25 Aprile 1955 50° Anniversario della Liberazione Classi 5° A-B borgotaro C.P.L. Anno Scolastico 1994-95

Si  celebra  quest’anno il  50° anniversario  della Liberazione Il  25  Aprile è una  data importante per il  nostro paese, perché la  nuova Italia è nata  dalla  Resistenza. I  festeggiamenti del  25  aprile devono essere un momento  di  riflessione,  di  consapevolezza di impegno per tutti noi. Dobbiamo guardare al  futuro portando  avanti e diffondendo i  valori fondamentali  di  libertà e democrazia. Borgotaro ha  vissuto in prima persona la  lotta partigiana insieme ai  Comuni  vicini. Il Gonfalone del nostro comune è stato decorato, perciò nel  1985, con la  medaglia  d’oro al valore militare.

Testimonianza  di Dorà Marco

Durante  la seconda  Guerra Mondiale il ponte di ferro della ferrovia è stato bersaglio delle forze alleate. Sembra una contraddizione ma  alla  base c’è un motivo. Infatti questo ponte era utilizzato dalle truppe tedesche nemiche per i rifornimenti di materiali di  sopravvivenza e armi. Gli alleati sapevano che  se avessero distrutto  questo ponte avrebbero creato grosse difficoltà ai tedeschi. Gli alleati partirono  con i loro aerei e iniziarono a sganciare bombe sul ponte senza però portare a termine questa missione. Infatti il ponte  essendo strutturato in curva era difficile  da centrare quindi  i bombardieri alleati dovettero pensare ad un’ altra soluzione. Pensarono di lanciare dei paracadutisti guastatori sul ponte per farlo saltare in aria. Con l’aiuto dei partigiani locali riuscirono nell’impresa distruggendone però una sola  arcata.

Anche il ponte  di Roccamurata venne bombardato e distrutto

Testimonianza di Ida Gasparini anni 71

La  mia bisnonna mi ha  raccontato alcuni episodi avvenuti  nel periodo  della  Resistenza. Lei abitava  alla Costazza di  Brunelli, perciò un po’ fuori dal paese; la sua  famiglia  aveva degli animali per poter mangiare quando  aveva  finito i bollini sulla tessera. Quando uccidevano il maiale, i soldati  andavano  a prendere le  parti più buone. Suo padre è stato un ostaggio dei tedeschi ma poi per  fortuna lo hanno liberato . Hanno ospitato molte famiglie sfollate tra le quali Tagliavini, Montelli, il fornaio del paese, una famiglia di  spezzini. In tutto avevano ospitato centoventi persone. Quando hanno bombardato il ponte  di ferro stavano battezzando mia nonna Rita. Il sacerdote interrompendo l’Eucarestia disse << Sia  fatta la volontà  di  Dio >>.Otto giorni dopo hanno bruciato  Strela. La mia  bisnonna mi ha  detto che  aveva la  tessera e perché era nata la nonna le avevano dato più zucchero. Lo zucchero non era bianco, ma  marrone. Quando  aveva più pochi bollini cercava di nascondere la roba, così quando li aveva finiti, poteva avere un po’ di  cose. Il bisnonno non poteva essere nei partigiani perché era appena arrivato da militare e non aveva  i documenti giusti.

(Lucchi Laura)

Intervista  al Signor Ruscelli

Il  signor  Ruscelli mi ha  detto che  un giorno era  in casa con  sua  moglie e i suoi due figli ed ad un tratto  bussarono alla porta. Noi tutti spaventati sperammo che  non fossero i nazisti, ma quando  andai  ad aprire la porta vidi tre tedeschi con i  fucili in mano. I miei  figli che  erano  ancora piccoli vedendoli si  misero a piangere. Mia moglie li portò in camera sua e così io  ebbi la passibilità di parlare  con loro. Gli offri  qualcosa ma rifiutarono. Dissero  che  dovevamo andare con essi, così ubbidii e chiamai mia moglie che  teneva i bambini per mano. Ci portarono in un campo  di  concentramento dove c’erano moltissime persone fra cui mia  sorella con  suo marito. La gente  che  era in questo campo piangeva e tutto  questo ci  rendeva spaventati. I tedeschi gridarono ad alta voce  che  le donne dovevano  andare con  dei nazisti a cucinare, mentre alcuni uomini dovevano  andare con altri tedeschi; fra questi c’ero anch’io.

Alla sera i nazisti andarono dove vi  erano le  donne e mangiarono e bevvero  a sazietà. Noi avevamo molta fame, i bambini piangevano, ma preferivano  non mangiare invece di perdere la vita. Il giorno dopo ricordo che alcuni uomini vennero uccisi perché non furono onesti  con loro.. Allora la paura divenne ancora più forte. Ricordo che  quando sentimmo la  notizia  che l’Italia era stata  liberata e i tedeschi dovettero andarsene lanciammo tutti insieme un urlo e tenendoci per mano gridammo << la libertà ormai  è qui >>. Tornammo nelle rispettive  case, bevemmo e mangiammo quello che  c’era rimasto. Ricominciammo  ad uscire, a riprendere le  nostre usanze,  a mettere a posto le  nostre cose cantando  a squarciagola senza avere paura di perdere la vita.Questo  avvenimento cambiò la nostra vita e ci portò molta felicità.

( Maria Giovanna Bonaccio )

Testimonianza di  Cella Teresa

Durante  il periodo  della  Resistenza i partigiani si  rifugiarono nei  boschi per non farsi  trovare dai fascisti. Questi di fermavano  nelle  case dei  contadini,  si  facevano preparare il cibo e delle coperte per dormire. Durante le giornate si sentiva bombardare e si  vedevano in cielo aerei Americani da dove  cadevano paracaduti bianchi con appesi pacchi pieni  di  rifornimenti  per la popolazione. Con la  tela di  questi paracaduti le donne facevano  vestiti e lenzuola. A Borgotaro sono state  distrutte da bombardamenti abitazioni dove ora sorge la chiesa di  San  Domenico e non  sono più  state  ricostruite. E anche l’ospedale è stato distrutto da  una bomba e le schegge di  questa sono saltate sul tetto della casa dove ora abita mia nonna e lo hanno rotto.

(Spagnoli Letizia)

I Lanci

Porcigatone(Borgotaro) arriva il lancio in pieno  giorno.

Porcigatone ( Borgotaro ) i paracaduti prendono terra

I Lanci

Dopo l’armistizio  dell’ otto settembre 1943, l’esercito italiano si trovava in grande difficoltà: molti soldati preferivano  scappare sui monti e così sorsero le prime brigate partigiane. Anche nella  nostra  valle molti partigiani avevano unito le loro forze per scacciare i tedeschi, che volevano impossessarsi del  nostro territorio. I partigiani vivevano sulle montagne aiutati  dalla popolazione che; rischiando la  vita, dava loro viveri, i vestiti e tutte le  cose  necessarie per sopravvivere

Così  i partigiani  aumentavano e i contadini non avevano più  cibo per tutti; per questo  gli americani e gli inglesi cominciarono a lanciare dei paracaduti. Nei  boschi, alla sera, i partigiani accendevano  dei  fuochi disponendoli a forma triangolare, oppure di  giorno stendevano un lenzuolo bianco, per indicare ai piloti il punto esatto del lancio. Attaccati  ai paracaduti scendevano dei  recipienti che contenevano. Viveri, cioccolato, sigarette, vestiti, armi, coperte  e denaro.

