Sfilata Partigiani a Parma 9 Maggio 1945

 

A Parma 9Maggio 1945

Il 9 maggio tutte le formazioni partigiane della provincia scendono nel  capoluogo e sfilano per la città in una  grande  manifestazione  di popolo.Una sfilata di  oltre ottomila  armati affluisce a Piazza Garibaldi, Brigata per brigata al seguito  delle rispettive bandiere.

Nel nome delle Brigate, nel  volto  dei  comandanti e dei  singoli partigiani si racchiude  la vicenda di  20 mesi di lotta armata, alcuni, molto pochi, erano reduci  delle prime solitarie  gesta, dell’epoca del ribellismo, altri avevano partecipato alle  battaglie  del’44, altri  ancora si  erano aggregati nella primavera del’45 ed avevano ingrossato le file.

 

Molti  assenti, morti, deportati, feriti  ed ammalati.

In testa è la  bandiera della 12ª Brigata Garibaldi << Ognibene >> la bandiera di Fermo, Betti, facio: venivano  da lontano. Osacca. Seguono tutte le Brigate delle 5 Divisioni. Le bande musicali dei  comuni protagonisti della guerra suonano inni patriottici: la banda musicale  di Borgotaro è l’unica che suona gli inni della Resistenza: << Al pian scenderemo per la battaglia >>, << Fischia  il vento >>, tra l’invidia dei musicisti degli altri paesi: i borgotaresi  liberi  già da un mese avevano avuto tutto il tempo di imparare nuovi  inni.

Sul palco in Piazza Garibaldi le autorità civili e militari e di rappresentanti delle truppe alleate tengono i discorsi  celebrativi. Apre la manifestazione il prof. Achille Pellizzari << Poe >> già minato dal male che dovrà portarlo alla morte. Il commissario  Alleato per l’ Emilia Romagna Col. Boxmans, nel portare il saluto  del  generale Alexander comandante  supremo del Mediterraneo conclude: << Potete essere orgogliosi della vostra opera, avete meritato  la vostra Patria, avete degnamente servito la  causa della libertà.

Avete dimostrato di  essere figli di  questa Parma che nel lontano agosto del 1922, più  di ogni altra città d’Italia si oppose  al potere  fascista >>. Ma il discorso più atteso  è quello del  Comandante  Arta e le sue parole si proiettano in avanti delineando un nuovo impegno per nuove battaglie. << Volontari, è con il nodo  alla gola che il  vostro  Comandate  vi rivolge il suo saluto. Chi  ha vissuto come voi avete vissuto sui monti, nei  boschi, sotto la sferza del  sole, l’infuriare del vento, della neve, del gelo, della  fame; sotto l’insidia di un nemico aperto ed occulto, agente di  fronte, alle  spalle, sui fianchi; ovunque sotto la minaccia orribile e continua di un plotone di esecuzione e di una camera di  sevizie e di  torture; chi è stato testimone delle vostre gesta eroiche, che  hanno della leggenda, non può essere che profondamente rattristato.

Ma continuare la  civile battaglia. Ritorniamo ai nostri paesi, alle nostre case, al lavoro pacifico, portiamo il nostro  contributo all’immensa opera di  ricostruzione  delle case e degli spiriti >>. Finita la cerimonia i partigiani si recano  a deporre le armi, quindi si mescolano con la popolazione  civile che li  festeggia: hanno abiti puliti, avuti  con l’ultimo lancio, le  barbe lunghe ed i lunghi capelli sono ben pettinati. Si incontrano con il popolo per il quale hanno combattuto e per il quale continueranno a combattere le lunghe e difficili battaglie che li aspettano. Portano manifesti, distribuiscono volantini, il giornali partigiani tra i quali ricordiamo quelli delle nostre brigate: la Nuova Italia Numero 3 diventato Giornale delle Libere Valli del  Taro  e del  Ceno e di  Parma Libera, e pubblicato a cura del  Comando  Unico.

Rinascita  – giornale dei patrioti della I Brigata Julia, che prendono l’impegno di  costruire nel cimitero di  Borgotaro un Sacrario dedicato ai caduti  della Resistenza. Con l’aiuto  della di tutta la cittadinanza e delle autorità l’impegno  verrà mantenuto. Il << Monte penna >> giornale della 32ª Brigata Garibaldi  Monte Penna. Il volantino  del Gruppo d’Azione Val Taro con l’ordine  del giorno n. 1 del  Comandante Dragotte.

Un manifesto della 32ª Brigata Garibaldi  Monte Penna che così conclude :

<< Da dove veniamo Dal Penna, dal  Tomarlo, dal  Maggiorasco, Dai monti più alti dell’Appennino Ligure – Emiliano >>.

