

Memorie dattiloscritte da BONINI Guido
nato a Parma il 09.02.1923, residente in Borgo Val di Taro (Parma)
La mia famiglia era così composta: padre, madre; sorella cl. 1919, fratello cl. 1921; io ero il più giovane cl. 1923.
Mio padre, reduce della guerra 1914-18 risiedeva a Parma, sua città natale con la famiglia, strada Nino Bixio.
Oppositore al fascismo, dovette abbandonare Parma nel 1928 perché perseguitato e continuamente minacciato dai violenti del nuovo regime. Fu ospitato a Borgotaro in casa di suo cugino sig..,INVERNIZZI,- abitante nel palazzo della Società Imbriani.
Nel 1931 tutta la mia famiglia lasciò Parma per unirsi, a mio padre in Borgo Val di Taro. In questa circostanza, in un paese nuovo e non conosciuti, oltre agli Invernizzi ci diedero un valido aiuto:) il Sig. Delnevo (Merlotto) e la sua cara signora Brugnoli Caterina.
Nel 1941 mio fratello cl. 1921 era alle, armi con l’Esercito Italiano per assolvere gli obblighi di leva. Nel 1942 sottufficiale dell’ Esercito inviato in Russia con il C.S.I.R. , e dal Natale 1942 (inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don) non ha più dato notizie di se e quindi come tantissimi altri giovani, dichiarato dal Governo Italiano – Ministero della Difesa – con verbale n° 12848 ST “morte presunta”.
E ‘ arrivato il famoso “8 settembre 1943” e mi trovavo a casa mandato dall’infermeria presidiaria del Distretto Militare di Parma.
Le truppe tedesche probabilmente bene informate sapevano cosa stava succedendo ed erano già in stato di allarme. Hanno attaccato in forze le poche truppe italiane delle varie Caserme costringendole alla resa e seminando terrore. I nostri militari hanno reagito per un po’ ma poi, anche a corto di munizioni hanno abbandonato iniziando un fuggi-fuggi per le campagne ed, affidarsi ai contadini per evitare la cattura ed essere trasportati in Germania nei famosi campi di concentramento (sterminio).
Visto cosa facevano i tedeschi nelle città italiane dopo 1’8 settembre non ho più avuto dubbi sulla ferocia e cattiveria tedesca. Avevo 20 anni e tanta volontà. Ho sempre portato a termine con serietà incurante dei rischi tutti gli incarichi a me affidati.
Il mio nome di battaglia “Scalabrino” e poco conosciuto perché la maggioranza mi chiamava col nome battesimale, era più semplice ed io non ne facevo caso, ero cosciente delle mie azioni che ritenevo buone e giuste.
(Guido Bonini)
Scalabrino
Borgo Val di Taro, 30 novembre 1996.



SOMMARIO INDICATIVO
A-B-C-D: prima del 25 luglio 1943; strade e circolazione stradale;
pag. 1 -presentazione;
” 2 -i vari fronti della “GUERRA LAMPO”;
3 -8 settembre 1943, l ‘Italia “abbandonata;
4 -fuga di un pilota italiano;
6 -la “Casermetta” – pastificio Gavaini;
7 -scarsa adesione al nuovo governo;
7 -nel retro “coprifuoco”;
8 -i primi disertori per Anzola;
9 -“Saga” e “Cinaia” a Fornovo Taro;
” 11 -incontro con “Beretta” (Cacchioli);
” 12 -Molinari Pietro “Narisa”- Fornovo Taro;
” 13 -a Fornovo con: Lucatorto; .
” 14 -da Fornovo al lume di candela;
” 16 -Carabinieri! – S.Maria del Taro – ;
18 -viaggio a Bari –ditta Schiffini…;
” 19 -bombardamento Ospedale “S.MARIA”;
” 20 -battaglia Monte Vaccà -Brindani ferito
” 22 -chiamato alla sede del Fascio;
” 24 -Pelizzoni “Lupo” – ammalato
” 25 -X'” MAS- Arturo Pesci – vandalismo;
” 27 -incrocio funerale sul ponte S.Rocco;
” 29 -Riunione Comandanti di zona – Pradella
” 30 -rifiuto all’ALT! di tedeschi e fascisti;
” 32 -bruciato con macchina-Tenente Giorgetto;
” 34 -MANUBIOLA: tre giorni prima;
” 36 -scontro mulino dell’ Aglio;
” 38 -luglio 1944 GRANDE RASTRELLAMENTO ESTIVO;
” 39 -morte di “TAROLLI”. (Zanrè Alberto)
“NELLA BUFERA DELLA .RESISTENZA” :
39 = una pagina dal diario di Mons .Boiardi;.
Pag. 40 – batterie radio – Telegrafisti;
” ” 40 – caccia bombardieri su Borgotaro;
44 – morte Dott.Pedrini -strage piazzetta
45 – viaggio con 18 BLR a Vicofertile:
BUONO per un carico di farina;
54 – vantaggi del viaggio a Vicofertile;
55 – Valmozzola 30.9.1944 -attacco staz. Ferr.
56 – costituzione “campo concentramento prigionieri di guerra
57 – 20.10.1944 sostituzione Com. Moroni
58 – elenco prigionieri di guerra;
60 -GRANDE RASTRELLAMENTO INVERNALE TEDI
61 -“6 gennaio 1945” attacco nella bufera;
63 -malattia: niente medicine, rinuncia ricovero;
non vi sono posti;
64 -trasferimento al Comando Unico O.C.;
67″ -COMANDO UNICO OVEST CISA;
67 -caso Marchini -milite forestale;
69 -discussioni sul bombardamento di Parma
evasi dal carcere “8 .Francesco”;
69 -cambi e sostituzioni quadri di comando
70 -costituzione “Gruppo d’Azione Val Taro
71 -conclusione;
72 -documentazione e interviste;
A – Prima del 25 luglio 1943
Era un periodo ove gli autisti scarseggiavano per il continuo richiamo alle armi. Le strade poco belle, non asfaltate, con ghiaia grossa e molte buche. Per ciò che riguarda la circolazione non era difficile andare, la difficoltà era la scarsa efficienza meccanica delle auto; gomme malandate rappezzate in qualche modo, freni pochi sicuri, bisognava fare affidamento molto sulle marce, anche queste poco funzionanti.
Tutte le vetture e camion erano dotate dei ferri necessariamente in dispensabili per;alcune anche per smontare le gomme. Togliere le camere d’aria, tappare i buchi con il mastice, rimetterle in pressione con la pompa a mano e via. La ditta Carlo Pesci, aveva macchine abbastanza sicure e ben controllate dalla propria officina. Purtroppo molte volte, per cause diverse, si era costretti ad adoperare anche macchine o camion un po’ malandati.
Il mio lavoro base era di amministrare, cioè tenere controllato il contachilometri delle vetture, dei camion e le rispettive bolle, ma in special modo tenere aggiornati i libri paga dei dipendenti e i rapporti con i vari clienti, oltre a seguire le disposizioni I.N.P.S. e le assicurazioni.
I dipendenti della ditta erano otto così qualificati: Bonini Guido, contabile ufficio; Tanzi (padre), autista – camionista, Cardinali (maciò) di Tarsogno, Autista – taxista; Bertani, autista – taxista – camionista; Silvio, meccanico – officina; Ferri, apprendista; Aldo, apprendista.
B – Prima del 25 luglio 1943
Negli intervalli del mio lavoro, ero curioso e mi piaceva osservare il meccanico in officina e quindi acquisire una modesta conoscenza delle vetture e camion di quell’epoca. Oggi con l’avvento dell’elettronica le macchine funzionano meglio, ma è anche più difficile conoscere il funzionamento, dovuto alla massima precisione.
Io per hobby ( senza scuola guida, oggi obbligatoria..) avevo conseguito, con regolare esame la patente di guida di 2° grado a scoppio, poi trascorsi i regolari sei mesi ho superato anche l’esame per ottenere le patenti dei due terzi grado a diesel e a scoppio, vale a dire che potevo guidare qualsiasi tipo di vettura,taxi,autocorriere e camion con rimorchio. Di queste patenti conservo l’originale.
Avendo ad un certo punto la mia ditta bisogno di autisti, ed essendo io in possesso di patente, mi davano un compenso extra per sopperire le richieste dei clienti.
Il garage – officina si trovava dietro le mura di casa Molinari. I veicoli in uso, non sequestrati per cause belliche erano: 1 FIAT 500 topolino, 2 FIAT 508 balilla; 2 camioncini – furgone FIAT 509; 2 FIAT 1100; 1FIAT 501; 1 camion18P; 1 camion 18 BLR a gomme piene, trasmissione a catena già in uso durante la guerra 1914 -1918.
Le vetture avevano un discreto buon funzionamento. I camion erano un pochino più antiquati e faticosi da guidare. I camion di più recente fabbricazione erano difficili sottrarli alla requisizione da parte dello stato per necessità belliche. Come pure gli autisti erano pochi perché continuamente richiamati alle armi. Le biciclette erano poche, ma possederle richiedeva un certo sacrificio per la manutenzione, in più dovevano essere provviste di regolare BOLLO DI CIRCOLAZIONE; esserne sprovvisti si incorreva in pena pecuniaria e si rischiava persino il sequestro del mezzo.
C– Circolazione stradale
Quasi tutte le strade, anche prima degli eventi bellici, erano malandate e non asfaltate. Tutte le località e frazioni come: Rovinaglia, S.Vincenzo, Valdena, Righini, Grifola, Belforte, Gorro, Porcigatone, Caboara, Tocaleto, Osacca, Tiedoli, Caffaraccia, S.Pietro, S.Martino, Bardi e tante altre, erano raggiungibili solo a piedi, qualche d’una con carri agricoli; per andare a Pontremoli bisognava salire a Berceto Poggio e poi prendere la statale 62 della Cisa, lo stesso per andare a Fornovo o Parma.
D– Circolazione stradale
La mancanza di strade ha permesso una certa sicurezza ai contadini e agli sfollati, oltre a rendere più efficace la lotta clandestina contro i tedeschi.
Tutte le strade che oggi vi sono bene o male percorribili in macchina o con altri mezzi rotabili, a quei tempi tutti dovevano percorrerle, quindi il bisogno di scarpe era genere di prima necessità, non lusso. La media percorribile per una persona normale è di circa 5-6- Km. all’ora; per raggiungere una località sopra descritta, la più vicina si calcolataci volesse 1 ora.
La descrizione delle strade, solo per giustificarne il motivo del perché quando si facevano dei prigionieri, il primo singolo interesse, oltre alle armi erano le scarpe; non era cattiveria o dispetto, ma estrema necessità.
Con questo non si vuole giustificare o perdonare qualche atto di vandalismo o vendette personali
Questa descrizione, dopo cinquantenni, per portare a conoscenza dei chilometri che giornalmente si percorrevano ( circa 3-4- ore di media) e che forse molti hanno dimenticato e e tanti ignorato.
1 Presentazione
Quanto è qui narrato, sono memorie di un certo periodo. Quanto è scritto è storia vera, molto documentata con scritti dell’epoca depositati e protocollati presso l’Istituto Storico della Resistenza di parma, oltre a registrazioni in cassette. Le registrazioni si riferiscono a:
DELNEVO Giuseppe “ Dragotte”
BRINDANI Libero “Libero”
BENCI Giovanni “Lino”
SOLARI Giuseppe “Jack)
CUCCHI Emilio “Ras”
LODI Massimiliano “Italo”
BONINI Guido “Scalabrino”
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Era l’anno 1940. il nostro ritrovo più abituale era lo studio – abitazione del generoso Angella Armando. Menomato sin da bambino dalla terribile poliomielite, invalido totalmente agli arti inferiori e poco idoneo nel resto del corpo.
Contrario al regime totalitario fascista; era veramente maestro della vita democratica, accettava tutti, ricchi, poveri, intellettuali, studenti, operai, se aveva una sigaretta la divideva con tutti, così come aveva abituato i frequentatori del suo studio – abitazione, sempre aperto e per noi passatempo delle ore libere. I più assidui di tale ritrovo ed anche i più evoluti culturalmente perché assieme a lui studiavano erano i Solari, Specialmente Eugenio, Carletto Grezzi, Bernardi, Fontana, il Cairo,Zefro e tanti altri ancora, nelle ore di ricreazione.
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L’Italia era in guerra dal 1940, alleata con la Germania e prima della famosa data del 25 luglio 1943, caduta del Regime Fascista e quindi del governo, nell’ambiente di Angella si cominciava già ad avere indisposizione verso questo regime ed alleanze; questo stato di cose più sentito dai più evoluti ed anziani di noi giovanissimi di leva militare.
Si cominciava ad essere nauseati della battezzata “GUERRA LAMPO” con la parola “ VINCERE”! Il nostro popolo era partito una certa euforia della propaganda politica mentre sui fronti militari le si prendevano da tutti:Africa Orientale, Africa Settentrionale, fronte occidentale ( Francia), Grecia ecc. – noi giovani si cominciava a ridere della propaganda di otto milioni di baionette e si diceva: non abbiamo neanche otto milioni di temperini per far la punta alle matite; i viveri di prima necessità scarsi e tesserati. Trionfava il mercato nero. E chi non aveva i soldi? Arrangiarsi.
Quando al radio (E.I.A.R.) trasmise il crollo del governo e quindi la caduta del regime fascista, ci ha colto una certa euforia, ma i più avveduti nella politica ed esperti come era Solari Giuseppe (quasi sempre richiamato alle armi), Armando Angella e altri, hanno frenato il nostro entusiasmo dicendo: piano ragazzi, chissà come andrà a finire, cosa può accadere, quindi calma e scappiatevi regolare.