Testimonianza di  mio nonno – Guido Brugnoli

Nel  1943 è venuta la  caduta  del fascismo,  e così i  soldati  e i partigiani andarono in montagna per combattere contro l’esercito tedesco.Iniziarono i combattimenti partigiani contro  il fascismo  e i tedeschi.Nel  combattimento furono uccisi anche  molti civili. Nel  1945 finì la guerra e fu un grande  avvenimento di pace. Oggi l’Italia ha  celebrato il 25 Aprile. Il mio nonno Guido  Brugnoli finita la guerra è stato  decorato  alla “ Croce di  guerra ”.

( Laura Gallo )

Testimonianza di : Veniero Nicoli

Mio papà allora aveva 10 anni nel’ 43 e abitava  a Zibello Mi racconta  che i Partigiani si rifugiavano  in montagna “si davano  alla macchia”, altrimenti li  avrebbero presi, portati  in Germania a lavorare oppure venivano  fucilati. I Partigiani hanno  combattuto per la libertà dal 1943 al  1945 quando i tedeschi erano in Italia. Proprio in quel  periodo,  di  notte, si  sentivano  gli aerei che lanciavano bombe. Erano gli americani che  cercavano di  distruggere i porti  di  Zibello, di  Polesine ecc. ,per non fare passare i tedeschi.

E mio papà  aveva paura che  le bombe potessero  colpire il molino che  era l’unica risorsa per riuscire a vivere. Intanto  avvenivano  i rastrellamenti e mio zio era stato preso, ma non l’avevano portato in Germania, era rimasto in Italia a lavorare nelle trincee per i tedeschi, ( perché  gli americani erano  già  sbarcati in Sicilia ). Nel 1945, tornarono i Partigiani che sparavano in aria in segno di  vittoria, intanto arrivavano anche  i tedeschi ormai stremati, abbandonavano tutto per attraversare il Po e tornare in Germania.

( Paola Niccoli )

Testimonianza di Gandi Giovanni

Ho  chiesto al nonno se aveva  dei ricordi della Resistenza e mi ha raccontato come vivevano gli abitanti delle nostre zone. Le  famiglie erano per la  maggior  parte numerose e povere a causa della guerra, possedevano qualche po’ di bestiame, grano e farina, spesso questi beni venivano ritirati  dai  soldati fascisti per sopravvivere. Il capo famiglia  e i ragazzi dovevano nascondersi perché se li trovavano in casa venivano mandati in guerra.  Si  riunivano in gruppi  di  circa  10 persone,  si recavano nei bischi dove c’erano dei nascondigli segreti, le donne del posto facevano da staffetta per portare le provviste da mangiare.

a questi  gruppi chiamati << ribelli >> si unirono altre persone provenienti  da ogni parte d’Italia. Insieme formavano  il Partigianato,  si  ribellarono  ai  fascisti combattendo con fucili, bombe ed altre armi vecchie per uscire ad ottenere la libertà. Le donne e i bambini rimasti  a casa erano terrorizzate  dalle bombe, quando sentivano passare gli aerei, dovevano spegnere i lumi per evitare che i tedeschi li vedessero e lanciassero bombe. Mio  zio era stato preso e l’avevano portato a lavorare in guerra e ha combattuto in Francia e quando  è arrivato a casa era magro  e malato.

( Vanessa Gandi )

Intervista a Giuseppe Spagnoli

1) Dove eri il  25 – 4 – 45,  e cosa facevi ? Stavo nella zona di Parma a Felegara dove si  sono arresi  12.000 tedeschi che  scendevano dalla strada della Cisa che  tentavano di  attraversare la  via Emilia per andare  in Germania. Quando  sono arrivati sulla via Emilia c’erano gli americani allora sono tornati indietro e si  sono arresi nella pianura tra Medesano, Felegara e Sant’ Andrea Bagni.

2) Come  ti sei sentito alla notizia di Liberazione? Mi sono sentito molto orgoglioso di tutte quelle sofferenze che  abbiamo passato nelle montagne della provincia durante l’occupazione e rastrellamenti dei tedeschi e fascisti, e specialmente per la libertà della nostra Italia.

3)Dimmi qualche episodio che ti è  rimasto  più impresso dei  giorni che precedettero  questa  data. Gli episodi che mi sono rimasti impressi particolarmente sono successi  a Ghiare di  Berceto dove un mio compagno è morto con una  raffica  di mitraglia accanto  a mè e un altro episodio  sul passo  della Cisa mentre stavamo compiendo un attacco ai tedeschi: una bomba a mano nemica  mi è scoppiata a qualche metro  di  distanza per fortuna non mi sono stato  ferito gravemente.

4) Come  si  sono vissuti gli anni  di guerra a Borgotaro? Si sono vissuti sempre con terrore pensando alle  rappresaglie dei  tedeschi e fascisti e dai bombardamenti che  hanno fatto  a Borgotaro al ponte  della  ferrovia, nel  centro, e anche  verso l’ospedale dove sono rimaste molti morti e feriti che  hanno portato un gran sconforto al nostro paese.

5) Come  si è festeggiato la Liberazione a Borgotaro ? È  stato  un giorno di gran gioia e orgoglio per  tutti

(Sandro Spagnoli)

La zia maria  mi  ha  raccontato…

Nel 1944 iniziò un periodo di tempo molto laborioso per i partigiani della nostra zona che  cercavano rifugi per nascondersi quando  arrivavano  i tedeschi. Mia zia maria ricorda  quando il mio bisnonno Giuseppe riuscì  a nascondere nella  cisterna dell’acqua una decina  di partigiani. I mie  bisnonni diedero loro  da mangiare e da bere; quando arrivarono i tedeschi, cambiarono  nascondiglio ai partigiani  e li nascosero nel  fienile. I tedeschi, sempre tenendo le armi puntate sui miei  bisnonni e sui miei  zii, frugarono dappertutto. Quando  ebbero  finito di mettere  sotto  sopra la  casa se ne  andarono  borbottando parole  incomprensibili. Dopo qualche ora dalla partenza dei tedeschi i bambini uscirono dai loro  nascondigli e il mio  bisnonno andò a chiamare i partigiani.

( Abelli Andrea )

Il  bombardamento del ponte  di  Ostia

Il signor Catini, il  cui  nome di  battaglia era “Vampa” e che  comandava i partigiani di  Ostia, mi  ha  raccontato un  fatto successo durante la Resistenza.  Gli americani bombardavano i due  ponti  ferroviari di  Ostia per interrompere i collegamenti tra l’Emilia e Toscana. La  ferrovia serviva  ai tedeschi per trasportare materiale  bellico come  armi  e munizioni.  Gli attacchi aerei degli  alleati erano frequenti. La  valle era stretta e gli aerei, non potendo abbassarsi  più di  tanto,  bombardavano  ad alta  quota.  Da quella altezza era molto  difficile centrare  gli obiettivi. Per questo motivo intervenirono i partigiani in aiuto degli  alleati. Loro che  erano pratici  del posto e conoscevano tutti i sentieri che portavano ai ponti, intervenirono di notte. Nonostante  ci  fossero le sentinelle tedesche che  vegliavano i due lati dei ponti riuscirono ad arrivare alla pila centrale dove piazzarono cariche esplosive. Fatti  tutti i collegamenti fra tutte le micce fecero saltare il ponte senza che  ci  fossero  dei morti e i partigiani furono molti  soddisfatti dell’azione compiuta.

