Abbiamo Tutti Rischiato 43-44-45

Memorie dattiloscritte da BONINI Guido

nato a Parma il 09.02.1923, residente in Borgo Val di Taro (Parma)
La mia famiglia era così composta: padre, madre; sorella cl. 1919, fratello cl. 1921; io ero il più giovane cl. 1923.
Mio padre, reduce della guerra 1914-18 risiedeva a Parma, sua città natale con la famiglia, strada Nino Bixio.
Oppositore al fascismo, dovette abbandonare Parma nel 1928 perché perseguitato e continuamente minacciato dai violenti del nuovo regime. Fu ospitato a Borgotaro in casa di suo cugino sig..,INVERNIZZI,- abitante nel palazzo della Società Imbriani.
Nel 1931 tutta la mia famiglia lasciò Parma per unirsi, a mio padre in Borgo Val di Taro. In questa circostanza, in un paese nuovo e non conosciuti, oltre agli Invernizzi ci diedero un valido aiuto:) il Sig. Delnevo (Merlotto) e la sua cara signora Brugnoli Caterina.
Nel 1941 mio fratello cl. 1921 era alle, armi con l’Esercito Italiano per assolvere gli obblighi di leva. Nel 1942 sottufficiale dell’ Esercito inviato in Russia con il C.S.I.R. , e dal Natale 1942 (inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don) non ha più dato notizie di se e quindi come tantissimi altri giovani, dichiarato dal Governo Italiano – Ministero della Difesa – con verbale n° 12848 ST “morte presunta”.
E ‘ arrivato il famoso “8 settembre 1943” e mi trovavo a casa mandato dall’infermeria presidiaria del Distretto Militare di Parma.
Le truppe tedesche probabilmente bene informate sapevano cosa stava succedendo ed erano già in stato di allarme. Hanno attaccato in forze le poche truppe italiane delle varie Caserme costringendole alla resa e seminando terrore. I nostri militari hanno reagito per un po’ ma poi, anche a corto di munizioni hanno abbandonato iniziando un fuggi-fuggi per le campagne ed, affidarsi ai contadini per evitare la cattura ed essere trasportati in Germania nei famosi campi di concentramento (sterminio).
Visto cosa facevano i tedeschi nelle città italiane dopo 1’8 settembre non ho più avuto dubbi sulla ferocia e cattiveria tedesca. Avevo 20 anni e tanta volontà. Ho sempre portato a termine con serietà incurante dei rischi tutti gli incarichi a me affidati.
Il mio nome di battaglia “Scalabrino” e poco conosciuto perché la maggioranza mi chiamava col nome battesimale, era più semplice ed io non ne facevo caso, ero cosciente delle mie azioni che ritenevo buone e giuste.

(Guido Bonini)
Scalabrino

Borgo Val di Taro, 30 novembre 1996.

SOMMARIO INDICATIVO

A-B-C-D: prima del 25 luglio 1943; strade e circolazione stradale;
pag. 1 -presentazione;
” 2 -i vari fronti della “GUERRA LAMPO”;
3 -8 settembre 1943, l ‘Italia “abbandonata;
4 -fuga di un pilota italiano;
6 -la “Casermetta” – pastificio Gavaini;
7 -scarsa adesione al nuovo governo;
7 -nel retro “coprifuoco”;
8 -i primi disertori per Anzola;
9 -“Saga” e “Cinaia” a Fornovo Taro;
” 11 -incontro con “Beretta” (Cacchioli);
” 12 -Molinari Pietro “Narisa”- Fornovo Taro;
” 13 -a Fornovo con: Lucatorto; .
” 14 -da Fornovo al lume di candela;
” 16 -Carabinieri! – S.Maria del Taro – ;
18 -viaggio a Bari –ditta Schiffini…;
” 19 -bombardamento Ospedale “S.MARIA”;
” 20 -battaglia Monte Vaccà -Brindani ferito
” 22 -chiamato alla sede del Fascio;

” 24 -Pelizzoni “Lupo” – ammalato
” 25 -X'” MAS- Arturo Pesci – vandalismo;
” 27 -incrocio funerale sul ponte S.Rocco;
” 29 -Riunione Comandanti di zona – Pradella
” 30 -rifiuto all’ALT! di tedeschi e fascisti;
” 32 -bruciato con macchina-Tenente Giorgetto;
” 34 -MANUBIOLA: tre giorni prima;
” 36 -scontro mulino dell’ Aglio;
” 38 -luglio 1944 GRANDE RASTRELLAMENTO ESTIVO;
” 39 -morte di “TAROLLI”. (Zanrè Alberto)
“NELLA BUFERA DELLA .RESISTENZA” :
39 = una pagina dal diario di Mons .Boiardi;.
Pag. 40 – batterie radio – Telegrafisti;
” ” 40 – caccia bombardieri su Borgotaro;
44 – morte Dott.Pedrini -strage piazzetta
45 – viaggio con 18 BLR a Vicofertile:
BUONO per un carico di farina;
54 – vantaggi del viaggio a Vicofertile;
55 – Valmozzola 30.9.1944 -attacco staz. Ferr.
56 – costituzione “campo concentramento prigionieri di guerra
57 – 20.10.1944 sostituzione Com. Moroni
58 – elenco prigionieri di guerra;
60 -GRANDE RASTRELLAMENTO INVERNALE TEDI
61 -“6 gennaio 1945” attacco nella bufera;
63 -malattia: niente medicine, rinuncia ricovero;
non vi sono posti;
64 -trasferimento al Comando Unico O.C.;
67″ -COMANDO UNICO OVEST CISA;
67 -caso Marchini -milite forestale;
69 -discussioni sul bombardamento di Parma
evasi dal carcere “8 .Francesco”;
69 -cambi e sostituzioni quadri di comando
70 -costituzione “Gruppo d’Azione Val Taro
71 -conclusione;
72 -documentazione e interviste;

A – Prima del 25 luglio 1943

Era un periodo ove gli autisti scarseggiavano per il continuo richiamo alle armi. Le strade poco belle, non asfaltate, con ghiaia grossa e molte buche. Per ciò che riguarda la circolazione non era difficile andare, la difficoltà era la scarsa efficienza meccanica delle auto; gomme malandate rappezzate in qualche modo, freni pochi sicuri, bisognava fare affidamento molto sulle marce, anche queste poco funzionanti.
Tutte le vetture e camion erano dotate dei ferri necessariamente in dispensabili per;alcune anche per smontare le gomme. Togliere le camere d’aria, tappare i buchi con il mastice, rimetterle in pressione con la pompa a mano e via. La ditta Carlo Pesci, aveva macchine abbastanza sicure e ben controllate dalla propria officina. Purtroppo molte volte, per cause diverse, si era costretti ad adoperare anche macchine o camion un po’ malandati.
Il mio lavoro base era di amministrare, cioè tenere controllato il contachilometri delle vetture, dei camion e le rispettive bolle, ma in special modo tenere aggiornati i libri paga dei dipendenti e i rapporti con i vari clienti, oltre a seguire le disposizioni I.N.P.S. e le assicurazioni.
I dipendenti della ditta erano otto così qualificati: Bonini Guido, contabile ufficio; Tanzi (padre), autista – camionista, Cardinali (maciò) di Tarsogno, Autista – taxista; Bertani, autista – taxista – camionista; Silvio, meccanico – officina; Ferri, apprendista; Aldo, apprendista.

B – Prima del 25 luglio 1943
Negli intervalli del mio lavoro, ero curioso e mi piaceva osservare il meccanico in officina e quindi acquisire una modesta conoscenza delle vetture e camion di quell’epoca. Oggi con l’avvento dell’elettronica le macchine funzionano meglio, ma è anche più difficile conoscere il funzionamento, dovuto alla massima precisione.
Io per hobby ( senza scuola guida, oggi obbligatoria..) avevo conseguito, con regolare esame la patente di guida di 2° grado a scoppio, poi trascorsi i regolari sei mesi ho superato anche l’esame per ottenere le patenti dei due terzi grado a diesel e a scoppio, vale a dire che potevo guidare qualsiasi tipo di vettura,taxi,autocorriere e camion con rimorchio. Di queste patenti conservo l’originale.
Avendo ad un certo punto la mia ditta bisogno di autisti, ed essendo io in possesso di patente, mi davano un compenso extra per sopperire le richieste dei clienti.
Il garage – officina si trovava dietro le mura di casa Molinari. I veicoli in uso, non sequestrati per cause belliche erano: 1 FIAT 500 topolino, 2 FIAT 508 balilla; 2 camioncini – furgone FIAT 509; 2 FIAT 1100; 1FIAT 501; 1 camion18P; 1 camion 18 BLR a gomme piene, trasmissione a catena già in uso durante la guerra 1914 -1918.
Le vetture avevano un discreto buon funzionamento. I camion erano un pochino più antiquati e faticosi da guidare. I camion di più recente fabbricazione erano difficili sottrarli alla requisizione da parte dello stato per necessità belliche. Come pure gli autisti erano pochi perché continuamente richiamati alle armi. Le biciclette erano poche, ma possederle richiedeva un certo sacrificio per la manutenzione, in più dovevano essere provviste di regolare BOLLO DI CIRCOLAZIONE; esserne sprovvisti si incorreva in pena pecuniaria e si rischiava persino il sequestro del mezzo.

C– Circolazione stradale

Quasi tutte le strade, anche prima degli eventi bellici, erano malandate e non asfaltate. Tutte le località e frazioni come: Rovinaglia, S.Vincenzo, Valdena, Righini, Grifola, Belforte, Gorro, Porcigatone, Caboara, Tocaleto, Osacca, Tiedoli, Caffaraccia, S.Pietro, S.Martino, Bardi e tante altre, erano raggiungibili solo a piedi, qualche d’una con carri agricoli; per andare a Pontremoli bisognava salire a Berceto Poggio e poi prendere la statale 62 della Cisa, lo stesso per andare a Fornovo o Parma.

D– Circolazione stradale

La mancanza di strade ha permesso una certa sicurezza ai contadini e agli sfollati, oltre a rendere più efficace la lotta clandestina contro i tedeschi.
Tutte le strade che oggi vi sono bene o male percorribili in macchina o con altri mezzi rotabili, a quei tempi tutti dovevano percorrerle, quindi il bisogno di scarpe era genere di prima necessità, non lusso. La media percorribile per una persona normale è di circa 5-6- Km. all’ora; per raggiungere una località sopra descritta, la più vicina si calcolataci volesse 1 ora.

La descrizione delle strade, solo per giustificarne il motivo del perché quando si facevano dei prigionieri, il primo singolo interesse, oltre alle armi erano le scarpe; non era cattiveria o dispetto, ma estrema necessità.
Con questo non si vuole giustificare o perdonare qualche atto di vandalismo o vendette personali
Questa descrizione, dopo cinquantenni, per portare a conoscenza dei chilometri che giornalmente si percorrevano ( circa 3-4- ore di media) e che forse molti hanno dimenticato e e tanti ignorato.

1 Presentazione
Quanto è qui narrato, sono memorie di un certo periodo. Quanto è scritto è storia vera, molto documentata con scritti dell’epoca depositati e protocollati presso l’Istituto Storico della Resistenza di parma, oltre a registrazioni in cassette. Le registrazioni si riferiscono a:
DELNEVO Giuseppe “ Dragotte”
BRINDANI Libero “Libero”
BENCI Giovanni “Lino”
SOLARI Giuseppe “Jack)
CUCCHI Emilio “Ras”
LODI Massimiliano “Italo”
BONINI Guido “Scalabrino”

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Era l’anno 1940. il nostro ritrovo più abituale era lo studio – abitazione del generoso Angella Armando. Menomato sin da bambino dalla terribile poliomielite, invalido totalmente agli arti inferiori e poco idoneo nel resto del corpo.
Contrario al regime totalitario fascista; era veramente maestro della vita democratica, accettava tutti, ricchi, poveri, intellettuali, studenti, operai, se aveva una sigaretta la divideva con tutti, così come aveva abituato i frequentatori del suo studio – abitazione, sempre aperto e per noi passatempo delle ore libere. I più assidui di tale ritrovo ed anche i più evoluti culturalmente perché assieme a lui studiavano erano i Solari, Specialmente Eugenio, Carletto Grezzi, Bernardi, Fontana, il Cairo,Zefro e tanti altri ancora, nelle ore di ricreazione.

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L’Italia era in guerra dal 1940, alleata con la Germania e prima della famosa data del 25 luglio 1943, caduta del Regime Fascista e quindi del governo, nell’ambiente di Angella si cominciava già ad avere indisposizione verso questo regime ed alleanze; questo stato di cose più sentito dai più evoluti ed anziani di noi giovanissimi di leva militare.
Si cominciava ad essere nauseati della battezzata “GUERRA LAMPO” con la parola “ VINCERE”! Il nostro popolo era partito una certa euforia della propaganda politica mentre sui fronti militari le si prendevano da tutti:Africa Orientale, Africa Settentrionale, fronte occidentale ( Francia), Grecia ecc. – noi giovani si cominciava a ridere della propaganda di otto milioni di baionette e si diceva: non abbiamo neanche otto milioni di temperini per far la punta alle matite; i viveri di prima necessità scarsi e tesserati. Trionfava il mercato nero. E chi non aveva i soldi? Arrangiarsi.
Quando al radio (E.I.A.R.) trasmise il crollo del governo e quindi la caduta del regime fascista, ci ha colto una certa euforia, ma i più avveduti nella politica ed esperti come era Solari Giuseppe (quasi sempre richiamato alle armi), Armando Angella e altri, hanno frenato il nostro entusiasmo dicendo: piano ragazzi, chissà come andrà a finire, cosa può accadere, quindi calma e scappiatevi regolare.

3 L’8 Settembre 1943, l’Italia abbandonata

Infatti non ebbero torto, avevano visto giusto perché arrivò il famoso 8 Settembre 1943.
Sempre la nostra radio (E.I.A.R.) trasmette:LA GUERRA È FINITA- la pace è stata firmata. E la Germania? Noi italiani non sapevamo niente. I nazisti erano ancora in guerra contro quelli che poi divennero i nostri alleati.
Il nostro territorio nazionale era completamente occupato da truppe tedesche, molto ben armate, nei loro confronti noi eravamo dei traditori. I firmatari della pace avevano tutti abbandonato (scappati) il territorio nazionale. I tedeschi cominciarono subito l’occupazione delle caserme italiane contro la nostra debole resistenza che potevano fare le nostre truppe malandate; cominciò la tragedia il fuggi fuggi dei nostri militari per le campagne e cercare abiti civili. Chi non è riuscito a scappare è stato catturato dai tedeschi e finito nei campi di concentramento in Germania.
Da questo momento è iniziata la nostra opposizione al nazismo.
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Dopo aver sentito le varie voci dei nostri militari reduci dalla Russia e visti i modi autoritari – padronali dell’esercito tedesco in casa nostra, non potevamo nutrire molta simpatia nei confronti della Germania. Molti, i più tanti nostri giovani militari non hanno più dato notizie dal C.S.I.R. –P.M.83 –(Russia) dal Natale 1942 . (Inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don).
La nostra scelta: Opposizione con ogni mezzo al nazismo. Resistenza!