3 L’8 Settembre 1943, l’Italia abbandonata
Infatti non ebbero torto, avevano visto giusto perché arrivò il famoso 8 Settembre 1943.
Sempre la nostra radio (E.I.A.R.) trasmette:LA GUERRA È FINITA- la pace è stata firmata. E la Germania? Noi italiani non sapevamo niente. I nazisti erano ancora in guerra contro quelli che poi divennero i nostri alleati.
Il nostro territorio nazionale era completamente occupato da truppe tedesche, molto ben armate, nei loro confronti noi eravamo dei traditori. I firmatari della pace avevano tutti abbandonato (scappati) il territorio nazionale. I tedeschi cominciarono subito l’occupazione delle caserme italiane contro la nostra debole resistenza che potevano fare le nostre truppe malandate; cominciò la tragedia il fuggi fuggi dei nostri militari per le campagne e cercare abiti civili. Chi non è riuscito a scappare è stato catturato dai tedeschi e finito nei campi di concentramento in Germania.
Da questo momento è iniziata la nostra opposizione al nazismo.
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Dopo aver sentito le varie voci dei nostri militari reduci dalla Russia e visti i modi autoritari – padronali dell’esercito tedesco in casa nostra, non potevamo nutrire molta simpatia nei confronti della Germania. Molti, i più tanti nostri giovani militari non hanno più dato notizie dal C.S.I.R. –P.M.83 –(Russia) dal Natale 1942 . (Inizio della disastrosa ritirata dal fiume Don).
La nostra scelta: Opposizione con ogni mezzo al nazismo. Resistenza!
Fuga di un pilota italiano
Ero alle dipendenze della ditta Carlo Pesci con le mansioni di contabile; la ditta lavorava nell’autotrasporto merci e auto da rimessa (taxi); il garage officina situato nella zona dietro alle mura (casa Molinari).è da qualche giorno passato l’ 8 settembre 1943 quando nell’allora campo di aviazione di fortuna (statale) atterrò un piccolo aereo italiano, credo sia stato un modello “ Caproni”.
Con il consenso del mio principale, saltai su una macchina che si teneva sempre pronta – FIAT 1100 –e corsi al campo ove era atterrato l’aereo. Era appena sceso il pilota,un sottotenente dell’aeronautica militare scappato da un aeroporto della pianura (credo Reggio Emilia) per non aderire all’esercito tedesco. Questo pilota con una certa diffidenza, mi chiese se vi erano dei tedeschi. Risposi di si. Ho capito che si voleva sottrarsi a loro, di saltare subito sulla mia macchina ed immediatamente lo portai via dal campo di atterraggio.
A quei tempi la strada si chiamava dell’Abazzia, ora via De Gasperi. Finiva subito dopo il campo d’aviazione di fortuna, e per uscire dalla zona in macchina, bisognava tornare indietro, passare per il ponte di San Rocco e portarsi a sinistra del Taro . scelsi la strada per Albareto e arrivati alla curva detta “Cacchioli” vedemmo una macchina Jeep tedesca arrivare al campo fortuna a cercare il pilota dell’aereo. La nostra azione fu tanto rapida che nessuno si accorse o fece finta di non aver visto niente. Il giovane pilota era un poco timoroso, ma io lo rassicurai dicendogli che ormai eravamo al sicuro. Lo portai alle Moie di Albareto e gli insegnai la strada della montagna ove poteva stare tranquillo ed avere fiducia nell’aiuto dei contadini. ( questo fatto da non confondere con i tre aerei inglesi atterrati una domenica pomeriggio durante una partita di calcio.
Intanto si continuava a frequentare lo studio del maestro Angella. Si giocava a scacchi, dama e si parlava anche dell’ostilità che i tedeschi avevano verso di noi, ci guardavano da nemici e con molta aria di superiorità.
Le cartoline rosse di richiamo alle armi si erano un pochino fermate, ma ora ricominciavano ad arrivare; da questo momento cominciarono le prime diserzioni.
Non ricordo bene se prima o immediatamente dopo il natale 1943, specialmente gli ex alpini hanno cominciato a prendere la via dei monti. I primi borgotaresi, in prevalenza hanno scelto la zona del bedoniesi e precisamente il posto di collegamento Angola, per poi sistemarsi in piccoli gruppi nelle frazioni vicine (Monte penna ) ove già vi erano altri contrari al nazismo, specialmente Bedoniesi e valligiani del ceno. Vi erano anche dei partigiani.
La Casermetta – pastificio Gavaini
Nei primi giorni del mese di gennaio 1944, ho portato un piccolo rifornimento di pasta alimentare e altri viveri alla “CASERMETTA”, una piccola casetta di campagna sita nei pressi di Folta di Boschetto, Comune a quei tempi di Borgotaro.
Dopo la guerra si è ricostituito il vecchio Comune di Albareto come era in precedenza negli anni trenta e quindi la “FOLTA” è ripassata sotto le tutela del vecchio Comune di Albareto, comprendente tutta la Valle del Gotra, parte del Centocroci e della sinistra Taro.
In quella occasione ho conosciuto il partigiano “RICHETTO”, altri della Valle del Vara, della Lunigiana e Spezzini; Beretta, Tambini e Varacchi e altri locali già li conoscevo.( Sabini, Riccoboni ecc…).
I viveri e la pasta erano sistemati in bidoni vuoti della raccolta del latte e mi erano stati riforniti e sistemati da un certo Sig. Gavaini, di origine Bedoniese, gestore di un piccolo pastificio sito all’inizio di Via parma, bivio immediatamente dopo la casa di Cucchi, sempre sulla sinistra. Il Sig. Gavaini era persona generosa, ha avuto la sfortuna di perire nella battaglia del Manubiola, prigioniero dei tedeschi.
Scarsa adesione al nuovo governo
Sentendo i pochi reduci dell’Armata italiana ritiratasi dal fiume Don (Russia), i dissensi verso i tedeschi aumentarono.
L’Italiano in generale, specialmente i nostri genitori, hanno sempre avuto poca simpatia per l’alleato tedesco. Prevaleva ancora molto la storia dell’ultima guerra 1914 – 18 e la canzone del “Piave”. Poi si è aggiunto il cattivo spietato comportamento dei militari tedeschi nei confronti della nostra Armata Militare in ritirata dal fiume Don. Questo è stato un determinato motivo per spingere ai monti il rimanente disfatto nostro esercito, seguito poi da tanti giovani e dare inizio alla resistenza contro il nazismo.
A quell’epoca, coloro che non aderivano al richiamo militare ( dopo l’8 settembre 1943 ) per la ricostituzione della Repubblica Italiana e prendevano la via dei monti, erano considerati e chiamati banditi dalle autorità civili e militari.
Molti erano i proclami contro questi BANDITI, ma senza esito, anzi la reazione aumentava con indignazione.
Visto il fallimento di tanta propaganda, le autorità dell’epoca hanno imposto il “COPRIFUOCO” dalle 10 di sera alle 6 del mattino.
Per chi non lo sapesse il “COPRIFUOCO” vuol dire che nessuna persona o mezzo può circolare senza un permesso speciale rilasciato dalle autorità: pena l’arresto immediato. l’arresto per chiarire il motivo di tale inadempienza.
Chi era ben conosciuto dalle pattuglia di servizio e poteva dimostrare le ragioni di tale inadempienza, era un pochino tollerato.
I primi disertori per L’Anzola- Saga e Cinoia a Fornovo
Verso la metà del mese di gennaio, d’accordo con Armando Angella, dovevano arrivare alla locale stazione FF.SS. un primo gruppetto di nostri amici disertori per portarli ai monti. Detto treno arrivava credo alle ore 20.05. Detti nostri amici avevano accettato la chiamata alle armi per essere
vestiti ed eventualmente armati,ma già con l’intenzione di disertare. All’ora e giorno fissato ero pronto con la macchina nel lato buio della stazione FF.SS., cioè presso il cancelletto dei gabinetti, perché di li dovèvano saltare e salire in macchina, in quanto dall’uscita normale vi erano i tedeschi e fascisti di guardia per controllare l’arrivo dei viaggiatori
I primi disertori che trasportai ai monti ricordo che erano: Solari Eugenio,Signorini di Pieve di Campi, Bernardi Punteria; poi Carlo Squeri. di Bedonia, Ghezzi Carlo, Fontana Gino e qualche altro che al momento non ricordo, sempre trasportati dalla FF.SS. di Borgotaro alle ore 20,05, in direzione di Anzola di Bedonia, nella Valle del Ceno e precisamente in ‘una osteria gestita da un certo Lanzarotti, meglio conosciuto col sopranome di “Bacucu”. In quelle occasioni in detta osteria, vi incontrai Brugnoli Salvatore “Saga”, Piscina Antonio detto “Tugnela”, Serpagli Bruno e tanti altri. Nei miei viaggi che facevo, non potevo mai rientrare prima delle 22, cioè quando scattava il “coprifuoco”, ma mi è sempre andata bene, l’importante era di non imbattersi nelle pattuglie nazifascista, i carabinieri erano in quelle occasioni più tolleranti, salvo non trovare proprio il lavativo pignolo. Altro gran collaboratore astuto e segreto era Gino Picelli, del quale avevo fiducia. Con questi avevamo fatto un numero di serie e quindi se mi mandava qualcuno e me sconosciuto, doveva dirmi o dare detto numero per avere i trasporti necessari.
Un giorno, non posso essere preciso, credo verso la fine dell’inverno 1943-44, mi trovavo a Fornovo Taro per effettuare un carico di bombole di gas metano per la mia Ditta. Il mezzo di trasporto era un Fiat 501, la strada per raggiungere Borgotaro era quella della “Cisa”, non esisteva la fondovalle o autostrada, con una certa diffidenza ( per gli altri 9 mi si è avvicinato “Saga” Brugnoli Salvatore seguito da Serpagli bruno ( sapevano che ero uno dei loro ) e mi dissero se era possibili dargli un passaggio per Borgotaro perché erano stanchi e non se la sentivano di farla a piedi, ma volevano essere sicuri perché avevano dei documenti della massima importanza; provenivano da Milano e poi avevano fatto altre città. Gli dissi di si, ma in questo caso era meglio aspettare verso sera perché dissi loro che a Piantonia, cioè ai primi tornanti vi è sempre un posto di blocco fascista della Guardia Nazionale Repubblicana, ma che al primo oscurarsi scendevano giù a Fornovo Taro, non si fidavano restare in quella zona di notte.
Io ero praticissimo di quella strada e quando giudicai buono l’orario partimmo. Al di sopra dei tornanti di Piantonia , mi ritenevo ormai fuori pericolo e cominciava anche un pochino il buio; allora ho premuto il bottone per accendere i miseri fari. A quel punto come si sono accese le luci si è spento il motore e fari. Con la manovella ( quella era il sistema di accensione del motore) rimisi in moto per ripartire. Quando premetti di nuovo il bottone dei fari, si è spento di nuovo il motore e fari. Allora controllai le condizioni del camioncino e constatai che era privo di batteria. Quel modello di camioncino FIAT 501, andava anche senza batteria perché funzionava a magnete, cioè la corrente se la faceva da solo, ma non generava abbastanza corrente per mantenere anche la fanaleria. Allora, data l’importanza di fare arrivare a Borgotaro i miei amici, con una commissione così importante, ho deciso di proseguire e fare tutta la strada della “ Cisa” comprendente i tornanti di Cassio, Roccaprebalza, Lozzola ecc. senza fari. A “Saga” dissi di stare attento dalla sua parte, ma rispose con una certa giusta rabbia. Io non vedo niente! Era ancora freddo, ma il traffico quasi inesistente. Guidando con la testa fuori dal finestrino e facendo ricorso a tutta la mia pratica di quella strada, siamo arrivati a Borgotaro. È stata davvero una bruttissima notte, perché oltre al buio e freddo era anche piovigginosa.
Incontro con Beretta – Molinari Pietro “Narisa” a Fornovo Taro
Qualche giorno dopo mi sono trovato per vari motivi a Boschetto di Albareto e vidi Cacchioli Guglielmo “Beretta”, che già ci conoscevamo. Tramite Riccoboni, suo grande collaboratore, sapeva che andavo spesso a Fornovo Taro a prendere le bombole di gas metano per le auto della mia ditta, sapendo come la pensavo ed avendo in me fiducia, mi chiese di aiutarlo ad assolvere un incarico di grande importanza e molto rischioso. Chiesi di cosa si trattava. Mi informò che a Respiccio di Fornovo taro in una località segreta vi era da fare un carico d’armi e munizioni. Io ero pratico di Fornovo Taro, ma di Respiccio che era fuori in campagna poco; sapevo che vi erano anche degli sfollati e che avrei dovuto raggiungere detto posto con molta sicurezza e precisione senza dover chiedere informazioni, potevo anche cadere in persone sbagliate a noi contrarie; ci voleva molta prudenza, i tedeschi erano ancora molto forti e non perdonavano. Guglielmo Cacchioli “Beretta” mi disse che in quel piccolo paesino di “Respiccio” vi era sfollato un borgotarese certo Molinari Pietro, ferroviere presso la stazione FF.SS. di Fornovo Taro. Io risposi chi è “Narisa”? mi disse di si, allora lo conosci; mettiti d’accordo con lui, sa tutto quello che devi fare, con noi è molto disponibile, ti faccio un biglietto perché sappia aiutarti bene. Dissi a “Beretta” che probabilmente domani avrei dovuto andare a Fornovo o a Ozzano e che mi sarei messo d’accordo con “Narisa”. Non farmi di biglietti, ci conosciamo bene.
