LA NUOVA ITALIA

     GIORNALE DEL TERRITORIO LIBERO DEL TARO

Borgo Val di Taro – Anno I                                                 N. I               Giovedì, 13 Luglio 1944

Tip Cesare Cavanna – Borgo Val di Taro                      Senza autorizzazione de! Ministro della

                                                                                                Cultura Popolare residente a X.

Annunzio

            Questo giornale non è fatto da retori stipendiati. i quali, per lucro immondo, esortino i temerari e gli ingenui al rischio che essi fuggono, alle battaglie che essi temono. Questo giornale è fatto dai combattenti pei loro compagni di fede e di sacrificio; è fatto dal popolo in anni per il popolo che nelle case, nelle officine, nei campi, attende e spera, dopo tante sofferenze, dai fratelli e dai figli il dono luminoso della pace, della giustizia e della libertà.

Registreremo in queste pagine, in modo onesto e sincero, gli eventi dei quali siamo attori e testimoni; eventi limitati nello spazio, ma tali da rispecchiare nella loro vicenda la grande tragedia che la Patria vive in questa sublime ora della sua storia. Tratteremo gli urgenti problemi che occorre risolvere in questo lembo di terra, bagnato dal sangue dei martiri, e già sorriso dalle prime luci del nuovo giorno. Vo­gliamo che la vita mantenga tutti i suoi diritti, anche i più umili; vogliamo cime la praticità dei bisogni domestici venga soddisfatta col consenso e secondo i legittimi desidèri dei cittadini, Senza che ne venga nocumento agli interessi generali della Comunità. E teniamo sempre presente che le classi meno abbienti sono più diretta­mente e penosamente colpite dalle piccole e grandi evenienze attuali, e hanno diritto preminente al nostro affetto e alla nostra sollecitudine.

 

Perciò ben volentieri ospiteremo l’espressione dei loro sentimenti e desideri. Sappiamo che degli uni e degli altri si terrà da chi deve il massimo conto, in attesa che  venga il giorno (ormai vicino) in cui, conclusa la guerra e pienamente restaurati i  diritti  civili, i laboriosi e intelligenti  cittadini di questa regione designeranno con libero suffragio gli amministratori dei loro interessi.

Amici della ValLe dei Taro, attori e testimoni dell’epica lotta che restituisce alla Patria la sua coscienza e le ridona il diritto di cittadinanza fra i popoli civili, se la nostra passione  s’invermiglia di sangue, la nostra, la vostra vicenda già sin incorona d’alloro. Ringraziamo Dio, che ci permette di vivere, dopo tanta tenebra,un giorno sfolgorante  di  Sole, che  alla nostra  fede e alla nostra coscienza già addita imminente il certo premio della vittoria.

L’ ignominia tedesca

ele rappresaglie di Berceto

Si, c’era ancora, dieci giorni fa, nel Comune di Berceto, una ignobile donna, una insegnante purtroppo, che accomu­nava nelle sue isteriche esaltazioni i co­siddetti repubblicani fascisti con degni di­scendenti di quei Germani, che da duemila e più anni a questa parte, immutati e immu­tabili, quali Tacito li descrisse, funestano l’ Europa della loro immonda presenza. C’era, sì, una donna italiana, la quale, avendo un nipote nelle nostre file , si augurava pubblicamente di as­sistere alla sua fucilazione. Questa donna, ha contemplato coi suoi occhi le ultime gesta degli eroi del suo cuore; ha visto  i tedeschi, battuti ignominiosa­mente da valorosi  militi della libertà, sfogare la rabbia della sconfitta sopra la lontana, inerme, pacifica popolazione di  Berceto, non solo incolpevole, ma perfino inconsapevole di quanto era accaduto nella Valle del Taro.

Li ha visti invadere le case, danneggiare e rubare masserizie e vettovaglie, percuo­tere vecchi, donne, bambini, strapparli alle loro dimore, mostrare a nudo la ferocia stupida che nelle loro anime si cela sotto la falsa apparenza della lealtà e della bonarietà pachtiana. Haassistito alle “rappresaglie,: avrà avuto anche il turpe coraggio di goderne? O avrà, attraverso le remote reticenze della sua cultura elementare, nel tepore della sua tardigrada coscienza, concepito almeno il sospetto che le violenze contro gl’ innocenti non sono rappre­saglie, bensì sfogo iracondo, maledetto da Dio, di barbarie primitiva e di oscena bestialità?