( Anthong Borzoni )

Testimonianza di Brugnoli Salvatore

Il  21 /1/1940 partii militare per Tolmezzo nel  corpo degli alpini. Poi col mio battaglione fui inviato  in Bosnia dove rimasi circa un anno e mezzo; dopo siamo rimpatriati e abbiamo occupato l’alta Savoia ( in  Francia ). Dopo il 25 luglio del  1943, con la momentanea caduta del  regime  fascista, siamo ritornati presso il nostro battaglione in Friuli, dove abbiamo combattuto contro i partigiani  jugoslavi.  E venne l’8 settembre del  43, giorno in  cui scappai perché l’Esercito Italiano si  sfasciò,  e tornai  a Borgotaro dove iniziai, assieme ad altri compagni, la lotta armata contro il regime  fascista. Il mio nome  di  battaglia era ”Saga” ed entrai nel C.L.N. ( Comitato  di Liberazione Nazionale ).

Nel marzo del  1944 cominciò la guerra vera e propria  e sui nostri monti, per la  precisione  sul Penna, si  formò il primo gruppo armato. Assieme a me ricordo altri  borgotaresi come  Dragotte, Solari, Cucchi, ecc. Vi furono feroci combattimenti, quasi alla fine della  guerra, ero di pattuglia sul passo  della Cisa, quando camminando  nei pressi di una  casa cantoniera , saltai  su di una mina anti-uomo perdendo  la  gamba. I miei amici mi strapparono il piede che  penzolava inerte e mi portarono  a Berceto dove mi cucirono senza anestesia.

( Francesca Cucchi e Daniela Cavazzini )

Testimonianza  di Boffetti Luigi

Il distaccamento di mio  nonno si  chiamava “Piscina” ed era distaccato in località Tocaleto.Era armato di  fucile,  mitragliatore e bombe  a mano per difendersi dagli attacchi fascisti e nazisti, molte volte con i suoi compagni andava in perlustrazione e attaccava le  truppe  tedesche.  Si  nascondevano in un canalone, perché quando  arrivavano i tedeschi non li vedessero, altrimenti  li uccidevano. Era il  6 gennaio 1945, le  truppe  tedesche attaccavano in località Caffaraccia: il  comando dei  partigiani. Allora il distaccamento di mio nonno decise  di andare in soccorso ai loro compagni.

Arrivati  sul passo  del  Santa Donna sono stati  attaccati da truppe  tedesche.  I tedeschi cominciarono  a sparare e lasciarono morti  sul  campo  8 partigiani.. Mio nonno trascinò con  sé due  compagni dei quali uno era ferito: scese la nebbia che  fu  la salvezza dei partigiani rimasti. Scapparono  per un giorno e una  notte in mezzo  alla tormenta per sfuggire all’accerchiamento nazista.Arrivati ad un casolare mio nonno  aveva i piedi  congelati però erano  contenti, perché si  erano salvati. I  contadini del  posto si  prodigarono di  curargli le  ferite, gli diedero da  mangiare e li  riscaldarono. Restarono sui monti fino  al  25 Aprile 1945: giorno della liberazione.

( Marchini Gloria )

Interista a mia  nonna Angiolina

La mia  nonna mi ha  raccontato che l’8 settembre del  1943 suo fratello era scappato  dalla caserma  di  Piacenza che  era  stata occupata  dai  tedeschi. Un impiegato  per salvarlo dai tedeschi gli  gettò sulle spalle il suo cappotto, così i tedeschi non videro la sua  divisa e non lo arrestarono. Quando arrivò a Ostia vedendo  i tedeschi attraversò il Taro e andò nella sua casa alle  Spiagge con i tedeschi  che lo inseguivano.  Si  nascose con il  corpo in una botte coricata e la testa nella paglia. Quando il soldato infilò la  baionetta nella paglia, gli sfiorò la  testa. Per  ringraziamento  alla Madonna suo padre  le fece una  Cappelletta che ora si trova nel mio giardino dov’è  scolpito l’anno 1945 cioè l’anno della liberazione.

Riccardo  Zanzucchi.

Testimonianza di  Solari Eugenio

Partii militare l’1/1/1942 destinato  a Tolmezzo nel  corpo degli Alpini. Il  6/8/1942 fui inviato in Russia sul fronte  del  Don. Alla fine  del  gennaio 1943 fui ricoverato all’ospedale KharKov in Ucraina. Dopo l’8  settembre del  12943 tornai  a Borgotaro, dove  assieme ad altri compagni, iniziai la lotta armata contro i nazi –  fascisti. Li ci siamo  equipaggiati grazie ai lanci dal  cielo degli alleati. Il mio nome  di  battaglia era “Aldo” ed ero  diventato vice comandante della 32 Brigata Garibaldi, dopo numerosi combattimenti  arrivò il  25 Aprile del  1945, giorno in cui finalmente tornò la pace.

 ( Francesca Cucchi e Daniela Cavazzini )

Testimonianze  di Mortali Santina

Oggi  sono  andata  da mia zia  Santina e lei  mi ha  raccontato un po’  di fatti della  Resistenza. Alcuni dei  suoi famigliari  più  giovani erano costretti  a rifugiarsi nei  boschi, nei  canali, per paura che li facessero prigionieri i tedeschi e i fascisti andavano  nelle famiglie e prendevano tutto  quello che  gli serviva ( cibo, bestiame )poi chiedevano  a loro perché nelle  case c’erano  solo anziani, donne  e bambini ma  loro  gli rispondevano che  gli uomini non c’erano  e che  erano in guerra.

Mi ha  raccontato che  il mio bisnonno è stato prigioniero in Francia  in un campo di  concentramento e li si  nutriva  di bucce  di patate fino all’8 settembre, poi è  riuscito a  scappare ed è tornato  dalla  Francia a casa molto magro e con la malaria. Sui monti c’erano i Partigiani e molte volte si sono battuti con i tedeschi e molte perone  sono morte, e hanno anche bruciato molte case.

( Sonia Schiavetta )

Testimonianza di Aldo  Borzoni

Io facevo parte del  distaccamento  “Piscina” 1ˆ Brigata Julia. Nel  dicembre 1944, da circa 20  giorni noi controllavamo il  fiume Ingenia, ma anche tutti i partigiani  della vallata stavano in allarme perché  era previsto l’arrivo  di truppe tedesche dal Passo  di  Centocroci .noi eravamo  accampati  a Tocaleto. Nella notte del  5 gennaio 45 fummo avvisati che stavano transitando truppe tedesche dalla Lunigiana attraverso la galleria del  Borgallo e arrivarono al passo Santa Donna il 6 gennaio 1945.

Noi partigiani dovevamo trovarci  al passo S. Donna con il  distaccamento Garibaldi proveniente  da Bardi che non arrivò  a causa  di una bufera di neve. Ci  siamo fatti  dei  segnali con fischi  credevamo che  fossero loro. Dalla parte opposta stavano  i tedeschi così  risposero ugualmente. Facemmo qualche  passo e ci trovammo faccia a faccia coi tedeschi: alle 13.13 circa iniziò l’attacco. Iniziammo  a sparare però le armi erano  ghiacciate e si  bloccarono, noi  fummo presi  dal panico. In un gruppo di  otto solo io mi sono salvato e glia  altri  sette furono trucidati dai tedeschi. Eravamo  60 uomini di  cui quasi tutti si  sono salvati.I caduti  erano:

Quotasti Guidi, Ferrari Guido, Terroni, Catinella, Castagnoli, Tedaldi, Ferrari Gaspare.

