
CERTIFICATO AL PATRIOTA
“ Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite, ringraziamo – Delmaestro Gino “ Volpe”- di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che anno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Con il loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà.”
Certificato n° Maresciallo HR. ALEXANDER Comandante supremo alleato Delle forze del Mediterraneo Centrale.
Il Partigiano ” Volpe”, di nome Gino Delmaestro,
Racconta le sue avventure contro i tedeschi nel febbraio 1944. Il comando fascista mise la pena di morte ai giovani del 1923-1924-1925 che non si presentavano alle armi. Io, Dellapina Ilmo e Vignali Bruno, il mattino dell’8 marzo 1944 per non recar danni ai nostri genitori decidemmo di presentarsi. Arrivammo alla stazione e, pur essendo controllati da pattuglie fasciste, non salimmo sul treno e, ci dileguammo tra la folla. Sotto al cavalcavia ci incontrammo per decidere il da farsi. Meta stabilita a Grifola. Cominciammo a marciare in fila indiana per non farci vedere. I venti centimetri di neve impedivano la nostra marcia. Giunti nel luogo suddetto, scegliemmo come rifugio le capanne ai piedi del Monte Molinatico. Durante il giorno ci spostavamo da una capanna all’atra. E la notte scendevamo alle nostre case per rimediare qualcosa da mangiare. Passammo diversi giorni in tre, ma poi decidemmo di formare un gruppo più numeroso e così vennero presi contatti con Delnevo Pietro ( Garibaldi ), con Falco e Battista e con altri partigiani che si trovavano a Cavignaga. Il nostro gruppo aumentava, eravamo ormai in otto: io, Mario Delmaestro, Giuseppe Delmaestro, Luigi Delchiappo, Bruno Vignali, Giovanni Capitelli, Adolfo Contini e Savino Ruggeri. Partimmo e, arrivati al Ponte di isola, trovammo ad aspettarci Falco e Garibaldi. Tutti insieme raggiungemmo Cavignaga e ci aggregammo agli altri ( ormai una ventina di unità ), al comando di Garibaldi e Falco. Il 20 maggio il gruppo si spostò al Monte Pelpi e in onore a questo il gruppo prese questo nome. Il comandante Garibaldi prese contatto con altri gruppi, in particolare con quello di Dragotte che si trovava ai Linari, ai piedi del Monte Molinatico per avere armi. Di giorno in giorno il nostro gruppo aumentava sempre di più e a fine maggio eravamo una quarantina. Gli spostamenti erano frequenti. Dal monte dove c’era il nostro accampamento, senza però una capanna per potersi riparare dalle piogge. Cambiammo zona e ci trasferimmo nei pressi di Caffaraccia, in località “ Armellino ” e intanto aumentammo di numero ( ormai 60 uomini ). Comandante divenne il Tenente Tagliaferri, mandato da Dragotte, nome di battaglia per questo tenente era Igor. Le armi in nostro possesso erano insufficienti, cercammo allora di procurarcene il più possibile attaccando la postazione fascista in località “ Pezze ” di Borgotaro.
Dodici fascisti furono fatti prigionieri e recuperaste numerose armi. Ci unimmo poi al gruppo del Molinatico e nel giugno dello stesso anno occupammo Borgotaro ottenendo poi il controllo del Passo del Brattello e l’ingresso alla Galleria del Borgallo. Il 21 luglio venne bombardata la Stazione di Borgotaro e, alcuni uomini, tra i quali Cesare Bassani ( Sam ) che si trovavano nella Galleria del Borgallo per impedire l’infiltrazione nemica, dovettero ripararsi alla Casarustica, vano il tentativo di uscire illesi dal bombardamento , perché proprio Sam venne colpito da una scheggia ad una gamba. Soccorso anche dagli altri compagni, dopo un giorno morì. Il 30 giugno lo stesso gruppo partigiano venne di nuovo messo a dura prova. Una colonna tedesca proveniente da Berceto con 10 camion e più cento uomini armati tentarono di raggiungere Borgotaro, vano il tentativo del gruppo Vampa di fermare la colonna ad Ostia P.se. Dragotte ordina al gruppo Pelpi di fermare la colonna e nonostante i pochi uomini a disposizione, vennero formati alcuni gruppetti appostati in diversi posti alla Pieve di Borgotaro.