Sì, ecco quello che è accaduto a Berce­to: i pochi tedeschi sottrattasi il 29 giugno con rapidissima fuga al vittorioso im­peto dei  nostri, si sorso uniti con altri degni commilitoni, e hanno messo a soqquadro il paese, asportandone centocinquanta ostaggi, chi dice a Parma, chi a Modena: perché questa gente che non ha più benzina da far volare i suoi pochi aeroplani, ne ha ancora, ne ha sempre, per far viaggiare la sua Polizia, e con essa l’iniquità e il terrore

Non contenti, essi hanno ripreso nei giorni successivi a infierire contro Berceto e le sue frazioni, specie quella di Rocca Prebalza, operando altri guasti e prelevando altri ostaggi; non ancora soddisfatti, si sono appostati sulla strada fra la Cisa e Berceto, e hanno tatto glo­riosamente prigionieri e trasportati altrove quanti, uomini, donne, bambini, prove­niente da Parma o da Spezia e Pontre­moli, hanno per loro sciagura percorso in quel tempo la strada fra la Cisa e Berceto. Trionfanti, questi prodi guerrieri, hanno preso a pedate e a schiaffi le donne e i bambini, hanno offerto ai loro capi quella preda, non di  guerra,ma dì ferocia e di viltà.

Due episodi. Un bambino di otto anni, spinto avanti a colpi di calcio di fucile, inciampa, cade, batte la faccia per terra, leva verso la sua mamma, implo­rando soccorso, gli occhi piangenti, la bocca piena di sangue: un tedesco a calci, diciamo a calci, lo butta muori dalla strada, a sfracellarsi  sulle rocce. Capite bene? sotto gli occhi della madre, questo discendente di Arminio, quest’ guerriero di Hitler, questo difensore dell’Europa,

questo creatore di una nuova civiltà, questo vomiticco umano, ha ammazzato in tal modo un bambino di otto anni!

Ma le donne brutalizzate, ammassate come bestiame da macello negli autocarri, con le mitragliatrici puntate contro di loro, gridavano, protendendo le braccia, con tutta la loro voce, con tutto il loro cuore, gridavano a quanti potevano u­dirle, queste parole eroiche:

<< Dite ai patrioti che continuino a battersi, che non pensino a noi ! >>

sa. Oh, santità delle nostre mamme e delle nostre spose, o gentilezza del nostro sangue, sotto il bastone e sotto la mitraglia, generoso  e puro! Dio vi  benedica, o donne d’Italia, che  ci date la vita, e l’amore, e l’esempio, e il  coraggio di morire, e la volontà di vincere per i nostri  figli, pel  nostro paese, per la giustizia e per la libertà!

I NOSTRI  MARTIRI

Questi ultimi giorni hanno visto aumentare, nei libero territorio della Valle del Taro, il numero delle vittime della ferocia tedesca, e dei mar­tiri caduti per azioni di guerra. Riproduciamo qui i manifesti pubblicati

per ricordo e rimpianto di quelle nobili vite troncate.

C0MAND0 BRIGATA IULIA

Il primo eroe che la Val di Taro ha offerto alla gloria e alla storia in questa vigilia del  Risorgimento

Mario Piscina

È qui cordato dai parenti partecipi del suo ideale, dai commilitoni e dalla popolazione tutta  orgogliosa del suo ardire e del suo sacrificio.

W l’Italia – W la Libertà

6  giugno1944.

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COMANDO BRIGATA JULIA

La prima discesa dei Patrioti nella Val di  Taro è stata consacrata dal dono che

Remo Dallara

 Ha della sua operosa giovinezza alla causa della rinascita nazionale: auspicio e promessa dei fulgidi giorni che la  nostra gioventù prepara alla Patria

W Italia – W la Libertà

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COMANDO BRIGATA JULIA

Cittadini

La violenza e la  viltà nemica vollero  ancora  del nostro sangue. Sangue di  innocenti e non  di  combattenti che  ebbero la dura sorte di morire nella pienezza e  nella speranza della loro  vita. Oltre il  dolore cocente  che  ci brucia l’anima, rimane più prepotente che  mai  il desiderio di  fare  giustizia di  quei  criminali che  direttamente o indirettamente furono la  causa  di  tanto  eccidio.

L’innocenza colpita ha  bisogno di  una  adeguata riparazione.

Nel nome  della Patria, nel nome  nostro di combattenti implacabili per l’onore e la più alta  dignità del popolo nostro salutiamo i compagni, ogni  cittadino  di  Borgo Val di Taro ricordi e veneri i nomi di

Gaetana Raffi Ratto                                                        

Delnevo Domenico di Giovanni

Gavaini  Antonio di Luigi

Levanti Attilio fu  Luigi

Ruggeri Giuseppe di Angelo

Salvanelli Mario fu Michele

Salvanelli Giovanni fu Mario

Alle famiglie dei Caduti il conforto e l’ abbraccio di tutta una Patria martire che si sta risvegliando.