( Capitelli Loris )

Testimonianze di  Gatti Pasqualina

Nelle  nostre  zone  sono  successe molte cose  brutte. La gente  scappava perché i tedeschi continuavano a buttare dei bengali ( bombe ). Anche mia  nonna  e tutta la sua famiglia erano  andati  via da casa; avevano attraversato il  fiume  Taro  e si  erano rifugiati  a Tiedoli, lì hanno  dormito  per  qualche  giorno. Quando ritornarono  alle loro  cose erano tutte fuori posto perché   i tedeschi  avevano mangiato quello che  trovarono e avevano portato  via le  cose  che  gli interessavano ucciso tutte le mucche . Nel prato  del nostro del  nostro vicino  avevano  legato  un ragazzo  di  Tiedoli e dopo qualche  giorno  lo avevano  ucciso e lo lasciarono lì per tre giorni.

( Andrea Spagnoli )

Nonna Esterina mi ha raccontato

Il  25  Aprile si  festeggia in 50°  Anniversario  della Liberazione dovuta  ai  Partigiani. I Partigiani si  erano  riuniti liberamente per combattere i tedeschi; anche mio nonno Primo era un Partigiano. Siccome lui non c’è più mia nonna mi ha raccontato che  a combattuto  a Osacca, Santa Donna Fornovo,  era stato  ferito ad un polpaccio senza  grave  complicazioni. Mentre il suo amico Roscielli Giuseppe  fu  ferito gravemente ad una gamba, tanto  è vero  che è  rimasto  zoppo per tutta la vita.

Facevano parte della 135° brigata Garibaldi. Il loro capo  era Lusardi Ugo anche lui deceduto  da parecchi  anni. Ogni partigiano  aveva  un nome  di  battaglia, ma purtroppo mia nonna  non li  ricorda più. I Partigiani  si nutrivano di  quello che trovavano perché non erano sostenuti dal  Governo. Nel  1976, a Lago  Buono, mio nonno  ha  ricevuto una medaglia d’oro al  valore militare insieme  ad altri Partigiani.

( Filippo Santi )

La Resistenza vista  dalla signora Anna

Ho raccontato  di  un  giorno in  cui eravamo riuniti  i  famiglia cercando  di  dimenticare quel brutto periodo  quando ad un tratto i tedeschi buttarono  giù la porta,  erano con i  fucili puntati verso  di loro,  quando uno di  essi fece segno  di prendere in ostaggio  solo gli uomini. Li presero  per i capelli e li trascinarono  fuori e alla fine  li legarono. Le  donne restarono dentro  dalla paura, e rimasero tramortite  e nessuna  di loro  parlava, solo si pregava.

Dopo un po’ ritornarono  i tedeschi e cominciarono  a buttare giù tutto, cercavano  qualcosa da mangiare, ma non  c’era niente, allora presero una donna  e cominciarono  a picchiarla, perché pensavano  che il cibo  fosse nascosto. Io per farli  andare via gli  diedi  una  bottiglia  di  vino tenuta gelosamente  da mio  marito.

Ogni  giorno si  viveva con la paura di morire, ma vedendo certe  scene dei propri  famigliari fucilati e specialmente i bambini si  aveva  la voglia  di morire per non vedere  quell’inferno. Tutti  i paesi scoppiarono in festa all’avvenimento  più eccezionale “ LA Liberazione d’ Italia ”

( Sara Bonaccio )

Zio Domenico

Questo  è il mio  pro  zio: Domenico  Terroni detto  “Gherri”,  che  combatteva nella  1ˆ Brigata Julia. Quando  non  c’erano  i tedeschi,  si  spostava a cavallo da un luogo all’altro sui monti  della Val  Taro. Quando  venne a sapere che  era morta sua  madre, seguì il  suo  funerale lungo  la “costa” rischiando  di  essere poi preso dai tedeschi. Purtroppo morì il  6 gennaio 1945, ucciso dai tedeschi sul monte S. Donna; siccome c’era tanta neve, il  suo  corpo fu ritrovato  il  17 febbraio dello  stesso  anno.

Nonna  racconta…

Mia nonna,  che era sfollata a Tiedoli con tutta la  famiglia, nell’Epifania del 1945, era rimasta  senza zucchero. Per i suoi  figli si  recò  a Borgotaro. Il viaggio  di  andata si  svolge  senza partitori difficoltà; ma al  ritorno, una pattuglia  di  tedeschi, ormai  in  ritirata la bloccò. Potete immaginare l’angoscia: mia  nonna costretta a pernottare presso una famiglia, mentre i figli erano soli ad attenderla. Mia  zia Silvana aveva  solo 8  anni i tedeschi nonostante l’avessero presa in ostaggio, alla mattina la lasciarono  tornare verso  casa. L’unico inconveniente fu  che per tutta la notte nevicò così mia nonna camminò per ore sulla neve.  Quando la  nonna mi racconta questa sua esperienza io l’ammiro per il  suo  coraggio.

( Antonio  Spagnoli )

Testimonianza  di Piera Stoto

Nel  gennaio  del  1945 avevo  10  anni era il giorno  dell’Epifania. Io  e la mia  famiglia eravamo alloggiati vicino  a Brunelli, perché  a Borgotaro, dall’estate precedente gli attacchi  si  succedevano e queste continue  incursioni avevano  causato molte  vittime tra la popolazione. Così vivendo  in campagna  i rischi erano minori. Quella mattina  del 6 gennaio nevicava già forte e faceva tanto  freddo quando  all’improvviso,  guardando verso la  valle  sottostante, vedemmo una colonna lunghissima di  soldati vestiti  di bianco che  avanzavano verso le  nostre case. Molti proseguirono, ma alcuni si fermarono e bussarono alla nostra porta.

Mia madre uscì dicendo loro di  che  avevano bisogno, ma loro entrarono senza rispondere cominciarono  a frugare dappertutto: cercavano i “BANDITEN” come dicevano, ma in casa c’erano solo le mie  zie, i miei  fratelli ed i miei cugini. Allora un tedesco si  avvicinò  a me e carezzandomi  estrasse dalla tasca alcune  fotografie di bambini biondissimi: probabilmente si trattava dei  suoi figli. Poi uscì ed assieme agli altri soldati proseguirono verso il monte.  Dopo qualche  girono ci raccontarono che poco  più in alto, sul Passo  del  Santa Donna, sette partigiani vennero  uccisi da quei tedeschi. Nel  1956 il comandante di  quel  gruppo di  partigiani, scampato al massacro con altri 50 uomini circa, divenne un mio marito.

Funerale Vittime  Santa Donna

( Daniela Cavazzini Francesca Cucchi )

Ricordi

Mia  zia maria si  ricorda bene gli anni della  2à guerra mondiale,  quando  gli alleati bombardavano  il ponte  della ferrovia, ma non lo hanno mai  colpito. Ricorda anche quando  hanno bombardato  Borgotaro vicino alla chiesa di  san Domenico dove abito  io e vicino  all’ospedale  dove  ci  sono rimasti molti  morti Borgotaresi  sfollati in campagna per salvarsi dai  bombardamenti.

Ricorda anche  quando in una  notte d’inverno un gruppo di  partigiani fu  scoperto  dai tedeschi e parecchi  di  essi rimasero  uccisi in mezzo  alla neve. Alcune strade  di  Borgotaro portano il nome  di questi caduti. Sui nostri monti i partigiani ricevevano i lanci da parte degli  alleati.

( Jessica )

Testimonianze  di Costa Pietro

Durante  la seconda guerra mondiale sulle nostre montagne si nascondevano tanti  giovani che si opponevano a Mussolini e ai  Tedeschi: i  Partigiani. Questi  giovani  non avevano mo0lte  armi e non potevano affrontare i tedeschi  allo scoperto, perciò tendevano  delle  imboscate. Una di  queste imboscate avvenne in una località  della  Cisa,  chiamata Manubiola.