Fuga di un pilota italiano

Ero alle dipendenze della ditta Carlo Pesci con le mansioni di contabile; la ditta lavorava nell’autotrasporto merci e auto da rimessa (taxi); il garage officina situato nella zona dietro alle mura (casa Molinari).è da qualche giorno passato l’ 8 settembre 1943 quando nell’allora campo di aviazione di fortuna (statale) atterrò un piccolo aereo italiano, credo sia stato un modello “ Caproni”.
Con il consenso del mio principale, saltai su una macchina che si teneva sempre pronta – FIAT 1100 –e corsi al campo ove era atterrato l’aereo. Era appena sceso il pilota,un sottotenente dell’aeronautica militare scappato da un aeroporto della pianura (credo Reggio Emilia) per non aderire all’esercito tedesco. Questo pilota con una certa diffidenza, mi chiese se vi erano dei tedeschi. Risposi di si. Ho capito che si voleva sottrarsi a loro, di saltare subito sulla mia macchina ed immediatamente lo portai via dal campo di atterraggio.
A quei tempi la strada si chiamava dell’Abazzia, ora via De Gasperi. Finiva subito dopo il campo d’aviazione di fortuna, e per uscire dalla zona in macchina, bisognava tornare indietro, passare per il ponte di San Rocco e portarsi a sinistra del Taro . scelsi la strada per Albareto e arrivati alla curva detta “Cacchioli” vedemmo una macchina Jeep tedesca arrivare al campo fortuna a cercare il pilota dell’aereo. La nostra azione fu tanto rapida che nessuno si accorse o fece finta di non aver visto niente. Il giovane pilota era un poco timoroso, ma io lo rassicurai dicendogli che ormai eravamo al sicuro. Lo portai alle Moie di Albareto e gli insegnai la strada della montagna ove poteva stare tranquillo ed avere fiducia nell’aiuto dei contadini. ( questo fatto da non confondere con i tre aerei inglesi atterrati una domenica pomeriggio durante una partita di calcio.
Intanto si continuava a frequentare lo studio del maestro Angella. Si giocava a scacchi, dama e si parlava anche dell’ostilità che i tedeschi avevano verso di noi, ci guardavano da nemici e con molta aria di superiorità.
Le cartoline rosse di richiamo alle armi si erano un pochino fermate, ma ora ricominciavano ad arrivare; da questo momento cominciarono le prime diserzioni.
Non ricordo bene se prima o immediatamente dopo il natale 1943, specialmente gli ex alpini hanno cominciato a prendere la via dei monti. I primi borgotaresi, in prevalenza hanno scelto la zona del bedoniesi e precisamente il posto di collegamento Angola, per poi sistemarsi in piccoli gruppi nelle frazioni vicine (Monte penna ) ove già vi erano altri contrari al nazismo, specialmente Bedoniesi e valligiani del ceno. Vi erano anche dei partigiani.

La Casermetta – pastificio Gavaini

Nei primi giorni del mese di gennaio 1944, ho portato un piccolo rifornimento di pasta alimentare e altri viveri alla “CASERMETTA”, una piccola casetta di campagna sita nei pressi di Folta di Boschetto, Comune a quei tempi di Borgotaro.
Dopo la guerra si è ricostituito il vecchio Comune di Albareto come era in precedenza negli anni trenta e quindi la “FOLTA” è ripassata sotto le tutela del vecchio Comune di Albareto, comprendente tutta la Valle del Gotra, parte del Centocroci e della sinistra Taro.
In quella occasione ho conosciuto il partigiano “RICHETTO”, altri della Valle del Vara, della Lunigiana e Spezzini; Beretta, Tambini e Varacchi e altri locali già li conoscevo.( Sabini, Riccoboni ecc…).
I viveri e la pasta erano sistemati in bidoni vuoti della raccolta del latte e mi erano stati riforniti e sistemati da un certo Sig. Gavaini, di origine Bedoniese, gestore di un piccolo pastificio sito all’inizio di Via parma, bivio immediatamente dopo la casa di Cucchi, sempre sulla sinistra. Il Sig. Gavaini era persona generosa, ha avuto la sfortuna di perire nella battaglia del Manubiola, prigioniero dei tedeschi.

Scarsa adesione al nuovo governo

Sentendo i pochi reduci dell’Armata italiana ritiratasi dal fiume Don (Russia), i dissensi verso i tedeschi aumentarono.
L’Italiano in generale, specialmente i nostri genitori, hanno sempre avuto poca simpatia per l’alleato tedesco. Prevaleva ancora molto la storia dell’ultima guerra 1914 – 18 e la canzone del “Piave”. Poi si è aggiunto il cattivo spietato comportamento dei militari tedeschi nei confronti della nostra Armata Militare in ritirata dal fiume Don. Questo è stato un determinato motivo per spingere ai monti il rimanente disfatto nostro esercito, seguito poi da tanti giovani e dare inizio alla resistenza contro il nazismo.
A quell’epoca, coloro che non aderivano al richiamo militare ( dopo l’8 settembre 1943 ) per la ricostituzione della Repubblica Italiana e prendevano la via dei monti, erano considerati e chiamati banditi dalle autorità civili e militari.
Molti erano i proclami contro questi BANDITI, ma senza esito, anzi la reazione aumentava con indignazione.
Visto il fallimento di tanta propaganda, le autorità dell’epoca hanno imposto il “COPRIFUOCO” dalle 10 di sera alle 6 del mattino.

Per chi non lo sapesse il “COPRIFUOCO” vuol dire che nessuna persona o mezzo può circolare senza un permesso speciale rilasciato dalle autorità: pena l’arresto immediato. l’arresto per chiarire il motivo di tale inadempienza.
Chi era ben conosciuto dalle pattuglia di servizio e poteva dimostrare le ragioni di tale inadempienza, era un pochino tollerato.

I primi disertori per L’Anzola- Saga e Cinoia a Fornovo

Verso la metà del mese di gennaio, d’accordo con Armando Angella, dovevano arrivare alla locale stazione FF.SS. un primo gruppetto di nostri amici disertori per portarli ai monti. Detto treno arrivava credo alle ore 20.05. Detti nostri amici avevano accettato la chiamata alle armi per essere
vestiti ed eventualmente armati,ma già con l’intenzione di disertare. All’ora e giorno fissato ero pronto con la macchina nel lato buio della stazione FF.SS., cioè presso il cancelletto dei gabinetti, perché di li dovèvano saltare e salire in macchina, in quanto dall’uscita normale vi erano i tedeschi e fascisti di guardia per controllare l’arrivo dei viaggiatori
I primi disertori che trasportai ai monti ricordo che erano: Solari Eugenio,Signorini di Pieve di Campi, Bernardi Punteria; poi Carlo Squeri. di Bedonia, Ghezzi Carlo, Fontana Gino e qualche altro che al momento non ricordo, sempre trasportati dalla FF.SS. di Borgotaro alle ore 20,05, in direzione di Anzola di Bedonia, nella Valle del Ceno e precisamente in ‘una osteria gestita da un certo Lanzarotti, meglio conosciuto col sopranome di “Bacucu”. In quelle occasioni in detta osteria, vi incontrai Brugnoli Salvatore “Saga”, Piscina Antonio detto “Tugnela”, Serpagli Bruno e tanti altri. Nei miei viaggi che facevo, non potevo mai rientrare prima delle 22, cioè quando scattava il “coprifuoco”, ma mi è sempre andata bene, l’importante era di non imbattersi nelle pattuglie nazifascista, i carabinieri erano in quelle occasioni più tolleranti, salvo non trovare proprio il lavativo pignolo. Altro gran collaboratore astuto e segreto era Gino Picelli, del quale avevo fiducia. Con questi avevamo fatto un numero di serie e quindi se mi mandava qualcuno e me sconosciuto, doveva dirmi o dare detto numero per avere i trasporti necessari.
Un giorno, non posso essere preciso, credo verso la fine dell’inverno 1943-44, mi trovavo a Fornovo Taro per effettuare un carico di bombole di gas metano per la mia Ditta. Il mezzo di trasporto era un Fiat 501, la strada per raggiungere Borgotaro era quella della “Cisa”, non esisteva la fondovalle o autostrada, con una certa diffidenza ( per gli altri 9 mi si è avvicinato “Saga” Brugnoli Salvatore seguito da Serpagli bruno ( sapevano che ero uno dei loro ) e mi dissero se era possibili dargli un passaggio per Borgotaro perché erano stanchi e non se la sentivano di farla a piedi, ma volevano essere sicuri perché avevano dei documenti della massima importanza; provenivano da Milano e poi avevano fatto altre città. Gli dissi di si, ma in questo caso era meglio aspettare verso sera perché dissi loro che a Piantonia, cioè ai primi tornanti vi è sempre un posto di blocco fascista della Guardia Nazionale Repubblicana, ma che al primo oscurarsi scendevano giù a Fornovo Taro, non si fidavano restare in quella zona di notte.
Io ero praticissimo di quella strada e quando giudicai buono l’orario partimmo. Al di sopra dei tornanti di Piantonia , mi ritenevo ormai fuori pericolo e cominciava anche un pochino il buio; allora ho premuto il bottone per accendere i miseri fari. A quel punto come si sono accese le luci si è spento il motore e fari. Con la manovella ( quella era il sistema di accensione del motore) rimisi in moto per ripartire. Quando premetti di nuovo il bottone dei fari, si è spento di nuovo il motore e fari. Allora controllai le condizioni del camioncino e constatai che era privo di batteria. Quel modello di camioncino FIAT 501, andava anche senza batteria perché funzionava a magnete, cioè la corrente se la faceva da solo, ma non generava abbastanza corrente per mantenere anche la fanaleria. Allora, data l’importanza di fare arrivare a Borgotaro i miei amici, con una commissione così importante, ho deciso di proseguire e fare tutta la strada della “ Cisa” comprendente i tornanti di Cassio, Roccaprebalza, Lozzola ecc. senza fari. A “Saga” dissi di stare attento dalla sua parte, ma rispose con una certa giusta rabbia. Io non vedo niente! Era ancora freddo, ma il traffico quasi inesistente. Guidando con la testa fuori dal finestrino e facendo ricorso a tutta la mia pratica di quella strada, siamo arrivati a Borgotaro. È stata davvero una bruttissima notte, perché oltre al buio e freddo era anche piovigginosa.

Incontro con Beretta – Molinari Pietro “Narisa” a Fornovo Taro

Qualche giorno dopo mi sono trovato per vari motivi a Boschetto di Albareto e vidi Cacchioli Guglielmo “Beretta”, che già ci conoscevamo. Tramite Riccoboni, suo grande collaboratore, sapeva che andavo spesso a Fornovo Taro a prendere le bombole di gas metano per le auto della mia ditta, sapendo come la pensavo ed avendo in me fiducia, mi chiese di aiutarlo ad assolvere un incarico di grande importanza e molto rischioso. Chiesi di cosa si trattava. Mi informò che a Respiccio di Fornovo taro in una località segreta vi era da fare un carico d’armi e munizioni. Io ero pratico di Fornovo Taro, ma di Respiccio che era fuori in campagna poco; sapevo che vi erano anche degli sfollati e che avrei dovuto raggiungere detto posto con molta sicurezza e precisione senza dover chiedere informazioni, potevo anche cadere in persone sbagliate a noi contrarie; ci voleva molta prudenza, i tedeschi erano ancora molto forti e non perdonavano. Guglielmo Cacchioli “Beretta” mi disse che in quel piccolo paesino di “Respiccio” vi era sfollato un borgotarese certo Molinari Pietro, ferroviere presso la stazione FF.SS. di Fornovo Taro. Io risposi chi è “Narisa”? mi disse di si, allora lo conosci; mettiti d’accordo con lui, sa tutto quello che devi fare, con noi è molto disponibile, ti faccio un biglietto perché sappia aiutarti bene. Dissi a “Beretta” che probabilmente domani avrei dovuto andare a Fornovo o a Ozzano e che mi sarei messo d’accordo con “Narisa”. Non farmi di biglietti, ci conosciamo bene.
Il giorno dopo di questo incontro con Guglielmo Cacchioli “Beretta”, mi sono dovuto recare a Ozzano Taro per conto della mia ditta; la società metanifera, fornitrice di gas metano, prima residente in Fornovo Taro, per ragioni belliche spostava la stazione di caricamento bombole a Ozzano Taro, lontano dai centri abitati.
Nel ritorno ho fatto tappa a Fornovo, sono andato al dopolavoro della FF.SS., locale frequentato dal Molinari. Lo trovai, gli dissi quanto mi aveva confidato “Beretta”. Noi due ci conoscevamo bene, quindi non abbiamo avuto dubbi per metterci d’accordo e fissare l’appuntamento per “ Respiccio”.
Arrivato a Borgotaro, feci un salto alla Folta di Albareto per informare “Beretta” e questa volta trovai il fratello Gino.
Gino “Beretta” sapeva tutto e chiamò un certo Lucatorto, sfollato, sott’ufficiale della Marina Italiana, ancora in servizio a La Spezia, ma di fatto faceva già parte delle formazioni dei “ Ribelli”; non tardò molto la sua diserzione.
Io lo conoscevo bene e non abbiamo avuto difficoltà a metterci d’accordo.

A Fornovo  con Lucatorto

Il  giorno  prefissato con il Molinari “Narisa”,  ci  siamo recati a Fornovo Taro, località “Respiccio” ed abbiamo trovato  subito il Molinari che  ci  aspettava. Per  questo  viaggio, l’unica macchina disponibile nella nostra ditta era una  FIAT 508 balilla un pochino vecchiotta, ma ormai  bisognava  andare.  Abbiamo  caricato le  poche armi (  2 mitra, 6  fucili , molte munizioni per dette armi, una decina di  bombe a mano  col manico), le bombe  a mano  erano  di  fabbricazione  tedesca..

Per il solito  motivo del posto  di  blocco che  sapevo si  trovava  a Piantonia ( dopo i famosi  tornanti ) partimmo verso  sera; passavo  quasi  tutti  i  giorni ed ero  ormai  conosciuto, ma  non  si  sa mai, con  quel  trasporto pericoloso.