30 Giugno 1944

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Una barbara usanza di prendere ostaggi fra la popolazione civile, per farsene scudo in combattimento dai colpi nemici, usanza crudele, che l’umana pietà si illudeva fosse stata bandita per sempre dalle leggi e dai costumi di guerra, ha immolato sull’altare della Patria, vittime innocenti, inermi ed indifese, le vite, sacre alla famiglia, di

Vittorio Gavaini

e di sua suocera

 Gaetana Raffi Ratto

Nondimeno sono caduti in conflitto di armi e morti per I’ Italia anch’essi, ed il loro sacrificio ècinto anzi da una aureola più fulgida e pura, perché santificato dal piombo dei propri fratelli. Pertanto sia glo­ria a loro!

Ricordano nel pianto il marito e la madre la moglie figlia Ratto Antonietta Gavaini nonché al padre e la nonna i figli e nipoti rispettivi Mirca e Oscar ed i co­gnati e figli relativi Luigi, Riccardo e Alice Ratto ed i parenti tutti.

30 Giugno 1944.

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Ieri cadeva vittima della ferocia nemica

Giuseppe Ruggeri

Ne danno  il triste  annunzio la  moglie Salina maria, il padre Angelo, la  madre Ruggeri  Maria, i figli Anna, Dino e Norma, i parenti  tutti.

30  Giugno  1944

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COMANDO BRIGATA IULIA

Fedele alla consegna ricevuta è morto alle 14:30 del giorno 2 luglio corrente

Cesare Bassani

Un altro Patriota si aggiunge alla glo­riosa schiera dei Caduti della Brigata Julia.

W l’Italia – W la Libertà

Colpito da una scheggia di bomba ae­rea, ieri  2 luglio, alle 14.30, ha cessato di vivere tra atroci dolori

Cesare Bassani

Studente – di anni 20.

Straziati dal dolore danno il triste an­nuncio il padre Eugenio (assente), la madre Dirce Cavanna, i fratelli Alfio e Alberto, gli zii Aldo e Giovanni Cavanna, a nome anche di tutti i congiunti e amici.

2 Luglio 1944.

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COMANDO BRIGATA JULIA

E morto ieri il Dottor

Adolfo Marchini

pura espressione del patriottismo che anima i combattenti d’ Italia.

La Brigata Julia esprime il cordoglio

per la perdita dolorosissima e l’orgoglio di averlo dedicato alla rinascita dello spirito di giustizia e di libertà che, attraverso que­sti sacrifici, tornerà presto a prevalere nella nostra Patria.

W I’ Italia – W la Libertà

3 Luglio 1944.

Reduce dalle campagne d’Africa e di Russia il

Dottor Adolfo Marchini

rientrato in seno alla famiglia, come aveva compiuto con ardore il proprio dovere di soldato, riprendeva l’esercizio della sua u­manitaria professione, cui dedicava con spi­rito di abnegazione tutta l’appassionata o­pera sua. E fidente nella, tutela che le stesse leggi di guerra riconoscono ai sanitari, in omaggio alla loro pietosa missione civile di carità. fra ignobilmente catturato ed esposto vilmente ai  colpi  micidiali di un conflitto d’armi, mentre  si recava a porgere  l’assistenza e le cure del suo nobilissimo mini­stero

A Lui la corona del martirio e l’amore ed il compianto di tutti i suoi concittadini e degli umili, che ne hanno  conosciuto e provato la bontà squisita e la delicata ge­nerosità dell’animo gentile

Rimangono a piangerne sconsolati la perdita acerbissima la madre Santina Ravasio, le sorelle Ada e Nella, il cognato Amedeo Frigeri, la fidanzata Mariolina Brindani con la famiglia, gli zii ed i parenti tutti.

3 Luglio 1944.

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–          2 LuglIo 1944-

Al Comando delle forze Tedesche in Berceto

I)         Siete venuti nella nostra valle per com­batterci e vi abbiamo respinti.

2)         Non potendo rivalervi su di noi, vi sfo­gate sulla popolazione inerme di Berceto,

che terrorizzate invadendo le case, danneggiando e asportando le masserizie, minacciando di morte gli uomini e di

distruzione il paese. Ciò non è degno di valorosi soldati come voi.

3)         Noi trattiamo aia giusta umanità i pri­gionieri che abbi amo fatti, curiamo i

feriti, seppelliamo i morti; ma se voi libererete  immediatamente gli ostaggi saremo costretti, con molto rincrescimento  ad atti di ritorsione.