La prima postazione era formata da due fucili mitragliatori usati dai fratelli Fortunati Mauro e Luciano, ed i fratelli Bassani e Ciccio, Ruggeri Gino e Iro. La seconda postazione formata da 24 uomini con armi leggere, prese posto a Calcinaria di Frascara. All’arrivo della colonna nemica cinque dei nostri uomini: Volpe, Garibaldi, Lampo, Cavur, e Leopardo passarono sotto il ponte della strada e fu proprio quest’ultimo che per primo sparò: la colonna si fermò e cominciò cosi la battaglia. Durante lo scontro rimasero feriti tre uomini, uno dei quali era Garibaldi. La Battaglia continuava ormai da circa venti minuti e allora io e Cavur ( Zazzi Giuseppe ) decidemmo di appostarci sulle coste di quella zona. Nel frattempo giungeva in moto da Borgotaro il dott. Marchini, il quale si stava recando a Ostia P.se. per la visita di un malato, fu fatto prigioniero insieme con altri uomini della zona. Il nostro tentativo di salvarlo fu vano e i tedeschi fucilarono Salvanelli Mario di 85 anni, mentre Ruggeri venne bastonato a morte con il suo cane. Gli ostaggi rimasti nelle mani dei tedeschi erano Ruggeri Giuseppe di anni 40, Gavaini Antonio di 47 anni; Levanti Attilio di 41 anni, Raffi Gaetano di 57; Salvanelli Giovanni di 56 anni; Delnevo Domenico di 56 anni; i quali però vennero fucilati successivamente. Dopo questo tragico episodio, il nostro gruppo cercò nuovamente di organizzarsi e cercare nuovamente di fermare l’avanzata dei nemici. Essendo poche unità, mandammo un partigiano ad avvertire il comando che era a Borgotaro. Questi no avendo camion a disposizione si mise in contatto con la “ Centocroci ” e Beretta ( Gino Cacchioli) mandò due camion con mitragliatrice una decina di partigiani. Guelfo ( dr. Bruno Antolini ) spiegò a Beretta come stavano andando le cose, decidemmo allora di partire, con un camion, all’inseguimento dei tedeschi.
A Baselica si unì a noi il distaccamento di Gomel. Libero ordinò all’autista del camion di tagliare la strada alla colonna tedesca, dato che il gruppo di partigiani aveva occupato il ponte della Manubiola. La colonna nemica si fermò a Ghiare di Berceto, solo due camion proseguirono. Erano carichi di uomini morti e alcuni feriti durante lo scontro avuto poco prima a Calcinare. I partigiani riuscirono a fermare la colonna fra Groppo San Giovanni e la Manubiola. Noi arrivammo lo stesso mattino. Le Brigate del Molinatico, Centocroci e Tarolli, unite, cominciarono ad aprire il fuoco, i tedeschi furono circondati e cercarono scampo facendosi scudo dei civili. Dopo ore di combattimento i tedeschi si arresero. Persero moltissimi uomini, 80 prigionieri, compreso il loro capitano, vennero recuperate molte armi e munizioni, otto camion. Anche tra le nostre file ci furono delle perdite: un morto il dr. Bruno Antolini e alcuni feriti, mentre i civili in ostaggio morirono alcuni giorni dopo in seguito alle torture ricevute. Il 6 luglio venne avvertito i distaccamento Molinatico che il Passo del Brattello era scoperto in quanto Salvatore con il suo distaccamento, si era ritirato a Zeri. Per questo motivo gli uomini di Facio, sapendo che i Tedeschi puntavano su Borgotaro chiesero rinforzi alla I° Brigata Julia, gli stesi uomini dello scontro a Frascara, cioè il Distaccamento Antolini. Arrivammo al passo alle 3 del mattino del giorno 7 e per tutta la giornata rimanemmo in attesa. Sempre lo stesso giorno i tedeschi fecero prigionieri la staffetta la quale doveva portarci alcune notizie. Il mattino dell’8 luglio alle 7,30 Guelfo ( Luigi Bozzia ) mi chiamò per andare a prendere da mangiare a casa del Guelfo.