Il giorno dopo di questo incontro con Guglielmo Cacchioli “Beretta”, mi sono dovuto recare a Ozzano Taro per conto della mia ditta; la società metanifera, fornitrice di gas metano, prima residente in Fornovo Taro, per ragioni belliche spostava la stazione di caricamento bombole a Ozzano Taro, lontano dai centri abitati.
Nel ritorno ho fatto tappa a Fornovo, sono andato al dopolavoro della FF.SS., locale frequentato dal Molinari. Lo trovai, gli dissi quanto mi aveva confidato “Beretta”. Noi due ci conoscevamo bene, quindi non abbiamo avuto dubbi per metterci d’accordo e fissare l’appuntamento per “ Respiccio”.
Arrivato a Borgotaro, feci un salto alla Folta di Albareto per informare “Beretta” e questa volta trovai il fratello Gino.
Gino “Beretta” sapeva tutto e chiamò un certo Lucatorto, sfollato, sott’ufficiale della Marina Italiana, ancora in servizio a La Spezia, ma di fatto faceva già parte delle formazioni dei “ Ribelli”; non tardò molto la sua diserzione.
Io lo conoscevo bene e non abbiamo avuto difficoltà a metterci d’accordo.
A Fornovo con Lucatorto
Il giorno prefissato con il Molinari “Narisa”, ci siamo recati a Fornovo Taro, località “Respiccio” ed abbiamo trovato subito il Molinari che ci aspettava. Per questo viaggio, l’unica macchina disponibile nella nostra ditta era una FIAT 508 balilla un pochino vecchiotta, ma ormai bisognava andare. Abbiamo caricato le poche armi ( 2 mitra, 6 fucili , molte munizioni per dette armi, una decina di bombe a mano col manico), le bombe a mano erano di fabbricazione tedesca..
Per il solito motivo del posto di blocco che sapevo si trovava a Piantonia ( dopo i famosi tornanti ) partimmo verso sera; passavo quasi tutti i giorni ed ero ormai conosciuto, ma non si sa mai, con quel trasporto pericoloso.
La fanaleria era scarsa , ai fari era obbligatoria una mascherina che lasciava filtrare un pochino di luce al fine di non essere notati e visti da un certo aereo denominato “Pippo”, ed evitare di essere mitragliati o anche fatti segno di qualche bomba.
In queste condizioni, giunta l’ora giudicata da noi buona, ci avviammo verso Borgotaro; erano tempi che si viaggiava come si poteva. Quando giudicai di essere fuori ed abbastanza lontani dai pattuglioni ed il buio sempre più intenso, decisi di accendere i modesti fari; con mia grande sorpresa la corrente generata dalla dinamo non era sufficiente per motori e fari. Ho provato diverse volte, ma ho solo potuto constatare che la batteria era vecchia e malandata e non manteneva la carica, quindi non c’era altra scelta che continuare senza fanali. La strada della “Cisa” era molto ben tenuta, io la conoscevo bene e la riga bianca al centro più i paracarri bianco – neri ai lati erano di valido aiuto per i pratici , oltre ad essere pochissimo frequentata in quel periodo, specie nelle ore notturne. Il mio compagno di viaggio mi è stato di valido aiuto, ma di mano in mano che si saliva, il buio aumentava, in più cominciava a calare una nebbiolina che mi metteva molto a disagio; ciò nonostante si decise di andare avanti a tutti i costi, con la testa fuori dai finestrini, uno a destra l’altro a sinistra. Siamo arrivati a Berceto a tarda sera, io in quel paese conoscevo autisti e meccanici che mi avrebbero aiutato a prestarmi una batteria, ma il mio carico era troppo pericoloso e non mi sono fidato e quindi ho tirato dritto sino a Roccaprebalza; ci siamo fermati nei pressi di un’osteria da noi tutti conosciuta.
Era una osteria – trattoria di campagna che ai quei tempi la sicurezza dell’ elettricità aveva scarso mantenimento, poco frequentata nelle ore notturne, usava nell’interno una lucerna a petrolio. Da Berceto e sino a Borgotaro, la strada non era più asfaltata e quindi non c’era più l’aiuto della riga bianca al centro in più era aumentata la nebbia. Io e il mio amico Lucatorto siamo entrati ed abbiamo trovato da mangiare due fette di polenta ed un pezzo di formaggio. Ma a me premeva e mi preoccupava il resto del viaggio. Ad un certo punto mi è venuta un’idea: chiesi all’oste un fiasco vecchio spagliato, lo abbiamo bene pulito e poi con un colpettino abbiamo fatto un buchino nel culetto del fiasco. Chiesi un paio di candele ( a quei tempi era facile trovarle, tutti i tabaccai, bottegai, privati ecc. ne erano sempre forniti ) ne accesi una e la infilai nel fiasco; dava poca luce, ma forse era sufficiente per proseguire il nostro avventuroso viaggio. Il peggio era per Lucatorto, lui doveva stare fuori dalla macchina seduto in qualche modo su un parafango ( faceva anche abbastanza freddo )ed aiutare me che guidavo con la testa fuori dal finestrino per arrivare alla meta. Io avevo gli occhi che mi facevano persino male, Lucatorto era ghiacciato dal freddo. A guerra finita, quando ci incontravamo con il Lucatorto in compagnia di amici, mi raccontava questa avventura e c’era molto da ridere, non si pensava più al pericolo e al rischio. Sarebbe stata una bellissima scena per il film di Totò.
Carabinieri! S. Maria del Taro
Sarà stato verso la metà del mese di febbraio 1944, per partire al mattino presto, avevo preparato alla sera la macchina Fiat 1100. dovevo andare a Milano con un certo sig. Galli Petronillo a prendere pezzi di ricambio del suo camion”Alfa 900”. In piena notte hanno bussato abbastanza forte la porta di casa mia ( abitavo al 3à piano del N° 17 di Via Nazionale, di proprietà del sig. Brattesani ). Mia mamma mi svegliò subito e chiese chi era. Siamo Carabinieri, faccia presto! ( Io in casa parlavo poco o niente di quello che facevo, ma lo dubitavano e la pensavano come me). Mia mamma non aperse, chiese cosa volevano a quell’ora. Risposero che avevano bisogno urgente di una macchina con autista ( a quei tempi i carabinieri erano pochissimo attrezzati, andavano per forza di volontà – il Maresciallo si firmava “Maresciallo a Cavallo”. Io mi sono subito alzato, ho aperto la porta e con la poca luce di allora vidi un Brigadiere dell’Arma, non ha neanche voluto entrare, disse solo di fare presto; si doveva andare a Santa Maria del Taro a soccorrere un Carabiniere gravemente ferito in una sparatoria. Ho solo mormorato: speriamo di arrivare in tempo. Io gli dissi che la strada la conosco bene e la mia macchina è abbastanza veloce. Mi sono un pochino rinfrescato; non mi diedero il tempo di vestirmi bene, era ancora freddo, inverno. Mentre mi vestivo, gli dissi che avevo la macchina pronta per andare a Milano dovevo avvertire il proprietario della mia ditta perché alle 5 dovevo partire. Mi dissero è troppo urgente, corri a prendere la macchina, al tuo principale pensiamo noi, non dirà niente. Io non ho insistito e presa la macchina siamo partiti velocemente per Santa Maria del Taro. Quando siamo arrivati il carabiniere ferito non c’era più; con una macchina di fortuna del posto, era già stato portato a Chiavari; uno pratico fa prima che arrivare a Borgotaro; credo però da quello che sentivo, che non ce l’avrebbe fatta.
Dopo qualche tempo abbiamo preso la strada del ritorno, ci siamo fermati a Bedonia a prendere un caffè. Qui i Carabinieri hanno incontrato, fermato e fatto tornare indietro altre macchine di Borgotaro con Carabinieri diretti a Santa Maria del taro per prestare soccorsi, non era più necessario, dissero.
Arrivato a Borgotaro, ci siamo salutati ed io sono poi ripartito per Milano con il camionista galli Petronillo.
Viaggio a Bari – ditta Schiffini
Dopo cinquant’ anni, ricordare certe date è molto difficile. Credo che sia stata già primavera quando un pomeriggio del 1944, si è presentato alla nostra ditta un certo sig. Schiffini, proprietario di una falegnameria per la lavorazione del legno. La ditta Schiffini era ben attrezzata ed aveva operai specializzati sfollati da La Spezia, oltre a maestranze di Borgotaro. Questa ditta si era spostata da La Spezia a Borgotaro per motivi bellici ed evitare continui bombardamenti per causa dell’arsenale militare.
Si era sistemata al piano terra dell’erigendo attuale ospedale S. Maria (detto erigendo ospedale era arrivato a tetto, ma per cause che io non conosco, i lavori si erano fermati).
Il Sig. Schiffini parlò con il proprietario Sig. Carlo Pesci perché le serviva una macchina taxi e raggiungere bari entro le 19 del giorno successivo. Non arrivando entro tale termine, avrebbe perso un grosso contratto di lavori dal Comando della marina Tedesca. Con quelle strade, con molte varianti, gomme poco sicure, per poter essere a bari entro le 19 del giorno dopo, bisognava partire la notte stessa. Per sicurezza questo viaggio, oltre al Sig. Schiffini, lo facemmo in due autisti: io e Rampa Felice.
Siamo arrivati molto bene prima del previsto, abbiamo fatto oltre 1600 Km e tutto andò bene, più di quanto speravamo.
Bombardamento Ospedale S. Maria
(Quanto sopra l’ho sempre collegato con il famoso bombardamento ).
Di questo non piacevole viaggio a bari, ne ho fatto narrazione perché dopo circa un mese è avvenuto il terribile bombardamento aereo della località dell’erigendo nuovo ospedale “S. Maria” e, per eccesso di sfortuna, era anche giorno di fiera e la popolazione per paura dei bombardamenti, si riversava proprio in quella direzione. Molti i morti e feriti.
Molti ancora oggi ritengono questo bombardamento un errore aereo, sbagliando la mira con il ponte ferroviario. Io ho sempre collegato questo bombardamento con una segnalazione dello spionaggio. Forse errore c’è stato, ma quello di non aver colpito l’obiettivo che era certamente l’erigendo nuovo ospedale, sede per la fabbricazione di lavori per conto della marina tedesca..
Battaglia Montevaccà
Questo lo ricordo bene. Era la Pasqua 1944e precisamente l’8 aprile. Passavano da Borgotaro e noi eravamo nella zona “Albergo Appennino”. Era un autocorriera carica di militi della repubblica di Salò e diverse macchine scoperte tedesche dirette a bedonia. Noi non sapevamo esattamente di cosa si poteva trattare, ma si pensava che andassero nella zona di Angola a fare una puntata per catturare i “Ribelli”. Si stava tranquilli, perché con la pratica della montagna che avevano i nostri, certamente non li avrebbero scovati; non si pensava neanche lontanamente che avrebbero accettato lo scontro armato. Invece questo avvenne, ma fu male organizzato, doveva essere un imboscata, invece troppi nella popolazione sapeva e la sorpresa fu il contrario. Un patriota di Borgotaro certo Ruggeri rimase ferito e poi ucciso; fu il nostro primo caduto. Qualche altro rimase ferito e fra questi Brindani Primo “Libero”, colpito da una pallottola ad un ginocchio, riuscì a nascondersi e poi portarsi fuori dalla battaglia, grazie anche all’intervento di altri patrioti del M. Penna intervenuti sul posto.
Il giorno seguente, lunedì di Pasqua e giorni seguenti, le puntate di rastrellamento non erano ancora terminate ed il Brindani fu aiutato a tenersi nascosto, ma i rischi aumentavano e bisognava evitargli la cattura e la sicura morte. Io non ero bene a conoscenza di come stavano le cose, il solito Gino Picelli mi informò dicendomi che i nazisti erano ancora in zona per rastrellare e quindi bisognava andare a prendere Brindani.
A quei tempi ed in quelle circostanze, i tedeschi non facevano prigionieri, o uccidevano o portavano in Germania nei campi di sterminio.
Andare da quelle parti con una macchina era molto rischioso, ma dissi al Picelli: cerca di avvisare e di farmi trovare il Brindani al ponte dell’ “Gelana” e gli diedi l’orario preciso dell’appuntamento. ( Il Picelli mi aveva già informato che era nella zona del “vecchio mulino”). Alle 20 precise come d’accordo ero in quel posto. Caricammo Il brindani che era portato a spalla da Pelizzone Aldo “Lupo” e Solari Giuseppe “Jeck”. Per quel viaggio adoperai la FIAT 1100 di Mauro Pesci, macchina buona e truccata per renderla più veloce e scattante.
Il ritorno verso Borgotaro era abbastanza rischioso e mi suggerirono di prendere quella stradina ( allora era più stretta) che passa dietro al Comune di Bedonia. Risposi no! È meglio passare nel centro del paese per non destare sospetti, a loro dissi di far finta di dormire per non farsi vedere, ma di stare pronti perché al segnale di ALT avrei fatto finta di fermarmi, ma avrei spento le luci e schiacciato tutto l’acceleratore, tanto vi sono delle mezze curve che mi avrebbero facilitato
Chiamato alla sede del fascio
Dopo qualche giorno da questo ennesimo viaggio che facevo di notte, mi trovavo in ditta e fui chiamato al telefono. Dovevo andare subito alla sede del fascio di Combattimento in Via Cesare Battisti (ove adesso c’è la sede della Comunità Montana). Siccome la nostra ditta faceva viaggi per il P.N.F. ( fascio) ed io provvedevo alla fatturazione mensile, sono andato credendo si trattasse di questo. In quel periodo, Segretario del Fascio era Sig. Vittorio Ferrari.
