposte secondo il disegno d’intesa, quindi il gruppetto si stringe a ridosso d’un ceppo gigante di faggio sotto le poche coperte che si son caricate sui muli. Fa un freddo cane. Impossibile dormire; non c’é neanche bisogno di stabilire un turno di guardia. Pedro sta parlando degli inizi e tutti lo ascoltano attenti.

— <<Abbiamo fatto l’inverno con pochi moschetti; alcune rivoltelle e una mitragliatrice da carro armato scassata e senza un colpo.

— Come potevate pensare di organizzarvi? Avevate già in vista il lancio?

— Neanche per sogno. Non ci si pensava affatto alla possibilità di un lancio.

L’entusiasmo ci rendeva ciechi. Tramavano, preparavano dei piani senza accorgerci ch’erano senza fondamento per mancanza di mezzi. Gli anziani ci definivano pazzi. Si andava alla caccia di vecchie rivoltelle scassate e arrugginite con l’istinto e l’odorato dei cani da caccia. Avevamo la malattia dell’arma come gli affamati devono avere quella del pane. Quando il Comando riuscì a prendere contatto tramite il maresciallo dei carabinieri di Rezzoaglio con il servizio segreto alleato ci sembrò di toccare il cielo con un dito.

Attendemmo settimane e settimane e finalmente una sera Radio Londra trasmise il nostro messaggio. L’entusiasmo si rinnovò, divenne contagioso; l’attesa ci consumava l’anima e ci irrobustiva la fede. Poi il primo lancio. Eravamo a cavallo. Lo abbiamo avuto sull’Orocco. C’era ancora la neve sino al ginocchio. I primi sten ci andarono alla testa. Con quelle armi ci sentivamo invincibili. Alcuni giorni dopo partimmo in azione contro S. Stefano e l’Osservatorio di S. Lorenzo. Furono le prime vittorie».

Un ronzio lontano fece trattenere a tutti un respiro. Qualcuno si leva di scatto: «Eccolo, arriva. — State fermi. Aspettate il segnale, prima deve prende­re direzione -». Il ronzio, molto alto, passa sopra e prosegue verso nord. «Va all’inferno! Deve essere tedesco. Che ora è?». « Mezzanotte passata». Il gruppetto si ricompone sotto le coperte a ridosso del ceppo. Qualche minuto di silenzio corroso ad un tratto da un ronzare lontano e persistente in un crescendo d’avvicinamento.

«Ecco; ora è lui! La direzione è giusta. Pronti ai fuochi!»

La macchina ci sorpassa, picchia sensibilmente più a nord sforzando il motore.

<< Fuoco! >>

Il riflesso di fiamma fuga la notte intorno. Nessuno bada al gioco dei riverberi e delle ombre. Tutta l’attenzione è assorbita dal gemito metallico e rabbioso che si sprigiona da un punto invisibile roteante nella notte più alto, più basso, più a Nord, più a Sud. Ecco s’allontana. Ritorna rabbioso verso di noi a capofitto; un razzo orizzontale sfreccia e subito si spegne. Sgancia. C’é chi urla, chi comanda, chi commenta. Una teoria di informi ombre scure al limitare della zona di riflesso s’è afflosciata a terra appiattendovisi.

Tutti si gettano sopra gli involucri giganti..

—        Queste sono armi.

—        Qui dentro ci devono esser indumenti.—

—        Ecco l’esplosivo.

Diritto in mezzo ai fuochi, immobile cercavo invano d’indovinare l’ombra veloce del trimotore che volteggiava lanciando; attonito osservavo attorno l’agitarsi dei compagni, il moltiplicarsi delle immobili grosse ombre sparse per il prato e mi stropicciavo gli occhi per la paura di sognare.>> Nel marzo 1944 la 1ˆ Julia non era ancora stata formata, ma del Gruppo partigiano <<Monte Penna >> destinatario di quel primo lancio facevano parte, con a capo il S. Tenente Giuseppe Del Nevo «Dragotte», numerosi borgotaresi e altri uomini che l’avrebbero costituita soltanto qualche mese più tardi.

Il lancio sopra Spora era stato ottenuto per tramite del Maresciallo dei Carabinieri di Rezzoaglio (in realtà un agente del servizio segreto militare italiano), che era in contatto diretto con il gruppo OTTO (Organizzazione territori temporaneamente occupati), il quale operava dal suo centro rice­trasmittente clandestino di Sestri Ponente, avvalendosi, fra gli altri, di tre radiotelegrafisti sbarcati in quei pressi da un mezzo della marina militare inglese.