A più di trent’anni di  distanza abbiamo voluto riscoprire queste  vicende e non possiamo non domandarci il perché. In parte per una esigenza personale, della lotta partigiana, delle sue vicende  e dei  suoi significati, che  si  andavano definendo e precisando nel  corso  degli anni, abbiamo avuto la  nostra educazione politica e civile, che ha condizionato le  nostre scelte  di vita e questo studio è stato quindi  dettato da un’esigenza di meglio definire quello che  fino ad ora era rimasto imprecisato ed informe.

Non sappiamo se l’analisi di  queste vicende possa interessare le nove  generazioni. Sembrerebbe che le loro esperienze non trovino facile riscontro in quanto abbiamo analizzato e pur  tuttavia abbiamo mantenuto fermo l’atteggiamento di  evitare interpretazioni non giustificate dalla documentazione allo scopo strumentale di compiacerli. Non sappiamo se la storia qui conclusa abbia soddisfatto coloro che di  quegli avvenimenti sono stati i protagonisti. La loro esperienza è stata unica ed irrepetibile, difficile è quindi descrivere non solo la molteplicità  degli  avvenimenti  ma ricreare nella loro  complessità le motivazioni ed i sentimenti che li ha spinti in questa grande vicenda.

Abbiamo evitato tuttavia la  facile tentazione della  celebrazione, della giustificazione, della reticenza. E questo atteggiamento è tanto più giusto se si ha la profonda consapevolezza dell’importanza storica di  quegli avvenimenti e delle scelte in essi operate. A distanza di trenta anni sono ancora valide  e fondamentali. Sappiamo tutti che  tante promesse di  quel maggio del’45 non sono state mantenute, che tante esperienze sono andate  deluse. Gli anni a venire hanno  visto ancora una volta la Resistenza in minoranza nel paese, i suoi valori misconosciuti ed in molte circostanza derisi.

Ancora una volta sono stati  i nostri combattenti a pagare: qualcuno imprigionato, la maggior parte discriminati nei posti  di lavoro, costretto ad emigrare per poter trovare di  che vivere. Per molti le  celebrazioni del 25 aprile sono state frequentati da piccoli gruppi tenacemente convinti che le scelte operate erano state giuste  e fondamentali. Ancora una volta la Resistenza ridotta alla semi clandestinità.

Si potrebbe dire che, scacciati i tedeschi ed istaurato un nuovo regime democratico, quest’ultimo abbia voluto  dimenticare la matrice dalla quale era sorto ed ignorare tutto quel contenuto di  rinnovamento  sociale che era stato la spinta essenziale alla partecipazione della  massa popolari. Chi oggi percorre i nostri paesi, le  nostre campagne, i nostri villaggi, chi vede le nostre terre incolte, le  case abitate solo da vecchi, potrebbe pensare che  ancora una volta siano arrivati i tedeschi, i fascisti ed i  giovani ancora una volta siano dovuti  fuggire dalle loro case e  dalle loro famiglie.

I motivi della delusione e  di  sconforto non sono giustificati. Dopo quelle  vicende, l’Italia ha  vissuto altre storie, altre lotte, altre battaglie, che  hanno accresciuto ed arricchito la nostra Resistenza di nuovi  contenuti ne hanno aumentato la forza ed allargato l’adesione. Molte volte, nei momenti fondamentali  della vita del paese, la Resistenza è ancora scesa in campo aperto, durante la battaglia per la pace, nelle lotte del lavoro, per la difesa della democrazia e  della Costituzione, contro la  << legge truffa >>, contro il governo  Tambroni, contro tutte le trame ed i golpe reazionari. Ora è in prima fila contro il tremendo ricatto  del terrorismo.

La lunga lista di martiri e di  vittime innocenti si è ulteriormente accresciuta. Ma anche queste battaglie non sono state combattute invano. La Costituzione è stata difesa  ed ora se ne inizia l’applicazione; la democrazia penetra nelle scuole, nelle  fabbriche, attraverso nuove e più vaste forme di partecipazione. Si può constatare anche una nuova riscoperta della resistenza, tanto necessaria e salutare anche  se troppe volte accompagnata da compiacimenti celebrativi e da retorica.

È accaduto ancora una volta quello che avveniva dopo ogni grosso rastrellamento: dopo il primo sbandamento, dopo le prime  difficoltà, le forze resistenti si  ritrovano più forti e più numerosi  di prima pronte ad una più ampia e complessa battaglia, arricchite di nuove esperienze e di nuovi  valori ideali. L’esigenza di  riscoprire quelle vecchie  storie  risponde quindi alla necessità di  confermare come il nostro popolo, proprio dalle  difficoltà, proprio dalle crisi più profonde, trova la forza per resistere e rinascere.

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Autore: 4345Resistenza in Valtaro Val Ceno

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