La fanaleria  era scarsa , ai  fari era obbligatoria  una mascherina che lasciava filtrare un pochino  di luce al  fine  di  non  essere notati e visti  da un certo aereo denominato  “Pippo”, ed evitare di  essere mitragliati o anche  fatti segno di  qualche  bomba.

In queste  condizioni, giunta l’ora giudicata  da noi buona,  ci  avviammo  verso  Borgotaro; erano tempi che  si  viaggiava come  si  poteva. Quando  giudicai di  essere fuori ed abbastanza lontani dai pattuglioni ed il buio sempre più intenso, decisi  di  accendere i modesti  fari; con mia  grande  sorpresa la corrente generata dalla dinamo non era sufficiente per motori e fari.  Ho provato diverse volte, ma  ho solo potuto constatare che la  batteria  era vecchia e malandata e non manteneva  la carica, quindi  non c’era altra scelta che  continuare senza fanali. La  strada della “Cisa” era molto ben tenuta, io la conoscevo bene e la riga bianca al centro più i paracarri  bianco – neri ai lati  erano di valido aiuto  per i pratici , oltre ad essere pochissimo  frequentata in  quel periodo, specie  nelle ore notturne. Il mio compagno di viaggio  mi  è stato di valido aiuto, ma di mano in mano che  si  saliva, il  buio aumentava, in più cominciava  a calare una nebbiolina che  mi  metteva molto  a disagio; ciò nonostante si decise di  andare  avanti a tutti  i  costi, con la  testa fuori  dai  finestrini, uno  a destra l’altro  a sinistra. Siamo  arrivati  a Berceto a tarda sera, io  in  quel  paese conoscevo autisti  e meccanici che  mi avrebbero  aiutato a prestarmi  una  batteria, ma il mio carico  era troppo pericoloso e non mi sono  fidato e quindi  ho tirato  dritto sino  a Roccaprebalza; ci  siamo fermati  nei pressi  di  un’osteria da noi tutti conosciuta.

Era una osteria – trattoria di  campagna  che  ai quei tempi la sicurezza dell’ elettricità aveva scarso mantenimento, poco  frequentata nelle ore notturne, usava nell’interno una lucerna  a petrolio. Da Berceto e sino  a Borgotaro, la  strada non era più asfaltata e quindi non c’era più l’aiuto  della riga bianca al centro in più era aumentata  la  nebbia. Io e il mio  amico  Lucatorto siamo entrati ed abbiamo trovato  da mangiare due  fette di polenta ed un pezzo  di formaggio. Ma  a me premeva e mi preoccupava il resto  del  viaggio.  Ad un certo punto mi è venuta un’idea: chiesi  all’oste un  fiasco vecchio  spagliato, lo abbiamo bene pulito e poi  con un colpettino abbiamo  fatto un  buchino nel  culetto del  fiasco. Chiesi un paio di  candele ( a quei  tempi  era facile trovarle,  tutti   i tabaccai,  bottegai, privati ecc. ne  erano  sempre forniti )  ne  accesi  una e la  infilai nel  fiasco; dava  poca  luce, ma  forse era sufficiente per  proseguire il nostro  avventuroso viaggio. Il peggio era per Lucatorto, lui  doveva stare  fuori dalla macchina seduto  in  qualche  modo su  un parafango ( faceva  anche  abbastanza  freddo )ed  aiutare  me che  guidavo con la  testa  fuori  dal  finestrino per  arrivare  alla meta. Io  avevo  gli occhi che  mi facevano persino male, Lucatorto era ghiacciato dal  freddo. A guerra  finita, quando ci  incontravamo con   il  Lucatorto in  compagnia di  amici, mi raccontava questa avventura  e c’era molto  da ridere, non  si  pensava  più al pericolo e al  rischio.  Sarebbe stata una bellissima scena  per il  film  di  Totò.

Carabinieri! S. Maria del  Taro

Sarà stato verso la  metà del mese di febbraio 1944, per partire al mattino presto, avevo preparato alla sera la  macchina Fiat 1100.  dovevo andare a Milano con un  certo sig. Galli Petronillo a prendere pezzi di  ricambio  del  suo camion”Alfa 900”. In piena  notte hanno  bussato abbastanza forte la porta  di  casa mia ( abitavo  al  3à piano del  N° 17  di  Via Nazionale,  di  proprietà  del sig.  Brattesani ). Mia  mamma mi  svegliò subito e chiese chi  era. Siamo Carabinieri, faccia presto! ( Io  in casa parlavo poco o niente di  quello che  facevo, ma lo dubitavano e la  pensavano  come me). Mia mamma non aperse, chiese cosa volevano  a quell’ora.  Risposero che  avevano  bisogno urgente di una  macchina  con  autista ( a quei tempi i carabinieri erano pochissimo attrezzati, andavano per forza  di  volontà – il  Maresciallo si  firmava “Maresciallo  a Cavallo”. Io  mi  sono  subito  alzato, ho  aperto la porta e con la  poca luce di  allora vidi  un  Brigadiere dell’Arma, non ha neanche voluto  entrare,  disse solo di  fare presto; si doveva andare a Santa Maria del Taro a soccorrere un Carabiniere gravemente ferito in  una sparatoria. Ho solo mormorato: speriamo di  arrivare in tempo. Io  gli  dissi  che la strada la conosco bene e la  mia  macchina  è abbastanza veloce. Mi sono un pochino rinfrescato; non mi  diedero  il tempo di  vestirmi  bene, era ancora freddo, inverno. Mentre  mi vestivo, gli  dissi che  avevo la macchina pronta  per andare  a Milano dovevo  avvertire il proprietario della  mia ditta perché  alle  5 dovevo partire. Mi dissero è troppo urgente, corri  a prendere la macchina, al  tuo principale pensiamo noi, non dirà niente. Io  non ho insistito e presa la  macchina siamo partiti velocemente per Santa Maria del Taro.  Quando  siamo  arrivati il carabiniere ferito non c’era più; con una  macchina di  fortuna del posto, era già stato portato  a Chiavari; uno pratico  fa prima  che  arrivare a Borgotaro; credo però  da quello che  sentivo, che  non ce l’avrebbe fatta.

Dopo qualche  tempo abbiamo preso  la  strada del  ritorno,  ci  siamo  fermati  a Bedonia a prendere un caffè.  Qui  i Carabinieri hanno incontrato, fermato e fatto  tornare indietro  altre  macchine di  Borgotaro con Carabinieri  diretti  a Santa Maria  del  taro per prestare  soccorsi, non era più necessario, dissero.

Arrivato  a Borgotaro,  ci  siamo  salutati ed io  sono poi ripartito per Milano con il camionista galli Petronillo.

Viaggio  a Bari –  ditta Schiffini

Dopo  cinquant’ anni,  ricordare certe  date è molto  difficile.  Credo  che  sia stata già primavera quando  un pomeriggio del 1944,  si è presentato alla  nostra ditta un certo  sig. Schiffini, proprietario di una  falegnameria per la lavorazione  del legno. La ditta Schiffini era  ben  attrezzata ed aveva operai specializzati  sfollati  da La Spezia, oltre a maestranze di  Borgotaro.  Questa ditta si  era spostata  da La Spezia a Borgotaro per motivi bellici ed evitare continui bombardamenti per causa  dell’arsenale militare.

Si  era sistemata al piano terra dell’erigendo attuale  ospedale S. Maria (detto erigendo ospedale era arrivato a tetto, ma per cause che io non conosco, i lavori  si  erano fermati).

Il  Sig.  Schiffini parlò  con il proprietario Sig. Carlo Pesci perché  le serviva una macchina  taxi e raggiungere bari entro le  19 del  giorno  successivo. Non  arrivando entro tale termine, avrebbe perso un  grosso  contratto di lavori dal  Comando della marina Tedesca. Con  quelle  strade, con molte varianti, gomme poco  sicure, per poter essere a bari entro le  19 del  giorno dopo,  bisognava partire la  notte stessa. Per sicurezza questo  viaggio, oltre al Sig. Schiffini, lo facemmo in  due  autisti: io  e Rampa Felice.

Siamo  arrivati molto  bene prima del  previsto, abbiamo fatto oltre 1600 Km e tutto  andò bene, più  di  quanto speravamo.

Bombardamento  Ospedale S. Maria

(Quanto  sopra  l’ho sempre collegato con il famoso  bombardamento ).

Di  questo non piacevole  viaggio  a bari, ne  ho  fatto narrazione perché dopo  circa un mese è  avvenuto il terribile  bombardamento aereo della  località dell’erigendo nuovo ospedale “S. Maria” e, per eccesso  di sfortuna,  era  anche  giorno  di  fiera e la  popolazione per paura dei  bombardamenti,  si  riversava proprio in  quella direzione. Molti  i morti e feriti.

Molti ancora  oggi ritengono questo  bombardamento un  errore  aereo, sbagliando  la  mira con il ponte  ferroviario. Io  ho  sempre  collegato questo  bombardamento con una segnalazione dello spionaggio.  Forse errore c’è  stato, ma quello di non aver colpito l’obiettivo che  era certamente l’erigendo nuovo  ospedale,  sede per la  fabbricazione di lavori  per conto  della marina tedesca..

Battaglia Montevaccà

Questo lo ricordo  bene.  Era la  Pasqua 1944e precisamente l’8 aprile. Passavano  da Borgotaro e noi  eravamo  nella zona “Albergo  Appennino”.  Era un  autocorriera carica  di  militi della repubblica di  Salò e diverse macchine scoperte tedesche dirette  a bedonia. Noi non sapevamo esattamente di  cosa si poteva trattare, ma  si pensava che  andassero  nella zona di  Angola a fare una puntata per catturare i “Ribelli”.  Si  stava  tranquilli, perché con la  pratica  della montagna che  avevano  i nostri, certamente  non li avrebbero  scovati; non  si pensava neanche  lontanamente che  avrebbero accettato lo scontro  armato. Invece questo  avvenne, ma  fu  male  organizzato,  doveva  essere un imboscata, invece troppi nella popolazione  sapeva e la sorpresa fu il  contrario. Un patriota di  Borgotaro certo  Ruggeri rimase  ferito e poi ucciso; fu il  nostro primo  caduto.  Qualche  altro  rimase  ferito e fra questi Brindani Primo  “Libero”, colpito da una pallottola ad un  ginocchio,  riuscì  a nascondersi e poi portarsi fuori dalla  battaglia, grazie anche all’intervento di  altri patrioti del  M. Penna intervenuti  sul posto.

Il  giorno seguente, lunedì  di  Pasqua e giorni  seguenti, le  puntate di  rastrellamento non  erano  ancora  terminate ed il  Brindani fu  aiutato a tenersi  nascosto, ma i  rischi aumentavano e  bisognava evitargli  la  cattura e la  sicura  morte. Io  non ero bene a conoscenza di  come  stavano  le  cose, il solito  Gino  Picelli mi informò dicendomi che  i nazisti erano  ancora  in  zona per  rastrellare e  quindi  bisognava andare  a prendere  Brindani.

A  quei  tempi ed in  quelle  circostanze,  i tedeschi non facevano prigionieri, o  uccidevano   o portavano in Germania nei  campi  di  sterminio.

Andare da quelle parti con una macchina era molto  rischioso, ma dissi al  Picelli: cerca  di  avvisare e di farmi trovare il  Brindani  al  ponte dell’ “Gelana” e gli diedi l’orario preciso dell’appuntamento. ( Il Picelli mi aveva già informato che  era nella zona  del  “vecchio mulino”).  Alle  20 precise come d’accordo ero in  quel  posto. Caricammo Il  brindani  che  era portato  a spalla  da  Pelizzone  Aldo  “Lupo” e Solari  Giuseppe “Jeck”. Per  quel  viaggio adoperai la  FIAT 1100 di  Mauro Pesci, macchina  buona e truccata per renderla  più  veloce e scattante.

Il  ritorno verso  Borgotaro era abbastanza rischioso e mi suggerirono  di  prendere quella  stradina ( allora era più stretta) che  passa dietro al  Comune di  Bedonia. Risposi no! È meglio passare nel  centro del paese per non destare  sospetti, a loro dissi di  far finta  di  dormire per non  farsi vedere, ma di  stare  pronti perché  al  segnale  di ALT  avrei fatto finta  di  fermarmi, ma  avrei  spento  le luci e schiacciato tutto l’acceleratore, tanto vi sono  delle mezze curve che  mi avrebbero facilitato

Chiamato  alla  sede  del  fascio

Dopo qualche  giorno da questo  ennesimo  viaggio che  facevo  di  notte, mi trovavo in  ditta e fui  chiamato  al  telefono.  Dovevo andare  subito  alla sede del  fascio di  Combattimento in  Via  Cesare Battisti (ove adesso  c’è la sede della Comunità  Montana). Siccome  la  nostra ditta faceva viaggi  per il  P.N.F. ( fascio) ed io provvedevo  alla fatturazione mensile,  sono  andato credendo si trattasse di  questo. In  quel  periodo, Segretario del Fascio era Sig. Vittorio  Ferrari.

Arrivato alla sede, mi  presentai al  sig. Ferrari col  saluto  romano che usava, mi rispose: ciao  ribelle! (duro, non cattiveria ).

Rimasi  un po’ sorpreso. Ero  abituato a parlare con il  sig.  Ferrari, era  di poche  parole. Mi sono ripreso e con una certa reazione gli  chiesi il perché mi apostrofava così, “cosa ho  fatto”? Allora il  Sig. Ferrari mi disse: so tutto, sappiamo tutto. Quasi  tutte le sere e specialmente  di  notte circoli con macchine o  camioncini per conto  dei  ribelli. E con  decisione ( non cattiveria ),  sono  bene  informato.

Lì per lì sono rimasto senza parola, ma ho  avuto una buona  reazione. Il  Sig. Ferrari mi interrogò e mi  fece parecchie  domande.  Ho  risposto con  sicurezza non negando certe sue  affermazioni, che  ho notato poco precise. Dopo le  mie  ammissioni  gli  dissi: Sig.  Ferrari,  sono uno dei pochissimi autisti  che circola per trasporto latte, merce varia e persone. Quasi  ogni  sera arriva ( è verità ) con l’ultimo treno delle  20,05 da La Spezia un  certo  Sig. Parmigiani di Tarsogno ove aveva la famiglia sfollata.  Bisognava portarlo  a casa. Nel  ritorno, qualche  volta  mi  fermavo al ristorante “Miramonti” per darmi delle commissioni. Purtroppo  a volte vi trovo  anche  gente armata che  mi  costringono a vari trasporti ; di  fronte a gente  armata chiunque si  comporterebbe come  me, in più mi minacciano anche  il massimo  silenzio.  Se volete abbandono le macchine e il  Sig. parmigiani  si  arrangerà. ( sapevo  che  questo  signore era loro ben  visto).