Lealmente vi  avvisiamo.

Concludendo, liberate  gli ostaggi, cessate  dal  rubare, liberatevi  dai  fascisti, ed i vostri commilitoni torneranno, a guerra finita, alle loro  case

Comando della Valle del Taro

I LIBERATORI DELLA VALLE DEL  TARO

Dalle origini del movimento fino  ad oggi

STORIA  E CRONACA

Le montagne della vallata del Taro con i loro boschi, con i dispersi caso­laRI furono le uniche testimoni delle sof­ferenze, delle dure lotte, delle gioie e dei dolori dei primi patrioti.

Lassù, sulle montagne, si ritirarono gli italiani, unicifigli dei vero esercito nazionale, e là fra gli stenti, il freddo, la miseria e l’incomprensione di molti che vivevano in città collaborando, ai danni della patria, col nemico tradizionale, si formarono i primi nuclei, gruppi, distac­camenti, oggi Brigate e Divisioni.

Nei primi mesi; quei prodi, per vi­vere e combattere furono costretti a prov­vedersi con mezzi di fortuna le armi e il sostentamento. Oggi era la caserma X dei Carabinieri spergiuri, domani il presidio Y della Guardia Repubblicana, che forniva i nostri ragazzi.

Fu così che armi, munizioni e vestiario passarono dai fascisti ai patrioti che soli contro tutti difendevano l’Italia. A queste prime azioni seguirono misure di rappresaglia e i non infruttuosi rastrellamenti fascisti  e tedeschi e si  ebbero le prime  vittime i primi martiri  di  questa  straordinaria  guerra di  redenzione

Nonostante il rischio crescente le file dei patrioti andarono sempre più in­grossando, via via che aumentava nel paese la ferocia bestiale dei fascisti e dei tedeschi e nell’animo dei veri italiani la reazione a tanta ignominia

Fu allora che si formarono i primi distaccamenti e venne iniziata la progres­siva conquista della vallata che oggi forma il Territorio Libero del Taro.

La conquista procedette per gradi; mani mano che il territorio si allargava, i patrioti dovevano provvedere alla sicu­rezza e all’amministrazione della zona: i vari gruppi, tutti comandati da uomini di saldissima tempra e d’indomito coraggio, i cui nomi­ passeranno alla storia si  divisero la  zona operativa. Sulle tre principali vie  che  uniscono la  Val  taro con la Liguria e la Lunigiana, i patrioti stabilirono saldi presidi e di  li non solo disturbarono  e disturbano con ardite e rischiose insidie  quotidiane le comunicazioni del  nemico, i suoi rifornimenti, le sue operazioni, ma spesso gli impediscono l’uso di importantissime arterie, incidendo profondamente sulla sua condotta così tattica come  strategica.

Questa trionfante primavera ha visto affermarsi nella  loro consistenza, nell’ordinamento, e nella loro tattica guerresca le sparute bande iniziali.

Non sono più bande isolate: sono un vero esercito, inquadrato, approvvi­gionato, ben armato, con capi esperti ed amati ; esercito che ha avuto le sue vit­time, le sue vittorie, che ha ormai una esperienza sicura, una volontà indomabile: è il grande esèrcito della liberazione, quello che domani permetterà all’Italia di tenere alta la tesa; fra i combattenti che da tutto il mondo sono venuti in Europa per restituire alla madre di tutte le civiltà ha giustizia, la pace e l’ordinato e fecondo vivere, che un gruppo di filibustieri e di predoni le vollero rapire.

Nella Valle del Taro, la fortuna che non si scompagna dall’audacia, il valore dei combattenti e la sapienza dei capi, hanno creato un territorio libero che ha la massima lunghezza di 60 Km e l’esten­sione di 2500 Km²

Nel cuore del territorio occupato dal nemico esiste così una zona nella quale già l’Italia è libera e redenta.

Registriamo qui sotto; schematica­mente i vari fatti d’armi che dal 28 maggio a tutt’oggiattestano la rabbia dei tedeschi a  sottomettersi a questo  furore per mantenerci liberi. Cominciamo in questo numero, dall’attività della Brigata Julia

L’attività del/a Brigata Julia ha a­vuto inizio dal28 maggio, prima ancora che il gen. Alexander lanciasse il noto appello ai patrioti italiani, invitandoli all’azione immediata e continua contro traditori fascisti e gli invasori tedeschi.

Il 29maggio, stanchi della prolungata  calma, i nastri patrioti disarmano imiliti di guardia al ponte ferroviario di Borgotaro. Da questa azione e in poi il presidio di Borgotaro non ha più un momento di tregua: nei giorni seguenti  difatti numerosi militi vengono disarmati o in gruppo o isolatamente.