Una colonna di  tedeschi  che saliva i tornanti della Cisa venne  attaccata all’improvviso dai partigiani nascosti  nelle  boscaglie. Nel  combattimento morirono tanti  tedeschi e alcuni partigiani, così ogni tanto passavano nei vari paesini alla ricerca di  questi  nemici  nascosti erano chiamati rastrellamenti. I rastrellamenti quando  erano improvvisi facevano scoprire i partigiani, che però non  si  arrendevano e venivano  così  uccisi  dai tedeschi, così come  è successo sul passo  del  Santa Donna.

Tanta gente  dei nostri monti era stata partigiana e tante hanno nascosto dei partigiani, pur rischiando anche così la propria  vita. Quando  i tedeschi trovavano nel paese dei partigiani, potevano  anche  distruggere e incendiare il paese, oltre ad uccidere gli  abitanti;  questo  succedette a Strela, ora interamente ricostruita. La lotta dei partigiani sulle  nostre montagne ha coinvolto tutta la popolazione. Per questo il comune  di  Borgotaro ha ricevuto recentemente, con l’intervento   del ex presidente della repubblica ,Cossiga, la  medaglia  d’oro al valore militare.

( Nicolò Costa – Enrico Baudassi )

Intervista al  sig. Emanuelli Alberto

Il primo combattimento si  svolse a pelosa vicino  a Santa Maria. Questo  combattimento era stato molto  duro ed erano  rimasti  uccisi  50  tedeschi e 2°  3 partigiani. Un altro  combattimento  si  svolse nei pressi  di  Borgotaro dove morirono tantissimi tedeschi e dei  borgotaresi. Uno  dei più  duri  si  svolse  a Ponte Ceno contro  i  fascisti dove  si  erano fermati circa  2 mesi questi territori erano  chiamati. Zone libere della Valtaro.

I partigiani erano quasi riusciti a conquistare questo  territorio, però l’esercito nemico era troppo forte così fu  ceduto ai  fascisti. Il più  grande, sanguinoso rastrellamento con il  quale i tedeschi si  disonorarono era stato fatto a Cereseto, Strela, Bergotto dove per  vendetta avevano bruciato  tante case,  furono  fucilati tanti abitanti del posto e fra di loro c’era il parroco e  altri  2  sacerdoti. Il  13 luglio 1944 uscì  a Borgotaro il primo numero “ La Nuova Italia ” che parlava del  territorio libero della Valtaro. Il primo eroe di  tutta la valle era stato Mario  Piscina.

Intervista  a sig.na Barbara Folli

I miei  bisnonni  erano  sfollati  a Folta perché  bombardavano su Borgotaro. Li passavano sempre i partigiani e la mia  bisnonna faceva loro da mangiare. Un giorno  erano arrivati un  gruppo di partigiani e la  mia bisnonna  aveva dato pane e formaggio. Un ragazzo  aveva lasciato  lì la crosta,  cosa che  gli  altri non avevano fatto. Un paio d’ore dopo la  mia  bisnonna aveva  guardato  fuori  dalla finestra e c’era il ragazzo morto

Partigiani in Formazione

( Serena Emanuelli )

Dai  Ricordi sulla resistenza di  Mario  Gasparini

Dal  1939 io ero imbarcato come “sottocapo”, sull’incrociatore “Bolzano”. Rimasi  in marina fino all’atto settembre 1942, giorno in cui la  nave fu affondata. Già in precedenza questo incrociatore, in cui mi trovavo, aveva subito bombardamenti aerei compreso  quello del  1941 in cui io ero rimasto  ferito ed ustionato. Per il coraggio e l’abnegazione dimostrata in questa circostanza mi  è stata concessa la  “ croce al valore militare” Dopo l’affondamento della nave fui trasportato a Marina  di  Massa dove rimasi fino  all’8  settembre 1943.

Durante il governo Badoglio alcuni italiani avevano deciso si  collaborare con le  forze “nazi –  fasciste” altri  di  entrare nella  Resistenza. Io decisi  di  fuggire e perciò, la sera stessa dell’ otto settembre,  chiesi  asilo ad una  famiglia di Massa, dove scambiai i miei  abiti da marinaio con abiti civili. Il comando  tedesco aveva, nel  frattempo esposto  un proclama, in cui  si  affermava che  tutti coloro  che avessero  ospitato ed aiutato disertori fuggiaschi sarebbero stati  condannati a morte. Per non mettere nei  guai coloro  che mi avevano aiutato, rimasi nascosto due  giorni in attesa che le cose si  sistemassero. Rientrai  a Borgotaro il 10 settembre 1943 e poiché i nazi – fascisti ricercavano i disertori fuggii sui monti insieme ad altri; purtroppo, si  era ormai  giunti alla guerra civile.

La popolazione borgotarese subì molte incursioni aeree. Io  ricordo in particolare, quella del maggio 44, mi trovavo sul ponte  del Taro quando vidi dei caccia – bombardieri. All’improvviso sciolsero la formazione e iniziarono il bombardamento della stazione. Io scappai  sulla strada del  cimitero e nascosto dietro a una pianta vidi  tutta la manovra. Il  15  giugno 1944 ci  fu l’attacco al  presidio  tedesco di  Borgotaro. Le formazioni partigiane erano  riuscite  a liberare una vasta  zona comprendenti i  Comuni di  Borgotaro, Bedonia, Compiano, Tornolo e Varese Ligure.  Si  era venuto  così a formare  il “ Territorio libero del  Taro ”. ricordo che  in questo periodo a Borgotaro fu  pubblicato il primo numero della “La Nuova Italia”, primo giornale partigiano.

………. E  di  Pietro  Granelli

Nel  1943 io avevo  18  anni.  Ero  stato  chiamato  alle  armi e dovevo  presentarmi al  distretto militare, ma  non volevo entrare a far parte dell’esercito nazi – fascista, perché in Italia c’era la guerra civile.  Dovevo perciò stare nascosto. Abitavo  a Casaleto  nell’alta  Val  ceno e pur passando gran  parte del tempo sui monti potevo  rientrare spesso in famiglia. Andavo a  casa soprattutto per  fare  rifornimento di  viveri, per avere notizie e per tranquillizzare i miei  famigliari. Ricordo che una mattina, in cui era venuta  una fortissima  pioggia, io ero  nel  bosco, alla macchia. Ero  completamente fradicio e bagnato e perciò  decisi di  recarmi a casa per indossare abiti asciutti. Giunsi dai miei a mezzogiorno e, vedendo  che  tutto  era  tranquillo, decisi  di  fare un pasto caldo a casa. Poi, nonostante le  ripetute insistenze  di  mio padre  che  continuava  a ripetermi  di  tornare sui monti dato  che  rimanere li  troppo a lungo poteva  essere pericoloso, mi sdrai sul letto  e mi appisolai.

Mi risvegliai  di  colpo a causa  dei  rumori e affacciandomi alla finestra mi accorsi  che il paese era completamente circondato dai  tedeschi.. Decisi di  fuggire immediatamente dalla porta sul retro  della casa e di raggiungere il bosco  più vicino. Per mia sfortuna indossavo una giacca chiara e costituivo perciò un bersaglio facilmente individuabile. Un soldato tedesco,  di  guardia  su un muro, iniziò con un moschetto a sparare contro  di me. Sentivo le pallottole fischiare ripetutamente sopra il mio capo e dato che strisciavo per terra sotto un albero  sentivo le foglie  che, colpite dai proiettili, mi cadevano  addosso. Grazie  alla mia  agilità ( ed anche un po’ di fortuna ) riuscii a saltare una staccionata al  di là della quale non ero più sotto tiro. Col  cuore in gola camminai velocemente per chilometri in salita e mi trovai, senza neanche sapere come, in uno spiazzo  sul monte dove erano radunate tante altre persone, scappate  per sfuggire al  rastrellamento.