Il  Sig.  Ferrari  mi  chiese: ma questi banditi o  ribelli li  conosci? Chi  sono? E come  giustifichi  i  chilometri  che  fai? ti pagano?

Io risposi: Sig.  Ferrari, non li conosco, non  sono  del  posto, dall’accento  mi sembrano di verso La Spezia o di là. Con un certo  riguardo dico loro che io sono operaio e  che  devo  giustificare il  viaggio e quindi  mi pagano. Io stacco la regolare bolletta, senza il nome come  è da noi usato, deve solo  corrispondere il  chilometraggio  con i soldi.

A questo punto il  Sig.  Ferrari Vittorio mi fece un po’  di  ramanzina e bonariamente mi disse  di  stare  attento.

Questo  richiamo mi fu  utile per usare maggior prudenza.

Pelizzoni “Lupo”  Ammalato

Era trascorso qualche  giorno ed il  solito  Picelli verso le ore 17 è riuscito a dirmi che  Aldo  Pelizzoni “Lupo” si trovava a Pontolo presso la  trattoria gestita allora dalla Signora Bianchinotti ( molto  disponibile verso  di  noi), moglie del maestro  Bianchinotti. Mi disse  che Pelizzoni aveva una bronchite con febbre alta, stava male e  che questa sera  bisognava cercare di  andare a prenderlo  e portarlo su a casa di  “Merlotto” dalla sorella di  sua moglie, loro sono  già  tutti  d’accordo.  Gli  dissi: ho tempo adesso e vado  subito,  di  sera in questo periodo credo  di  essere troppo sorvegliato. Vai ad avvisare il “Merlotto” che  si tengano pronti perché faccio presto. Presi la macchina da  me  preferita e che era quasi sempre pronta, una FIAT 1100.

L’unico pericolo poteva venire dai Militi della Brigata Nera, circa una quarantina accasermati nella casa della trattoria “Marioni”. Facevano abitualmente servizio alla stazione FF.SS. e qualche  volta anche  blocco  stradale, ma ormai mi conoscevano, sapevano che lavoravo per trasporti utili.

Nel ritorno, il Pelizzoni in casa  Bianchinotti nascosto, lo  feci entrare in macchina e gli dissi  di  stare il più possibile  chinato nel  sedile posteriore, era troppo conosciuto e poteva essere pericoloso.

Infatti,  giunto  a Borgotaro, dietro le mura, ho  visto  a distanza tre fascisti locali, ma essendo in pieno giorno passai tranquillo, inosservato. Sono  quindi arrivato  a casa dei “Merlotto” prima del ponte ove ero atteso.

X MAS – Arturo  Pesci – vandalismo

Sarà stato verso la metà del mese di maggio 1944. quando ero  a casa e ne avevo il tempo,  dopo il pasto del mezzogiorno, amavo  fare un  giretto  con la mia  bicicletta e fare anche  un salto  dal  mio  amico  Angella.  Quel  giorno in questo  breve intervallo, passando dal “Largo  Roma” vidi una  corriera della  X Mas e un camion  militare.  Senza troppo avvicinarmi chiesi ai pochi curiosi presenti cosa  stava succedendo. Mi dissero che  stavano svaligiando tutto il garage – officina di  Arturo Pesci,  fratello  del mio principale.

Il  garage – officina – magazzino di  Arturo Pesci era posto nei locali sottostante l’Albergo Roma. In  quel momento  era custodito  dal  figlio più piccolo del  Pesci, impaurito nel  vedere tanta  gente  armata fare  da padrone, ma troppo piccolo per capire bene cosa stava succedendo,  era bambino.

Circolava la voce che qualche  sera prima nel  bar dell’Albero  Appennino due  giovani militi della  X Mas, ubriachi , facevano  i gradassi ( come  era nel temperamento dei giovanissimi  armati ) puntando il mitra ai pochi presenti e facevano paura. Capitò nel  locale Arturo Pesci ( uomo non timoroso, che ci  scappava qualche  bicchiere, ma persona generosa e sempre in possesso delle sue facoltà ). Si  diceva che  con  energia e la  sua  forza di  carattere disarmò i  due mostrò i pugni e poi  portò le  armi  nella vicina caserma dei  Carabinieri, in Via Montegrappa.  Fu appunto due  giorni dopo  questo fatto che la X Mas per ritorsione ritornò in forze a Borgotaro,  cercando il  Pesci  Arturo che  certamente avrebbero  giustiziato  sul posto;  non trovandolo si  vendicarono  svaligiando e distruggendo tutto  il  suo lavoro. Io ho  compreso la situazione e senza perdere tempo corsi  dal  fratello Carlo informandolo  di  cosa  stava  succedendo, ma  di non tentare  di  rimediare,  ci avrebbe rimesso  anche lui. Il  fratello Arturo per fortuna  si  trovava a Parma.  Gli suggerì di telefonare giù,  di non muoversi  da Parma e magari  andargli incontro e trattenerlo fino  a che la X Mas non  se ne  fosse andata.

Così fece e mentre telefonava, mi  mandò in garage a prendergli la sua FIAT 1100 personale.

Quasi subito  arrivò  e partì immediatamente per Parma e trattenere il fratello Arturo.

Il danno subito da quest’ultimo fu  enorme; hanno caricato sul camion la  bella FIAT 500 coppa d’oro seminuova, macchine  e attrezzi  vari, ma la vita  era salva!.

P.S.  da parte  dei  pochi presenti ho notato assenteismo e  disinteresse. I motivi di tale comportamento posso essere tanti e vari, compresa la paura.

Incrocio  funerale  sul ponte  di San  Rocco

Sempre in  quei  giorni, un pomeriggio fui  chiamato per portare a baselica il  V. Comandante del  “Gruppo Molinatico” che  doveva  raggiungere i Linari.  Era urgente e quindi  se era possibile andare subito, ormai  era meglio  di  giorno. Andai  a Brunelli ove  si trovava  e nel  ritorno, appena passata la  curva  di Porta Portello vidi  sul ponte di  San  Rocco. (allora più  stretto, è stato  allargato  dopo la  guerra ?, un funerale che  andava  nella direzione  del  Cimitero e nello stesso  tempo una pattuglia armata dirigersi verso Borgotaro ( non  so  se erano  tedeschi o militi ). La mia scelta  fu rapida e sena  esitazione, con  sicurezza ho imboccato la  Via Strabello al  Taro ( ora  via Cacchioli ) e mi sono andato a fermare sotto i portici dell’allora vecchio molino.

Vi era Giuvanei e indispettito lanciò una imprecazione di  disappunto per il modo in cui  ero  arrivato, ma vedendo subito  di  cosa si trattava, fece finta di niente.  Da quel posto un po’ coperto dal ponte e quando  siamo stati sicuri  della  strada libera,  siamo ritornati sui nostri passi e riprendere il viaggio per Baselica.

Come  descritto in precedenza,  gli autisti erano  scarsi, non per capacità di  guida, ma  vi  erano delle  macchine che  per  farle  andare bisognava conoscerle bene oltre ad avere un pochino  di pratica meccanica, molte volte inspiegabilmente non andavano  più.  Si  adoperava benzina  gas metano petrolio agricolo, ripulivamo le candele sempre  da soli, non saprei  di  averne  viste delle nuove.

La nostra  ditta aveva un  contratto con l’allora centrale  del latte sig.  Ferrari, meglio  conosciuta la figlia “ Germana”. Il latte  si portava alla  centrale situata all’inizio  di  Via Ronchi, sulla sinistra.

Questa provvedeva poi  alla  fornitura delle latterie del paese per la  vendita  al dettaglio alla popolazione.

Per questo servizio la  nostra  ditta disponeva di un  furgoncino  chiuso, abbastanza funzionante, verniciato  di verde chiaro con la scritta nelle due  fiancate il lettere alte “LATTE”.

Per la raccolta quotidiana di  questo  alimento presso  i contadini parecchie volte provvedevo io. Era un giro  a tappe fisse, abbastanza impegnativo e bisognava essere veloci; iniziava al mattino alle  ore 6 e terminava verso le  12,15. parecchie volte per esigenza di alimentazione, si  doveva fare una raccolta più piccola al pomeriggio.

I militi della brigata  nera accasermati nel Palazzo  marioni in  Viale della Libertà, molto  spesso oltre al  servizio FF.SS. facevano anche  posto  di  blocco stradale, conoscevano il camioncino e pure noi autisti non ci fermavano mai. Così io approfittavo  di  questo furgoncino e portavo  ai monti coloro  che mi venivano  assegnati.

Riunione  comandanti  in zona Pradella

Dovevano  essere i primi giorni del mese di  Giugno 1944. sapevo di una grossa riunione di tutti  i Comandanti dei vari  gruppi della Val  Taro, del  Cento Croci e del  M. penna in località Pradella, nella villa del  Comandante  Partigiano “Tarolli”, Zanrè Alberto.

A quella  riunione vi era  presente anche  il cognato del  Conte Picenardi,  Dott. Marchini Camia Francesco,  divenuto a fine  guerra Senatore  della Repubblica. Qualche minuto prima  si  è  avvicinato Picelli  Gino e mi disse  che alle  17,00 dovevo recarmi in Pradella alla  Villa Zanrè perché  dovevo trasportare i  Comandanti  Partigiani di  questa  riunione a Baselica, loro  avrebbero poi  proseguito a piedi.  Era urgente.

In  quella riunione ho  saputo dopo  che stavano a trattare l’occupazione  armata di  Borgotaro, ma in  quel  momento non sapevo niente di  sicuro.  Col  solito furgoncino ormai noto ai posti  di  blocco per la  scritta “LATTE”  sono  andato con  sicurezza a prendere i  Comandanti che  conoscevo  bene.  Ci  siamo salutati e li sistemai all’interno  del  furgoncino..

Mi diressi  subito per la strada che  porta verso Baselica, cioè indietro verso  Viale Libertà,  avevo fretta.  Giunto  nei pressi di  “Casa Ostacchini” ho  sentito che  una  gomma posteriore piano – piano si  stava afflosciando. Stavo per fermarmi, ma per eccesso di  sfortuna, mentre  ritiravo la  testa  dal  finestrino,  ho  visto a pochi decine di metri un nuovo posto  di  blocco formato  da due dei  soliti militi più  due  tedeschi  a rinforzo  di detto blocco. Per me  vedere  i  tedeschi è stato  una grande  sorpresa, erano  arrivati proprio quel pomeriggio ( oltre trenta ) e si  erano  accasermati proprio nel Palazzo “Ostacchini”.  Ai  tedeschi più  che  altro interessava  la stazione FF.SS.

Uno  di  questi tedeschi mi  mise la paletta dell’ALT! Vicino vi  era anche  un milite. Io  ho avuto una  reazione istintiva, con tono  deciso e non  so che imprecazione, ho  urlato che  dovevo portare il latte alla popolazione, devo  lavorare, vado  a scaricare e torno  subito.  Quindi non mi sono  fermato,  ho  cambiato marcia e continuato accelerando.

Per  fortuna i  due  militi che  spesso mi vedevano passare con il  furgoncino,  dissero  ai  tedeschi che  sono uno  che  lavora,  che  mi conoscevano. ( se mi fossi  fermato  per me  sarebbe  stato la fine, per  gli altri?).

Però appena  passato la curva  del  Boceto,  subito  dopo la Milanese & Azzi,  i  sono fermato,  ho  detto loro  di  scendere e di proseguire a piedi per la montagna ci  è andata bene, ma io devo  tornare indietro subito per non destare  sospetti,  devo fermarmi  e chiedere cosa volevano, rassicurarli del mio lavoro,  e questo  l’ho  fatto con sicurezza, ormai ero tranquillo.

I  comandanti  che  trasportavo sul  furgone erano: Cacchioli Gino “Beretta”; Delnevo  Giuseppe “ Dragotte”, Solari  Eugenio “Aldo”V. Comandante della  32^ Garibaldi, grezzi Carlo “Falco”, V. Comandante del  gruppo “Tarolli”, e uno o due  che ancora che  al  momento non ricordo.

Se mi fossi  fermato, certamente per me  sarebbe stata  la fine e una botta enorme per tutto il movimento  di “Ribelli”.

Bruciato  con  macchina Tenente Giorgetti

Di  sicuro  so  che  era la prima settimana  di  giugno. Erano più di 30 ore che viaggiavo in macchina ( riposando  solo qualche  minuto sul  volante). Con  Grezzi  Carlo, Nuti Anselmo e un tenente  dell’aviazione chiamato  “Giorgetto”,  siamo  arrivati in piena  notte nel  retro  dell’ Albergo Appannino dai  Brindani.  Ci  hanno dato  qualcosa  da mangiare, ma io avevo  solo sonno.  Ad  un certo punto Grezzi “Falco”, mi disse: prendi la  macchina che  andiamo a fare una  missione.  Risposi  che  non mi sentivo più. Allora il tenente “ Giorgetto” mi disse  che  la  macchina FIAT Balilla la sapeva guidare anche  lui, ma era senza benzina,  di toglierla dalla mia  FIAT 1500 e poi sarebbe  andato lui con la  balilla.  Mi sono sdraiato sotto la macchina 1500 nel retro ove era il serbatoio. Per il travaso  ci  siamo arrangiati con un vaso  da notte datoci  dall’albergatore.

La  1500 FIAT è molto bassa  di carreggiata, ma  non mi preoccupavo, ero  esile. Tolsi il tappo di  sotto il serbatoio  ed ho iniziato il travaso. Tutto  questo  al  buio.  Quando  ritenni  di  aver tolto  abbastanza  benzina,  chiamai “Giorgetto” e gli dissi: guarda un po’ se è sufficiente.  Credevo  togliesse il vaso pieno  di benzina mentre io stavo rimettendo il tappo  al  serbatoio. Invece per  vedere quanta  benzina avevo tolto, accese  un cerino.  Fu una  fiammata spaventosa, il gas, il vaso pieno in più il tappo  che ancora stavo avvitando mi  scappò di mano.

La  mia esile corporatura permise di  sgaiattolare fuori  di  sotto la  macchina, ma  avevo le mani imbevute di benzina in fiamme e le maniche della  camicia pure.  Tutti  scapparono per paura  che  la  macchina  scoppiasse.

Io  rimasi  solo,  e con il  chiaro delle  fiamme  ho  scorto in un angolo del piazzale un mucchio  di sabbia e mi ci  sono buttato e arrotolato per spegnermi.