Il Gruppo, guidato da Costanzo Repetto e formato da ufficiali dell’eserci­to e da civili, organizzava sabotaggi, procurava informazioni militari agli alleati, curava il collegamento del Comando alleato di Algeri con i nuclei della Resi­stenza partigiana nel Nord Italia e organizzava gli aviolanci. Ma alla fine di marzo tutti i suoi componenti, impegnati in una così audace e rischiosa attività, erano stati scoperti e arrestati dai tedeschi (riuscendo poi fortunosamente quanto fortunatamente a fuggire e a reinserirsi nella Resi­stenza presso le brigate partigiane «autonome» del Piemonte).

Venivano così a cessare i collegamenti via etere della Resistenza parmense,con gli alleati, fino a che, il 23 luglio 1944, per un errore del pilota dell’ aereo cheavrebbe dovuto paracadutarle nel pavese, venivano lanciate nella Valle del Taro, e precisamente nel territorio della 1ˆ Julia, le missioni alleate «Renata» e «Jach», comandate rispettivamente da Piero Boni e da Giuseppe Battaglia e composte da radio operatori e da sabotatori arruolati nell’ «Office Strategic Service» alleato.

Messesi in contatto via radio con il loro comando per informarlo della loro errata localizzazione e dell’esistenza in questa Provincia di un forte movimento partigiano in via d’espansione, si decideva che la missione Boni si installasse per lo svolgimento dei suoi compiti nella nostra zona. Dove poi, al momento della costituzione del «C.U.», veniva aggregata a tale organismo.

La missione Battaglia, invece, doveva proseguire per Milano e cercare di raggiungere la sua destinazione originaria con l’aiuto del «C.L.N.A.I.» tentan­do il non facile compito di tirarsi dietro le sue preziose ma compromettenti attrezzature ricetrasmittenti. E invece queste, spedite in una anonima cassa, di cui peraltro il corriere locale incaricato di trasportarla fino a Parma aveva conosciuto da noi il contenu­to, erano state, per un’incredibile svista e fatalità, consegnate al domicilio del… Vice Segretario Federale fascista, cui i familiari avevano inviato un collo di analoghe dimensioni da Borgotaro.

Ma il corriere, accortosi poi dei proprio errore di consegna, con grande sangue freddo era tornato sui suoi passi, appena in tempo per fare, con una premura che tradiva la sua finta noncuranza, la sostituzione dei colli. La nostra guerra, per la sua natura febbrile e avventurosa, si combatte giorno per giorno sul filo di vicende di questa sorta.

1a Brigata Julia

                                                                                                     N. 15 di Prot. X. 21.9.44

AL RAGGRUPPAMENTO << GARDELLI >>

Provvedi ad inviare i dati dei patrioti non ancora elencati. Occorrono qualifica, nome e cognome, nome di battaglia, paternità; luogo di nascita, residenza, data di nascita, anzianità. Mandiamo i gradi per te, il Vice-Comandante ed il Commissario. Ti ricordiamo che non é possibile alcuna accettazione ed espulsione senza il Comando di Brigata. In settimana ti saranno inviati  i tesserini provvisori per i tuo Distacca­mento ed un blocchetto di buoni di requisizione. Facci pervenire al più presto un elenco, dei muli e cavalli che sono presso il tuo Distaccamento con i seguenti dati:

Nome e cognome del proprietario e data di requisizione ed eventuali annotazioni. Inoltre dovrai fare un elenco dei tuoi caduti e dei tuoi feriti con i dati sopraccitati ed in più data e luogo della caduta. Uniamo due copie da riempire sulla situazione armi e munizioni del tuo Distaccamento. Una copia la terrai ed una la restituirai a noi. Massima disciplina e severità.

IL COMMISSARIO            IL COMANDANTE

    GIORGIO                             DRAGOTTE

Una serie di istruzioni del Comando al Distaccamento «Gardelli» mentre la Brigata sta affrontando una intensa fase organizzativa.

Volontari della Libertà

            1ˆ Brigata Julia Circolare               N. 18
                                                                                                                                          XX, 24/9/44.