Il 1 giugno è la volta dell’avvistamento antiaereo di Prinzera presso Fornovo Taro : 7 militi disarmati.

11 10giugno, dopo il radio appello di Alexander, una corriera piena  di  militi cade in una imboscata presso Pontolo (Borgotaro). Dei 19 militi  che  con stolta baldanza erano partiti  da Bedonia alla volta  di Parma. 10 rimangono, uccisi Due giorni dopo,il  2 giugno un treno merci fu fatto  deragliare in galleria presso Ostia, mentre il  distac­camento Bil della Brigata Garibaldi compie una importante interruzione al ponte parabolico  di  Ostia e Roccamurata (linea ferroviaria Parma-~Spezia).

Il 15 giugno, inbase ad un piano elaborato in precedenzacon altri  Comandanti (piano interessante tuttal’alta Valle del  Taro) Borgotaro, dopo breve scontro con militi  tedeschi, che  fuggonoPontremoli, viene occupato. Lo stesso giorno vengono catturate due automobili tedesche e sequestrai documenti impor­tanti : 2 tedeschi uccisi, 4 prigionieri. Alla sera i patrioti evacuano spontaneamente il paese.

10  giugno durante un rastrellamento nella zona viene attaccata una vettura tedesca presso  Ostia: 2 tedeschi uccisi.

La Valle dal  20  giugno è  completamente  controllata dai patrioti dalle Brigate Julia  e Liguria. Nel  frattempo vengono completate altre interruzioni  sulla Parma – La Spezia e sulle diverse rotabili.

20 giugno imboscata  alla stazione  di  Borgotaro,  contro  militi  e tedeschi che  giornalmente , partendo  da Pontremoli, venivano  a razziare nell’abitato basso  di  Borgotaro:  un morto, 8 prigionieri.

30  giugno  i tedeschi tentano  con una colonna motorizzata 9  autocarri e 2 motociclette di  raggiungere  Borgotaro e restaurare  la situazione. La colonna viene attaccata,  ripiega, indi  è  annientata, in  seguito ad accerchiamento. Tutti  i  tedeschi cadono nelle  nostre mani, con tutto il loro armamento e materiale.  Si  deve dolorosamente lamentare la  perdita di non pochi caduti, che  gli  avversari incapaci  di  risolvere militarmente la  loro posizione hanno catturato per farsene scudo contro  gli  assalitori. All’azione partecipa pure brillantemente una formazione della Brigata Liguria.

Il 9 luglio a/tra colonna tedesca, questa volta appiedata, cerca ai raggiun­gere Borgotaro attraverso il passo  del Bratello. L’azione contemporanea di  reparti Delle Brigate Julia e Liguria impedisce che  il nemico  raggiunga l’obiettivo. La colonna viene soarugata, il comandante ucciso, molti  tedeschi  cadono morti o feriti, altri  sono fatti  prigionieri. Il recupero del materiale e delle armi risulta abbondante.

La perdita della brigata Julia dal  29 maggio sono: 0 morti e  alcuni feriti.

Ai  Caduti il nostro pensiero fedele, ai  feriti l’augurio di  una pronta guarigione

Per l’ordine pubb1ico

I carabinieri e le guardie di finan­za sono stati, a partire dal 12 corrente,mobilitati per il servizio della sicurezza pubblica diurna e notturna. Questi a­genti dell’ ordine sono leali servitori della nostra  causa: debbono essere ri­spettati e obbediti -da chiunque, nell’e­sercizio delle loro funzioni. I patrioti più che ogni altro, essendo i responsa­bili della dignità del nostro movimento, sono fervidamente invitati a collaborare ordinatamente con la forza pubblica.

COMUNICATI  E NOTIZIE

Gli assegni e la carta moneta    

Vi sono privati ed esercenti i quali rifiutano gli assegni della Banca d’Italia e delle Banche locali, ritenendo che essi abbiano minor valore o garanzia della moneta di Stato: Sappiano che gli assegni bancari hanno sempre una contropartita di carta moneta esi possono sempre cambiare, presso qualsiasi Banca. in carta moneta. Il Comune e le amministrazioni provinciali e statali accettammo gli assegni bancari come carta moneta, e pagano spesso gli stipendi agli impiegati con assegni.

Molti, specie delle campagna, im­boscano la moneta, sottraendola al pub­blico. Ciò non gioia a loro e provoca mancanza dei piccoli biglietti, così neces­sari al commercio. Perdurando questo mal costume sarà necessario provvedere all’emissione di biglietti di piccolo taglio.