Quando la  macchina era ormai  distrutta dal  fuoco,  sono tornati per rendersi  conto e prestarmi le cure. Mi portarono in una  cameretta dell’albergo,  vicino al  solaio ( avevamo paura  di  una  sorpresa tedesca di  guardia  alla FF.SS. )  e chiamarono il medico,  Dott.  Adolfo  Marchini ( perito  alla Manubiola ). La febbre fu immediatamente elevata e la diagnosi è  stata di  bruciatura di  2° e 3° grado alle mani e avambracci. ( per fortuna  era un tenete dell’aviazione ).

Il  dott. Marchini non  aveva medicine per ustioni così  vaste e pensò che  poteva anche fare bene spalmare dell’inchiostro, ma tanto inchiostro  non ne avevamo. Allora andarono  a chiamare  il Direttore  Didattico,  credo un certo prof. Serventi.  Questo  Direttore non  disponeva di inchiostro, ma  aveva buste in polvere che,  sciolte in acqua e agitare diveniva inchiostro.

Quella  fu la mia  medicina. Dopo  quattro  o  cinque giorni,  scomparsa  la  febbre, anche  le mani fasciate, ero  ancora in macchina ed in  qualche  modo essere utile a tutto e a tutti.

Manubiola

Nella  seconda settimana di  giugno 1944, le forze nazi – fasciste, piano piano , abbandonavano la  Valle  del  Taro, probabilmente in  quel  periodo tenere delle  forze militari occupate  in  queste  zone non era per loro  di  eccessivo  interesse e forse  avvertite della probabile occupazione partigiana di  Borgotaro, se  ne  andarono senza cercare di opporre una  eccessiva resistenza.  Così  fecero anche  le  autorità  civili del  capoluogo, temevano le  rivendicazioni antifasciste: false dicerie,  qualcuno è rimasto ed ha  potuto  constatare   la  verità: l’occupazione di  Borgotaro e della  Valle  del  Taro e del  Ceno no n  è  stata  compiuta  da  assassini come  diceva  la  propaganda, false  dicerie per coprire quello che  hanno fatto  i nazisti.

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Manubiola.  Dovrebbe  essere stato il  26 o 27  Giugno 1944; veniva  segnalato al Comando di  occupazione  di  Borgotaro, in località “casa Baruffati” via  Bellinzona,  che  un  gruppo di  tedeschi  stava lavorando sul greto  del fiume Taro a ridosso delle  case di   Groppo  San Giovanni per aprirsi una strada  di  collegamento Ghiare  di  Berceto con la  Provinciale Groppo  San  Giovanni  –  Borgotaro. ( Questo collegamento perché  il ponte sul  Manubiola era  fatto  saltare ).

In  quel  momento non  avevamo  i mezzi.  Bisognava trovare una macchina per  andare  a controllare quanto  era  stato  segnalato.

Mussi Delmo ( taxista) aveva  la  sua  Lancia  Ardea seminuova, ma non la  dava, l’aveva nascosta,  era geloso della sua  macchina e troppa  gente si improvvisava  autista.

Quando vide  me che  sapeva  ero taxista.  Ebbe fiducia e la  dette.

Siamo partiti immediatamente per  constatare  la  verità delle  segnalazione. A bordo, nel  sedile  posteriore, lo ricordo  bene,  sedeva Delnevo  Giuseppe “Dragotte” e Pellacini Corrado “Erok”. Sino  a Groppo San  Giovanni  non  abbiamo  visto  niente; appena passato  quel  cioppo di  case alla seconda  curva tornante in  direzione di Lozzola, mi scappa l’occhio e vidi in basso dietro quelle  case dei  tedeschi con  delle pale  che lavoravano. Senza fiatare ( non c’era tempo ) inchiodai la macchina e con una manovra fulminea feci inversione dietro  –  front!

I due  Comandanti che  stavano  chiacchierando,  stupiti mi dissero cosa  facevo, in quei  casi  non parlo, penso alla manovra.

Solo dopo aver superato il passaggio a livello delle  FF.SS., ormai  fuori tiro,  mi  sono  fermato e  ho  detto quello che avevo  visto.  Allora  Dragotte e Erok sono tornati indietro  a piedi, per  sentieri fuori strada al  di  sopra  della  ferrovia per  accertarsi di  quanto  avevo  visto e detto.

Quello che  era  stato  segnalato e da  me  visto era  verità. Le  misure prese  da  Erok e Dragotte non le  so. Sapevo che  nella  zona di  Ostia – Belforte – Tiedoli operava il  gruppo “Vampa”, nella  zona  di  Lozzola il gruppo “POPPAY”. Credo in quella zona vi  sia  stata qualche  altra squadra, ma  non lo ricordo e non lo so.

A quei  tempi non esistevano ancora  le  formazioni 1ˆ e 2ˆ brigata “Julia”.  Vi  erano diversi  gruppi patriottici indipendenti che  all’occorrenza  si  aiutavano; ognuno  gruppo o  formazione aveva  una  sua zona di  sorveglianza e responsabilità  di  azione.

Non mi inoltro a narrare la  famosa battaglia del  “ Manubiola” ( per  essere più precisi la  località si  chiamava Ponte del  Diavolo ),  già  narrata in altri libri. È  stata una esperienza  terribile,  difficile da dimenticare; è impossibile.

Scontro al Mulino  dell’Aglio

Altro  brutto  scontro fu  il  30 giugno 1944. una colonna  tedesca scendeva dal passo del  Bratello a piedi per la  stradina  vecchia di  Valdena, alla destra del  torrente Tarodine.

Nella  zona vi erano in stato  d’allarme diversi nostri  gruppi per  attaccarli.  Qui  in  Borgotaro, il Comandante Ghezzi Carlo “ Falco” pensò di  formare una squadra di una decina  di noi per  fare un giretto verso “Molino dell’ Aglio”  per  catturare eventuali tedeschi sfuggiti.

Abbiamo scorto questa  colonna che  scendeva con  sicurezza e li abbiamo presi per nostri.  Ci  siamo andati incontro, ma giunti a tiro, hanno cominciato  a spararci. Non  ci  hanno convinto, credevamo  si  fossero sbagliati loro, invece  al  contrario, erano  veramente i tedeschi della  colonna segnalata.

Noi  eravamo una decina e poco armati.

Non eravamo partiti con la  previsione di  dover affrontare e sostenere un combattimento contro una forza di  quella portata.  Ci  siamo riparati alla meglio sparando  poco, avevamo  poche  munizioni. Meno  male che  ad un certo momento abbiamo sentito  sopra di noi una mitraglia pesante sparare dalla  zona  di  S. Vincenzo contro loro.  Ghezzi “Falco” riconobbe subito: è  Aldo (Solari) V. Comandante della  32ˆ Garibaldi con il suo  distaccamento.  Ci  ha  tirato  fuori veramente  da un bel  guaio. La  battaglia  è  poi finita a Grifola con  il suicidio del  loro Capitano tedesco. Piuttosto  che  arrendersi si  è  sparato alla  testa.

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Abbiamo  poi saputo che  in  quella  zona vi  erano anche  altre  formazioni  di  “Beretta” e “Dragotte”,  che  accerchiato i tedeschi nella sovrastante località “Grifola”, portando  a termine la  battaglia con  la  resa  

Luglio  1944  Grande  Rastrellamento Estivo Morte  di  Tarolli  Zanrè Alberto

Doveva essere il 15 luglio 1944.  Io  appartenevo di fatto al  “Gruppo Tarolli”,  in  quella  occasione, date  le  molte  segnalazioni, abbiamo  dormito dentro  le  mura  del  nostro  cimitero per eventualmente attaccare la  colonna tedesca che  proveniva dal  passo  del Bratello.

Nella  mattinata è  arrivata  una  staffetta ad avvertire il  Comandante del  gruppo “Tarolli” – Zanrè Alberto –  che stavano  discendendo dal  Buzzò in  direzione  Gotra, dei  tedeschi provenienti  dal Valico.

Il  comandante Tarolli rimase un po’ incredulo e  mandò  me e Scagliola  Bruno con una  motocicletta che avevamo ( una Guzzi 500 ) a sincerarsi della  notizia.  Quando  arrivai nel  rettilineo  prima di  Gotra, vidi nel  fondo  della strada veramente  i  tedeschi . non  esitai, un  colpo  di  freno e una  cambiata ( non  c’era l’asfalto ) feci  un  dietro  front che  per  poco  non mi fece perdere Scagliola.  Dopo  due  curve portandomi  fuori  tiro,  ho  rallentato per  rispondere  a Scagliola il perché  di  questa fulminea inversione.  Arrivato  al  Cimitero  ho riferito  al  Comandante “Tarolli” che  quello che  era  stato  segnalato era la  verità.  Questi  chiese  a Bruno  scagliola se anche  lui aveva  visto, ma  non ha  potuto  confermare con  certezza, la  mia azione era stata troppo rapida; allora disse a Scagliola di prendere lui la moto: andiamo  a vedere.

Nel  frattempo i tedeschi dal  fondo del  rettilineo si  erano nascosti dietro le case per meglio catturare  quelli  che  passavano.

Quindi Scagliola e il  Comandante Zanrè Alberto giunti  in  fondo  al  rettilineo dove pochi minuti  prima  io avevo  visto ,  si  sono trovati  i tedeschi in mezzo  ai  tedeschi e catturati.

In  seguito portati  a Roncole come  prigionieri, il  Comandante  Zanrè in un tentativo  di  fuga venne  falciato da una  raffica, mentre lo Scagliola dopo un po’ di  prigionia  venne  scambiato con prigionieri tedeschi in nostre mani.

Questa è  stata la  prima  grande perdita causata  dal grande rastrellamento estivo  del  1944.

A quei tempi non  esistevano  tutte le strade percorribili di oggi e noi ci  siamo in parte sciolti in  gruppetti  di tre- quattro per meglio  sfuggire,  con la  nostra  pratica della  montagna e  dei  vari  sentieri alla  cattura.

Molti  civili  hanno pagato più caro.

Questo  rastrellamento ci  è  servito molto per meglio organizzarci; da questo insegnamento è nata al termine  del  rastrellamento la  1ˆ Brigata “Julia” e successivamente la  2ˆ Julia, oltre a tante altre organizzazzate formazioni.

Il rastrellamento è terminato e per dire come  stavano le  cose, i danni da noi  subiti sono stati inferiori a quello che  i tedeschi pensavano di darci, in proporzione alle  forze impiegate. È stata anche una annata molto generosa  di  frutta e ciò ha  molto aiutato la  nostra  alimentazione.

Nella  Bufera  della Resistenza

Una pagina  del  diario di  mons. Carlo Boiardi

Dal libro “NELLA BUFFERA  DELLA  RESISTENZA”

Nel  suo  diario parrocchiale,  Mons. CARLO  BOIARDI, della Diocesi  di  Borgotaro,  a pagina 506 del  21  luglio  19444,  scrive: “ciò  che addirittura spaventa è lo spauracchio di  essere condotti  in  Germania. Certo,  se i tedeschi hanno avuto  sempre poca simpatia per la  gente,  quello  che è  stato  fatto in questi  giorni e nei  giorni scorsi, dimostra che  non hanno  cuore,  e hanno  gettato nell’animo di  questa  gente un genere di  avversione che  non potrà essere facilitato  facilmente.  Se ciascuno potesse parlare o scrivere, avrebbe  da  narrare la sua  avventura; un’avventura di tale folle spavento e di tale temibile  rischio che  i  figli o i nipoti non  vi  crederebbero.  E non è ancora tutto  finito!

Mons. CARLO  BOIARDI, nell’immediato  dopo guerra, è stato ELETTO  VESCOVO DI  MASSA.

Il suo autorevole e  capace  scritto, non ha  bisogno  di  commenti.

Sempre dallo  stesso  diario  di Mons. Boiardi:

pag.527/20 agosto 1944:

strano  anche  questo: bedonia,  Compiano e Tornolo,  che pure  sono  centri di molto  inferiori  a  Borgotaro hanno  già provveduto  a darsi i loro  commissari; e Borgotaro invece non  se ne  preoccupa. È  vero che  lo sfollamento  ha  allontanato molti  elementi, che  avrebbero potuto portare contributo notevole alla soluzione di  questa  soluzione; in  che non  si è verificato negli  altri  Comuni;  ma è  anche  vero che  i  Borgotaresi mi sembrano un po’  assenteisti,  e non molto ricchi di  iniziative, ciascuno si  è  ritirato  nel  suo  guscio e tira  a campare,  gli  altri si  arrangiano,  come  si è  arrangiato lui!….

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pag. 554/13 ottobre:

Povera  nostra  Patria  distrutta da  tutti. Francamente questa  asportazione di materiale  per noi prezioso come, perché in gan parte macchinario, non lo  capisco. O meglio lo capisco come  il  governo  repubblicano, che dice  di  essere governo  forte, in perfetta armonia con l’alleata Germania, non riesca  ad impedirlo.

Batteria Radio  Telegrafisti

Caccia  bombardieri  su  Borgotaro

Terminato  questo rastrellamento,  i tedeschi sono  rimasti un pochino delusi, il  loro  esercito era ancora veramente  forte? Abbiamo iniziato a ricomporci nella  località “Pozzo” ne  frattempo era stata lanciata una missione di  R.T. (radiotelegrafisti) poi trasferitosi a Compiano. In  quel momento le  loro  R.T. non  funzionavano, non  emettevano segnali. Andando esse  a batterie ( come le  auto – amperaggio diverso ),  sono  stato chiamato per vedere come  si poteva  fare.  Ho controllato e constatato che  erano  completamente  scariche.  Ho  detto: l’unica cosa è  prendere le  batterie e andare  a Pieve  di  Campi, dove  sapevo era sfollato il meccanico professionista  Biacchi  Dino,  che  certamente aveva l’attrezzatura  per la  ricarica. Mi dissero  che dovevo andare  io perché conoscevo il  Biacchi; si  dissi, ma  fare tanta  strada per i sentieri  di  montagna con  due  batterie  non  ce la  faccio.  Allora mi dettero in aiuto Poldino  (Pulga) e ne portammo una per uno.

Arrivati  a Pieve  di  Campi partiti  dal  Pozzo,  ho trovato il  Biacchi e mi disse che  avrebbe provveduto alla ricarica delle  batterie, ma vogliono almeno  24 ore per  essere sicuri.

Quindi dovevo passare il  giorno  dopo.  Ho  detto  al mio  amico  Poldino di  andare  al  Pozzo ad informarli. Io in  questo  frattempo mi sono recato  a Borgotaro ( a quei tempi andare  a piedi eravamo  allenati ). Il paese era quasi disabitato,  vi  erano pochi tedeschi, ma facevano esclusivamente servizio alla Stazione ferroviaria, interessava solo quello, tutto il resto, l’avevano un pochino trascurato.