Tutti  mi chiesero notizie e sentendo le  mie peripezie si congratularono  con me. Ma io desideravo  vedere cosa stava succedendo a Casaleto. Ritornai  perciò indietro, mi appostai, in modo  da vedere i movimenti  del paese, senza essere scoperto. Quando  i tedeschi se ne  andarono rientrai in casa per vedere se i miei  stavano  bene.  Erano tutti  in apprensione per me e nel  vedermi  si  tranquillizzarono. Anch’io mi tranquillizzai: i tedeschi avevano solo rubato molti  viveri e il mio orologio  da polso. Anche un’altra volta rischiai la  vita .  era d’estate ed io, in compagnia di  altri uomini, stavamo trebbiando manualmente il grano ( eravamo infatti impossibilitati ad avere la  trebbiatrice e dovevamo arrangiarci ).tutti intenti  nel nostro lavoro non  ci  accorgemmo che nel frattempo, era sopraggiunto un camion carico  di tedeschi. Presi  dal panico scappammo tutti nel boschetto appena sopra Casaleto. I tedeschi, nel  frattempo vedendo la nostra precipitosa fuga, insospettiti, avevano piazzato la  mitragliatrice e stavano per spararci. Il provvidenziale intervento  delle  donne del paese soprattutto della signora Nella  Demarose moglie del  dottor Attilio Gandolfi fece volgere al meglio la situazione. “ Non sparate , non sparate sono uomini del paese che  stanno trebbiando. Sono scappati perché  avevano paura. Vi prego non sparate!” i tedeschi, perplessi,  si lasciarono  convincere. Chiesero alle  donne  da mangiare e  dopo aver ricevuto una buona razione di viveri presero  d’assalto una cantina,  si  ubriacarono e si  ritirarono in buon ordine ubriachi e felici.

<< Richetto >> ( Silvestri Federico )
Comandante della Divisione Valtaro
( Elisabetta Gasparini )

Intervista

Ho intervistato una persona di nome Angela, che  allora era una bambina delle scuole medie inferiore, ella mi ha  raccontato quanto  segue: “ La  gente  della  nostra vallata era impoverita  ancora  di più a causa della guerra; non  si poteva nemmeno  comprare il cibo  sufficiente a causa del  razionamento,  per di più il pane  e la  pasta erano  poco buone. Era il settembre del 1943 l’Italia, per rimediare ad una guerra ingiusta chiese l’armistizio con i Paesi contrari  e vincenti.

I  tedeschi, ancora sotto la  guida di  Hitler,  si trovarono in Italia e fecero  la  guerra anche  agli italiani, non  solo al fronte, ma  anche  deportando in Germania gli italiani  che  non volevano più  combattere con loro. Qui,  nel  nostro paese si trovava una parte  dell’esercito tedesco che  cominciò  subito a rastrellare tra la popolazione e i soldati che tornavano a casa, per portare più uomini possibili nei campi di  concentramento in Germania.

Per difendere i soldati i soldati “ borghesani” e quelli che  si  trovarono di passaggio, le  famiglie davano  loro  alloggio, vestiti diversi dalle  divise e indicavano strade sicure a chi doveva proseguire per la propria  casa. Però i rischi erano tanti, per tutti. Così anche nella nostra vallata si  formarono i primi gruppi di uomini che  volevano, non solo resistere, ma mandare via  i tedeschi invasori e proprio  qui nella Valtaro fondarono una piccola  Repubblica Italiana.

Si  stampò il primo giornale libero ( nella  tipografia di  Cavanna ). Anche  per Borgotaro  fu  un periodo tremendo perché i Tedeschi, con  qualche  fascista continuarono a far rappresaglie, altri rastrellamenti a portar  via animali utili per la nostra vita. Un momento molto  duro fu  quello del  rastrellamento fatto proprio a cavallo della  sagra. I partigiani sostennero  alcune  battaglie contro  gli invasori, però dopo  aver perso degli uomini dovettero disfare le  squadre e nascondersi.

Però i tedeschi si misero a raccogliere tutti  gli uomini che  trovavano e li radunavano: in parte al  campo sportivo, parte nell’albergo  Roma, tra i quali il parroco  di  Borgotaro. Fu un miracolo che i bombardieri Americani non bombardassero  il paese a tappeto, perché erano passati nel  nostro cielo proprio per  questo. Le  squadre germaniche attraversarono: i  boschi, le  strade e i paesi, entravano  in casa, nella  stalla, portando  via tutto  quello che a loro  serviva in modo  particolare le  bestie, uccidendo persone tra i  quali due  sacerdoti borgotaresi, dei papà borgotaresi, compianesi, bedoniesi,  bruciando  anche  sei paesi (  esempio  Strela ).

La  nostra gente non poteva nemmeno accendere il fuoco nella stufa per la minestra per paura di  essere sospettati, scambiati per spie, perché il fumo poteva  essere un segnale e di  conseguenza quelle  case potevano essere bruciate. Noi non sapevamo se i nostri cari ( papà, fratelli, figli,  zii ) si trovavano in pericolo o al  sicuro,  se erano stati presi o no, perché  avevano  dovuto  scappare lontano da casa. Ricordo che in una di  quelle piene notti tremende quasi  tutti  i   “ borghesani” erano  sfollati fino  alle  ultime case  di  Brunelli e di  Porcigatone, un contadino  di  Brunelli basso aveva bussato alla porta della casa dove  eravamo ( molti)  sfollati e alloggiati per avvisare  che  gli  invasori stavano  arrivando,  e mio papà dovette scappare con  gli  altri;  Mia mamma  gli diede il solo pezzo  di pane che  aveva, l’uovo l’ha lasciato  per noi bambine.

L’indomani mia mamma non aveva niente per lei, anche perché mancava il  fuoco per cuocere. I tedeschi portarono  via  tutto le  mucche e i buoi così eravamo  senza latte e i contadini piangevano. Le  cose potevano andare peggio se non  si  fosse adoperato il parroco Monsignor Boiardi il  quale,  rischiando di persona, aveva ottenuto qualche  concessione e  aveva  pregato tanto insieme  agli uomini prigionieri con lui”

( Marisa Vignali)

Nonno Edoardo Ricorda

… Solo da qualche  settimana a casa, credendo  d’esser un libro  cittadino, iniziò la Resistenza e mi trovavo  a dover  sfuggire, perché i Tedeschi cercavano  i partigiani e gli uomini civili. Ormai si  trovavano vicino  alla nostra casa io  e i miei  vicini fuggimmo nei  boschi e anche  fuori  provincia. Arrivammo in un paese Zeri nella provincia  di Massa Carrara, dove  ci ospitò una  famiglia conoscente. Dormimmo  alla meglio, poi all’alba del mattino  seguente ci  fu  detto che i tedeschi purtroppo si  stavano avvicinando.

Così insieme all’amico che  ci  aveva  ospitato,  fuggimmo di nuovo nel bosco. Dopo un po’ di strada mi accorsi  che  ero  solo, poi improvvisamente vidi una pianta screpolarsi dalle pallottole e capii che  i tedeschi mi stavano sparando. Mi gettai  a terra e rotolai giù per  quella riva  che  non conoscevo.

Vidi molte pietre. Esplorai per bene quella piccola zona, poi guardando giù in basso vidi  come  un rifugio scavato  nella  terra, avvicinandomi fra la  neve gelata ritrovai  i miei  vicini di  casa.