Ero appena rientrato di pattuglia, ed ero molto stanco, così ( per mia fortuna ) mandai Enrico. I due uomini, giunti a casa Casa Guelfo, mentre parlavano con alcune persone, vennero circondati dai tedeschi e fascisti, che, silenziosamente avevano attraversato il canalone. Nonostante il loro tentativo di difesa Guelfo fu ferito e una signora di nome Guidi Bianca abitante del luogo venne uccisa insieme ad un altro Frascati Emilio. Con i due prigionieri, i nemici si dirigono verso il Passo del Brattello ma a200 metri dalle case, con lama da taglio, uccisero Guelfo. La loro marcia però continua, trovano però una forte resistenza nei 50 uomini appostati nei monti intorno al passo. La colonna tedesca era composta di 120 uomini. Tra i partigiani non vennero riscontrate perdite. Decidemmo all’ora di dirigersi ( direzione ) la Croce del ferro, scendemmo poi ai Righini, passammo a grifola attraversammo il Mulino dell’Aglio e giungemmo così a san Vincenzo. Piazzammo sul campanile due fucili mitragliatori, intanto l’avanzata del nemico continuava, in località Galoppina iniziammo a sparare. Il nemico allora si spostò sulla destra del Tarodine, fino a raggiungere Gropparello, qui fecero prigioniero prima e lo uccisero poi Granelli Vittorio, mentre stava tagliando il grano. Alla “Segadassa” questi trovarono una forte resistenza dei distaccamenti Centocroci e Bill. Venne ucciso Enrico. Io, in quel momento, conoscendo molto bene la zona, dissi a dragotte di seguirmi e di spostarci verso la Pieve e il Boceto.
Era molto rischioso in quanto eravamo molto allo scoperto, avendo i tedeschi sopra la testa , ma valeva la pena tentare, se per noi era finita. Eravamo in tutto una ventina e all’ordine di Dragotte di sparare, si iniziò la battaglia. Bombe a mano nostre e quelle tedesche si incrociavano nell’aria, raffiche di mitra ecc. i tedeschi si ritirarono a Grifola dove c’era il loro capitano, ma al nostro sopraggiungere, questi, vedendosi accerchiato si sparò. Ai tedeschi, venendo a mancare il loro capitano di dettero alla fuga, molti si arresero, dodici di loro morirono, altri furono feriti. Fra i partigiani solo due feriti. Il nostro gruppo cambiò nome: si chiamò distaccamento Antolini. Lo stesso che compì numerosi attacchi in agosto e in settembre. Uno di questi fu l’attacco alla Maccagnana per poter fermare il treno che trasportava munizioni. Riuscimmo a recuperare tutto il materiale. Il primo settembre una squadra composta da 5 uomini, io, Tarzan Lupo e Cavallerizzo e Leone, partimmo camminando sulla destra del fiume Taro. Ci sorprese un forte temporale e dovemmo ritornare in dietro. Per raggiungere il nostro distaccamento che si trovava a Caffaraccia dovevamo per forza passare per Borgotaro, presidiato da molti tedeschi.