Con un po’  di precauzione mi sono portato  vicino all’Albergo Appennino,  ho  subito  visto  Gino  Picelli che  mi corse incontro.

Mi disse subito  che  cercava uno per riparare la  piccola  auto del  Dott. Pedrini, una FIAT 500. aveva  due  gomme forate. Il  Dottore,  Direttore dell’ospedale Civile  di  Borgotaro,  sfollato per gli  eventi  bellici ad  Albareto con tutto l’ospedale, non poteva  raggiungere l’infermeria e quindi  impossibilitato  a svolgere il prezioso  servizio.

Risposi al  Picelli che non potevo, dovevo  andare  la sera stessa a Pieve  di  campi per controllare lo stato  delle  batterie degli operatori R.T.= Ma il Picelli insistette,  sai che  ci  sono nell’ospedale ad Albareto anche  ammalati e feriti partigiani, è importante mettere in strada il  Dottore, al  tuo  Comando  anche  se  arrivi  un’ ora dopo non fa niente.  Ero  anche  un po’ stanco, ma l’insistenza  del  Picelli mi convinse. Dissi  di  andare  dal  Dottore e farsi dire dove aveva la macchina. Il Picelli andò  subito in casa del  Dottore a farsi  dare la chiave  del  garage ove teneva la macchina. Questo  garage  era nel retro del palazzo della banca valtarese,  dietro  le mura.  Ho aperto e visto la macchina del  Dottore con una gomma  a terra e pure  quella di  scorta  era forata. Per  fortuna  avevo le chiavi del  garage  –  officina della mia ditta che il proprietario mi aveva lasciato per eventuali bisogni.

In pochissimo tempo ho tolto le  camera d’aria, visto le perdite, per fortuna vi era del mastice, tappato i fori, rimontate , messe in pressione con pompa  a mano e messo  a posto la  macchina.  Sono  andato in casa del Dott. Pedrini a portarci la chiave del garage. Abitava  al  secondo  piano,  sopra la  Cassa di  Risparmio,  di proprietà  di  quest’ultima. Il Dottore, contentissimo del  grosso favore, mi volle per forza  dare un bicchiere  di vino buono  di  bottiglia ( non ero  un bevitore, ma si  diceva  che  aveva del vino più  che ottimo ) e lo accettai volentieri. Poi sempre contentissimo perché  aveva  trovato questo  aiuto mi diede un pacchetto  di  sigarette nazionali,  a quei tempi erano  da 10, in più volle  darmi  anche  2 lire.

Lo ringraziai molto, poi voleva  darmi un altro bicchiere di vino, ma  lo ringraziai rifiutando,  dissi  che  dovevo svolgere un altro incarico e che potevo imbattermi in qualche  tedesco che  era meglio  evitare.  Ci  siamo  salutati e discesi le scale. Arrivato sul portone ho  sentito e poi  visto due  caccia inglesi che  velocemente passavano per  Borgotaro , poi  hanno  virato dirigendosi verso la località detto  “ Castello Merlino” ( più  sopra verso i Piloni), per tornare indietro  subito in picchiata ad una discreta distanza uno  dall’altro.

Quando il primo caccia  Ha sganciato le sue due bombe,  ho  sentito subito il vorticare e capito di  cosa si trattava ( ormai avevamo una  certa pratica),  e per intuito, ma senza sapere dove potevano cadere, ma con l’intuito di  dove era partito l’aereo, ebbi uno scatto  della mia età riuscendo a buttarmi  entro  portone della casa Lazzarelli,  dove attualmente vi è il bar Torrefazione. Dopo l’esplosione di queste bombe ( due ) uscito dal portone Lazzarelli, non  ebbi il tempo di  vedere niente dal  fumo e mi trovai  con  Ferrari  Giuseppe meglio conosciuto come “Peppino Spusron”, ecco arrivare in picchiata il  secondo  caccia e sganciare le sue due bombe. Altro scatto insieme e abbiamo  raggiunto viale  Bottega. Queste  altre bombe hanno colpito verso il Taro,  vicino  a Mangora, per  fortuna senza creare né  danni né vittime.

Ci siamo un pochino ripresi e sempre con un certo timore, siamo tornati indietro a vedere l’accaduto. Un  gruppo  di casette fra via  Cesare  battisti e un  violetto era scomparso, ma li per lì  credevamo fossero  solo macerie, gli  abitanti li ritenevamo sfollati. Poi  abbiamo  visto il  fronte  di destra  della chiesa  di  San  Domenico squarciata e molto  colpita la  sede  della cassa  di  Risparmio di Parma,  quasi totalmente distrutta, solo il piano terra verso  Via Nazionale aveva  resistito  al  crollo. Arrivò quasi  subito sul posto l’impresario  edile Palò Capitelli con il  suo operaio ( bene conosciuto come “Jacumein Zanaia” ) e Gino Picelli. Non  si  sapeva cosa poteva esserci  sotto le macerie. Io gli dissi  che  ero  uscito un attimo prima.

Viaggio con 18 BLR a Vicofertile

Buono per un carico  di  farina

Dopo tanti  anni ( cinquanta ) non  si può essere precisi nelle  date e nemmeno ricordare il momento.  Di  una cosa sono  sicuro Capitelli Palò,  a quei tempi uno dei pochi  borgotaresi che  in qualche  modo  a cercato di  sostituire le  precedenti  autorità che  per motivi politici hanno dovuto abbandonare il paese andando  a stabilire a Parma,  mi cercava. Non  so dove  mi abbia  trovato,  mi  ricordo perfettamente che  detto  Palò, accompagnato  dal  suo dipendente muratore  Brugnoli Giacomo detto  “Jacomein Zanaia” mi  ha  trovato.  Erano insieme con  Gino Picelli.  Mi  dissero  che  avevano assolutamente  bisogno di me.  Gli  chiesi di  cosa si trattava,  allora mi spiegarono: c’è da  andare  a Vicofertile  con urgenza a prendere della farina bianca,  tutta la zona e anche  Bedonia rischiava di  rimanere senza pane, c’erano molti sfollati e la  produzione locale e insufficiente al  bisogno. Poi c’è anche  il mercato nero,  quelli della Garfagnana , più poveri  di  noi

di farina, vengono  a piedi e portano via (pagando) quello  che trovano, dobbiamo provvedere.

Io risposi: venite a cercare proprio  me? Per questo  viaggio potete anche cercare uno più anziano e meno  esposto come  sono io servizi militari obbligatori. Mi  risposero che  non avevano trovato  nessuno.

Cercando  avevano trovato solo un camion 18  BLR a gomme piene ( già in uso nella guerra mondiale 1914 – 18 ) trasformato a gas Metano dalla ditta Carlo  Pesci, sfollato con la sua  famiglia; Il  camion lo dava, ma lui assolutamente  non se la sente;  vi  sono  i tedeschi, i partigiani, i mitragliamenti aerei ecc. aveva famiglia.

Questo  camion era  abitualmente usato  dal  camionista Tanzi ( padre ), ma in una operazione per mettere in carburazione la membrana del gas una vampata improvvisa lo  ha investito e ustionato al  volto  e alle mani, quindi  per un po’  di tempo non poteva non era in condizioni  di  guidare. Io  gli  dissi di  cercare  un altro, ma mandare proprio me, oltre alla mia incolumità si metteva a rischio  anche  il camion anche  se vecchio  e la farina. Qualcuno lo avrebbero  anche  trovato, ma non sapevano ( o non volevano)farlo  funzionare.

Il Pesci disse loro che  quando hanno trasformato  questo camion FIAT 18 BLR da  benzina  a gas metano, io  ero  sempre li a curiosare e che  sapevo tutti  gli  accorgimenti per farlo bene  funzionare, in più avevo anche  fatto  qualche  viaggetto con il Tanzi.

Io mi sono ancora rifiutato, era troppo pericoloso.  Replicarono e insistettero tanto, mi dissero  che  i  forni fra qualche  giorno avrebbero  chiuso. Poi ha  cominciato a parlare Jacomei Zanaia, ( vero  borgotarese ) con la  sua abituale calma a cominciato  a dirmi: tu puoi andare, sino  a Fornovo so  che  i Partigiani li conosci, poi ti facciamo noi tutti  i  documenti necessari, da eventuali posti  di  blocco nella  zona ti assicuriamo  noi, poi  quando  sei  a Fornovo sei pratico e puoi anche  andare da un podere all’altro, e poi  te laggiù  crei meno  sospetti, parli il parmigiano  e passi inosservato. Insomma tanto insistettero che  ho  ceduto. Però  volevo un uomo di  fatica per eventuali aiuti, ma  che  ci  conoscessimo poco perché in caso di  essere arrestati, non si cadeva in  contraddizioni, ognuno doveva arrangiarsi per conto  proprio. ( credo si  chiamasse Callea )

A quell’epoca per andare a parma  bisognava salire  su a Berceto Poggio e passare il  Manubiola col ponte  fatto  saltare.  Mi  dissero  che  era stata  fatta una variante sul greto  del torrente, un po’ brutta, ma permetteva  di passare.

Ci  siamo messi  d’accordo e alle prime luci del  giorno  dopo, con un loro che  io  non  conoscevo e che  non saprei se ho più  visto, siamo partiti. A dire la  verità non credevo  di andare così bene, piano  s’intende.

L’uomo che mi dettero, lo misi sopra al  cassone del  camion con l’incarico di  osservare sempre il cielo e di  stare molto  attento all’arrivo  dei caccia, perché in questi  casi bisogna  fermarsi immediatamente e buttarsi fuori  strada per salvarsi dai mitragliamenti. Difatti  ogni tanto si trovava  qualche  mezzo incendiato dai ,mitragliamenti. Il viaggio di andata, piano, piano è andato più bene del prevvisto.

Arrivato  a Vicofertile, sono andato  subito a presentare  i  documenti per il carico  di  farina.  Trovarono  da dire e ho discusso un pò perché il buono era così  concepito:

“ buono per un carico  di  farina bianca” e poi tutte le  altre voci ecc., poi fra loro brontolavano  in dialetto. All’ora  anch’io in  dialetto ho  detto  non  è stato messo il  quantitativo perché non sapevamo che  mezzo di trasporto  si poteva  usare, la portata, ( e sempre in dialetto ) ad ogni modo  si fa presto, se c’è scritto un carico, voi datemi un carico,  il peso lo metteremo dopo, quando salirò sul bilico.  Se avete dei  dubbi o  difficoltà telefonate , io  sono  sempre qui pronto a firmare il quantitativo che  mi date. ( Però  ho capito dalle loro  espressioni che non  mi erano contrari, forse  avevano ricevuto già da Parma qualche  ordine ).

Uno di  questi  chiamò il facchino ( forse il capo ) e gli  diede ordine di iniziare il carico. Io  andai  fuori per vedere a caricare, uno  di questi derideva  un po’ il camion e un po’ anche me e il mio  socio e con altri  borbottava “ sti montanèr ribel” . mi ha indispettito e in secco  dialetto, più marcato  del  suo gli diedi  del  falso  comunista arios e non  so  quale altra parolaccia in dialetto 8 naturalmente non offensiva  alla sua persona).

Dopo questo  scontro  di parole, i facchini trattarono me e il mio  socio con più riguardo, non  finivano più di  caricare, sono dovuto intervenire e dire basta, mi sfondavano il camion, non  ce la fa, ma loro  mi  risposero. Ma dai  che ce la  fai.

Quando  sono  andato  sulla pesa, non ricordo bene, ma  credo siano  stati  oltre il 70 Q.li di farina; quasi il doppio della portata.

Il capo magazziniere non ebbe nessuna difficoltà, mi fece firmare il carico, poi un mucchio  di  documenti e con molta  gentilezza ci  siamo  salutati. ( Il  buono credo lo  abbia  ottenuto il  Sig.  Gasparini Alarico dal  Sig. Ferrari  Vittorio in  quel periodo  divenuto Vice Federale del  Fascio della Provincia di Parma, ( altissima autorità in  quel  periodo) e per meglio  aiutare  i  Borgotaresi in quel  difficile  momento mise nel  buono non il quantitativo, ma solo la  voce “ buono per un carico  di  farina” e forse a Vicofertile erano stati  informati perché mi hanno caricato con troppa facilità, mentre molto  difficile  ottenere.

Col mio aiutante, sempre sul carico per guardare il cielo, abbiamo iniziato il  viaggio  di  ritorno. Presi  una  strada secondaria, che  costeggiava un canalone sino  a Collecchio. Qui  arrivati  col nostro tran – tran, quando  sono saltato  fuori  da questa  strada secondaria, ho  visto e mi  ha  fermato il  Borgotarese Sig. Carlo  Stoto, gestore dei tabacchi e monopoli di  Stato. Mi chiese per favore  un passaggio sino  a Borgotaro, aveva con  se due  voluminosi ( non molto pesanti ) cassoni di  sigarette  e tabacco.  Erano  custoditi presso un vicino negozio. A quei  tempi non usavano  gli scatoloni di cartone, la sua merce era chiusa con lucchetto in due  casse di legno. Quando lo  vidi risposi subito di no, non potevo rischiare  atri pesi,  ero  già  in abbondante  sopracarico, circa il doppio della portata, ma il signor Stoto molto gentile  dimostrò che il peso non era eccessivo, che  imbrogliava era il volume. Tutta Borgotaro  è  senza sigarette, se la  prendono  con lui, mi disse che  erano già  due  giorni che  cercava un passaggio, ma  non  si  vedeva  nessuno. Allora  decisi di  accogliere anche questo  carico lui  compreso.

Arrivati  ad Ozzano  Taro,  dissi  che  dovevo fare  rifornimento di  gas metano ( la  stazione di rifornimento era  stata spostata da  Fornovo ).

Per una  strada variante ci  siamo  diretti verso la  stazione di  caricamento  bombole; fra camion, camioncini e vetture c’era una bella fila. Il  Sig.  Stoto disse: ne  avremo per delle  ore, io  risposi. Vedrà che faremo presto.

Sono entrato in ufficio dal  capo reparto, sapeva  come la pensava e gli dissi  di  aiutarmi. ( Un suo nipote era nei Partigiani alla Pessola ).

Questo  Capo Reparto è  subito  uscito e con  decisione ha  dato  ordine agli operai addetti al caricamento bombole di  darmi  la precedenza assoluta su tutti; di farmi il pieno perché trasportavo  generi di  prima  necessità deteriorabili.

Così fui immediatamente rifornito con grande meraviglia del  Sig.  Stoto al  quale spiegai che  eravamo  vecchi  amici. In poco tempo riprendemmo la  strada  della  “Cisa”.