AI COMANDANTI DI DISTACCAMENTO

DELLA 1ˆ BRIGATA JULIA

 Memorandum da osservare e da far osservare

1)         Qualsiasi variante alla dislocazione del distaccamento deve essere ordinata da questo comando, tranne i casi di grande urgenza.

2)         1 patrioti in permesso non dovranno essere più del 10% dell’effettivo del distaccamento. Il comandante ne è responsabile.

3)         Il comandante o il vicecomandante dovrò essere sempre in distacca­mento. Nessuna assenza di entrambi è scusabile.

4)         Curare al massimo grado l’addestramento alle armi dei patrioti; la pulizia delle armi dovrò essere frequente. Inoltre i servizi di guardia e di pattuglia dovranno funzionare con la più grande scrupolosità, poiché dal loro funzionamento dipende la sicurezza e l’esistenza stessa del distaccamento.

5)         Le azioni militari che impegneranno il distaccamento al completo devono essere ordinate da questo comando. Sono escluse perciò le azioni di squadra o di pattuglia.

6)         Appena compiuta una azione militare informare immediatamente e dettagliatamente questo comando circa il risultato dell’azione.

7) Tenere sempre aggiornata in appositi quaderni la situazione uomi­ni, armi, munizioni e quadrupedi.

8)         Segnalare immediatamente a questo comando:

a)         dislocazione e consistenza delle forze nemiche che interessano il territo­rio di giurisdizione della nostra brigata. Le notizie dovranno essere raccolte e vagliate con molta cura.

b)         notizie circa i movimenti e l’attività delle truppe nemiche mettendone in rilievo i presumibili intendimenti.

c)         altre notizie di qualsiasi genere che possano comunque interessare ai fini delle operazioni.

Ciascuna brigata ha giurisdizione su una data zona di territorio. La zona della la Brigata Julia corre da Fornovo Taro a Borgotaro su tutto il versante sinistro del fiume. Salvo ordine specifico del C. U. elementi delle singole brigate debbono astenersi dal compiere operazioni di qualsiasi genere nelterritorio di un’altra brigata. I trasgressori devono essere disarmati, a qualsiasi brigata essi appartengano, e trasferiti a questo comando per i conseguenti provvedimenti.

10)       Nessuno potrà essere accettato nel distaccamento od espulso senza l’autorizzazione di questo comando. Gli elementi in questione dovranno essere inviati al comando con nota informativa.

11)       Massima disciplina e severità.

                  IL COMMISSARIO                           IL COMANDANTE

                     GIORGIO                                              DRAGOTTE

Volontari della Libertà

1ˆ Brigata Julia                                                                               Circolare                  N. 20
                                                                                                                                     
XX, 25/9/44.

AI COMMISSADI DI DISTACCAMENTO

DELLA 1a BRIGATA JULIA

Memorandum da osservare e da far osservare

Conservare tutte le circolari e comunicazioni che provengono da questo comando o da altre parti.

2)         Curare al massimo grado l’igiene del distaccamento. A quest’uopo cambiare di frequente la paglia dei giacigli.

3)         Sostituire i buoni di requisizione precedentemente emessi con quelli stampati.

4)         Specificare periodicamente a questo comando quali sono le più urgenti necessità del distaccamento.

5)         Inviare a questo comando l’elenco dei quadrupedi (muli e cavalli) sequestrati o che si sequestreranno con i seguenti dati: tipo della bestia nome del proprietario e sua residenza, eventuali annotazioni.

6)         Inviare a questo comando i dati dei patrioti non ancora elencati.

7)         Inviare a questo comando le tessere di riconoscimento che sono in più, e specificare il numero delle mancanti.

8)         Tenere il diario storico del distaccamento (azioni compiute, data e luogo dell’azione, numero dei prigionieri morti e feriti avversari e nostri, quantità e qualità delle armi catturate o perse, generalità e gradi dei prigio­nieri, rastrellamenti subiti ecc.).

9)         Inviare a questo comando un elenco completo dei caduti e dei feriti del distaccamento, con le generalità e una sintesi del fatto d’arme.

10)       È indispensabile che il distaccamento sia sottoposto ad una discipli­na di carattere militare, ma imposta con intelligenza ed equilibrio  mancanze di qualsiasi genere devono essere prontamente represse.