Nascondemmo le armi con alcuni giubbotti, tenendoli però sempre pronte. A Porta Portello incrociammo un pattuglia tedesca, però visto che non fecero niente per ostacolarci, continuammo il nostro cammino, verso l’accampamento. Il 4 ottobre giunse la notizia che la squadra di Pic Nic composta da 10 uomini fu fatta prigioniera nei pressi di Prelerna. Il comando era composto da Dragotte e Corrado Pellacini Eros. Questi, consultarono il distaccamento Antolini sul da farsi, in quanto, non si poteva chiedere lo scambio visto che i prigionieri tedeschi non ne avevamo. Garibaldi e Battista scoprirono che alla Bertorella c’erano 12 tedeschi di presidio. Per questo colpo, Garibaldi riunì tutti gli uomini e il mattino del 5 ottobre alle ore 2, partimmo mentre infuriava un violento temporale. Arrivando nelle vicinanze del presidio, chiediamo informazioni alle famiglie vicine, ci dividemmo in quattro gruppi: la prima comandata da Sceriffo passò il ponte per impedire i rinforzi; la seconda bloccò la strada Vecchia, le altre due squadre circondarono i tedeschi che erano nelle scuole. Alle 6 il cambio della guardia. Al comando Garibaldi vennero lanciate bombe di tritolo che sfondarono la porta, iniziò l’attacco. I tedeschi si difesero, ma dopo poco si arresero, vennero da noi catturati vivi in quanto servivano per lo scambio, vennero prese armi e munizioni e, soddisfatti dell’azione portata a termine, soprattutto per salvare i nostri compagni, facemmo ritorno al nostro accampamento. Il 5 ottobre questo distaccamento ebbe una perdita. Muore infatti colpito da polmonite Tambini Bruno ( Monti ).
Il 5 gennaio 1945 la prima nevicata: i tedeschi invasero la zona ovest della provincia. Avevano al loro attivo un contingente di 10.000 uomini equipaggiati per combattimenti in inverno. Sempre lo stesso giorno tre uomini del distaccamento Antolini: Volpe, Saetta e Nonsò furono mandati di pattuglia. Giunti a Trapogna, incontrammo alcuni componenti di famiglie di quella zona, che stavano per recarsi a Borgotaro per la spesa. Giunse nel frattempo una colonna tedesca, questa povera gente fu fatta prigioniera e torturata per farla parlare. Dato che bene o male avevano tutti qualche persona cara fra i partigiani, risposero che di questo non sapevano nulla. Vennero rilasciati alle 17,30. Io e due mie amici ci siamo portati a Trapogna per parlare con le famiglie e questi ci dissero che la colonna stava puntando su Caffaraccia dove si trovava il comando della I° Brigata Julia. La colonna arrivò a Casa Gatti all’alba del 6 gennaio. Mandiamo una pattuglia, ma data la neve non poté più tornare al campo, veniamo invece avvertiti da Barbaro, comandante del distaccamento Zanrè che si trovava a San Pietro perché vide la colonna. Ci appostammo davanti alla Chiesa e guardammo la colonna che in oltre 60 cm di neve stava marciando verso Caffaraccia. Non sapendo dove piazzare i mitragliatori, ne presi uno, me lo caricai sulle spalle e mi appoggiai all’angolo della Chiesa e all’avvicinarsi degli sciatori tedeschi muniti di radio trasmittenti decisi di sparare, riusci a colpire subito l’uomo con la trasmittente, impedendo così a loro di chiedere rinforzi. Il combattimento durò tutto il giorno, i tedeschi ebbero molte perdite. Nell’azione c’erano anche una squadra della Garibaldi, tutti di Caffaraccia. Alle 17,30 venne ordine di ritirarsi perché i tedeschi ci stavano accerchiando. Ci spostammo verso Carghilla, durante il tragitto morì Alessandro Morone ( Farinacci ) e un prigioniero Devoti Giuseppe ( Befana ).