Sui primi tornanti della  cisa e precisamente Piantonia, cominciai ad avere un po’ di  timore per paura  di  non farcela.

Si  saliva a passo  d’uomo. Giunto  a Piantonia ove sapevo  vi  era il pattugliane del posto  di  blocco  della Milizia, non mi  sono fermato, ero premunito con i  documenti in mano inerenti  al  carico e mentre salivo lentamente dissi  al  Comandante che non posso fermarmi, non sarei più stato in grado di ripartire .  se non mi  crede un  chilometro più avanti  c’è un pò di piano mi fermo;tanto  con  questo  camion dove vuole  che  scappi. Il  Comandante con un mezzo  sorriso mi fece  cenno  di proseguire.. infatti dopo  questi tornanti in un falso piano  mi  sono fermato; prima  di affrontare la salita molto  dura  del  prinzera,  ho  fatto  scendere il  Sig. Stoto e il mio aiutante col tappo in mano sempre pronto a metterlo  sotto la ruota posteriore nell’eventualità si fermasse il motore, tanto seguire il camion  non era impegnativo,  si  andava a passo  d’uomo. Per nostra  fortuna le salite dure le ritenevo  superate. ( non pensavo alla  variante del  manubiola).

Nella piana dei  Boschi,  ho  fatto un pochino di  sosta per fare riposare il motore e controllare l’acqua nel  radiatore.  Quindi  ricaricati  i  soci siamo  ripartiti. Non abbiamo avuto nessuna noia da posti  di  blocco. Questa è  stata forse la  più grande  fortuna.  A Berceto  Poggio, al  bivio dove si  abbandona la strada statale della Cisa, un grosso posto  di  blocco ci  ha  fermato. Abbiamo mostrato  i  documenti del  carico, quelli  del  mio  socio, i documenti  del  carico dei Monopoli e quelli  del  Sig.  Stoto, quelli del camion e guardandolo  sorridevano, i miei o  non me li hanno  chiesti o si  sono dimenticati, ne avevamo tanti da controllare, e, riguardando il  camion ci  hanno fatto il segno di  proseguire.

Giù in Berceto paese, non mi  sono fermato,  ci  è  andata troppo bene, ho preferito fare una piccola  sosta  a Roccaprebalza,  ancora per far  riposare  il motore, il carico  era troppo e i  freni  a cordina di  quei tempi  davano una sicurezza limitata.

Siamo  arrivati  al  torrente  Manubiola.  Ho preso  quella  variate giù al  torrente. L’ho  superata e credevo  di  avercela  fatta,  ho iniziato la  salita verso Lozzola, ma al primo tornante prima della  casa cantoniera è  successo l’imprevedibile: sentii due  forti strapponi metallici sotto la  cabina; era saltato il cambio, il camion  è rimasto  in  folle e i freni  non tenevano  abbastanza, quell’uomo che  avevo  d’aiuto tirava  con  tutta la  sua  forza il freno  a mano, inutile; il camion cominciava  piano –  piano ad indietreggiare.  Con molta  decisione diedi tutto  sterzo e ho  fatto andare  il retro  del  camion nel  fossato a monte.  Ci  siamo  fermati, la  nostra  avventura era finita ,  ma la  farina  e il tabacco erano ormai  a casa.  Ho indicato all’operaio la casa cantoniera appena  sopra di noi, e gli  ho  detto  di  avvisare Costerbosa che siamo arrivati  fino  qui.  Di  comunicarlo subito  a Borgotaro. ( In quel  periodo Costaerbosa,  vicino  a Baselica, aveva  una  centrale telefonica della C.I.E.L.I ora ENEL che  ci  è  stata  di  valido  aiuto.).

Il  Sig.  Carlo  Stoto, in  questo  caso, mi  è  stato  di  grande aiuto; ho lasciato a lui la responsabilità  e la consegna del carico era persona scrupolosa dell’incarico,  quindi io  ho  potuto andarmene  a riposare.

Trasporto  farina  da  Vicofertile

 I pericoli  di  questo  viaggio a Vicofertile,  erano molti e diversi.  Forse  Capitelli Palò, Zanaia e Picelli non avevano pensato, come neanche io a Ferrari o altri  autisti che  certamente non  si  sarebbero  rifiutati, come è   avvenuto  dopo, l’urgenza e la  fretta non hanno lasciato il tempo  di pensare e riflettere.  Vi  è  stato molta incoscienza, ma se proprio  questo  viaggio fosse andato male, potevano  certamente contare in uno scambio con prigionieri tedeschi in nostre mani,  gli scambi di  prigionieri tedeschi in questo periodo erano  assai  frequenti tramite  il  clero locale, sempre attivo e presente in  queste  circostanze difficili e pericolose.

Seppi poi  che il  Maggiore Gasparini e il  Ragioniere Cantarelli, Segretario  del  Comune di  Borgo Val  di  Taro, ottennero  da Parma,  sempre dallo stesso  ufficio o tramite questo, altri  buoni  di  fornitura di  generi alimentari di prima  necessità, evitando a tutta la vallata una sicura più dura carestia.

Valmozzola 30.9.1944 attacco Stazione FF.SS.

Erano i primi del mese di  settembre 1944,  il  Comando  della 1^ Brigata Julia al  completo si  è portato nella località mariano di  Valmozzola,  e si  stava preparando un  forte attacco  alla  stazione ferroviaria di  Valmozzola.  Oltre al  Comando e un distaccamento di  circa 45 partigiani vi era anche  la  squadra sabotatori  con  cariche  di esplosivo pronte per eventualmente usarle. All’ora stabilita è iniziato l’attacco molto violento e ben  organizzato, ma i difensori ( tedeschi) resistettero per ore. Ad un certo punto spuntarono  due  caccia – bombardieri inglesi ed iniziarono subito una picchiata sganciando ciascuno  due  bombe contro il ponte che  precede la stazione e mitragliando con le loro potenti mitragliere la stazione stessa,  costringendo  anche  noi  al  riparo .

I tedeschi  difensori  della stazione avranno pensato: che  organizzazione  questi  “ribelli”,  dispongono persino di  caccia bombardieri, pensare  che  hanno più intralciato che  favorito  il nostro  attacco. Poi il  coraggio del  V.  Comandate “ EROK” e l’intervento della squadra sabotatori, hanno costretto alla  resa il presidio.

questo attacco è stato bene impostato.  terminata l’azione e la  conta dei prigionieri, raccolto il  bottino di  guerra,  ci  siamo  subito incamminati sulla strada per il  rientro  a mariano. Intanto da Berceto stavano  arrivando  i  rinforzi tedeschi, ma troppo tardi, siamo stati più veloci noi.

Costituzione  campo  concentramento

Siamo  arrivati  a Mariano che  era  ormai quasi buio. Il  distaccamento e la squadra sabotatori hanno fatto rientro  alle loro basi, verso  Caffaraccia.

I prigionieri sono stati  rinchiusi  in una casupola  a Mariano,  vicino  al  Comando,  e di  guardia siamo  rimasti in tre partigiani. Nella notte è  arrivata una staffetta dal  basso della Valle dicendoci che  forse in nottata o nelle prime  luci dell’alba i nazi  – fascisti avrebbero fatto una puntata su  Mariano.

Con  decisione, il  Comando  della Julia decise di  sganciarsi e salire a piedi del  Monte  Barigazzo, per  poi scendere  verso  Caffaraccia.  Questo trasferimento compito  di  notte al  buio con oltre  25  prigionieri fu molto  difficile e pericoloso.

Dopo  questo fatto, il  Comando della  1^ Julia.  Ha deciso di  allestire  il campo di “concentramento prigionieri di  guerra” in località CORNALETO, posto molto impervio,nella  zona ai piedi del  Monte barigazzo,nel  versante del  Comune  di  Bardi.  Questa località, sebbene vi siano molti  sfollati ed in piena guerra, era persino  stata abbandonata dai carbonai e dai montanari.  Era troppo impervia e difficile da  raggiungere. I prigionieri servivano per  gli scambi con  nostri italiani, i tedeschi per questi  scambi volevano solo  i loro, non  accettavano gli italiani della Guardia Nazionale Repubblicana, loro  alleati..

0. 10. 1944 sostituzione  Com.te Moroni

In seguito  questo campo di  concentramento, comandato  dal maggiore Moroni ( dell’Esercito  italiano) ha  abbandonato detta località  e si  è trasferito a (CEREDASCO ) località un pochino migliore al  di  sopra  di  Osacca.

Il giorno 20.10.1944, il maggiore dell’esercito Moroni, comandante  del distaccamento  “ campo di  concentramento prigionieri”   venne chiamato  al  Comando 1^ Julia per affidargli  altro incarico. Io

 “ Scalabrino” fui incaricato  alla  sostituzione  del  Maggiore Moroni a comandare  il distaccamento

“campo  di  concentramento prigionieri di  guerra”. (allegata  fotocopia di tale  lettera dell’epoca., firmata Dragotte e Jeck).

Inizio grande rastrellamento  invernale

Era  a casa per  questa  breve  licenza ed  ho  notato  un certo numero di tedeschi in arrivo ed installare la  bandiera  simbolo dell’ospedale  da  campo . questo  mi  ha  insospettito e creato dei dubbi.  Ho aspettato la  notte e per sentieri di montagna ho  raggiunto  Caffaraccia ove sapevo era il  comando  della  1^ julia. Li ho  informati della situazione giù  a Borgotaro.  Vi  era il  Vice Comandante di  Brigata “ EROK” e il  V. Commissario “LINO”, l’aiutante “AILÙ” e “PENNELLO” Spagnoli Domenico. Il V. Comandatemi disse  di  sapere qualcosa, ma era ancora convinto si trattasse  di una forte  puntata sul  Comando  di  Brigata e aggiunse che  ormai era bene stessi  lì  a Caffaraccia,credo in casa di  Spagnoli Domenico  “PENNELLO”.

Vicino  al  Comando di  distaccamento già in stato  di all’erta.  Era la  sera del 5  gennaio 1945 e faceva  molto  freddo.  Al  Comandante  di  distaccamento mancava  un uomo per completare i doppi  turni di  guardia.  Mi sono offerto io  e ricordo di  avere fatto due  turni, dalle  2 alle  4 e dalle  4 alle  6, l’ultimo turno insieme a Murena Bruno, mio  amico.

Credo  sia stato durante questo turno che si  sia messo a nevicare con un intensità spaventosa.  Sono  rientrato alla fine del  turno al  Comando per  fare  un pisolino, risono  accontentato di  coricarmi  per terra perché  essendo in stato di  all’arme avevano  sgomberato  tutto.

6 gennaio 1945 attacco nella bufera

Il comandante di  distaccamento dislocato  a S.Pietro, Panera, è  arrivato  con  due  uomini a Caffaraccia a prendere ordini. Il V. Comandante di  Brigata  e il  Commissario gli  dissero di  spostarsi col  suo distaccamento a caffaraccia per dare  aiuto al  distaccamento battista, l’intenzione era di porre resistenza ai nazisti e magari anche  imprigionarli, non  si  credeva ad un rastrellamento di  queste  proporzioni.

Nel piccolo rione “Curiago” posto  sotto Caffaraccia,  vi  era accantonato il  distaccamento  “sabotatori” che  pochi istanti  prima dell’attacco nazista si  erano portati su a Caffaraccia per unirsi  al  Comando.

Ancora prima erano state mandate staffette alle  varie  formazioni e al  Comandante  “Dragotte”, ma la grande improvvisa bufera di  neve che  si  stava scaricando in tutta la  vallata, ha  fatto perdere i contatti e non si  è  saputo più niente.

Durante l’attacco, anche un distaccamento delle  Brigate  Garibaldi dislocate a Osacca,  si  è portato aul Monte Piano ed hanno mandato  degli  avamposti a vedere cosa succedeva a Caffaraccia. Il  Comandante  “EROK” disse loro di  stare col  distaccamento su  al  Monte Piano per essere di  aiuto da un eventuale accerchiamento.

Quando  cominciarono a calare  prime ombre della sera ed eravamo quasi  convinti della rinuncia tedesca, hanno cominciato a spararci anche  con il mortaio. Pochi istanti dopo  si  sono  visti razzi  rossi sparati da  pistole lancia – razzi in direzione  Caffaraccia.  Detti razzi provenivano da  diverse zone e  si  rischiava  l’accerchiamento. I  nostri Comandanti, tutti  esperti ( provenivano già da  altri  fronti) hanno compreso la situazione e dato l’ordine  di  ritirarsi immediatamente. Io  non  avevo  sentito l’ordine,  ho  sentito solo chiamarmi per nome e dirmi: scappate  che ci  sono  i tedeschi.  Ero  nel piazzaletto della  Chiesa Parrocchiale. Vicino  a me era il povero Maggiore  di Cremona che, colpito  da una  raffica è caduto  sulla  neve.

Raggiunto  Monte Piano ci  siamo uniti ai Partigiani della Garibaldi  e raggiunta la  casa detta “Barbuia”, ora scomparsa. Il povero  contadino  non aveva viveri per sfamarci, era veramente sconsolato; allora  fece in pochi  minuti della polenta 8 se così  si  vuole chiamare), non  ci  abbiamo dato nemmeno il tempo necessario per bollire e cuocere, ma  per noi andava  bene, anzi parecchi sono rimasti  senza, non era sufficiente per tutti. Poi subito in marcia nella  bufera di neve, non bisognava lasciarsi  prendere dal  freddo, ( vi erano reduci dalla  Russia ) la  nostra pratica della montagna, evitando gli  avvallamenti con troppa neve,  ci  ha permesso di  arrivare in  qualche  modo  a brunelli.

Poi ci  siamo  sparpagliati, mi ricordo che  il  nostro  gruppo  era formato di sei, mi sono trovato  con Tonino detto “la Cartera”, Nello Oppici e Benci  Lino più altri che  non ricordo.  Ci  avevano  detto che  a Borgotaro non c’erano più tedeschi ed allora la  notte stessa siamo  venuti  giù.  A Porta Farnese un tedesco  di  guardia ci  ha  sparato, allora via, anche  qui ci è  andata  bene,  ci  siamo dileguati nel  buio in mezzo  alla  neve.

Questo  rastrellamento, nonostante i morti, ha un pochino deluso i tedeschi, con le forze militari impiegate e i loro mezzi  superiori, erano  convinti di  ottenere un successo maggiore.

Appena finito  questo terribile  rastrellamento invernale, tutte le brigate partigiane della zona si  sono ricomposte e normalmente  è di  regola che  in tutte le  ricomposizioni  sono dei  cambiamenti sia  nella forze organiche che  nei  posti  di  Comando.