Domandai  se fossero  feriti. Fortunatamente  Giuseppe  mi rispose  di  no e che  aveva solo  un graffio causato  dalla  neve  gelata. Domandai  se si  fermavano lì.

Il fratello di  Fontanini mi chiese perché?. Allora io  risposi se non  si erano accorti che i tedeschi si stavano  avvicinando  dall’alto e che li era pericoloso. Non perdendo tempo decisi che  era meglio percorrere il  fiume. Dopo tanto  eravamo al  confine tra l’Emilia e la Toscana e anche  se  camminavamo  in mezzo alla neve, il nostro paesano  Giuseppe Del grosso che  era pratico  di  quelle zone ci  seppe indicare i sentieri  giusti.

Arrivati  ad un crocevia di strade, il  Fontanini Giuseppe vide su un cucuzzolo un uomo vestito  di  bianco. Capii subito  che  si trattava di un tedesco e dissi di buttarci  a terra. Fontanini disse  che c’era una colonna di tedeschi che  andavano verso le baite  di Nola, allora decidemmo di proseguire per il bosco non più per la  strada. Percorrendo un sentiero che  usavano i  boscaioli , giungemmo in un luogo chiamato  Fontana Fredda.

Correndo ancora, arrivammo vicino  alle  nostre case, ma prima di entrare in paese ci  fermammo ad una casa isolata per chiedere informazioni dove  si trovavano i tedeschi. I tedeschi si trovavano proprio dalle  nostre case dove  avevano fatto bottino  di  galline,  buoi, muli  ecc. Ci nascondemmo in quella  casa isolata e visto che  ormai  era vicina la sconfitta dei tedeschi riuscimmo  a salvarci.

 ( Bardini Daniele )

Nonna Bruna  Ricorda

Il  6  gennaio 1945, è stato un  anno  con tanta  neve,  sono  venuti i  tedeschi a fare  il  rastrellamento vestiti  di  bianco per confondersi con la  neve per catturare i partigiani di  sorpresa. E difatti li hanno  sorpresi e ci  sono stati  tanti  morti al  Santa Donna alcuni  con  mio  fratello Nello sono riusciti ad entrare in paese e a scappare ai tedeschi  che erano  di  guardia a Porta Farnese.

Io  con mio babbo abbiamo  nascosto  mio fratello insieme  ad altri partigiani in una  stanza e ne abbiamo  coperto  l’entrata con  dei mobili. Li facevano  uscire  di  notte quando non c’erano tedeschi in giro per  farli mangiare. Dopo  8  giorni uno per volta li ho  accompagnati fuori  dal paese facendo  finta di  essere morosi. E loro hanno attraversato i campi e sono tornati sui monti verso Caffaraccia.

Per la Madonna  del  Carmine 1944 siamo dovuti  scappare perché sono  arrivati i tedeschi a  fare un grande rastrellamento e abbiamo dovuto  dormire fuori in una stalla. Al mattino sono tornato in paese poiché mi hanno detto che portavano  via le  cose. Io pensavo alla macchina  da cucire che  mi serviva  per il mio  mestiere. Arrivata  a Porta Farnese mi si  avvicina un tedesco e mi fa segno  di  seguirlo e mi  ha accompagnato  a Porta Portello deve c’era altra  gente che  era prigioniera, ci  hanno tenuti fino  a sera e ci  hanno lasciato liberi  in cambio  di prigionieri tedeschi che  i partigiani avevano  catturato. Poi siamo tornati  a casa con molta paura.

( Michele  Sartori )

Intervista  a Aldo Barbieri “Ghidein” (  Manuel Barbieri )

Mio  nonno si  è unito ai partigiani molto giovane, aveva  17 anni. Si trovava nella zona  di  Montevacà, Monte Penna, Orocco, Segalino. Mio nonno si è ricordato  soprattutto l’imboscata che  gli hanno teso i nazi fascisti  a Montevacà. Erano molti pochi e avendo pochissime munizioni molti dei  suoi compagni sono stati  uccisi mentre lui e i suoi amici si  sono divisi; 2 erano  rimasti  con mio nonno, poi  gli altri li hanno ritrovati nei  loro vecchi nascondigli.

Mio nonno ha  assistito  a molte  battaglie. Poi è stato ospitato in molte case dove gli hanno dato da bere e da mangiare. Mio nonno  ha assistito a  un lancio Al Pian del  Principe nella  zona  del  Monte  Nero quella roba lanciata c’erano molte armi, munizioni, vestiari, viveri e  denaro per comperare la roba necessaria. Il nonno apparteneva alla 32ˆ Brigata Garibaldi; il comandante era Gianni Moglia ( nome  di  battaglia “ Scarpa ”), il secondo  Comandante Moglia Giovanni ( detto  Bil ). Alla fine della guerra si  sono ritrovati tutti insieme  i partigiani e americani  per  festeggiare la  fine  della guerra.

( Manuel  Borzoni )

Il racconto  di mio nonno ( Filippo Delgrosso )

(a destra il Comandante << Dragotte >> (Giuseppe  Delnevo ) insieme  alla << Rosetta >> (Rosetta Solari ) e a
<< Corrado >> in una fotografia  dell’ottobre 1944

Il  mio nonno Bruno mi ha  raccontato questo  episodio da lui vissuto in prima persona durante  la Resistenza. “Bill” questo   era  il nome di mio nono  in battaglia, apparteneva  alla divisione Julia distaccamento “ A. Zanrè ”.

Nel  1944 si  era sparsa la voce che  si  stava avvicinando al  nostro paese una colonna  di  tedeschi perciò si  rese necessario effettuare un perlustramento il località  Gotra. Insieme al  comandante Zanrè purtroppo al  bivio di  Albareto vennero  fatti prigionieri. Mentre il nonno veniva  interrogato, il  suo  compagno Zanrè  tentò di  fuggire e venne  ucciso.

Con lo scambio  dei  prigionieri e l’intervento di  Mons. Signor. Boiardi; allora parroco  di B. Taro, il nonno  venne  liberato. Il mio nonno è ancora  oggi grato a  questo  prete che  non ebbe paura di  esporre la propria vita pur di  salvare quella  di un altro. Dopo aver giurato il falso, egli disse infatti che  il nonno non era un “ Partigiano ribelle ” giustificò il suo comportamento sostenendo che  per salvarlo un anima Dio lo avrebbe perdonato. La sua figura di  Monsignor Boiardi è veramente esemplare per il nostro paese perché grazie al  suo intervento fu evitata la distruzione  di  Borgotaro da parte dei tedeschi.

( Filippo Delgrosso )

Fra i ricordi  indimenticabili della  mia  nonna

La  mia  nonna allora era una bimba molto piccola, e anche se è passato molto tempo si  ricorda ancora qualche  fatto accaduto proprio qui nel  nostro paese. A lei  sono rimaste  impresse due  episodi. Prima quando il suo papà e altri  cittadini furono arrestati, perché un gruppo di partigiani avevano ucciso un soldato tedesco, in una osteria in Viale Bottego. I tedeschi arrivarono  e trovarono il soldato tedesco morto, allora uccisero il padrone dell’osteria; arrestarono tutti  quelli che  si  trovavano  nell’osteria e fra questi il papà di mia  nonna e li portarono nel palazzo Ostacchini in Viale Libertà.