Ci riposammo alcune ore alla “ Barbuia”, poi di nuovo in viaggio verso Brunelli dove abbiamo nascosto le armi e ci siamo divisi in piccoli gruppetti. In quattro pernottammo alla Barzana. Il mattino del 7 gennaio scorgemmo una colonna che stava dirigendosi verso Porcigatone, ci mettemmo in marcia per arrivare alle nostre case, appena attraversato il Varacola nella strada che conduce alle lame, Tarzan vide il filo del telefono, con il coltello lo tagliò, impedendo i collegamenti. Continuammo la nostra marcia, arrivando alle Vignole. I tedeschi ci stavano controllando a 150 metri ci fischiarono. Io, purtroppo non sentii, perché quando persi l’udito, durante l’attacco a Caffaraccia , il mitragliatore sulle spalle questo mi colpì l’orecchio, ma mio fratello mi avvisò toccandomi le spalle, dicendomi che ci sono i tedeschi con le armi puntate su di noi.
Io, Tarzan, Cavallerizzo e Angiolo tutti uniti ci mettemmo in fuga, con la neve che impediva di allungare il passo. Riuscimmo per fortuna a metterci in salvo, nonostante i loro spari, passando per Monticelli. Nel frattempo avvertiamo le varie famiglie di che cosa stava succedendo. Arrivammo da Ruggeri Carlo al “ Loghetto” e li passammo la giornata. La sera di nuovo in viaggio, aiutati dalle famiglie di quella zona, passammo per la Chiusa, riusciamo ad attraversare la strada benché fosse pattugliata , ci gettammo nel Taro, anche con 60 cm di neve e arrivammo dopo vari sforzi nelle nostre case verso mezzanotte.
Passammo con i nostri genitori sei giorni e poi nuovamente sui monti. In febbraio attaccammo i caselli n. 60-61 della ferrovia Ostia Borgotaro. Marzo 1945: la stessa squadra compì altri attacchi: 1). Fu quando riuscimmo a fermare una squadra volante composta di 10 uomini e 2 sabotatori; il 10 marzo attaccammo con il mitra e 4 camion a Ostia mentre trasportava munizioni a Borgotaro. Il comando unico ordinò poi a tutti i partigiani della provincia di occupare tutti i paesi. Alla 1° Brigata Julia venne dato il compito di occupare Borgotaro. Il 7 aprile il comandante di Brigata Libero insieme ad altri riunì tutti i comandanti dei vari distaccamenti per dare loro un compito preciso. A Gomel ( Distaccamento Dallara ) e al Distaccamento Zanrè fu dato il compito di sorvegliare i tedeschi appostati vicino al Cimitero e di controllare la stazione ferroviaria e i dintorni, al Distaccamento del Vecchia di sorvegliare i caselli della Maccagnana; a Ras (Distaccamento Piscina ), al Distaccamento Antolini, e al gruppi Pic Nic di attaccare il Palazzo di Ostacchini, sede del Comando Tedesco. Dopo questo attacco, rimaneva ancora i caselli della Maccagnana ( n. 60-61 ). Vennero attaccati nel pomeriggio ed i trenta tedeschi che si arresero, furono gli ultimi della zona di Borgotaro.
Queste le testimonianze di Gino Delmaestro ( detto Volpe ) di un indimenticabile momento della resa, il quale si unì giovanissimo alle formazioni partigiane del gruppo pelpi, che fece il primo assalto all’avvistamento fascista in località “Le Pezze” nelle vicinanze di Borgotaro, prendendo poi parte a tutti gli attacchi avvenuti nella zona, cominciando da Frascara, dalla Manubiola, Dal Brattello, Grifola, Il Passo del Borgallo, la Costazza, tre volte ai caselli della maccagnana con la squadra volante l’attacco del 6 gennaio a Caffaraccia, al parabolico.
Fu uno dei partigiani che fermarono la colonna tedesca composta da 10 camion e 100 uomini, provenienti da Berceto in località Calcinaia e Frascara, era il 30 giugno, dopo due ore di fuoco questi non riuscendo a passare fecero dietro front perdendo molti uomini e contando diversi feriti. Tre miei compagni vengono feriti, poi alla Bertorella durante una rappresaglia di 12 tedeschi, dati in cambio della squadra di Pic Nic. Infine prese parte con la squadra d’assalto, durante l’attacco al palazzo Ostacchini.