Arrivato alla sede, mi presentai al sig. Ferrari col saluto romano che usava, mi rispose: ciao ribelle! (duro, non cattiveria ).
Rimasi un po’ sorpreso. Ero abituato a parlare con il sig. Ferrari, era di poche parole. Mi sono ripreso e con una certa reazione gli chiesi il perché mi apostrofava così, “cosa ho fatto”? Allora il Sig. Ferrari mi disse: so tutto, sappiamo tutto. Quasi tutte le sere e specialmente di notte circoli con macchine o camioncini per conto dei ribelli. E con decisione ( non cattiveria ), sono bene informato.
Lì per lì sono rimasto senza parola, ma ho avuto una buona reazione. Il Sig. Ferrari mi interrogò e mi fece parecchie domande. Ho risposto con sicurezza non negando certe sue affermazioni, che ho notato poco precise. Dopo le mie ammissioni gli dissi: Sig. Ferrari, sono uno dei pochissimi autisti che circola per trasporto latte, merce varia e persone. Quasi ogni sera arriva ( è verità ) con l’ultimo treno delle 20,05 da La Spezia un certo Sig. Parmigiani di Tarsogno ove aveva la famiglia sfollata. Bisognava portarlo a casa. Nel ritorno, qualche volta mi fermavo al ristorante “Miramonti” per darmi delle commissioni. Purtroppo a volte vi trovo anche gente armata che mi costringono a vari trasporti ; di fronte a gente armata chiunque si comporterebbe come me, in più mi minacciano anche il massimo silenzio. Se volete abbandono le macchine e il Sig. parmigiani si arrangerà. ( sapevo che questo signore era loro ben visto).
Il Sig. Ferrari mi chiese: ma questi banditi o ribelli li conosci? Chi sono? E come giustifichi i chilometri che fai? ti pagano?
Io risposi: Sig. Ferrari, non li conosco, non sono del posto, dall’accento mi sembrano di verso La Spezia o di là. Con un certo riguardo dico loro che io sono operaio e che devo giustificare il viaggio e quindi mi pagano. Io stacco la regolare bolletta, senza il nome come è da noi usato, deve solo corrispondere il chilometraggio con i soldi.
A questo punto il Sig. Ferrari Vittorio mi fece un po’ di ramanzina e bonariamente mi disse di stare attento.
Questo richiamo mi fu utile per usare maggior prudenza.
Pelizzoni “Lupo” Ammalato
Era trascorso qualche giorno ed il solito Picelli verso le ore 17 è riuscito a dirmi che Aldo Pelizzoni “Lupo” si trovava a Pontolo presso la trattoria gestita allora dalla Signora Bianchinotti ( molto disponibile verso di noi), moglie del maestro Bianchinotti. Mi disse che Pelizzoni aveva una bronchite con febbre alta, stava male e che questa sera bisognava cercare di andare a prenderlo e portarlo su a casa di “Merlotto” dalla sorella di sua moglie, loro sono già tutti d’accordo. Gli dissi: ho tempo adesso e vado subito, di sera in questo periodo credo di essere troppo sorvegliato. Vai ad avvisare il “Merlotto” che si tengano pronti perché faccio presto. Presi la macchina da me preferita e che era quasi sempre pronta, una FIAT 1100.
L’unico pericolo poteva venire dai Militi della Brigata Nera, circa una quarantina accasermati nella casa della trattoria “Marioni”. Facevano abitualmente servizio alla stazione FF.SS. e qualche volta anche blocco stradale, ma ormai mi conoscevano, sapevano che lavoravo per trasporti utili.
Nel ritorno, il Pelizzoni in casa Bianchinotti nascosto, lo feci entrare in macchina e gli dissi di stare il più possibile chinato nel sedile posteriore, era troppo conosciuto e poteva essere pericoloso.
Infatti, giunto a Borgotaro, dietro le mura, ho visto a distanza tre fascisti locali, ma essendo in pieno giorno passai tranquillo, inosservato. Sono quindi arrivato a casa dei “Merlotto” prima del ponte ove ero atteso.
X MAS – Arturo Pesci – vandalismo
Sarà stato verso la metà del mese di maggio 1944. quando ero a casa e ne avevo il tempo, dopo il pasto del mezzogiorno, amavo fare un giretto con la mia bicicletta e fare anche un salto dal mio amico Angella. Quel giorno in questo breve intervallo, passando dal “Largo Roma” vidi una corriera della X Mas e un camion militare. Senza troppo avvicinarmi chiesi ai pochi curiosi presenti cosa stava succedendo. Mi dissero che stavano svaligiando tutto il garage – officina di Arturo Pesci, fratello del mio principale.
Il garage – officina – magazzino di Arturo Pesci era posto nei locali sottostante l’Albergo Roma. In quel momento era custodito dal figlio più piccolo del Pesci, impaurito nel vedere tanta gente armata fare da padrone, ma troppo piccolo per capire bene cosa stava succedendo, era bambino.
Circolava la voce che qualche sera prima nel bar dell’Albero Appennino due giovani militi della X Mas, ubriachi , facevano i gradassi ( come era nel temperamento dei giovanissimi armati ) puntando il mitra ai pochi presenti e facevano paura. Capitò nel locale Arturo Pesci ( uomo non timoroso, che ci scappava qualche bicchiere, ma persona generosa e sempre in possesso delle sue facoltà ). Si diceva che con energia e la sua forza di carattere disarmò i due mostrò i pugni e poi portò le armi nella vicina caserma dei Carabinieri, in Via Montegrappa. Fu appunto due giorni dopo questo fatto che la X Mas per ritorsione ritornò in forze a Borgotaro, cercando il Pesci Arturo che certamente avrebbero giustiziato sul posto; non trovandolo si vendicarono svaligiando e distruggendo tutto il suo lavoro. Io ho compreso la situazione e senza perdere tempo corsi dal fratello Carlo informandolo di cosa stava succedendo, ma di non tentare di rimediare, ci avrebbe rimesso anche lui. Il fratello Arturo per fortuna si trovava a Parma. Gli suggerì di telefonare giù, di non muoversi da Parma e magari andargli incontro e trattenerlo fino a che la X Mas non se ne fosse andata.
Così fece e mentre telefonava, mi mandò in garage a prendergli la sua FIAT 1100 personale.
Quasi subito arrivò e partì immediatamente per Parma e trattenere il fratello Arturo.
Il danno subito da quest’ultimo fu enorme; hanno caricato sul camion la bella FIAT 500 coppa d’oro seminuova, macchine e attrezzi vari, ma la vita era salva!.
P.S. da parte dei pochi presenti ho notato assenteismo e disinteresse. I motivi di tale comportamento posso essere tanti e vari, compresa la paura.
Incrocio funerale sul ponte di San Rocco
Sempre in quei giorni, un pomeriggio fui chiamato per portare a baselica il V. Comandante del “Gruppo Molinatico” che doveva raggiungere i Linari. Era urgente e quindi se era possibile andare subito, ormai era meglio di giorno. Andai a Brunelli ove si trovava e nel ritorno, appena passata la curva di Porta Portello vidi sul ponte di San Rocco. (allora più stretto, è stato allargato dopo la guerra ?, un funerale che andava nella direzione del Cimitero e nello stesso tempo una pattuglia armata dirigersi verso Borgotaro ( non so se erano tedeschi o militi ). La mia scelta fu rapida e sena esitazione, con sicurezza ho imboccato la Via Strabello al Taro ( ora via Cacchioli ) e mi sono andato a fermare sotto i portici dell’allora vecchio molino.
Vi era Giuvanei e indispettito lanciò una imprecazione di disappunto per il modo in cui ero arrivato, ma vedendo subito di cosa si trattava, fece finta di niente. Da quel posto un po’ coperto dal ponte e quando siamo stati sicuri della strada libera, siamo ritornati sui nostri passi e riprendere il viaggio per Baselica.
Come descritto in precedenza, gli autisti erano scarsi, non per capacità di guida, ma vi erano delle macchine che per farle andare bisognava conoscerle bene oltre ad avere un pochino di pratica meccanica, molte volte inspiegabilmente non andavano più. Si adoperava benzina gas metano petrolio agricolo, ripulivamo le candele sempre da soli, non saprei di averne viste delle nuove.
La nostra ditta aveva un contratto con l’allora centrale del latte sig. Ferrari, meglio conosciuta la figlia “ Germana”. Il latte si portava alla centrale situata all’inizio di Via Ronchi, sulla sinistra.
Questa provvedeva poi alla fornitura delle latterie del paese per la vendita al dettaglio alla popolazione.
Per questo servizio la nostra ditta disponeva di un furgoncino chiuso, abbastanza funzionante, verniciato di verde chiaro con la scritta nelle due fiancate il lettere alte “LATTE”.
Per la raccolta quotidiana di questo alimento presso i contadini parecchie volte provvedevo io. Era un giro a tappe fisse, abbastanza impegnativo e bisognava essere veloci; iniziava al mattino alle ore 6 e terminava verso le 12,15. parecchie volte per esigenza di alimentazione, si doveva fare una raccolta più piccola al pomeriggio.
I militi della brigata nera accasermati nel Palazzo marioni in Viale della Libertà, molto spesso oltre al servizio FF.SS. facevano anche posto di blocco stradale, conoscevano il camioncino e pure noi autisti non ci fermavano mai. Così io approfittavo di questo furgoncino e portavo ai monti coloro che mi venivano assegnati.
Riunione comandanti in zona Pradella
Dovevano essere i primi giorni del mese di Giugno 1944. sapevo di una grossa riunione di tutti i Comandanti dei vari gruppi della Val Taro, del Cento Croci e del M. penna in località Pradella, nella villa del Comandante Partigiano “Tarolli”, Zanrè Alberto.
A quella riunione vi era presente anche il cognato del Conte Picenardi, Dott. Marchini Camia Francesco, divenuto a fine guerra Senatore della Repubblica. Qualche minuto prima si è avvicinato Picelli Gino e mi disse che alle 17,00 dovevo recarmi in Pradella alla Villa Zanrè perché dovevo trasportare i Comandanti Partigiani di questa riunione a Baselica, loro avrebbero poi proseguito a piedi. Era urgente.
In quella riunione ho saputo dopo che stavano a trattare l’occupazione armata di Borgotaro, ma in quel momento non sapevo niente di sicuro. Col solito furgoncino ormai noto ai posti di blocco per la scritta “LATTE” sono andato con sicurezza a prendere i Comandanti che conoscevo bene. Ci siamo salutati e li sistemai all’interno del furgoncino..
Mi diressi subito per la strada che porta verso Baselica, cioè indietro verso Viale Libertà, avevo fretta. Giunto nei pressi di “Casa Ostacchini” ho sentito che una gomma posteriore piano – piano si stava afflosciando. Stavo per fermarmi, ma per eccesso di sfortuna, mentre ritiravo la testa dal finestrino, ho visto a pochi decine di metri un nuovo posto di blocco formato da due dei soliti militi più due tedeschi a rinforzo di detto blocco. Per me vedere i tedeschi è stato una grande sorpresa, erano arrivati proprio quel pomeriggio ( oltre trenta ) e si erano accasermati proprio nel Palazzo “Ostacchini”. Ai tedeschi più che altro interessava la stazione FF.SS.
Uno di questi tedeschi mi mise la paletta dell’ALT! Vicino vi era anche un milite. Io ho avuto una reazione istintiva, con tono deciso e non so che imprecazione, ho urlato che dovevo portare il latte alla popolazione, devo lavorare, vado a scaricare e torno subito. Quindi non mi sono fermato, ho cambiato marcia e continuato accelerando.
Per fortuna i due militi che spesso mi vedevano passare con il furgoncino, dissero ai tedeschi che sono uno che lavora, che mi conoscevano. ( se mi fossi fermato per me sarebbe stato la fine, per gli altri?).
Però appena passato la curva del Boceto, subito dopo la Milanese & Azzi, i sono fermato, ho detto loro di scendere e di proseguire a piedi per la montagna ci è andata bene, ma io devo tornare indietro subito per non destare sospetti, devo fermarmi e chiedere cosa volevano, rassicurarli del mio lavoro, e questo l’ho fatto con sicurezza, ormai ero tranquillo.
I comandanti che trasportavo sul furgone erano: Cacchioli Gino “Beretta”; Delnevo Giuseppe “ Dragotte”, Solari Eugenio “Aldo”V. Comandante della 32^ Garibaldi, grezzi Carlo “Falco”, V. Comandante del gruppo “Tarolli”, e uno o due che ancora che al momento non ricordo.
Se mi fossi fermato, certamente per me sarebbe stata la fine e una botta enorme per tutto il movimento di “Ribelli”.
Bruciato con macchina Tenente Giorgetti
Di sicuro so che era la prima settimana di giugno. Erano più di 30 ore che viaggiavo in macchina ( riposando solo qualche minuto sul volante). Con Grezzi Carlo, Nuti Anselmo e un tenente dell’aviazione chiamato “Giorgetto”, siamo arrivati in piena notte nel retro dell’ Albergo Appannino dai Brindani. Ci hanno dato qualcosa da mangiare, ma io avevo solo sonno. Ad un certo punto Grezzi “Falco”, mi disse: prendi la macchina che andiamo a fare una missione. Risposi che non mi sentivo più. Allora il tenente “ Giorgetto” mi disse che la macchina FIAT Balilla la sapeva guidare anche lui, ma era senza benzina, di toglierla dalla mia FIAT 1500 e poi sarebbe andato lui con la balilla. Mi sono sdraiato sotto la macchina 1500 nel retro ove era il serbatoio. Per il travaso ci siamo arrangiati con un vaso da notte datoci dall’albergatore.