Frattanto esercentie privati sono avvertiti che non è permesso rifiutare i pagamenti in assegni ammenochè non vi siano fondati motivi di ritenerli falsi: nel qual caso provvederà l’autorità contro gli spacciatori.

In ogni altro casosi agirà contro chi, rifiatando gli assegni, accrescerà senza ragione le attuali, momentanee, difficoltà degli scambi.

Avvertimento ai morosi delle

imposte

Essendosi verificata da parte di molti contribuenti una ingiustificata ed intol­lerabile negligenza nel pagamento dei tributi, l’Autorità Militare ha dato ordine all’Esattore Consorziale di Borgo Vai di Taro e Valmozzola di procedere coat­tivamente contro i contribuenti ritardatari, e ciò a partire daI 18 del corrente mese,

Questo provvedimento è più che giustificato dai doveri che a tutti i cittadini impone l’ora presente. Se taluno crede di sottrarsi col ritardo al pagamento do­vuto, non solo s’accorgerà a sue spese dell’errore, ma sarà additato alla pubblica riprovazione.

Ai timidi i quali ritengano che un pagamento fatto nelle attuali condizioni non sia legittimo e possa dar luogo o ad una nuova richiesta di pagamento o a sanzioni di qualsiasi genere, dichiariamo che l’esazione e perfettamente legittima e conforme alle norme dello Stato Italia­no; e le somme riscosse servono e servi­ranno unicamente al normale svolgimento delle funzioni amministrative. Pagare gli impiegati, provvedere alle necessità pubbliche, assicurare i servizi comunali è utile di tutti e dovere di chi comanda.

Confidiamo che i contribuenti morosi non attenderanno le sanzioni minacciate per compiere il loro  dovere.

Parole chiare.

Elementi  iscritti e militanti fra le file del P. F. Repubblicano sono ancora nelle amministrazioni comunali della zona; un provvedimento radicale per evidenti ragioni di necessità pratica non è stato opportuno attuare; codesti signori sono rimasti ai loro posti, solo per la magnanimità dei patrioti, e non per altro. Severamente gli ammoniamo sappiano essi che gli amministratori della cosa pubblica e i cittadini tutti li sorvegliano. Non si illudano di potersi abbandonare ad atti di sabotaggio o di poter perseverare in sistemai scorretti e utilitari ormai tramontati per sempre.

Uguaglianza e libertà di fronte alla legge debbono attuarsi in modo assoluto e senza eccezioni.

Coloro che abbiano gravi colpe da rim­proverarsi in fatto di attività politica e di vita amministrativa saranno a suo tempo giudicati dagli organi competenti; gli altri saranno trattati e valutati n avvenire se­condo il comportamento che terranno in que­sti giorni dinobile ed ansiosa vigilia.

Pagamento di assegni.

Da domani venerdì saranno pagabili presso l’Esattoria. Consorziale di Borgotaro gli assegni alle famiglie dei prigionieri i e dispersi.

Tre  storielle dell’era fascista

Siamo  agli ultimi giorni di guerra. Al Gran Quartiere Generale Hitler convoca tutti i personaggi eminenti, militari e politici del Reich. Riunitasi l’assemblea, il capo chiede a ciascuno dei  tre generali dei tre principali fronti di guerra,  von Manestein  von Runsted e Kesselring, una relazione sulla situazione militare nel proprio settore.

L’esposizione del primo è tutt’altro che confortante:

-Führer, sul mio fronte la immane battaglia si, può considerare perduta; il nemico di­spone ormai di una schiacciante superiorità in uomini e in mezzi, e i miei soldati, nonostante il loro valore non possono più contrastare l’avanzata nemica. La vittoria morale è decisamente nostra, ma sul mio settore, io non vedo più po­ssibilità di vittorie militari. L e relazioni degli altri due marescialli non differiscono sostanzialmente da quella  del primo ognuno dichiarando irrimediabilmente perduta la guerra sul proprio  fronte. Hitler, che ha ascoltato pensieroso l’esposizione dei tre, solleva alla fine il capo, e,  rivolto a tutta l’assemblea, dice: Signori, voi stessi avete udito ciò che i capi militari riferirono; pare ormai giunto il momento di pubblicare il nostro ultimo bollettino; << Come fin da settembre 1939 avevamo con risolutezza stabilito, seguendo esattamente i piani preordinati,e con il nemico alle porte della capitale, siamo alla fine usciti nel nostro intento, che era quello di, rovinare ­irrevocabilmente la Germania e le sue forze armate ». Ma… un istante: cessiamo la commedia e permettete che mi presenti.