11)       I reati commessi dai patrioti sono giudicati dal tribunale militare della brigata. Quindi tutti gli indisciplinati e tutti coloro che disonorano il nome di patriota, dovranno essere inviati a questo comando con una nota informativa.

12)       Segnalare a questo comando per particolare premio od encomio, elementi che hanno compiuto atti notevoli.

13)       Il timbro del distaccamento serve per i lasciapassare, dichiarazio­ni, permessi dei patrioti, comunicazioni al comando ecc.. Il commissario ne è responsabile.

14)       Proibire saluti e simboli che non siano militari e patriottici.

IL COMMISSA1UO                                     p. IL COMANDANTE A.P.S.

            GIORGIO                                                      CORRADO

Contenuto di queste due comunicazioni è una serie di direttive e istruzio­ni del Comando della 1ˆ Julia ai propri distaccamenti.

Fra le tante mi soffermo in particolare su quella del punto 2) del foglio del 25 settembre, che, con riferimento alla situazione igienica, invita a effettuare frequenti cambi della paglia dei giacigli, facile ricettacolo di parassiti contro i quali non disponiamo di sufficienti insetticidi.

La paglia è l’abituale materasso del combattente, ma noi partigiani aveva­mo sperimentato anche una variante quando in precedenza si dormiva sulle foglie secche. In montagna, nelle caselle utilizzate per l’essiccazione delle castagne (im­portante risorsa alimentare di questa popolazione) ammassavamo sul pavimen­to sterrato un abbondante strato di foglie secche, sul quale veniva poi steso un resistentissimo telo di paracadute dei lanci.

L’intero interno del locale (una superficie per lo più intorno ai 25/30 metri quadrati) era così trasformato in un unico materasso, sul quale cammina­vamo in lungo e in largo o ci abbandonavamo a sonni profondi, dopo le lunghe marce diurne. Ci si addormentava vestiti e calzati, pronti ad accorrere al primo cenno d’allarme della sentinella, con il locale fiocamente illuminato da una lanterna ad acetilene regolata al minimo, le armi ai piedi.

Il pungente freddo notturno del bosco che filtrava dai muri a secco fino a primavera inoltrata, alle prime luci dell’alba ci spingeva infreddoliti all’aperto per accendervi grossi falò, raccogliendoci intorno ad essi o improvvisandovi animate danze alla maniera dei pellerossa.

Comando Unico Operativo della Pro. di Parma

,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,N. 192. CU di prot. 24 settembre 1944

AL COMANDO 1^ BRIGATA JULIA

Sua sede

Questo Comando ha avuto modo di rendersi conto come la prima Brigata Julia abbia svolto in questi ultimi tempi una mirabile attività di organizzazione del Comando con risultati concreti del suo funzionamento. In visite effettuate ha potuto rendersi conto come i reparti della brigata siano su un piede di ordine, organicità e disciplina, e rende dovuto elogio al Comandante ed ai suoi collaboratori. Attendere ora l’occasione di rivolgere elogio a comandanti ed uomini per l’attività militare, che deve essere intensissima in questi giorni ed all’altezza delle passate gesta dei patrioti della prima Brigata Julia.

IL COMMISSARIO POLITICO – MAURI IL COMANDANTE – PABLO

Bene ragazzi, è tutto a posto: si riparte!

A TUTTE LE BRIGATE DIPENDENTI

S’invitano tutti i comandi di brigata ( qualora non abbiano già provveduto 9 a costituire d’ urgenza una squadra di sorveglianza con competenza nella rispettiva zona d’influenza per la repressione dello spionaggio e del banditismo.

La squadra dev’essere costituita da pochi uomini intelligenti, in grado cioè di discutere>>prima facie>> i casi sopetti.

I nazifascisti permeano al montagna di spie sotto le sembianze più strane. Fare attenzione specie alle donne ed ai così detti partigiani isolati.

Nel dubbio le persone sospette debbono essere condotte al Comando e interrogate dal Commissario politico.

La squadra di sorveglianza deve inoltre dare la sensazione alla popolazione che nulla di comune hanno i patrioti con i rapinatori raccogliendo denuncia dei cittadini ed eventualmente intervenendo direttamente.

S’impone infine a tutti i patrioti la maggior serietà e riservatezza, vincendo il deprecato nostro spirito di vanagloria e di popolazione anche involontario dei segreti militari.

IL COMMISSARIO POLITICO IL COMANDANTE

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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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