La 1500 FIAT è molto bassa di carreggiata, ma non mi preoccupavo, ero esile. Tolsi il tappo di sotto il serbatoio ed ho iniziato il travaso. Tutto questo al buio. Quando ritenni di aver tolto abbastanza benzina, chiamai “Giorgetto” e gli dissi: guarda un po’ se è sufficiente. Credevo togliesse il vaso pieno di benzina mentre io stavo rimettendo il tappo al serbatoio. Invece per vedere quanta benzina avevo tolto, accese un cerino. Fu una fiammata spaventosa, il gas, il vaso pieno in più il tappo che ancora stavo avvitando mi scappò di mano.
La mia esile corporatura permise di sgaiattolare fuori di sotto la macchina, ma avevo le mani imbevute di benzina in fiamme e le maniche della camicia pure. Tutti scapparono per paura che la macchina scoppiasse.
Io rimasi solo, e con il chiaro delle fiamme ho scorto in un angolo del piazzale un mucchio di sabbia e mi ci sono buttato e arrotolato per spegnermi.
Quando la macchina era ormai distrutta dal fuoco, sono tornati per rendersi conto e prestarmi le cure. Mi portarono in una cameretta dell’albergo, vicino al solaio ( avevamo paura di una sorpresa tedesca di guardia alla FF.SS. ) e chiamarono il medico, Dott. Adolfo Marchini ( perito alla Manubiola ). La febbre fu immediatamente elevata e la diagnosi è stata di bruciatura di 2° e 3° grado alle mani e avambracci. ( per fortuna era un tenete dell’aviazione ).
Il dott. Marchini non aveva medicine per ustioni così vaste e pensò che poteva anche fare bene spalmare dell’inchiostro, ma tanto inchiostro non ne avevamo. Allora andarono a chiamare il Direttore Didattico, credo un certo prof. Serventi. Questo Direttore non disponeva di inchiostro, ma aveva buste in polvere che, sciolte in acqua e agitare diveniva inchiostro.
Quella fu la mia medicina. Dopo quattro o cinque giorni, scomparsa la febbre, anche le mani fasciate, ero ancora in macchina ed in qualche modo essere utile a tutto e a tutti.
Manubiola
Nella seconda settimana di giugno 1944, le forze nazi – fasciste, piano piano , abbandonavano la Valle del Taro, probabilmente in quel periodo tenere delle forze militari occupate in queste zone non era per loro di eccessivo interesse e forse avvertite della probabile occupazione partigiana di Borgotaro, se ne andarono senza cercare di opporre una eccessiva resistenza. Così fecero anche le autorità civili del capoluogo, temevano le rivendicazioni antifasciste: false dicerie, qualcuno è rimasto ed ha potuto constatare la verità: l’occupazione di Borgotaro e della Valle del Taro e del Ceno no n è stata compiuta da assassini come diceva la propaganda, false dicerie per coprire quello che hanno fatto i nazisti.
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Manubiola. Dovrebbe essere stato il 26 o 27 Giugno 1944; veniva segnalato al Comando di occupazione di Borgotaro, in località “casa Baruffati” via Bellinzona, che un gruppo di tedeschi stava lavorando sul greto del fiume Taro a ridosso delle case di Groppo San Giovanni per aprirsi una strada di collegamento Ghiare di Berceto con la Provinciale Groppo San Giovanni – Borgotaro. ( Questo collegamento perché il ponte sul Manubiola era fatto saltare ).
In quel momento non avevamo i mezzi. Bisognava trovare una macchina per andare a controllare quanto era stato segnalato.
Mussi Delmo ( taxista) aveva la sua Lancia Ardea seminuova, ma non la dava, l’aveva nascosta, era geloso della sua macchina e troppa gente si improvvisava autista.
Quando vide me che sapeva ero taxista. Ebbe fiducia e la dette.
Siamo partiti immediatamente per constatare la verità delle segnalazione. A bordo, nel sedile posteriore, lo ricordo bene, sedeva Delnevo Giuseppe “Dragotte” e Pellacini Corrado “Erok”. Sino a Groppo San Giovanni non abbiamo visto niente; appena passato quel cioppo di case alla seconda curva tornante in direzione di Lozzola, mi scappa l’occhio e vidi in basso dietro quelle case dei tedeschi con delle pale che lavoravano. Senza fiatare ( non c’era tempo ) inchiodai la macchina e con una manovra fulminea feci inversione dietro – front!
I due Comandanti che stavano chiacchierando, stupiti mi dissero cosa facevo, in quei casi non parlo, penso alla manovra.
Solo dopo aver superato il passaggio a livello delle FF.SS., ormai fuori tiro, mi sono fermato e ho detto quello che avevo visto. Allora Dragotte e Erok sono tornati indietro a piedi, per sentieri fuori strada al di sopra della ferrovia per accertarsi di quanto avevo visto e detto.
Quello che era stato segnalato e da me visto era verità. Le misure prese da Erok e Dragotte non le so. Sapevo che nella zona di Ostia – Belforte – Tiedoli operava il gruppo “Vampa”, nella zona di Lozzola il gruppo “POPPAY”. Credo in quella zona vi sia stata qualche altra squadra, ma non lo ricordo e non lo so.
A quei tempi non esistevano ancora le formazioni 1ˆ e 2ˆ brigata “Julia”. Vi erano diversi gruppi patriottici indipendenti che all’occorrenza si aiutavano; ognuno gruppo o formazione aveva una sua zona di sorveglianza e responsabilità di azione.
Non mi inoltro a narrare la famosa battaglia del “ Manubiola” ( per essere più precisi la località si chiamava Ponte del Diavolo ), già narrata in altri libri. È stata una esperienza terribile, difficile da dimenticare; è impossibile.
Scontro al Mulino dell’Aglio
Altro brutto scontro fu il 30 giugno 1944. una colonna tedesca scendeva dal passo del Bratello a piedi per la stradina vecchia di Valdena, alla destra del torrente Tarodine.
Nella zona vi erano in stato d’allarme diversi nostri gruppi per attaccarli. Qui in Borgotaro, il Comandante Ghezzi Carlo “ Falco” pensò di formare una squadra di una decina di noi per fare un giretto verso “Molino dell’ Aglio” per catturare eventuali tedeschi sfuggiti.
Abbiamo scorto questa colonna che scendeva con sicurezza e li abbiamo presi per nostri. Ci siamo andati incontro, ma giunti a tiro, hanno cominciato a spararci. Non ci hanno convinto, credevamo si fossero sbagliati loro, invece al contrario, erano veramente i tedeschi della colonna segnalata.
Noi eravamo una decina e poco armati.
Non eravamo partiti con la previsione di dover affrontare e sostenere un combattimento contro una forza di quella portata. Ci siamo riparati alla meglio sparando poco, avevamo poche munizioni. Meno male che ad un certo momento abbiamo sentito sopra di noi una mitraglia pesante sparare dalla zona di S. Vincenzo contro loro. Ghezzi “Falco” riconobbe subito: è Aldo (Solari) V. Comandante della 32ˆ Garibaldi con il suo distaccamento. Ci ha tirato fuori veramente da un bel guaio. La battaglia è poi finita a Grifola con il suicidio del loro Capitano tedesco. Piuttosto che arrendersi si è sparato alla testa.
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Abbiamo poi saputo che in quella zona vi erano anche altre formazioni di “Beretta” e “Dragotte”, che accerchiato i tedeschi nella sovrastante località “Grifola”, portando a termine la battaglia con la resa
Luglio 1944 Grande Rastrellamento Estivo Morte di Tarolli Zanrè Alberto
Doveva essere il 15 luglio 1944. Io appartenevo di fatto al “Gruppo Tarolli”, in quella occasione, date le molte segnalazioni, abbiamo dormito dentro le mura del nostro cimitero per eventualmente attaccare la colonna tedesca che proveniva dal passo del Bratello.
Nella mattinata è arrivata una staffetta ad avvertire il Comandante del gruppo “Tarolli” – Zanrè Alberto – che stavano discendendo dal Buzzò in direzione Gotra, dei tedeschi provenienti dal Valico.
Il comandante Tarolli rimase un po’ incredulo e mandò me e Scagliola Bruno con una motocicletta che avevamo ( una Guzzi 500 ) a sincerarsi della notizia. Quando arrivai nel rettilineo prima di Gotra, vidi nel fondo della strada veramente i tedeschi . non esitai, un colpo di freno e una cambiata ( non c’era l’asfalto ) feci un dietro front che per poco non mi fece perdere Scagliola. Dopo due curve portandomi fuori tiro, ho rallentato per rispondere a Scagliola il perché di questa fulminea inversione. Arrivato al Cimitero ho riferito al Comandante “Tarolli” che quello che era stato segnalato era la verità. Questi chiese a Bruno scagliola se anche lui aveva visto, ma non ha potuto confermare con certezza, la mia azione era stata troppo rapida; allora disse a Scagliola di prendere lui la moto: andiamo a vedere.
Nel frattempo i tedeschi dal fondo del rettilineo si erano nascosti dietro le case per meglio catturare quelli che passavano.
Quindi Scagliola e il Comandante Zanrè Alberto giunti in fondo al rettilineo dove pochi minuti prima io avevo visto , si sono trovati i tedeschi in mezzo ai tedeschi e catturati.
In seguito portati a Roncole come prigionieri, il Comandante Zanrè in un tentativo di fuga venne falciato da una raffica, mentre lo Scagliola dopo un po’ di prigionia venne scambiato con prigionieri tedeschi in nostre mani.
Questa è stata la prima grande perdita causata dal grande rastrellamento estivo del 1944.
A quei tempi non esistevano tutte le strade percorribili di oggi e noi ci siamo in parte sciolti in gruppetti di tre- quattro per meglio sfuggire, con la nostra pratica della montagna e dei vari sentieri alla cattura.
Molti civili hanno pagato più caro.
Questo rastrellamento ci è servito molto per meglio organizzarci; da questo insegnamento è nata al termine del rastrellamento la 1ˆ Brigata “Julia” e successivamente la 2ˆ Julia, oltre a tante altre organizzazzate formazioni.
Il rastrellamento è terminato e per dire come stavano le cose, i danni da noi subiti sono stati inferiori a quello che i tedeschi pensavano di darci, in proporzione alle forze impiegate. È stata anche una annata molto generosa di frutta e ciò ha molto aiutato la nostra alimentazione.
Nella Bufera della Resistenza
Una pagina del diario di mons. Carlo Boiardi
Dal libro “NELLA BUFFERA DELLA RESISTENZA”
Nel suo diario parrocchiale, Mons. CARLO BOIARDI, della Diocesi di Borgotaro, a pagina 506 del 21 luglio 19444, scrive: “ciò che addirittura spaventa è lo spauracchio di essere condotti in Germania. Certo, se i tedeschi hanno avuto sempre poca simpatia per la gente, quello che è stato fatto in questi giorni e nei giorni scorsi, dimostra che non hanno cuore, e hanno gettato nell’animo di questa gente un genere di avversione che non potrà essere facilitato facilmente. Se ciascuno potesse parlare o scrivere, avrebbe da narrare la sua avventura; un’avventura di tale folle spavento e di tale temibile rischio che i figli o i nipoti non vi crederebbero. E non è ancora tutto finito!
Mons. CARLO BOIARDI, nell’immediato dopo guerra, è stato ELETTO VESCOVO DI MASSA.
Il suo autorevole e capace scritto, non ha bisogno di commenti.
Sempre dallo stesso diario di Mons. Boiardi:
pag.527/20 agosto 1944:
strano anche questo: bedonia, Compiano e Tornolo, che pure sono centri di molto inferiori a Borgotaro hanno già provveduto a darsi i loro commissari; e Borgotaro invece non se ne preoccupa. È vero che lo sfollamento ha allontanato molti elementi, che avrebbero potuto portare contributo notevole alla soluzione di questa soluzione; in che non si è verificato negli altri Comuni; ma è anche vero che i Borgotaresi mi sembrano un po’ assenteisti, e non molto ricchi di iniziative, ciascuno si è ritirato nel suo guscio e tira a campare, gli altri si arrangiano, come si è arrangiato lui!….
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pag. 554/13 ottobre:
Povera nostra Patria distrutta da tutti. Francamente questa asportazione di materiale per noi prezioso come, perché in gan parte macchinario, non lo capisco. O meglio lo capisco come il governo repubblicano, che dice di essere governo forte, in perfetta armonia con l’alleata Germania, non riesca ad impedirlo.
Batteria Radio Telegrafisti
Caccia bombardieri su Borgotaro
Terminato questo rastrellamento, i tedeschi sono rimasti un pochino delusi, il loro esercito era ancora veramente forte? Abbiamo iniziato a ricomporci nella località “Pozzo” ne frattempo era stata lanciata una missione di R.T. (radiotelegrafisti) poi trasferitosi a Compiano. In quel momento le loro R.T. non funzionavano, non emettevano segnali. Andando esse a batterie ( come le auto – amperaggio diverso ), sono stato chiamato per vedere come si poteva fare. Ho controllato e constatato che erano completamente scariche. Ho detto: l’unica cosa è prendere le batterie e andare a Pieve di Campi, dove sapevo era sfollato il meccanico professionista Biacchi Dino, che certamente aveva l’attrezzatura per la ricarica. Mi dissero che dovevo andare io perché conoscevo il Biacchi; si dissi, ma fare tanta strada per i sentieri di montagna con due batterie non ce la faccio. Allora mi dettero in aiuto Poldino (Pulga) e ne portammo una per uno.