Si toglie con gesto fermo prima un baffo, poi l’altro, e si presenta

– Capitano Smith, dell’Intelligence Service!

                            —–

Mussolini vuole dare ai personaggi del suo séguito una prova sicura del suo ascendente sul popolo italiano: e un giorno, che in occasione di uno storico discorso, si trova affacciato al balcone famoso, mentre la folla lo applaude frenetica dalla piazza, rivolto ai suoi cortigiani, dice: — vi voglio ora mostrare che cosa pensi di me il vero il sano popoloitaliano. Chiamatemi uno qualsiasi degli individui che si trovano in questa piazza. All’uomo che viene fatto salire (modesto, dall’aspetto dimesso, il vero uomo qualsiasi ) Mussolini dice: — La sorte ti dà oggi un grande privilegio eleggendoti aespressione della massa più importante e più semplice del popolo italiano. Tu devi dire a questi signori che mi circondano, a questa folla che applaude e al mondo, intero che ascolta alla radio, che cosa tu pensi di me che vi guido e del Regime che tante meraviglie ha fatto per voi; e attraverso a te scelto a caso, parlerà la voce dei vero popolo d’Italia. Ecco, là c’è il micro­fono. Và, tutte le nazioni del mondo ti ascoltano, parla. L’uomo rimane qualche istante perplesso,poi chiede timidamente. — Ma, Duce, proprio tutte, tutte le Nazioni del mondo mi ascoltano

—        Si, sì, tutte. Va’ al microfono, parla. –L’uomo esita ancora un istante, poi si pre­cipita al microfono, lo afferra e vi urla dentro:

—        Aiuto!! Aiuto!!

—Mussolini, insoddisfatto dell’ esperienza, che vi abbiamo or ora narrata, e ostinato nel voler conoscere ciò che pensa di lui l’uomo della stra­da, subito dopo aver tenuto un altro discorso, resosi irriconoscibile con un abile travestimento, scende nella piazza e al primo che incontra chiede a bruciapelo: — Beh! che cosa ne dite dei discorso del Duce? — L’altro, col volto atteggiato a pre­occupazione e a timore, gli risponde sottovoce: –  Sss, zitto, siete matto a fare certe domande in mezzo a tanta gente? Venite con me e lo con­duce faticosamente fuori della folla accalcata sulla piazza. In una via laterale Mussolini ripete la richiesta, ma l’altro, portandosi un dito alle labbra gli sussurra ancora: — Silenzio, non vedete quanti passanti? Seguitemi. — Si avvia verso la periferia, passando per le strade meno frequentate, arriva finalmente ai quartieri più disabitati, ai limiti della campagna, sempre facendo segno a Mussolini di tacere, entra alla fine in un an­drone solitario, si guarda ancora intorno, da una parte e dall’altra, con aria circospetta. Non c’è proprio nessuno.

– Si può infine sapere che pensate del di­scorso del Duce?

– Ebbene, risponde l’altro, cosa volete: a me è piaciuto! –

il giramondo

“Pasqua sui monti”

Il comando della divisione «Valtaro» era alla Costa di Porcigato­ne. Che razza di monti! Ma, a pen­sarci, è meno oscuro di quel che a tutta prima non pare. Proprio su quella costa, ben chiara e di­stesa fra strapiombi di torrenti e ascese di monti, deve essersi ac­campato con le sue legioni quel terribile, Marco Porcio Catone il quale, proconsole in Spagna, si cavò il gusto di ordinare che le città di quella regione abbattes­sero le loro mura tutte, nel corso di un solo e medesimo giorno; e fu poi nemico spietato di Carta­gine. Son passati dai suoi tempi più di 2100 anni; ma ancora l’or­ma che egli impresse su quei dos­si degli Appennini si incide nei luoghi e nei nomi. Più grandi, per dir vero, i nomi che i luoghi!

Il comando della <<Valtaro >> aveva sede modesta in una casa di contadini, a due piani: e lì c’e­rano gli alloggi e gli uffici del co­mandante, Umberto Pestarini e del suo stato maggiore, e anche di un mio figliolo che combatteva accanto a lui. Era il 30 marzo, ve­nerdì santo. Niente visite ai se­polcri, lassù. Ma pregammo il Si­gnore sulle tombe dei nostri mor­ti. E poi lì presso, passammo in rivista i volontari della divisione, che sfilarono svelti e impettiti, come non avessero mai fatto altro in vita loro. E sembravano — ed erano — tutti veterani, tante vol­te s’erano giocato la pelle da un anno in qui; e io mi sentii qua­si — ma non ero — un generale sul serio. Però le cose che dissi loro erano serie e non da gene­rale a soldati, ma da uomo a uo­mini anzi da babbo a figlioli. << Preparatevi, la battaglia è vici­na, la più grande ma l’ultima. E la vittoria è certa. E scacceremo le belve tedesche e i malfattori nostrani. E poi torneremo a tro­vare i nostri cari, a rifare le no­stre case e ricostruire le nostre vite. E la pena non ci sembrerà troppa, perché avremo in cuore la gioia del dovere compiuto, della Patria liberata, della giustizia re­staurata. E buona Pasqua e Dio vi     assista, figliuoli!