Li tennero prigionieri per giorni mentre venivano fatte trattative fra  i tedeschi e le  autorità  cittadine, ma i soldati tedeschi ormai avevano deciso che  volevano dieci  vite per  quella del  soldato ucciso. Ma subito dopo accadde una brutta cosa: gli ufficiali tedeschi  volevano  fare saltare il palazzo dove era stato ucciso il soldato, ma volevano  che  il corpo del padrone dell’osteria fosse  fatto saltare in aria con il palazzo. La  mia  nonna che tutti furono fatti prigionieri nell’albergo Appennino aspettando lo scoppio che avrebbe distrutto il palazzo, ma quando questo  avvenne si  seppe che il corpo del  signor  Pellacini fu dato alla sua  famiglia; furono  giorni bruttissimi. Aspettavamo sempre  qualche  parola dal  parroco di  Borgotaro era l’unica persona con  cui  i tedeschi parlavano.

Alla fine dopo  una settimana di pianto e preoccupazioni giunse parola in casa della  mia nonna che  avrebbero  fucilato tutti  i prigionieri. Erano tutti  in  casa vicini uno all’altro aspettavano notizie  per andare  a prendere il  corpo  del loro papà,  quando tutto  ad un tratto si  spalancò la  porta e il cugino della mia  nonna “ gridò ” – Arrivano, sono vivi! Prima  che la nonna, la sua mamma,  e tutta la  famiglia potessero  andare a Porta Portello tutto il paese correva verso il ponte  di  San Rocco per poter riabbracciare tutte quelle care persone che  per  giorni avevano tanto  sofferto e pensato di  non rivederli mai  più.

( Sebastian )

Ricordi di nonna Ilda

La seconda guerra mondiale durò cinque  anni, fu  una guerra con molti morti. Mi ricordo che  quando avevo  quattro anni, alcune  guardie tedesche bussarono  alla porta, mia  madre aprì,  e loro  entrarono. I miei  fratelli più piccoli  piangevano dalla paura e io  terrorizzata, andai sotto il letto a pregare con la  speranza che  non  succedesse niente, non capii molto quello che  dicevano, ma una cosa forse si: volevano  vedere mio padre, ma  non c’era.

In quei tempi c’era molta miseria,  a volte non avevamo neanche  i soldi da comprare il pane, c’era poco  da mangiare. Mi ricordo che  si vedevano volare molti  aerei da combattimento; nessuno usciva per paura che  piovessero  bombe. Era il  15 aprile  1945 e  da quasi un anno non vedevo  i miei  genitori, non avevo loro notizie.

 La  nonna per tranquillizzarci diceva  che  la  guerra stava per finire, ma per me era un sogno lontano. Era un periodo  di  crisi, non c’era libertà, non  si poteva ne leggere, ne  scrivere giornali. Noi più piccoli non sapevamo cosa fare, io mi dedicavo  al  disegno e se c’era un po’ di lana  al  cucito, cosa che  ho sempre amato. Le bestie  che  avevamo  morivano o di malattia o per mancanza di cibo.

In casa il nonno Luigi aveva la  bandierina tricolore davanti a un mazzetto  di  fiori. Davanti  ai  nostri occhi  succedevano cose  orribili, così verso le  21,00 ci  mettevamo  a pregare si  sentirono grida e urla di  gioia, dicendo: la guerra è  finita, siamo liberi !. Dopo un giorno arrivarono  mamma  e papà; papà  era ferito, perché un tedesco lo aveva colpito nella  gamba destra; ci  sentivamo felici:

(Dellapina Isabella )

L’ex comandante della 1ˆ Julia << Dragotte >> rievoca la  battaglia  della Manubiola

ore 11 del 30 Giugno 1944, alla << Fraschara di Pontolo >>,  a pochi chilometri da Borgotaro, un  gruppo di  Partigiani aprono il  fuoco sul primo dei  dieci  camions carichi  di truppe tedesche, che  stanno puntando  su  Borgotaro. L’ordine è partito dal  comando  della 1ª Brigata Julia << Sparare,  fermare i tedeschi il più lungo possibile >> per  dar tempo a tutti i  gruppi partigiani della valle di  arrivare in  forze  sufficienti per affrontarli in battaglia.

I tedeschi rispondono al  fuoco, entrarono nella  casa, prelevarono ostaggi ( donne, anziani, bambini), invertirono la  marcia facendosi  scudo di  gente inerme per assicurarsi la fuga e l’impunità. La  Battaglia  della Manubiola è  cominciata li  a << Fraschara di Pontolo >> il 30 giugno 1944. La Valle  è in tumulto: le  staffette partono rapide in tutta le direzioni per avvisare i distaccamenti partigiani che arrivarono a centinaia sulla  strada  di Pontolo – Ostia.

I tedeschi sono  armatissimi ma i partigiani della Brigata Julia sono  superiori di numero e conoscono bene la zona. Sono  un esercito nuovo che  si batte per una  causa giusta. L’indipendenza dei popoli, la dignità dell’uomo! I  tedeschi  sono motorizzati, i partigiani dovevano inseguirli a piedi, ma il ponte sul Manubiola è  stato  fatto << saltare >> e per uscire dalla  valle dovranno deviare su  Ghiare di  Berceto: perdono  altro tempo prezioso e i partigiani sperano  di poterli raggiungere.

L’unico  automezzo a disposizione dei partigiani è  quello di << Gigièn >>, che  raccoglie gli uomini più stanchi li porta avanti un paio  di  chilometri, li scarica e quindi torna alla colonna  per prendere un altro  gruppo. I tedeschi, finalmente  raggiunti sul Manubiola, vengono  fermati dalla  raffica del  mitragliatore di Poppay dando l’alt  alla colonna tedesca.

Il combattimento dura  circa  tre ore. I tedeschi  sono frastornati; ormai senza scampo si  trovano  in una trappola mortale. Se  ne  rendono conto: qualcuno sventola un drappo bianco. I partigiani risalgono il costone  gridando ed eccoli  a frotte sulla strada con i mitra puntati. Nella battaglia  della Manubiola molti partigiani persero la vita. << Il tempo che  sfuma  i ricordi, che annebbia le  cose. Che imbianca i capelli, che  spegne gli  amori, non ha cancellato da me le immagini dolenti dei  morti  del  Manubiola >>

( Martina Pesci )

DICONO I MORTI

Un  giorno lontano partimmo

remava nei cuori l’amor di mamma

vibrava nei  cuori una fede,

una fiamma avversa ai tiranni.

Cantammo nei  boschi la  nostra passione

nei  boschi spuntavano le prime  viole

sui nostri  fucili spuntavan  due  fiori

<< Giustizia  e Libertà >>

e contro il nemico ergemmo il fucile

in pochi, con poche  cartucce;

e il pane  era scarso talvolta

e il letto era secco, di  foglie;

dai muri filtrava la luna col freddo.

Ma Libertà, Libertà,  ci  riscaldava,

essa fuggita dalle  nostre case

dalle città, dai borghi,

visse con noi. Noi funno i  suoi soldati.

Visse con noi tra i fiori  e le  nevi

visse con noi ai canti  di mitraglia

visse con noi nei cimiteri  sparsi

della montagna.

Ed oggi siam scesi con  essa

e noi che  morimmo viviamo.

Consolati o madre: un giorno morimmo

per vivere nei  cieli del mondo.

O madre consolati.                                              ………   “ O morti fratelli

Se i nostri compagni son vivi  nel  sole,                               del  Manubiola

pur noi siam vivi, nel sole e  nei cuori.                                  Su  quelle  rive scoscese,

                                                                                                al  tramonto,

Portammo sui monti  una fiamma                                         Vi raccogliemmo ….

Per essa morimmo;                                                                Pietosi”.

per essa viviamo.

Consolati  o mamma!

Giuseppe  Delnevo  << Dragotte >>, 1945

Foto  ricordo del  conferimento della  “ Croce al  valore militare”
A Mario  Gasparini
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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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