Arrivati a Pieve di Campi partiti dal Pozzo, ho trovato il Biacchi e mi disse che avrebbe provveduto alla ricarica delle batterie, ma vogliono almeno 24 ore per essere sicuri.
Quindi dovevo passare il giorno dopo. Ho detto al mio amico Poldino di andare al Pozzo ad informarli. Io in questo frattempo mi sono recato a Borgotaro ( a quei tempi andare a piedi eravamo allenati ). Il paese era quasi disabitato, vi erano pochi tedeschi, ma facevano esclusivamente servizio alla Stazione ferroviaria, interessava solo quello, tutto il resto, l’avevano un pochino trascurato.
Con un po’ di precauzione mi sono portato vicino all’Albergo Appennino, ho subito visto Gino Picelli che mi corse incontro.
Mi disse subito che cercava uno per riparare la piccola auto del Dott. Pedrini, una FIAT 500. aveva due gomme forate. Il Dottore, Direttore dell’ospedale Civile di Borgotaro, sfollato per gli eventi bellici ad Albareto con tutto l’ospedale, non poteva raggiungere l’infermeria e quindi impossibilitato a svolgere il prezioso servizio.
Risposi al Picelli che non potevo, dovevo andare la sera stessa a Pieve di campi per controllare lo stato delle batterie degli operatori R.T.= Ma il Picelli insistette, sai che ci sono nell’ospedale ad Albareto anche ammalati e feriti partigiani, è importante mettere in strada il Dottore, al tuo Comando anche se arrivi un’ ora dopo non fa niente. Ero anche un po’ stanco, ma l’insistenza del Picelli mi convinse. Dissi di andare dal Dottore e farsi dire dove aveva la macchina. Il Picelli andò subito in casa del Dottore a farsi dare la chiave del garage ove teneva la macchina. Questo garage era nel retro del palazzo della banca valtarese, dietro le mura. Ho aperto e visto la macchina del Dottore con una gomma a terra e pure quella di scorta era forata. Per fortuna avevo le chiavi del garage – officina della mia ditta che il proprietario mi aveva lasciato per eventuali bisogni.
In pochissimo tempo ho tolto le camera d’aria, visto le perdite, per fortuna vi era del mastice, tappato i fori, rimontate , messe in pressione con pompa a mano e messo a posto la macchina. Sono andato in casa del Dott. Pedrini a portarci la chiave del garage. Abitava al secondo piano, sopra la Cassa di Risparmio, di proprietà di quest’ultima. Il Dottore, contentissimo del grosso favore, mi volle per forza dare un bicchiere di vino buono di bottiglia ( non ero un bevitore, ma si diceva che aveva del vino più che ottimo ) e lo accettai volentieri. Poi sempre contentissimo perché aveva trovato questo aiuto mi diede un pacchetto di sigarette nazionali, a quei tempi erano da 10, in più volle darmi anche 2 lire.
Lo ringraziai molto, poi voleva darmi un altro bicchiere di vino, ma lo ringraziai rifiutando, dissi che dovevo svolgere un altro incarico e che potevo imbattermi in qualche tedesco che era meglio evitare. Ci siamo salutati e discesi le scale. Arrivato sul portone ho sentito e poi visto due caccia inglesi che velocemente passavano per Borgotaro , poi hanno virato dirigendosi verso la località detto “ Castello Merlino” ( più sopra verso i Piloni), per tornare indietro subito in picchiata ad una discreta distanza uno dall’altro.
Quando il primo caccia Ha sganciato le sue due bombe, ho sentito subito il vorticare e capito di cosa si trattava ( ormai avevamo una certa pratica), e per intuito, ma senza sapere dove potevano cadere, ma con l’intuito di dove era partito l’aereo, ebbi uno scatto della mia età riuscendo a buttarmi entro portone della casa Lazzarelli, dove attualmente vi è il bar Torrefazione. Dopo l’esplosione di queste bombe ( due ) uscito dal portone Lazzarelli, non ebbi il tempo di vedere niente dal fumo e mi trovai con Ferrari Giuseppe meglio conosciuto come “Peppino Spusron”, ecco arrivare in picchiata il secondo caccia e sganciare le sue due bombe. Altro scatto insieme e abbiamo raggiunto viale Bottega. Queste altre bombe hanno colpito verso il Taro, vicino a Mangora, per fortuna senza creare né danni né vittime.
Ci siamo un pochino ripresi e sempre con un certo timore, siamo tornati indietro a vedere l’accaduto. Un gruppo di casette fra via Cesare battisti e un violetto era scomparso, ma li per lì credevamo fossero solo macerie, gli abitanti li ritenevamo sfollati. Poi abbiamo visto il fronte di destra della chiesa di San Domenico squarciata e molto colpita la sede della cassa di Risparmio di Parma, quasi totalmente distrutta, solo il piano terra verso Via Nazionale aveva resistito al crollo. Arrivò quasi subito sul posto l’impresario edile Palò Capitelli con il suo operaio ( bene conosciuto come “Jacumein Zanaia” ) e Gino Picelli. Non si sapeva cosa poteva esserci sotto le macerie. Io gli dissi che ero uscito un attimo prima.
Viaggio con 18 BLR a Vicofertile
Buono per un carico di farina
Dopo tanti anni ( cinquanta ) non si può essere precisi nelle date e nemmeno ricordare il momento. Di una cosa sono sicuro Capitelli Palò, a quei tempi uno dei pochi borgotaresi che in qualche modo a cercato di sostituire le precedenti autorità che per motivi politici hanno dovuto abbandonare il paese andando a stabilire a Parma, mi cercava. Non so dove mi abbia trovato, mi ricordo perfettamente che detto Palò, accompagnato dal suo dipendente muratore Brugnoli Giacomo detto “Jacomein Zanaia” mi ha trovato. Erano insieme con Gino Picelli. Mi dissero che avevano assolutamente bisogno di me. Gli chiesi di cosa si trattava, allora mi spiegarono: c’è da andare a Vicofertile con urgenza a prendere della farina bianca, tutta la zona e anche Bedonia rischiava di rimanere senza pane, c’erano molti sfollati e la produzione locale e insufficiente al bisogno. Poi c’è anche il mercato nero, quelli della Garfagnana , più poveri di noi
di farina, vengono a piedi e portano via (pagando) quello che trovano, dobbiamo provvedere.
Io risposi: venite a cercare proprio me? Per questo viaggio potete anche cercare uno più anziano e meno esposto come sono io servizi militari obbligatori. Mi risposero che non avevano trovato nessuno.
Cercando avevano trovato solo un camion 18 BLR a gomme piene ( già in uso nella guerra mondiale 1914 – 18 ) trasformato a gas Metano dalla ditta Carlo Pesci, sfollato con la sua famiglia; Il camion lo dava, ma lui assolutamente non se la sente; vi sono i tedeschi, i partigiani, i mitragliamenti aerei ecc. aveva famiglia.
Questo camion era abitualmente usato dal camionista Tanzi ( padre ), ma in una operazione per mettere in carburazione la membrana del gas una vampata improvvisa lo ha investito e ustionato al volto e alle mani, quindi per un po’ di tempo non poteva non era in condizioni di guidare. Io gli dissi di cercare un altro, ma mandare proprio me, oltre alla mia incolumità si metteva a rischio anche il camion anche se vecchio e la farina. Qualcuno lo avrebbero anche trovato, ma non sapevano ( o non volevano)farlo funzionare.
Il Pesci disse loro che quando hanno trasformato questo camion FIAT 18 BLR da benzina a gas metano, io ero sempre li a curiosare e che sapevo tutti gli accorgimenti per farlo bene funzionare, in più avevo anche fatto qualche viaggetto con il Tanzi.
Io mi sono ancora rifiutato, era troppo pericoloso. Replicarono e insistettero tanto, mi dissero che i forni fra qualche giorno avrebbero chiuso. Poi ha cominciato a parlare Jacomei Zanaia, ( vero borgotarese ) con la sua abituale calma a cominciato a dirmi: tu puoi andare, sino a Fornovo so che i Partigiani li conosci, poi ti facciamo noi tutti i documenti necessari, da eventuali posti di blocco nella zona ti assicuriamo noi, poi quando sei a Fornovo sei pratico e puoi anche andare da un podere all’altro, e poi te laggiù crei meno sospetti, parli il parmigiano e passi inosservato. Insomma tanto insistettero che ho ceduto. Però volevo un uomo di fatica per eventuali aiuti, ma che ci conoscessimo poco perché in caso di essere arrestati, non si cadeva in contraddizioni, ognuno doveva arrangiarsi per conto proprio. ( credo si chiamasse Callea )
A quell’epoca per andare a parma bisognava salire su a Berceto Poggio e passare il Manubiola col ponte fatto saltare. Mi dissero che era stata fatta una variante sul greto del torrente, un po’ brutta, ma permetteva di passare.
Ci siamo messi d’accordo e alle prime luci del giorno dopo, con un loro che io non conoscevo e che non saprei se ho più visto, siamo partiti. A dire la verità non credevo di andare così bene, piano s’intende.
L’uomo che mi dettero, lo misi sopra al cassone del camion con l’incarico di osservare sempre il cielo e di stare molto attento all’arrivo dei caccia, perché in questi casi bisogna fermarsi immediatamente e buttarsi fuori strada per salvarsi dai mitragliamenti. Difatti ogni tanto si trovava qualche mezzo incendiato dai ,mitragliamenti. Il viaggio di andata, piano, piano è andato più bene del prevvisto.
Arrivato a Vicofertile, sono andato subito a presentare i documenti per il carico di farina. Trovarono da dire e ho discusso un pò perché il buono era così concepito:
“ buono per un carico di farina bianca” e poi tutte le altre voci ecc., poi fra loro brontolavano in dialetto. All’ora anch’io in dialetto ho detto non è stato messo il quantitativo perché non sapevamo che mezzo di trasporto si poteva usare, la portata, ( e sempre in dialetto ) ad ogni modo si fa presto, se c’è scritto un carico, voi datemi un carico, il peso lo metteremo dopo, quando salirò sul bilico. Se avete dei dubbi o difficoltà telefonate , io sono sempre qui pronto a firmare il quantitativo che mi date. ( Però ho capito dalle loro espressioni che non mi erano contrari, forse avevano ricevuto già da Parma qualche ordine ).
Uno di questi chiamò il facchino ( forse il capo ) e gli diede ordine di iniziare il carico. Io andai fuori per vedere a caricare, uno di questi derideva un po’ il camion e un po’ anche me e il mio socio e con altri borbottava “ sti montanèr ribel” . mi ha indispettito e in secco dialetto, più marcato del suo gli diedi del falso comunista arios e non so quale altra parolaccia in dialetto 8 naturalmente non offensiva alla sua persona).
Dopo questo scontro di parole, i facchini trattarono me e il mio socio con più riguardo, non finivano più di caricare, sono dovuto intervenire e dire basta, mi sfondavano il camion, non ce la fa, ma loro mi risposero. Ma dai che ce la fai.
Quando sono andato sulla pesa, non ricordo bene, ma credo siano stati oltre il 70 Q.li di farina; quasi il doppio della portata.
Il capo magazziniere non ebbe nessuna difficoltà, mi fece firmare il carico, poi un mucchio di documenti e con molta gentilezza ci siamo salutati. ( Il buono credo lo abbia ottenuto il Sig. Gasparini Alarico dal Sig. Ferrari Vittorio in quel periodo divenuto Vice Federale del Fascio della Provincia di Parma, ( altissima autorità in quel periodo) e per meglio aiutare i Borgotaresi in quel difficile momento mise nel buono non il quantitativo, ma solo la voce “ buono per un carico di farina” e forse a Vicofertile erano stati informati perché mi hanno caricato con troppa facilità, mentre molto difficile ottenere.
Col mio aiutante, sempre sul carico per guardare il cielo, abbiamo iniziato il viaggio di ritorno. Presi una strada secondaria, che costeggiava un canalone sino a Collecchio. Qui arrivati col nostro tran – tran, quando sono saltato fuori da questa strada secondaria, ho visto e mi ha fermato il Borgotarese Sig. Carlo Stoto, gestore dei tabacchi e monopoli di Stato. Mi chiese per favore un passaggio sino a Borgotaro, aveva con se due voluminosi ( non molto pesanti ) cassoni di sigarette e tabacco. Erano custoditi presso un vicino negozio. A quei tempi non usavano gli scatoloni di cartone, la sua merce era chiusa con lucchetto in due casse di legno. Quando lo vidi risposi subito di no, non potevo rischiare atri pesi, ero già in abbondante sopracarico, circa il doppio della portata, ma il signor Stoto molto gentile dimostrò che il peso non era eccessivo, che imbrogliava era il volume. Tutta Borgotaro è senza sigarette, se la prendono con lui, mi disse che erano già due giorni che cercava un passaggio, ma non si vedeva nessuno. Allora decisi di accogliere anche questo carico lui compreso.
Arrivati ad Ozzano Taro, dissi che dovevo fare rifornimento di gas metano ( la stazione di rifornimento era stata spostata da Fornovo ).
Per una strada variante ci siamo diretti verso la stazione di caricamento bombole; fra camion, camioncini e vetture c’era una bella fila. Il Sig. Stoto disse: ne avremo per delle ore, io risposi. Vedrà che faremo presto.