E il  giorno dopo, a venti  chilometri, di là vidi  quelli della divisione « Cisa », che dovevano li­berare più tardi Pontremoli. C’e­rano molti liguri, e due nell’ospe­dale nostro di Albareto, feriti gra­vi; ma al mio sorriso risposero anch’essi con un sorriso. E così venne la Pasqua, ch’era il 1° apri­le, e tornai da quelli della divisio­ne « Valtaro » e dal mio figliolo, per farla assieme con loro. La « Valtaro » era composta per metà da gente nostra, dei colli e dei bo­schi che da una parte guardano il mare di Genova e dall’altra i tor­renti e i fiumi che corrono nel mare di Venezia. Gente salda e ulivigna, di poche parole e di mol­to fegato: chiusa, dicono ma a me non parve, tanto da parte loro l’a­zione era fatta di sentimento, tra­duceva in gesti robusti e risoluti una generosa volontà di sacrificio. La piccola chiesa della Costa era a un chilometro dal paese; non una chiesa; anzi una cappelletta, con solo, in facciata, la porta e la lunetta, e, sui lati, due finestruole sottili. Nuda dentro, ma pulita di bianco; e c’era posto per venti persone al più; e, fuori, il campa­niletto con una campana garrula a forza d’esser piccina. Tre ingi­nocchiatoi all’interno; e, fuori, quattro alberelli e appena un sospetto di verde in gemme.

Primavera di montagna: un cielo convalescente, sereno, qua e là velato; la terra ancora oscura d’inverno; e laggiù, nel fondo val­le, il Taro d’argento e i vapori leggeri dei camini stepiditi, delle cucine domestiche accese a festa. Dentro c’erano gli ufficiali, due o tre donne con bimbi, e fuori, sul piccolo sagrato e sui campi, i vo­lontari della libertà.

La campagna entrava nella chie­sa, per la porta spalancata, con l’aria fresca, col suo odore puli­to; e la Messa usciva a tutte quelle anime, a tutte quelle cose buo­ne e belle e riposanti, e alle pri­me rondini che sfrecciavano, co­me se proprio l’avesse detta San Francesco per tutti i fratelli e sorelle che Dio ha creato alla vitae all’amore.

Davvero l’officiante rassomiglia  a San Francesco: piccolo, magro, con una  barbetta rada, con  gli  occhi ardenti: tutto, come lui, consumato dal  fuoco della carità. Si chiamava don      Carlo Giussani, era milanese. I tedeschi lo cercavano a morte, perché era un buon cristiano e un buon italiano, e in lui odiavano quello non meno che questo.

Tante volte aveva rischiato !a vita per andare a Milano, proprio dove lo cercavano, a recare imes­saggi del Comando. Poter ridire le parole che disse, quel giorno, ai nostri ragazzi, e il tono con cui le disse! Ora è chiuso in voluta so­litudine, medita, prega; quanto è lontano, quanto è più alto di noi. Quando sollevò il calice per offrir­lo al Signore, quelli di fuori, uno gridò: « Presentate le armi », e gli altri, che è e che non è, si mi­sero a sparare in aria, e tutto fu a un tratto, rumore di guerra, e odore di polvere da fuoco. E i no­stri cuori si riempirono di pietà, e ci vennero le lacrime agli occhi:

pei morti che c’eravamo lasciati alle spalle, e pei morti ancor vivi fra quei figliuoli lì fuori e per quel Morto lassù confitto in croce, che ci guardava con tanto per­dono dal suo martirio e dalla sua misericordia E poi don Carlo dis­se: <<PaxDomini sit sempre vobiscum >>. Ei nostri ragazzi se ne tornaronobrigata per brigata.

alle loro stanze. E  ognuno stringeva il suo  fucile e ancora men­talmente sentiva l’eco di  quelle parole: la pace, la  pace del  Signore, la  benedizione del  Signore. E ognuno ebbe a colazione un  bicchiere di  vino.  E questa  fu  la  nostra Pasqua.

Achille Pelizzari

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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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