Malattia  niente medicine rinuncia

Ricovero non  ci  sono  vi sono posti

Questo  rastrellamento con  sforzi eccessivi, bagnate, camminate in mezzo  alla neve, poca alimentazione, freddo e poco  vestiario, hanno provocato  al mio  fisico bronchite con  febbre. Il  giorno  20  febbraio 1945 il  Comando  della  1^ Julia mi ha mandato  dal  Dott.  Ferrari (Dottore che  aveva  concordato con le brigate partigiane).  Dopo la visita  del caso, il  Dott.  Ferrari mi diede  20 giorni di  riposo ma  non  aveva più medicine,  quindi  mi  consigliò di  stare  al  caldo e una buona alimentazione. I  viveri erano  scarsi ed allora il giorno  dopo 21 febbraio 1945,  ho  deciso  di  rientrare al  reparto. La  mia  malattia  durò  un giorno; nell’Ospedale  di  Albareto non vi  erano più posti, troppi erano  gli  ammalati più bisognosi e gravi di me.  ( anche di  questi documenti di malattia tengo lettere  originali del  mio  Comando ).

Trasferimento  Comando  Unico

Rimasi  al  Comando qualche  giorno, poi  il  Comandante della  1^ brigata Julia “LIBERO”,  succeduto  a “Dragotte”, mi fece una proposta: il  Comando  Unico della Provincia  di  Parma Ovest  Cisa,  ha  bisogno e cerca un dattilografo.  Tu  sai battere  bene a macchina,  se vuoi  ti  faccio  due  righe e ti trasferisco  al  Comando Unico. Se ti  terranno idoneo al  loro  bisogno,  ti  terranno presso  di  loro così potrai  anche  curarti  meglio che  in  brigata. Accettai il trasferimento ed ho raggiunto il Comando  Unico in  quell’epoca sistemato in località “ i Copelli”  nell’abitazione di  un certo “GILDO” comune  di  Bardi. Quando  sono arrivato alla sede di  questo  Comando vi era il  Ten. Colonnello “OTTAVIO” e il  Commissario Unico “POE”.  Diedi a questi la lettera  del  Comandante “LIBERO” e  con una certa incredulità mi disse mettiti alla macchina che  proviamo. La macchina era vecchiotta, ma a quell’epoca erano quasi  tutte così.  Mi  dettò  una lettera che  io  ho  battuto  abbastanza  bene.  A questo  punto  il Commissario  Poe si  alzò e venne  a controllare, poi  rivolto  al  Colonnello  OTTAVIO disse: LIBERO  ci  ha mandato  un dattilografo..

In  quel  periodo il  Comando  Unico era capitato in una  casupola di un  certo “GILDO” località molto alta, una fra le ultime  case in alta montagna della  frazione  di  Gravago di  bardi.

Questo  Gildo era persona che  aveva vissuto molto  all’estero in  Inghilterra, la casa era un bugigattolo, il suo proprietario  Gildo, era molto  ordinario nei modi e nel parlare con tutti, ma molto generoso, quello che  faceva o dava era spontaneo e sincero.

Il Commissario del  Comando  Unico Prof. Pelizzari “POE” aveva con se la moglie, signora molto fine e gentile. Aiutava molto il  Commissario, capiva il perché certe volte rea  molto nervoso; era dovuto al  suo cattivo stato  di salute. Noi si capiva quando non stava  bene. Io non immaginavo che già  soffrisse di  quel terribile male inguaribile.

Poi il  Comando, per  comodità anche  per le  brigate,  si  spostò più  a valle, agli Sbottoni e poi  ancora più giù alla Brè di  Gravago. Il Commissario POE per causa  della sua malattia, sempre sottoposto a cure mediche, per comodità sua e per facilitarlo nel  servizio,  fu  ospitato nella Canonica di Monastero,  lo accolse Don Luigi  Squeri, parroco  della  zona.

Io,senza medicine, ma  facevo una vita meno disagiata e mangiando abbastanza,  mi sono ripreso in brevissimo tempo.

Molto  spesso capitava il figlio di  POE,Piero a trovare  i suoi genitori.  Credo che  questo loro figlio Piero sia  stato  nei  Partigiani  a Compiano, nella squadra Radio  trasmittente in collegamento con le  forze anglo – americane.

Altra Commissione anglo – americana comandata dal  Capitano Bob, munita  di  radio trasmittente era sistemata  in località Pieve di Gravago.

Comando  Unico Ovest  Cisa

Caso  Marchini   milite  forestale

Al  Comando  Unico  Ovest  Cisa, svolgevo attività di  dattilografo e si  svolgeva tutto in una stanza, in  quei  tempi era  già molto. Nella  stessa  stanza,  che  era abbastanza  vasta,  si  riunivano  spesso il  Comandante Arta, il Commissario Poe, l’Avvocato  savani e un altro  Comandante partigiano credo dell’Est  Cisa,  di  nome Rovereto ( uomo  colto e  credo dalle sue espressioni, del partito repubblicano; io ero  all’oscuro  della  politica).

Un giorno  capitarono  al  Comando due  partigiani provenienti  da Berceto con  un prigioniero civile che  dissero era spia fascista. Io stavo  dentro  al  Comando e sentivo che  discutevano su  questo prigioniero che  era tenuto  fuori guardato  a vista da  due  armati.  sentivo che  parlavano  di  spia,  di trasferirlo  a Bardi nel  castello e se sarà il caso  fucilarlo.

Io sento che  questa discussione si  faceva lunga,  sono uscito  per fumare una sigaretta. Il detto prigioniero, seduto su  un masso me  ne chiese per favore  una, me lo chiese in dialetto  borgotarese, allora gli chiesi  cosa  aveva  fatto:  mi rispose niente, sai è anche  roba  di  invidia  e mi disse diverse cose;  ho capito  che  si  trattava  di  mercato  nero,  di  donne  e altre cose, in più a suo danno risultava che  era una guardia dell’allora Milizia  Forestale.  Gli diedi  la  sigaretta e gli dissi che  parlano  di  fucilazione, è molto  grave. Questi  mi diede il suo nome,  era un Marchini, cognato di  Bruno  scagliola e mi disse se potevo  avvertirlo.  Mi  diede anche  il nome  di  suo fratello Pellegrino, ma io non lo conoscevo a quei tempi, Scagliola si, molto.

Rientrai  nella stanza del  Comando e mentre loro ancora chiacchieravano, io a macchina  ho  scritto un invito per Bruno  scagliola ( lo conoscevo  bene,  eravamo nello stesso  Gruppo “Tarolli”), lo misi  al  corrente della situazione di  suo  cognato Marchini e di  venire immediatamente al  Comando  Unico per chiarire la  faccenda.  Sono uscito  e ho  chiamato una  staffetta del  nostro  Comando ( ne avevamo sempre tre  a disposizione):  ho  scelto la staffetta pratica dei posti,  ricordo  che  si  chiamava Iseo,  era di  Tiedoli.  Gli  diedi la  missiva per ordine  del  Comando e  gli dissi  di andare  a cercare Scagliola Bruno, nella  zona  di  Brunelli,  era molto  conosciuto.

Non ho più  seguito la faccenda, non ero direttamente interessato, ma ho  saputo che  è  finita  bene,  credo  che  si  trattasse di invidie, non  so.

Io  battevo molto a macchina sia  per il Commissario Unico  Poe  che  per il Colonnello Ottavvio, Capo  di  Stato Maggiore di tutte le  unità della zona.

Nell’unica stanza ove svolgevo questa  attività,  ho  visto molte  volte VAMPA,  GIORGIONE, PINO, COSENZA –TRSIBULO, IL TENENTE, tutti gli  Ispettori del  Comando  Unico e tanti  altri, anche  dell’EST CISA.

Le  discussioni più frequenti era di  alta  politica che  noi  giovani a quel tempo non ne sapevamo proprio niente, oggi poco  di più.

Un giorno  si misero  a parlare,  e questo l’ho capito bene del bombardamento di  Parma e dello squarcio provocato nelle carceri di  S.  Francesco,  con conseguente  fuga di prigionieri. Molti  di  questi  prigionieri evasi sono venuti  ai monti ad arruolarsi nelle formazioni partigiane,  qualificandosi  prigionieri  politici.

Fra questi prigionieri alcuni si  è saputo a guerra finita erano veramente in prigione per  politica,  ma tanti altri erano  delinquenti  comuni,  coraggiosi nelle imprese, ma sono rimasti  quelli  che  erano,  ciè legati all’ambiente della malavita.

Tutto  questo a danno  del  movimento e dell’onestà. Purtroppo non si aveva l’Ufficio  Anagrafico da consultare prima  di  accettarli  nelle  formazioni.

Discussione bombardamento   carcere Parma

Io  battevo molto a macchina sia  per il Commissario Unico  Poe  che  per il Colonnello Ottavvio, Capo  di  Stato Maggiore di tutte le  unità della zona.

Nell’unica stanza ove svolgevo questa  attività,  ho  visto molte  volte VAMPA,  GIORGIONE, PINO, COSENZA –TRSIBULO, IL TENENTE, tutti gli  Ispettori del  Comando  Unico e tanti  altri, anche  dell’EST CISA.

Le  discussioni più frequenti era di  alta  politica che  noi  giovani a quel tempo non ne sapevamo proprio niente, oggi poco  di più.

Un giorno  si misero  a parlare,  e questo l’ho capito bene del bombardamento di  Parma e dello squarcio provocato nelle carceri di  S.  Francesco,  con conseguente  fuga di prigionieri. Molti  di  questi  prigionieri evasi sono venuti  ai monti ad arruolarsi nelle formazioni partigiane,  qualificandosi  prigionieri  politici.

Fra questi prigionieri alcuni si  è saputo a guerra finita erano veramente in prigione per  politica,  ma tanti altri erano  delinquenti  comuni,  coraggiosi nelle imprese, ma sono rimasti  quelli  che  erano,  ciè legati all’ambiente della malavita.

Tutto  questo a danno  del  movimento e dell’onestà. Purtroppo non si aveva l’Ufficio  Anagrafico da consultare prima  di  accettarli  nelle  formazioni.

Cambi e Sostituzioni Quadri Comando Costituzione  Gruppo d’Azione Val  Taro

Come  ho  accennato in precedenza,  dopo il famoso rastrellamento invernale, sono avvenuti cambi e sostituzioni nei  quadri di  comando delle varie  formazioni.

Il Comando della 1^  Brigata Julia ( corrispondente  a Capitano) è stato  assunto da Brindani primo “LIBERO”; l’ex Comandante della  1^ Julia, Delnevo  Giuseppe “Dragotte” ha  avuto la  carica  di Ispettore di  Comando Unico ( corrispondente al  grado  di  Maggiore ).

Dragotte in un primo tempo ha  accettato, ma poi ci ha ripensato e rifiutato; passando Ispettore,  si sarebbe un pochino staccato  dalle formazioni operanti.

 Quindi  “DRAGOTTE” decise  di  rinunciare alla superiore carica di  Ispettore ( politicamente  si è sempre ritenuto  un Badogliani, noi  di politica si  sapeva poco o niente ) e  si  è  unito  a “JECK” Già  Commissario della  1^ Brigata Julia; unitamente hanno  costituito la  formazione “ GRUPPO D’AZIONE VAL TARO”. Per la  formazione di  questa  formazione  hanno dovuto lottare contro il  dissenso  del  Comando  Unico, ma  alla fine  ci  sono  riusciti.

Io personalmente, in un primo tempo ritenevo e credevo inutile la  formazione di  questo  “GRUPPO”, ma già a quell’epoca, al  contrario  di  altri,  ho  ritenuto che  “DRAGOTTE” e “JECK” fecero bene a rinunciare ai gradi  superiori; io  al  Comando, nelle discussioni ho capito che  il meno contrario alla costituzione di  questo  “Gruppo  d’Azione Val  Taro” era il Colonnello Ottavio.

Questa formazione ha riunito molti Partigiani fra i primissimi, che  diversamente avrebbero  abbandonato la Resistenza e lasciando questi alla  mercé,  si sarebbe creato un vuoto molto  dannoso e anche un insulto contro quelli che  sono stati  i primi a rischiare.

Personali

1)        entratoDefinitivamente nelle formazioni il 15 Giugno 1944 nel Gruppo  “TAROLLI”
2)  29.6.1944 –Battaglia  del Manubiola
3)  30.6.1944 –Battaglia di  Grifola
4)  15.7.1944 –Grande Rastrellamento Estivo
5)  6.09.1944 –Attacco  al ponte parabolico FF.SS.
6)  19.9.1944 –Cavazzola – strada statale 62
7)  25.9.1944 –Pontolo ( due prigionieri tedeschi )
8)  29.9.1944 –Valmozzola – Stazione FF. SS.
9)27.11.1944 –Borgotaro Ponte FF.SS.
10)    6.1.1945 –Caffaraccia (rastrellamento invernale)
11)8/9.4.1945 –OCCUPAZIONE Borgotaro e valli 8collegamenti)

Dal  1.9.1944 Capo Squadra con incarichi vari.

Dal 22. febbraio. 1945 trasferito al  Comando Unico Parmense Ovest  Cisa alle  dipendenze dirette dal Ten. Col. Fernando  Cipriani (Ottavio ) del  Genio Militare. Capo di  Stato  maggiore di  tutte le  forze del Comando Unico  Parmense.

Riconosciuto Maresciallo On. Dell’Esercito  Italiano e Croce al  merito  di  Guerra 8detto riconoscimento segnato sul foglio matricolare del Distretto Militare).

Trattenuto in servizio sino  al  settembre 1945 dal  Ten. Col.  Cipriani, per  collaborare con l’Ufficio Stralcio delle varie  formazioni.

Il  27  dicembre 1978 nominato  Cavaliere della Repubblica Italiana dal  Capo dello Stato Pertini, per meriti  civili.

Epilogo

Nel 1945 fu  scelta  la  data del  25  APRILE dalle superiori Autorità competenti per  ricordare agli italiani la fine  della guerra per TUTTI .

Con  quella data 25  APRILE, ogni anno si  intende anche  onorare TUTTI i caduti  in  guerra, vicini  e lontani e le  vittime  innocenti di  civili, donne e bambini.

Questo,specialmente ai  giovani non è stato insegnato, e dopo oltre cinquantenni non conoscono la  tragedia del loro popolo e di  come sono  arrivati al benessere.

Ai giovani di  oggi,  che  saranno gli adulti di  domani, un grande augurio: buon avvenire e guardate sempre avanti per migliorare ,senza dimenticare il passato.

                                                                          —o0o—

Borgo  Val di  Taro, 30 novembre 1996


 

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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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