Sono entrato in ufficio dal capo reparto, sapeva come la pensava e gli dissi di aiutarmi. ( Un suo nipote era nei Partigiani alla Pessola ).
Questo Capo Reparto è subito uscito e con decisione ha dato ordine agli operai addetti al caricamento bombole di darmi la precedenza assoluta su tutti; di farmi il pieno perché trasportavo generi di prima necessità deteriorabili.
Così fui immediatamente rifornito con grande meraviglia del Sig. Stoto al quale spiegai che eravamo vecchi amici. In poco tempo riprendemmo la strada della “Cisa”.
Sui primi tornanti della cisa e precisamente Piantonia, cominciai ad avere un po’ di timore per paura di non farcela.
Si saliva a passo d’uomo. Giunto a Piantonia ove sapevo vi era il pattugliane del posto di blocco della Milizia, non mi sono fermato, ero premunito con i documenti in mano inerenti al carico e mentre salivo lentamente dissi al Comandante che non posso fermarmi, non sarei più stato in grado di ripartire . se non mi crede un chilometro più avanti c’è un pò di piano mi fermo;tanto con questo camion dove vuole che scappi. Il Comandante con un mezzo sorriso mi fece cenno di proseguire.. infatti dopo questi tornanti in un falso piano mi sono fermato; prima di affrontare la salita molto dura del prinzera, ho fatto scendere il Sig. Stoto e il mio aiutante col tappo in mano sempre pronto a metterlo sotto la ruota posteriore nell’eventualità si fermasse il motore, tanto seguire il camion non era impegnativo, si andava a passo d’uomo. Per nostra fortuna le salite dure le ritenevo superate. ( non pensavo alla variante del manubiola).
Nella piana dei Boschi, ho fatto un pochino di sosta per fare riposare il motore e controllare l’acqua nel radiatore. Quindi ricaricati i soci siamo ripartiti. Non abbiamo avuto nessuna noia da posti di blocco. Questa è stata forse la più grande fortuna. A Berceto Poggio, al bivio dove si abbandona la strada statale della Cisa, un grosso posto di blocco ci ha fermato. Abbiamo mostrato i documenti del carico, quelli del mio socio, i documenti del carico dei Monopoli e quelli del Sig. Stoto, quelli del camion e guardandolo sorridevano, i miei o non me li hanno chiesti o si sono dimenticati, ne avevamo tanti da controllare, e, riguardando il camion ci hanno fatto il segno di proseguire.
Giù in Berceto paese, non mi sono fermato, ci è andata troppo bene, ho preferito fare una piccola sosta a Roccaprebalza, ancora per far riposare il motore, il carico era troppo e i freni a cordina di quei tempi davano una sicurezza limitata.
Siamo arrivati al torrente Manubiola. Ho preso quella variate giù al torrente. L’ho superata e credevo di avercela fatta, ho iniziato la salita verso Lozzola, ma al primo tornante prima della casa cantoniera è successo l’imprevedibile: sentii due forti strapponi metallici sotto la cabina; era saltato il cambio, il camion è rimasto in folle e i freni non tenevano abbastanza, quell’uomo che avevo d’aiuto tirava con tutta la sua forza il freno a mano, inutile; il camion cominciava piano – piano ad indietreggiare. Con molta decisione diedi tutto sterzo e ho fatto andare il retro del camion nel fossato a monte. Ci siamo fermati, la nostra avventura era finita , ma la farina e il tabacco erano ormai a casa. Ho indicato all’operaio la casa cantoniera appena sopra di noi, e gli ho detto di avvisare Costerbosa che siamo arrivati fino qui. Di comunicarlo subito a Borgotaro. ( In quel periodo Costaerbosa, vicino a Baselica, aveva una centrale telefonica della C.I.E.L.I ora ENEL che ci è stata di valido aiuto.).
Il Sig. Carlo Stoto, in questo caso, mi è stato di grande aiuto; ho lasciato a lui la responsabilità e la consegna del carico era persona scrupolosa dell’incarico, quindi io ho potuto andarmene a riposare.
Trasporto farina da Vicofertile
I pericoli di questo viaggio a Vicofertile, erano molti e diversi. Forse Capitelli Palò, Zanaia e Picelli non avevano pensato, come neanche io a Ferrari o altri autisti che certamente non si sarebbero rifiutati, come è avvenuto dopo, l’urgenza e la fretta non hanno lasciato il tempo di pensare e riflettere. Vi è stato molta incoscienza, ma se proprio questo viaggio fosse andato male, potevano certamente contare in uno scambio con prigionieri tedeschi in nostre mani, gli scambi di prigionieri tedeschi in questo periodo erano assai frequenti tramite il clero locale, sempre attivo e presente in queste circostanze difficili e pericolose.
Seppi poi che il Maggiore Gasparini e il Ragioniere Cantarelli, Segretario del Comune di Borgo Val di Taro, ottennero da Parma, sempre dallo stesso ufficio o tramite questo, altri buoni di fornitura di generi alimentari di prima necessità, evitando a tutta la vallata una sicura più dura carestia.
Valmozzola 30.9.1944 attacco Stazione FF.SS.
Erano i primi del mese di settembre 1944, il Comando della 1^ Brigata Julia al completo si è portato nella località mariano di Valmozzola, e si stava preparando un forte attacco alla stazione ferroviaria di Valmozzola. Oltre al Comando e un distaccamento di circa 45 partigiani vi era anche la squadra sabotatori con cariche di esplosivo pronte per eventualmente usarle. All’ora stabilita è iniziato l’attacco molto violento e ben organizzato, ma i difensori ( tedeschi) resistettero per ore. Ad un certo punto spuntarono due caccia – bombardieri inglesi ed iniziarono subito una picchiata sganciando ciascuno due bombe contro il ponte che precede la stazione e mitragliando con le loro potenti mitragliere la stazione stessa, costringendo anche noi al riparo .
I tedeschi difensori della stazione avranno pensato: che organizzazione questi “ribelli”, dispongono persino di caccia bombardieri, pensare che hanno più intralciato che favorito il nostro attacco. Poi il coraggio del V. Comandate “ EROK” e l’intervento della squadra sabotatori, hanno costretto alla resa il presidio.
questo attacco è stato bene impostato. terminata l’azione e la conta dei prigionieri, raccolto il bottino di guerra, ci siamo subito incamminati sulla strada per il rientro a mariano. Intanto da Berceto stavano arrivando i rinforzi tedeschi, ma troppo tardi, siamo stati più veloci noi.
Costituzione campo concentramento
Siamo arrivati a Mariano che era ormai quasi buio. Il distaccamento e la squadra sabotatori hanno fatto rientro alle loro basi, verso Caffaraccia.
I prigionieri sono stati rinchiusi in una casupola a Mariano, vicino al Comando, e di guardia siamo rimasti in tre partigiani. Nella notte è arrivata una staffetta dal basso della Valle dicendoci che forse in nottata o nelle prime luci dell’alba i nazi – fascisti avrebbero fatto una puntata su Mariano.
Con decisione, il Comando della Julia decise di sganciarsi e salire a piedi del Monte Barigazzo, per poi scendere verso Caffaraccia. Questo trasferimento compito di notte al buio con oltre 25 prigionieri fu molto difficile e pericoloso.
Dopo questo fatto, il Comando della 1^ Julia. Ha deciso di allestire il campo di “concentramento prigionieri di guerra” in località CORNALETO, posto molto impervio,nella zona ai piedi del Monte barigazzo,nel versante del Comune di Bardi. Questa località, sebbene vi siano molti sfollati ed in piena guerra, era persino stata abbandonata dai carbonai e dai montanari. Era troppo impervia e difficile da raggiungere. I prigionieri servivano per gli scambi con nostri italiani, i tedeschi per questi scambi volevano solo i loro, non accettavano gli italiani della Guardia Nazionale Repubblicana, loro alleati..

0. 10. 1944 sostituzione Com.te Moroni
In seguito questo campo di concentramento, comandato dal maggiore Moroni ( dell’Esercito italiano) ha abbandonato detta località e si è trasferito a (CEREDASCO ) località un pochino migliore al di sopra di Osacca.
Il giorno 20.10.1944, il maggiore dell’esercito Moroni, comandante del distaccamento “ campo di concentramento prigionieri” venne chiamato al Comando 1^ Julia per affidargli altro incarico. Io
“ Scalabrino” fui incaricato alla sostituzione del Maggiore Moroni a comandare il distaccamento
“campo di concentramento prigionieri di guerra”. (allegata fotocopia di tale lettera dell’epoca., firmata Dragotte e Jeck).


Inizio grande rastrellamento invernale
Era a casa per questa breve licenza ed ho notato un certo numero di tedeschi in arrivo ed installare la bandiera simbolo dell’ospedale da campo . questo mi ha insospettito e creato dei dubbi. Ho aspettato la notte e per sentieri di montagna ho raggiunto Caffaraccia ove sapevo era il comando della 1^ julia. Li ho informati della situazione giù a Borgotaro. Vi era il Vice Comandante di Brigata “ EROK” e il V. Commissario “LINO”, l’aiutante “AILÙ” e “PENNELLO” Spagnoli Domenico. Il V. Comandatemi disse di sapere qualcosa, ma era ancora convinto si trattasse di una forte puntata sul Comando di Brigata e aggiunse che ormai era bene stessi lì a Caffaraccia,credo in casa di Spagnoli Domenico “PENNELLO”.
Vicino al Comando di distaccamento già in stato di all’erta. Era la sera del 5 gennaio 1945 e faceva molto freddo. Al Comandante di distaccamento mancava un uomo per completare i doppi turni di guardia. Mi sono offerto io e ricordo di avere fatto due turni, dalle 2 alle 4 e dalle 4 alle 6, l’ultimo turno insieme a Murena Bruno, mio amico.
Credo sia stato durante questo turno che si sia messo a nevicare con un intensità spaventosa. Sono rientrato alla fine del turno al Comando per fare un pisolino, risono accontentato di coricarmi per terra perché essendo in stato di all’arme avevano sgomberato tutto.
6 gennaio 1945 attacco nella bufera
Il comandante di distaccamento dislocato a S.Pietro, Panera, è arrivato con due uomini a Caffaraccia a prendere ordini. Il V. Comandante di Brigata e il Commissario gli dissero di spostarsi col suo distaccamento a caffaraccia per dare aiuto al distaccamento battista, l’intenzione era di porre resistenza ai nazisti e magari anche imprigionarli, non si credeva ad un rastrellamento di queste proporzioni.
Nel piccolo rione “Curiago” posto sotto Caffaraccia, vi era accantonato il distaccamento “sabotatori” che pochi istanti prima dell’attacco nazista si erano portati su a Caffaraccia per unirsi al Comando.
Ancora prima erano state mandate staffette alle varie formazioni e al Comandante “Dragotte”, ma la grande improvvisa bufera di neve che si stava scaricando in tutta la vallata, ha fatto perdere i contatti e non si è saputo più niente.
Durante l’attacco, anche un distaccamento delle Brigate Garibaldi dislocate a Osacca, si è portato aul Monte Piano ed hanno mandato degli avamposti a vedere cosa succedeva a Caffaraccia. Il Comandante “EROK” disse loro di stare col distaccamento su al Monte Piano per essere di aiuto da un eventuale accerchiamento.
Quando cominciarono a calare prime ombre della sera ed eravamo quasi convinti della rinuncia tedesca, hanno cominciato a spararci anche con il mortaio. Pochi istanti dopo si sono visti razzi rossi sparati da pistole lancia – razzi in direzione Caffaraccia. Detti razzi provenivano da diverse zone e si rischiava l’accerchiamento. I nostri Comandanti, tutti esperti ( provenivano già da altri fronti) hanno compreso la situazione e dato l’ordine di ritirarsi immediatamente. Io non avevo sentito l’ordine, ho sentito solo chiamarmi per nome e dirmi: scappate che ci sono i tedeschi. Ero nel piazzaletto della Chiesa Parrocchiale. Vicino a me era il povero Maggiore di Cremona che, colpito da una raffica è caduto sulla neve.
Raggiunto Monte Piano ci siamo uniti ai Partigiani della Garibaldi e raggiunta la casa detta “Barbuia”, ora scomparsa. Il povero contadino non aveva viveri per sfamarci, era veramente sconsolato; allora fece in pochi minuti della polenta 8 se così si vuole chiamare), non ci abbiamo dato nemmeno il tempo necessario per bollire e cuocere, ma per noi andava bene, anzi parecchi sono rimasti senza, non era sufficiente per tutti. Poi subito in marcia nella bufera di neve, non bisognava lasciarsi prendere dal freddo, ( vi erano reduci dalla Russia ) la nostra pratica della montagna, evitando gli avvallamenti con troppa neve, ci ha permesso di arrivare in qualche modo a brunelli.
Poi ci siamo sparpagliati, mi ricordo che il nostro gruppo era formato di sei, mi sono trovato con Tonino detto “la Cartera”, Nello Oppici e Benci Lino più altri che non ricordo. Ci avevano detto che a Borgotaro non c’erano più tedeschi ed allora la notte stessa siamo venuti giù. A Porta Farnese un tedesco di guardia ci ha sparato, allora via, anche qui ci è andata bene, ci siamo dileguati nel buio in mezzo alla neve.
Questo rastrellamento, nonostante i morti, ha un pochino deluso i tedeschi, con le forze militari impiegate e i loro mezzi superiori, erano convinti di ottenere un successo maggiore.
Appena finito questo terribile rastrellamento invernale, tutte le brigate partigiane della zona si sono ricomposte e normalmente è di regola che in tutte le ricomposizioni sono dei cambiamenti sia nella forze organiche che nei posti di Comando.
Malattia niente medicine rinuncia
Ricovero non ci sono vi sono posti
Questo rastrellamento con sforzi eccessivi, bagnate, camminate in mezzo alla neve, poca alimentazione, freddo e poco vestiario, hanno provocato al mio fisico bronchite con febbre. Il giorno 20 febbraio 1945 il Comando della 1^ Julia mi ha mandato dal Dott. Ferrari (Dottore che aveva concordato con le brigate partigiane). Dopo la visita del caso, il Dott. Ferrari mi diede 20 giorni di riposo ma non aveva più medicine, quindi mi consigliò di stare al caldo e una buona alimentazione. I viveri erano scarsi ed allora il giorno dopo 21 febbraio 1945, ho deciso di rientrare al reparto. La mia malattia durò un giorno; nell’Ospedale di Albareto non vi erano più posti, troppi erano gli ammalati più bisognosi e gravi di me. ( anche di questi documenti di malattia tengo lettere originali del mio Comando ).

Trasferimento Comando Unico
Rimasi al Comando qualche giorno, poi il Comandante della 1^ brigata Julia “LIBERO”, succeduto a “Dragotte”, mi fece una proposta: il Comando Unico della Provincia di Parma Ovest Cisa, ha bisogno e cerca un dattilografo. Tu sai battere bene a macchina, se vuoi ti faccio due righe e ti trasferisco al Comando Unico. Se ti terranno idoneo al loro bisogno, ti terranno presso di loro così potrai anche curarti meglio che in brigata. Accettai il trasferimento ed ho raggiunto il Comando Unico in quell’epoca sistemato in località “ i Copelli” nell’abitazione di un certo “GILDO” comune di Bardi. Quando sono arrivato alla sede di questo Comando vi era il Ten. Colonnello “OTTAVIO” e il Commissario Unico “POE”. Diedi a questi la lettera del Comandante “LIBERO” e con una certa incredulità mi disse mettiti alla macchina che proviamo. La macchina era vecchiotta, ma a quell’epoca erano quasi tutte così. Mi dettò una lettera che io ho battuto abbastanza bene. A questo punto il Commissario Poe si alzò e venne a controllare, poi rivolto al Colonnello OTTAVIO disse: LIBERO ci ha mandato un dattilografo..
In quel periodo il Comando Unico era capitato in una casupola di un certo “GILDO” località molto alta, una fra le ultime case in alta montagna della frazione di Gravago di bardi.
Questo Gildo era persona che aveva vissuto molto all’estero in Inghilterra, la casa era un bugigattolo, il suo proprietario Gildo, era molto ordinario nei modi e nel parlare con tutti, ma molto generoso, quello che faceva o dava era spontaneo e sincero.
Il Commissario del Comando Unico Prof. Pelizzari “POE” aveva con se la moglie, signora molto fine e gentile. Aiutava molto il Commissario, capiva il perché certe volte rea molto nervoso; era dovuto al suo cattivo stato di salute. Noi si capiva quando non stava bene. Io non immaginavo che già soffrisse di quel terribile male inguaribile.
Poi il Comando, per comodità anche per le brigate, si spostò più a valle, agli Sbottoni e poi ancora più giù alla Brè di Gravago. Il Commissario POE per causa della sua malattia, sempre sottoposto a cure mediche, per comodità sua e per facilitarlo nel servizio, fu ospitato nella Canonica di Monastero, lo accolse Don Luigi Squeri, parroco della zona.
Io,senza medicine, ma facevo una vita meno disagiata e mangiando abbastanza, mi sono ripreso in brevissimo tempo.
Molto spesso capitava il figlio di POE,Piero a trovare i suoi genitori. Credo che questo loro figlio Piero sia stato nei Partigiani a Compiano, nella squadra Radio trasmittente in collegamento con le forze anglo – americane.
Altra Commissione anglo – americana comandata dal Capitano Bob, munita di radio trasmittente era sistemata in località Pieve di Gravago.
Comando Unico Ovest Cisa
Caso Marchini milite forestale
Al Comando Unico Ovest Cisa, svolgevo attività di dattilografo e si svolgeva tutto in una stanza, in quei tempi era già molto. Nella stessa stanza, che era abbastanza vasta, si riunivano spesso il Comandante Arta, il Commissario Poe, l’Avvocato savani e un altro Comandante partigiano credo dell’Est Cisa, di nome Rovereto ( uomo colto e credo dalle sue espressioni, del partito repubblicano; io ero all’oscuro della politica).
Un giorno capitarono al Comando due partigiani provenienti da Berceto con un prigioniero civile che dissero era spia fascista. Io stavo dentro al Comando e sentivo che discutevano su questo prigioniero che era tenuto fuori guardato a vista da due armati. sentivo che parlavano di spia, di trasferirlo a Bardi nel castello e se sarà il caso fucilarlo.
Io sento che questa discussione si faceva lunga, sono uscito per fumare una sigaretta. Il detto prigioniero, seduto su un masso me ne chiese per favore una, me lo chiese in dialetto borgotarese, allora gli chiesi cosa aveva fatto: mi rispose niente, sai è anche roba di invidia e mi disse diverse cose; ho capito che si trattava di mercato nero, di donne e altre cose, in più a suo danno risultava che era una guardia dell’allora Milizia Forestale. Gli diedi la sigaretta e gli dissi che parlano di fucilazione, è molto grave. Questi mi diede il suo nome, era un Marchini, cognato di Bruno scagliola e mi disse se potevo avvertirlo. Mi diede anche il nome di suo fratello Pellegrino, ma io non lo conoscevo a quei tempi, Scagliola si, molto.
Rientrai nella stanza del Comando e mentre loro ancora chiacchieravano, io a macchina ho scritto un invito per Bruno scagliola ( lo conoscevo bene, eravamo nello stesso Gruppo “Tarolli”), lo misi al corrente della situazione di suo cognato Marchini e di venire immediatamente al Comando Unico per chiarire la faccenda. Sono uscito e ho chiamato una staffetta del nostro Comando ( ne avevamo sempre tre a disposizione): ho scelto la staffetta pratica dei posti, ricordo che si chiamava Iseo, era di Tiedoli. Gli diedi la missiva per ordine del Comando e gli dissi di andare a cercare Scagliola Bruno, nella zona di Brunelli, era molto conosciuto.
Non ho più seguito la faccenda, non ero direttamente interessato, ma ho saputo che è finita bene, credo che si trattasse di invidie, non so.
Io battevo molto a macchina sia per il Commissario Unico Poe che per il Colonnello Ottavvio, Capo di Stato Maggiore di tutte le unità della zona.
Nell’unica stanza ove svolgevo questa attività, ho visto molte volte VAMPA, GIORGIONE, PINO, COSENZA –TRSIBULO, IL TENENTE, tutti gli Ispettori del Comando Unico e tanti altri, anche dell’EST CISA.
Le discussioni più frequenti era di alta politica che noi giovani a quel tempo non ne sapevamo proprio niente, oggi poco di più.
Un giorno si misero a parlare, e questo l’ho capito bene del bombardamento di Parma e dello squarcio provocato nelle carceri di S. Francesco, con conseguente fuga di prigionieri. Molti di questi prigionieri evasi sono venuti ai monti ad arruolarsi nelle formazioni partigiane, qualificandosi prigionieri politici.
Fra questi prigionieri alcuni si è saputo a guerra finita erano veramente in prigione per politica, ma tanti altri erano delinquenti comuni, coraggiosi nelle imprese, ma sono rimasti quelli che erano, ciè legati all’ambiente della malavita.
Tutto questo a danno del movimento e dell’onestà. Purtroppo non si aveva l’Ufficio Anagrafico da consultare prima di accettarli nelle formazioni.
Discussione bombardamento carcere Parma
Io battevo molto a macchina sia per il Commissario Unico Poe che per il Colonnello Ottavvio, Capo di Stato Maggiore di tutte le unità della zona.
Nell’unica stanza ove svolgevo questa attività, ho visto molte volte VAMPA, GIORGIONE, PINO, COSENZA –TRSIBULO, IL TENENTE, tutti gli Ispettori del Comando Unico e tanti altri, anche dell’EST CISA.
Le discussioni più frequenti era di alta politica che noi giovani a quel tempo non ne sapevamo proprio niente, oggi poco di più.
Un giorno si misero a parlare, e questo l’ho capito bene del bombardamento di Parma e dello squarcio provocato nelle carceri di S. Francesco, con conseguente fuga di prigionieri. Molti di questi prigionieri evasi sono venuti ai monti ad arruolarsi nelle formazioni partigiane, qualificandosi prigionieri politici.
Fra questi prigionieri alcuni si è saputo a guerra finita erano veramente in prigione per politica, ma tanti altri erano delinquenti comuni, coraggiosi nelle imprese, ma sono rimasti quelli che erano, ciè legati all’ambiente della malavita.
Tutto questo a danno del movimento e dell’onestà. Purtroppo non si aveva l’Ufficio Anagrafico da consultare prima di accettarli nelle formazioni.
Cambi e Sostituzioni Quadri Comando Costituzione Gruppo d’Azione Val Taro
Come ho accennato in precedenza, dopo il famoso rastrellamento invernale, sono avvenuti cambi e sostituzioni nei quadri di comando delle varie formazioni.
Il Comando della 1^ Brigata Julia ( corrispondente a Capitano) è stato assunto da Brindani primo “LIBERO”; l’ex Comandante della 1^ Julia, Delnevo Giuseppe “Dragotte” ha avuto la carica di Ispettore di Comando Unico ( corrispondente al grado di Maggiore ).
Dragotte in un primo tempo ha accettato, ma poi ci ha ripensato e rifiutato; passando Ispettore, si sarebbe un pochino staccato dalle formazioni operanti.
Quindi “DRAGOTTE” decise di rinunciare alla superiore carica di Ispettore ( politicamente si è sempre ritenuto un Badogliani, noi di politica si sapeva poco o niente ) e si è unito a “JECK” Già Commissario della 1^ Brigata Julia; unitamente hanno costituito la formazione “ GRUPPO D’AZIONE VAL TARO”. Per la formazione di questa formazione hanno dovuto lottare contro il dissenso del Comando Unico, ma alla fine ci sono riusciti.
Io personalmente, in un primo tempo ritenevo e credevo inutile la formazione di questo “GRUPPO”, ma già a quell’epoca, al contrario di altri, ho ritenuto che “DRAGOTTE” e “JECK” fecero bene a rinunciare ai gradi superiori; io al Comando, nelle discussioni ho capito che il meno contrario alla costituzione di questo “Gruppo d’Azione Val Taro” era il Colonnello Ottavio.
Questa formazione ha riunito molti Partigiani fra i primissimi, che diversamente avrebbero abbandonato la Resistenza e lasciando questi alla mercé, si sarebbe creato un vuoto molto dannoso e anche un insulto contro quelli che sono stati i primi a rischiare.
Personali
| 1) | entrato | Definitivamente nelle formazioni il 15 Giugno 1944 nel Gruppo “TAROLLI” |
| 2) | 29.6.1944 – | Battaglia del Manubiola |
| 3) | 30.6.1944 – | Battaglia di Grifola |
| 4) | 15.7.1944 – | Grande Rastrellamento Estivo |
| 5) | 6.09.1944 – | Attacco al ponte parabolico FF.SS. |
| 6) | 19.9.1944 – | Cavazzola – strada statale 62 |
| 7) | 25.9.1944 – | Pontolo ( due prigionieri tedeschi ) |
| 8) | 29.9.1944 – | Valmozzola – Stazione FF. SS. |
| 9) | 27.11.1944 – | Borgotaro Ponte FF.SS. |
| 10) | 6.1.1945 – | Caffaraccia (rastrellamento invernale) |
| 11) | 8/9.4.1945 – | OCCUPAZIONE Borgotaro e valli 8collegamenti) |
Dal 1.9.1944 Capo Squadra con incarichi vari.
Dal 22. febbraio. 1945 trasferito al Comando Unico Parmense Ovest Cisa alle dipendenze dirette dal Ten. Col. Fernando Cipriani (Ottavio ) del Genio Militare. Capo di Stato maggiore di tutte le forze del Comando Unico Parmense.
Riconosciuto Maresciallo On. Dell’Esercito Italiano e Croce al merito di Guerra 8detto riconoscimento segnato sul foglio matricolare del Distretto Militare).
Trattenuto in servizio sino al settembre 1945 dal Ten. Col. Cipriani, per collaborare con l’Ufficio Stralcio delle varie formazioni.
Il 27 dicembre 1978 nominato Cavaliere della Repubblica Italiana dal Capo dello Stato Pertini, per meriti civili.
Epilogo
Nel 1945 fu scelta la data del 25 APRILE dalle superiori Autorità competenti per ricordare agli italiani la fine della guerra per TUTTI .
Con quella data 25 APRILE, ogni anno si intende anche onorare TUTTI i caduti in guerra, vicini e lontani e le vittime innocenti di civili, donne e bambini.
Questo,specialmente ai giovani non è stato insegnato, e dopo oltre cinquantenni non conoscono la tragedia del loro popolo e di come sono arrivati al benessere.
Ai giovani di oggi, che saranno gli adulti di domani, un grande augurio: buon avvenire e guardate sempre avanti per migliorare ,senza dimenticare il passato.
—o0o—
Borgo Val di Taro, 30 novembre 1996

